Agesci - Route nazionale delle Comunità Capi 1997  (estratto dai documenti preparatori)

PACE: LIBERO TUTTI !

lo scenario

1. Lo stato della questione e i nodi problematici

La questione della pace non è uno stato e non ha uno stato, ma è un cammino. La pace non rappresenta un traguardo pienamente raggiungibile, ma una serie di azioni volte al superamento di quelle situazioni di conflitto che via via si pongono e che chiedono di essere risolte per garantire una relativa libertà dal timore, dal bisogno, dalla violenza. Ogni situazione è nuova e nessuna definizione intrastorica appare realmente in grado di garantire la pace. La fossilizzazione è un tradimento. Avviene per la pace che il vero realismo coincide con la capacità di superare continuamente la contingenza, osando "in avanti". Fare il punto è sempre necessario, ma con la consapevolezza della necessità del superamento. Il Novecento è un secolo decisivo per la riflessione sulla pace. Le due guerre mondiali, l'esperienza dei campi di sterminio, lo sviluppo tecnologico delle armi di distruzione di massa, hanno contrassegnato un cambiamento qualitativo nella concezione della guerra e della pace. Il rifiuto della guerra come mezzo per la soluzione delle controversie internazionali non è stato tuttavia né universale, né completamente interiorizzato in occidente. Nella Costituzione italiana si legge: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (art. 11). Ma il Nuovo modello di difesa italiano, pur non usando la parola guerra non esclude l'intervento in altre aree del mondo ove siano violati gli interessi del nostro paese. Dopo la fine della guerra fredda due sono gli avvenimenti che segnano il ritorno della guerra nell'orizzonte occidentale: la guerra del golfo e i conflitti etnici che hanno seguito lo sgretolamento dell'Unione Sovietica.

1. La connessione fra politica e guerra.
La guerra è in continuità (come premessa o come continuazione) con la politica? Soprattutto: la riaffermazione della centralità della pace è uscita dalla cultura democratica occidentale. Ma è esportabile questo modello? L'occidente sembra aver giocato carte diverse in occasioni diverse. Sul piano interno la pace ha avuto un ruolo importante nella definizione dello stile delle democrazie. Contemporaneamente però proprio l'Occidente: - è intervenuto militarmente in maniera pesante in alcune occasioni; - ha armato e fomentato altri conflitti; - ha guardato con una certa indifferenza i conflitti che un'agguerrita concorrenza economica aveva causato. C'è da chiedersi se la globalizzazione economica conduce alla necessità della pace come premessa, o se invece non conduce all'esplosione di conflitti nelle zone escluse o in quelle di grande interesse.

2. La funzione dell'ONU.
È una frontiera da guardare con grande attenzione, sia per la valenza politica che per quella educativa, tanto più per un'associazione che fa della fraternità internazionale uno dei suoi capisaldi.
- Sono in atto due processi che toccano la struttura dell'ONU. Da un lato si tende alla sua delegittimazione e all'assunzione delle sue funzioni da parte di una superpotenza (oggi gli USA, domani chi?). Non si dimentichi che la delegittimazione è attualmente anche economica: se l'Italia è in regola con i pagamenti delle proprie quote all'ONU, non lo sono gli USA, che hanno il debito maggiore nei confronti di questa struttura. Il secondo processo è quello che chiede una maggiore democratizzazione della struttura dell'ONU, quello che vede la necessità impellente di costituire l'ONU dei popoli. Come si potrebbe pensare questo processo di democratizzazione? 
- È in gioco la crisi della sovranità degli stati. Due processi stanno distruggendo il concetto tradizionale di sovranità: la frammentazione, la divisione interna (Ex-Iugoslavia, Africa) con la progressiva etnicizzazione dei conflitti, e la globalizzazione. I due processi sono accomunati dall'indifferenza nei confronti dei confini tradizionali, che vengono sgretolati o moltiplicando le divisioni interne, o creando nuove identità transnazionali, o annullando addirittura la loro rilevanza politica sulla base di interessi economici (Europa...) 
- Un problema di enorme rilievo connesso ai due precedenti è quello dell'ingerenza umanitaria. È legittimo intervenire all'interno di uno stato per imporre una pace armata quando siano colpiti gli indifesi e gli innocenti (Sarajevo..., ma anche Ruanda, Zaire...)? Un tale intervento va nella direzione della delegittimazione della sovranità degli stati? Le armi si possono ridurre al silenzio solo con le armi? Chi ha il diritto di intervenire? Non si corre con questo il rischio di giustificare la guerra a determinate condizioni? Cioè: se il fine è la difesa del debole, questo rende legittimo, dunque giusto, e magari anche buono, l'uso estremo della violenza armata? Il bene deve solo essere proclamato o anche "avere successo"? È questo un tema di grande spessore. Finché le cose vanno bene, ci insegna Bonhoeffer, possiamo anche considerare irrilevante il successo del bene e la questione dei mezzi per raggiungere tale successo. Ma quando la situazione precipita, quando esplodono forze distruttive micidiali, occorre chiedersi più seriamente se sia così indifferente il successo del bene. Due le implicazioni: a livello di fede emerge la questione della radicalità evangelica; a livello politico la questione della legittimità del potere esercitato con la violenza e della legittimità della distruzione di questo potere. 

3. La questione dei diritti umani.
Se le due dimensioni precedenti riguardano principalmente il piano internazionale, questa riguarda anche la vita sociale all'interno dello Stato. Nel futuro non si configura solo uno scontro fra blocchi (e l'Europa cammina rapidamente in questa direzione, che ne farà una superpotenza come altre), ma anche uno scontro interno dovuto allo scontro fra culture diverse. A questo proposito occorre affrontare il tema dell'incontro fra le culture con poche illusioni e molto realismo: sarà uno scontro molto duro, nel quale sarà messa a dura prova la nostra cultura dei diritti. Un problema sarà posto dalla diversa concezione di diritto e dalla diversa estensione del concetto di diritto. Un secondo problema si pone in relazione al valore della vita fisica (diritto alla vita, diritto a intervenire per determinate pratiche...). Un terzo problema si porrà quando vi vedranno convivere diritti diversi in uno stato o quando ci sarà chi usa il concetto di diritto a proprio favore senza però applicare a se stesso il corrispondente concetto di dovere. Un quarto problema della società multietnica sarà costituito dalla religione. In Europa si è sviluppata la teoria della laicità dello stato, che poggia su alcuni pilastri (ugualianza e libertà di espressione religiosa; non discriminazione in nome della religione, ecc.). Ma come gestire il conflitto di questo stato laico con correnti religiose totalizzanti (Non solo l'Islam, che fra l'altro non è assolutamente tutto uguale e non è tutto fondamentalista, ma anche le nuove religioni, ecc.)? 

2. Gli spunti per il lavoro educativo

1. Educare alla nonviolenza.
È questo un compito molto importante, poiché si assiste a un generale ritorno della giustificazione della violenza a livelli molto diversi (sul piano internazionale come su quello interno; si legga ad esempio il libro di H. M. Enzensberger, Prospettive sulla guerra civile, Einaudi 1994). Bisogna cominciare a pensare che la violenza non è più un fattore a priori negativo nemmeno all'interno di quegli ambienti che tradizionalmente sono stati portatori di un messaggio nonviolento. La nonviolenza non è più un'evidenza fondamentale e va pazientemente rifondata. Come?
- Domandarsi "che cos'è la nonviolenza", interrogando soprattutto i grandi testimoni e profeti della nonviolenza (da Gandhi a Capitini, Lanza del Vasto, Häring...)  - Approfondire le tecniche della nonviolenza, magari cercando di analizzare alcune situazioni in cui sono state almeno parzialmente realizzate. 
- Analizzare le caratteristiche della personalità nonviolenta.

2. Recuperare la dimensione del dialogo.
Qui va fatta una precisazione: è retorico parlare di dialogo semplicemente all'interno dell'ambiente in cui tutti la pensano come noi; ed è drammatico affrontare il problema del dialogo a contatto con le diversità vere. Il dialogo è un problema!
- Individuare i luoghi della diversità. Sono luoghi culturali, religiosi e fisici. 
- Accettare l'idea che i rapporti fra le persone e quelli fra i popoli non sono mai simmetrici. Allora, come porsi di fronte a chi non la pensa come noi? In altri termini: è possibile concepire la verità come nomade senza cadere nelle secche di un vuoto relativismo? Straordinaria e molto attuale l'esperienza di Nevè Shalom, villaggio in Israele nel quale convivono ebrei, musulmani e cristiani (si legga il libro del suo fondatore, B. Hussar, Quando la nube si alzava, Marietti, 19962). 
- Superare l'idea che per convivere è necessario conoscere. Conoscere non basta! Il buon samaritano non conosce l'uomo percosso che trova al margine della strada, mentre Eichmann, il responsabile del coordinamento della soluzione finale degli ebrei nella Germania nazista, conosceva molto bene le tradizioni, la cultura, le idee degli ebrei dell'Est europeo che mandava alle camere a gas. Conoscere è importante, ma alla fine bisogna decidersi. Riconoscere nell'altro un uomo, questo è il problema, come indica l'etica del volto (Levinas).

3. Educare alla responsabilità.
- Identificare le strutture della vita responsabile: il farsi carico, assumere su di sé il peso delle conseguenze delle proprie azioni, accettare anche la colpa che le nostre azioni portano con sé, prendere parte alla vita sociale e politica come obiettivo della formazione, rifiutare la neutralità e schierarsi (aiutare a comprendere che non schierarsi significa sempre lasciare che l'oppressore sia oppressore e l'oppresso sia oppresso), accettare il rischio (sempre istruttiva la storia di D. Bonhoeffer o della Rosa Bianca. O qualcosa di più vicino a noi, riscoprendo le figure degli operatori di pace di casa nostra in questa luce (ad es. Tonino Bello...) 
- Identificare nel proprio ambiente gli ambiti di realizzazione della responsabilità in determinate situazioni di conflitto. 
- Fare una seria riflessione sul futuro. Questa è una dimensione assolutamente decisiva. Occorre qui identificare le varie concezioni di futuro, confrontandole con molta precisione. Per i credenti si tratta di fondare solidamente il rapporto fra escatologia e impegno nella storia: si deve superare sia la concezione radicalmente pessimistica della storia, che si rifugia nell'escatologia e nello spiritualismo forsennato, sia quella eticizzante, secondo la quale in fondo tutto si decide solamente sul piano dell'etica. L'eticizzazione del cristianesimo è sempre in agguato. 

4. Pace e economia (vedi scheda su verdeavventura e solidi/solidali)
- È necessario un lavoro di identificazione sommaria di alcuni processi che stanno segnando l'economia mondiale. In particolare identificare le conseguenze più appariscenti della globalizzazione (ad esempio in R. Dahrendorf, Quadrare il cerchio, Laterza 1995)
- Accettare il senso di impotenza che ci attanaglia di fronte alle grandi strutture economiche: serve a mantenere un sano senso della realtà. Tuttavia accanto a ciò occorre ricercare tutte le strade percorribili per operare un cambiamento reale, a partire dal basso, dei rapporti fra i popoli (commercio equo e solidale, banca etica, autotassazione, bilanci di giustizia, volontariato internazionale, ecc.) Utile un piccolo strumento realizzato dalla Caritas di Trento che riporta proposte relative agli stili di vita alternativi. (Questione di stile ... di Vita. Un mondo più giusto comincia da te, Caritas Diocesana di Trento 1996, da richiedere a Caritas Diocesana, Via Endrici 27, 38100 Trento - Tel. 0461/233777)

5. La questione del perdono.
È il tema della giornata mondiale della pace del 1997 (se ne veda il testo breve e provocatorio).
- A livello nazionale: perdono e giustizia. Due gli ambiti: la questione del terrorismo e quella della mafia, con la polemica sui collaboratori di giustizia.
- Il perdono a livello internazionale: chiedersi se si tratta di un'opzione morale affidata alla grandezza d'animo dei singoli o se il perdono non si configuri come l'unica opzione politica sensata in questo momento. (ancora Salvoldi, Hussar, ma anche il testo dell'Enciclica Terzo Millennio Adveniente).
- Perdono e colpa. Si può cancellare la colpa? Cosa vuol dire perdonare? Chi può o deve perdonare? 

6. Recuperare la memoria.
Per la pace è decisivo il tipo di memoria che si recupera.
- C'è una memoria come fondazione del proprio diritto (le radici dei conflitti ricercate nei torti subiti). Interessante l'analisi di questo recupero nella vicenda Iugoslava.
- C'è la memoria come insegnamento. Ma questa memoria viva non è scontata e va continuamente rifondata (Fare un campo di Clan ad Auschwitz...). Sempre sulla memoria è utile tornare ai testimoni di pace. Si può utilizzare il volumetto di M. Toschi, Come agnelli in mezzo ai lupi. Testimoni del vangelo della pace, EMI, 1995, nel quale l'autore racconta alcune storie: Massimiliano, Francesco d'Assisi, D. Bonhoeffer, P. Mazzolari, La Pira, Papa Giovanni, Lercaro, Don Milani, Mons. Romero. Una storia straordinaria è quella di Perlasca, un italiano che durante la seconda guerra mondiale, fingendosi console spagnolo, salva dalla deportazione alcune migliaia di ebrei in Ungheria: E. Deaglio, La banalità del bene, Feltrinelli 1994. 7. Pace e religione. Una prima pista parte da Assisi, dall'appello del Papa perché le religioni in qualche modo si facciano promotrici di pace.
- Una seconda pista riguarda il nesso profondo e drammatico fra religione e guerra. La religione non è solo appello alla pace, ma fattore di appartenenza tutt'altro che indifferente al fascino dei nazionalismi e alle conquiste della guerra...(Si veda ad esempio il numero 6 del 1996 della rivista Concilum, dedicato a questo tema).

- Ripercorrere la riflessione teologica e magisteriale. In particolare recuperare la Pacem in terris, che è certamente un pilastro, ma vedere anche lo sviluppo delle riflessioni magisteriali sulla pace negli ultimi anni. Una piccola ricerca sulla rivista Il Regno Documenti degli ultimi tre quattro anni può essere particolarmente interessante per far affiorare i punti fermi e i problemi aperti.
Sul tema della legge
1. La pace come legge interiore.
È un tema delicato. Attenzione ai sentimentalismi sempre in agguato e all'intimismo farisaico... Sono le migliori premesse per legittimare politiche tutt'altro che pacifiche... 
- Può essere utile qui ripercorrere l'itinerario proposto da Martin Buber in un breve volumetto, nel quale, fra l'altro, affronta il tema della pace interiore in relazione ai conflitti con gli altri: M. Buber, Il cammino dell'uomo, Edizioni Qiqajon, 1990. Attenzione alla chiave di lettura, che non deve essere intimistica o sentimentale, ma fedele all'ispirazione di fondo della filosofia di Buber, che alla domanda sul senso del ritornare in se stessi risponde: "Non per me. Ma per gli altri e per il mondo!"
- Riflettere sul senso della preghiera per la pace. Qui si gioca una partita non secondaria, poiché, siccome la pace è sempre un po' al di là, alla fine si rimette in gioco il senso della preghiera e la concezione di Dio. Si apre qui la sconfinata e profondissima riflessione sul senso della sofferenza. Riprendere il libro di Giobbe. Leggere un volumetto brevissimo, molto provocatorio anche per i ragazzi: P. de Benedetti, Quale Dio?, Morcelliana 1996, nel quale si ritorna sulla questione del grido inascoltato dei sofferenti della storia.

2. Diritti e legge.
Conoscere e approfondire come la pace è stata accolta negli ordinamenti giuridici nazionali e internazionali: dalla Costituzione alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo, ai pronunciamenti dell'ONU. Riflettere sul ruolo del "terzo" come arbitro dei conflitti: il superamento della risoluzione violenta dei conflitti all'interno dello Stato e della comunità internazionale.

3. Riscoprire l'obiezione di coscienza.
È andata progressivamente calando la motivazione ideale che ha sostenuto le scelte di obiezione di coscienza che stanno alla base del servizio civile. Attualmente sono di più i "serviziocivilisti" degli "obiettori"; spesso solo durante il periodo di servizio civile i giovani prendono coscienza delle ragioni dell'obiezione. È dunque necessario: 
- avviare una riflessione sul valore della parola "coscienza", sia in ambito ecclesiale (chiesa e libertà di coscienza) che in ambito politico (stato e obiezione di coscienza) 
- identificare le diverse obiezioni di coscienza (al servizio militare, alle spese militari, ma anche le nuove obiezioni in campo medico come ad es. per l'aborto, l'ingegneria genetica, o magari l'eutanasia...) 
- Analizzare la dialettica fra diritto e amore. 

3. Le testimonianze significative - figure di uomini, donne, comunità da riscoprire

Molti testimoni e maestri di pace sono già stati indicati nei punti precedenti con le relative indicazioni di lettura. Si può dunque rimandare a quei nomi. Utile - come è stato detto il libro di M. Toschi, Come agnelli in mezzo ai lupi. Testimoni del vangelo della pace, EMI, 1995, nel quale l'autore racconta alcune storie: Massimiliano, Francesco d'Assisi, D. Bonhoeffer, P. Mazzolari, La Pira, Papa Giovanni, Lercaro, Don Milani, Mons. Romero. A cui si potrebbero aggiungere le storie di J. Mayr Nusser (obiettore altoatesino morto a Dachau) o di F. Jaegerstaetter (obiettore contadino austriaco durante la Seconda Guerra mondiale). Concretamente tante attività sulla pace sono presenti nei volumi di D. Novara, Scegliere la Pace, ed. Gruppo Abele. 

4. Qualche indicazione bibliografica

Sul tema dell'educazione alla nonviolenza:
A. Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Feltrinelli;
H. Goss Mayr, La nonviolenza evangelica, La Meridiana 1992;
> G. Pontara, La personalità nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele 1996
D. Novara, Scegliere la Pace, Ed. Gruppo Abele.
 
Esperienze concrete di nonviolenza e convivenza pacifica nell'orizzonte dei conflitti:
G. e V. Salvoldi, L. Gjergji, Bosnia. Non potete obbligarci a odiare", Emi 1996;
V. Salvoldi, L. Gjergji, Resistenza nonviolenta nella ex-Iugoslavia, Emi 1995)
B. Hussar, Quando la nube si alzava, Marietti, 19962

Sulla memoria e le storie di resistenza:
G. Vico e M. Santerini (a cura di), Educare dopo Auschwitz, Vita e pensiero 1995, con contributi di C.M. Martini, A. Bausola, T. Zevi, L.M. Ottolenghi, Y. Thanassekos, J. Dujardin, M. Santerini, M. Pezzetti, L. Picciotto Fargion.
M. Toschi, Come agnelli in mezzo ai lupi. Testimoni del vangelo della pace, Emi, 1995
R. Wind, Dietrich Bonhoeffer, Piemme 1995
A. Conci, Dietrich Bonhoeffer. La responsabilità della pace, EDB Bologna 1995
P. Ghezzi, La Rosa Bianca, Paoline, 1994

Sul tema del futuro:
G. Pontara, Etica delle generazioni future, Laterza 1994;
H. Jonas, Il principio responsabilità, Einaudi 1989;
W. Huber, H. Chr. Reuter, Etica della pace, Queriniana 1993

Sul rapporto tra religione e pace/guerra
C. F. von Weizsäcker, Il tempo stringe, Queriniana 1989;
Comunità di S. Egidio, Religioni in dialogo per la pace, Morcelliana, 1991;
Cristo è la nostra pace. La voce dei vescovi contro la guerra. (Documenti dei vescovi sulla pace), Edizioni Paoline. 

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