MEDITAZIONE  /  PARLA IL FONDATORE DEL MOVIMENTO GOUM

Il deserto ci salverà

25 chilometri al giorno. Camminando in silenzio tra le dune. Così migliaia di giovani cercano se stessi. Fuori dal caos delle città.   Il primo raid fu organizzato nel 1970 in Francia da Michel Menu: oggi è stata superata quota 500   homepage : www.goums.org
di Marco Lillo   in L'ESPRESSO 16 agosto 2001

LE DÉSERT EST MONOTHÉISTE. In queste quattro parole Renan racchiudeva lo spirito del deserto. A significare che nelle distese infinite dove sono nate le grandi religioni monoteiste il cielo è più vicino, il mondo si allontana ed è più facile pensare a Dio. Lo spirito del deserto ha ripreso a soffiare in Europa grazie al movimento dei raid spirituali. Si chiama "Goum" e ne fanno parte migliaia di persone di tutto il mondo, in gran parte cattolici ed ex scout, che cercano di ritrovare nelle terre desolate una religiosità più profonda.

Il movimento Goum è nato in Francia, ma da qualche anno ha attecchito in Italia grazie a un frate francese che ha scritto un libro sul tema. Si chiama Etienne Roze ma per tutti a Sant'Antimo, l'abbazia delle crete senesi in cui vive con la sua comunità dal 1979, è padre Stefano. «Per giungere al senso dei raid Goum, bisogna prima capire il significato di questa splendida parola della lingua araba», spiega padre Stefano: «Il primo a usarla è Gesù che grida "kum" (risorgi) a una bambina malata nel Vangelo. Poi, nella lingua araba, "kum" diviene "goum" (insorgi) e si carica di un senso di ribellione. "Goum" è anche il nome del popolo dell'Atlante che ha marciato nel deserto per sfuggire alla dominazione araba». Prosegue padre Stefano: «Questa parola morta è tornata a vivere con i primi raid Goum. Anche noi vogliamo ribellarci. Ma il nostro nemico è l'assenza di valori della civiltà moderna. Per combatterlo abbiamo scelto di marciare nel deserto per ritrovare il senso della vita». I partecipanti ai raid Goum sono persone comuni che ogni anno fuggono per sette giorni dalla cappa delle città, Si svegliano all'alba, mangiano una ciotola di riso e celebrano la messa nella cattedrale di luce, come definiscono il deserto. Ogni giorno percorrono in silenzio 25 chilometri a piedi, senza mangiare. Alla sera, dopo un'altra ciotola di riso e una preghiera attorno al bivacco, dormono senza neanche una tenda a dividere i loro corpi stanchi dal cielo. A vederli camminare in gruppi di 20 persone, incappucciati nella djellaba, un saio di cotone grezzo, con un bastone in mano, sembrano seguaci di una religione dimenticata. Ma non stiamo parlando di una setta esotica. Bruce Chatwin scriveva: «In origine Yaweh è il Dio della via. Il suo santuario l'Arca Mobile, la Sua Dimora una tenda». E basta scorrere le pagine dell'Antico Testamento per scoprire che la religione cristiana nasce nel deserto in contrasto con la città corrotta. Dio comanda a Mosè di lasciare l'Egitto per il Sinai e i profeti Isaia, Osea, e Origene rimproverano al popolo di Dio l'abbandono dell'ascetismo nomade. «Nel deserto», dice Origene, «l'aria è più pura, il cielo più limpido, Dio più familiare». Un cordone ombelicale lega le religioni monoteiste al nomadismo del deserto. Quel cordone è stato reciso da secoli di Chiesa sedentaria e i raid Goum vogliono riannodarlo. Anche in Italia sono stati organizzati una ventina di raid. Ma non bisogna pensare al deserto delle cartoline. Per dare respiro all'anima non servono dune e cammelli ma silenzio e vuoto. I goumer italiani marciano nelle crete senesi o nelle Murge e quest'anno partiranno da Enna il 4 settembre. Si marcia per sette giorni nell'interno più desolato della Sicilia verso Canicattì. Le prenotazioni sono aperte ma Padre Stefano avverte: «È un'esperienza dura. Prima di fare Goum, cioè risorgere, bisogna morire di stanchezza. Alla fine del raid però si diventa "uomini salati", come dico io. Perché seccati dal vento e dal sole»