CHIARA E FRANCESCO:
una relazione di pace nella differenza

Maria Pia Lessi   06 ottobre 1995    relazione al CyberConvegno

La rilettura e la riflessione sulla storia e sui testi di Chiara e Francesco mi è parsa estremamente significativa ed attuale in quest'estate angosciata dalla tragedia jugoslava, dall'orrore indicibile di fronte a cui è forte il senso di impotenza. Un uomo e una donna del 1200 risultano anche oggi personaggi di particolare fascino.

Alla riconosciuta originalità e particolarità di Francesco si aggiungono ogni volta che a Lui ci avviciniamo, particolari nuovi: non sapevo, per esempio, che i laici che aderivano al III ordine francescano, in piena era delle crociate, era chiesto di rinunciare all'uso delle armi...).

Chiara era per me figura più controversa, per il rigore della clausura in cui si era rinchiusa per cui ho ascoltato con molto piacere il messaggio delle fonti clariane: Chiara emerge come donna caparbia, autodeteterminata (la prima donna d aver scritto una regola per le sue sorelle, quando il Concilio Lateranense del 1215 aveva vietato la Costituzione di nuovi ordini, lasciando le donne subalterne a congregazioni maschili e una regola "mite" nel senso non di meno rigorosa, ma di piu' attenta e funzionale ai bisogni reali), una donna che ha preso la parola uscendo dal ruolo tradizionale di suora o sposa (va in convento come conversa, dopo aver ottenuto la sua dote per donarla ai poveri), una donna autorevole e radicale nelle sue scelte (resistè alle pressioni papali sul punto della "povertà" nella sua regola e sostituì al tradizionale "vergine, madre, sposa" la caratterizzazione "sorella, madre, sposa", passando da una visione di donna funzionale al maschio, una centralità della relazione con le altre e con gli altri, di servizio e non di subordinazione).

Le forme del rapporto tra Chiara e Francesco sono largamente influenzate dai tempi (Francesco nella seconda parte della sua vita subisce un pò la mentalità medievale che gli impone di scrivere nella regola "Tutti i frati evitino di incontrare le donne"; Chiara è veramente eversiva quando raccomanda alle sorelle che si recano fuori del convento di "laudare Idiio quando vedessero uomini o altre creature").

Mi preme però sottolineare il COME del loro rapporto: una relazione di due soggetti, ricchi e diversi, nel segno della gratuità, della creatività e del dono reciproco, nella reciproca differenza.
Nel famoso sogno, Chiara riferisce di essere stata allattata da Francesco che il capezzolo di lui diveniva oro in cui specchiarsi. L'immagine dello specchio è emblematica della reciprocità e distinzione.

I due non si separarono mai, come riferisce Tommaso da Celano, anche se furono distanti per lunghi periodi.
Furono riferimento costante e autorevole l'uno per l'altra: Chiara fa riferimento costante a Francesco, anche nella regola, mentre Francesco chiede consiglio a Chiara sull'opportunità di ritirarsi in eremo e le invia Stefano da Narni da curare, perchè Le riconosce forza taumaturgica e confida a frate Leone, dopo aver visto il volto di Chiara illuminato dalla Luna nel pozzo: Dopo Dio e il firmamento c'è Chiara.

La relazione fra Chiara e Francesco è di pace nel senso più pieno del termine.
Sappiamo che sia Chiara che Francesco hanno incontrato la guerra, in tutta la sua orrenda brutalità (Francesco andando a Damietta dal Sultano, Chiara incontrando i saraceni che combattevano ad Assisi).

L'atteggiamento di pace ("pace e bene"  è il saluto francescano)  è stato sperimentato in concreto nel confronto con un nemico visibile e non edulcorato, ed è la scelta di modo di relazione del rapporto tra Chiara e Francesco. Antropologia e psicanalisi ci insegnano che la relazione fondamentale  è quella uomo/donna. Quello che si vive a livello di grandi relazioni umane (troppo spesso dominate da non rispetto e da tendenza al dominio)  è il ricalco di quel che avviene in questo luogo primordiale.

Ciascuna riduzione delle differenze a uguaglianze significa riduzione di soggettività e quindi di rapporti vivi e fecondi. Accettare il pensiero e la pratica della differenza significa rinunciare al possesso dell'altra/o (assorbito nella "persona" neutra, in realtà costruita dal mondo occidentale sul maschile) per riconoscerla come diversa/o da sè. La differenza sessuale rappresenta il cammino più difficile, ma anche la chiave per raggiungere la coesistenza pacifica con le altre diversità.

Riconoscere l'altro uomo/donna differente, al di fuori del binomio superiore/inferiore, accentando il suo diritto all'esistenza e alla dignità apre al riconoscimento di altre forme di diversità (razze, religioni, etnie....) Si può affermare non "sono differente da te", ma "siamo differenti fra noi" con la conseguenza di una continua relazione senza maggiore autorità dell'uno sull'altra.

Un capo scout a cui chiedevo il senso della diarchia maschio femmina in ogni grado della struttura associativa, mi ha risposto "è naturale, siamo gruppi misti" Mi sembra importante capire che la relazione che deriva dal rispetto e dall'amore per il differente, irriducibile a sè, è base ineludibile di una politica democratica.

Concludendo: solo uomini e donne che amano e rispettano la parzialità dei loro punti di vista e se ne assumono la responsabilità possono rendere più democratiche le famiglie culturali, religiose, politiche.
Rinnovamento della politica è cominciare a muoversi con coscienza di essere una parzialità, una parte del mondo che riconosce la propria forza e rappresenta la propria differenza.

Fino a quando non si cambierà il rapporto tra uomo e donna, si perpetuera' il voler dominare la natura, non soltanto quella cosmica e quella della donna, ma anche quella dei giovani, delle altre razze, e dei cittadini di altri paesi, di altre culture.

Solo una nuova relazione, una nuova amicizia tra i generi, tra natura e cultura, ci insegnerà la via di altre consuetudini e di altre leggi nel rispetto dell'altro in quanto altro. Essenziale diventa allora ricordarci che ciascuno di noi non è tutto, non è onnipotente, non è uomo e donna, ma l'uno o l'altra: questa dimensione di incompletezza ci dà la nostra identità, implica la necessità della relazione con l'altro, il bisogno dell'altro, di essere capito e di capire chi ci sta vicino.

E la relazione, per essere felice, richiede un lavoro lungo, faticoso, quotidiano.
Rompere il guscio narcisistico, riconoscere che non si può fare a meno degli altri e delle altre, essere capaci di riconoscersi come parziali, vedere l'altro per come effettivamente è.

Il precetto evangelico ama l'altro come te stesso può essere tradotto:

  1. impara ad accettarti in questa dimensione incompleta di
  2. ama l'altro come diverso da te e non per quello che desideri che sia
E' questa la relazione di pace nel segno della gratuità, della creatività e del dono reciproco; è la relazione di amare unico elemento fondante per la pace.
Il codice del dovere, dell'efficienza, dell'onnipotenza distruttiva (citius, altius, fortius) sta producendo la distruzione.

Si tende alla libertà assoluta, riprendendo le tesi dei sofisti: avere i desideri più forti e trovare i mezzi per soddisfarli; volontà di potere e di crescita illimitata, a qualsiasi costo. La proposta della pace è accettare il diverso come ipotesi di cambiamento, speranza progettuale; è cultura differente agli equilibri militari che ci sovrastano. Diceva Alex Langer "Vi propongo il lentius, profundius, suavius: più lentamente, più in profondità, più dolcemente". Ma non possiamo solo aspettare e augurare. Dobbiamo lavorare per questo compito, qui e ora, e mutare la società non solo attraverso le decisioni delle personalità politiche, ma democraticamente, a partire dalle nostre decisioni: nel fare, nel dire, nell'essere posizione squisitamente politica è condividere, non dividere.

Spero che prenderemo, tutte e tutti, una simile via verso una maggiore giustizia e felicità in noi e fra noi.
Da fratricidi il passaggio è divenire come Chiara e Francesco sorelle e fratelli ..