LEALI ALL'ISTITUZIONE E DISOBBEDIENTI AL POTERE
Cristiani nella storia e nonviolenza

di don Francesco Fiordaliso (1966-2022)


Mi è stato chiesto come vivere da cristiani in questo mondo.
Quali criteri possiamo tenere presenti per vivere uno stile di vita ispirato al vangelo di Gesù e che ci permetta di vivere da cristiani oggi, in questa società.
Mi è venuto in mente l'episodio di Mardocheo, raccontato nel libro di Ester. Il libro di Ester è molto interessante, perché ci racconta la storia di Mardocheo e della nipote Ester in una società diversa da quella in cui erano cresciuti. Essi sono in esilio, nella città di Susa, nella città del re Artaserse. Ester e Mardoche sono fuori dalla propria terra, immersi e mescolati con altre situazioni, altri modelli di società, altri credo, altre religioni e devono abitare in questa realtà. Nei capitoli 2 e 3 si racconta delle scelte di Mardocheo.

Mardocheo si trova ad essere al servizio della corte del re. Nel capitolo 2 si racconta che Mardocheo viene a sapere che alcuni ministri della corte del re stanno preparando un attentato contro il re, perché vogliono farlo fuori, per prendere il potere. Mardocheo denuncia questo attentato, perché ritiene di dover essere leale alle istituzioni, quelle istituzioni che garantivano il buon andamento della società e che stava servendo, in questo caso il re. L'atteggiamento che Mardocheo sceglie nei confronti delle istituzioni è quello della lealtà. Ma subito dopo c'è un altro episodio. Il re Artaserse emana un editto: quando passa il primo ministro del re, Aman, che è un personaggio molto importante alla corte, un primo ministro molto orgoglioso ed arrogante, chiunque si deve inchinare al suo cospetto. Mardocheo si rifiuta di obbedire a questo editto, perché ritiene non sia giusto inchinarsi di fronte ad un uomo, dare venerazione ad un uomo. Per questo motivo ogni volta che passa il primo ministro, resta in piedi, disobbedendo all'editto. Questo comporta notevoli problemi perché Aman si arrabbia e di fatto inizia la persecuzione nei confronti degli ebrei. In questo caso quindi Mardocheo sceglie la via della disobbedienza in quanto non ritiene giusto l'editto e non si piega al potere.

Come vivere in questa società?
Mi sembra che questo libro ci dia il criterio: Leali alle istituzioni e disobbedienti al potere. Leali alle istituzioni, perché hanno un ruolo importante nella società, sono un valore, sono fondamentali, ma disobbedienti quando le istituzioni si trasformano in potere, cioè quando da realtà che devono servire il bene comune diventano spazi che difendono e proteggono i privilegi di qualcuno e, soprattutto, offendono l'uomo che diventa merce o suddito.
Leali alle istituzioni disobbedienti al potere, questo il modo di vivere anche oggi da cristiani. A questo punto, però, si pone una domanda: quale è il criterio che ci fa capire quando essere leali e quando disobbedire? Come decidere?

Qual è il criterio di discernimento?
Il testo delle Beatitudini raccontato nel capitolo 5 del vangelo di Matteo ci dà il criterio con cui il credente deve maturare questo suo agire di lealtà e di disobbedienza.
Quando Gesù dice : "Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti", ci indica come unica strada per il credente quella di stare dalla parte degli ultimi, dalla parte delle vittime. Siamo chiamati ad essere leali alla scelta preferenziale degli ultimi.

Tutti i documenti della Santa sede, del Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II stesso, la Cei, dichiarano questo principio fondamentale e fondante: la scelta preferenziale per gli ultimi. È il cuore di tutta la Scrittura: Essa ci ricorda continuamente che il carro di una società può andare avanti solo se si fa attenzione all'ultima ruota del carro. L'attenzione privilegiata è per l'ultima ruota del carro. Solo occupandoci prima di tutto dell'ultima ruota, a tutto il carro è assicurato il benessere. In poche parole, solo occupandoci prima di tutto e seriamente degli ultimi, si garantisce benessere per tutti. Leali alla scelta preferenziale degli ultimi: significa non escludere nessuno. Occorre partire dai meno fortunati, da coloro che occupano i gradini più bassi del podio. Significa cominciare a costruire società, benessere, economia, partendo dai più poveri, dagli ultimi, dagli emarginati, consapevoli che soltanto così il carro si muove davvero, avendo un occhio privilegiato all'ultima ruota. In base al principio della scelta preferenziale degli ultimi allora la disobbedienza deve essere decisa, determinata e ostinata nei confronti di ogni sistema economico, politico e anche religioso che difende gli interessi dei forti e dei ricchi, di chi è, di chi ha e di chi può.
Significa anche essere leali a progetti che promuovono il riscatto e la liberazione dei poveri e disobbedienti a tutte quelle solidarietà pelose che non cambiano le regole, ma semplicemente riempiono di scarti gli ultimi. Leali a progetti che vogliono cambiare questa società, questo sistema economico. Una lealtà profonda nei confronti di quel progetti, sogni, movimenti che promuovono il cambiamento della società, per garantire benessere a tutti. Significa scegliere la lealtà nei confronti dell'unica patria che i cristiani possono riconoscere come tale: quella dei poveri e degli oppressi.

Ricordiamo quello che don Milani diceva ai cappellani militari che avevano accusato di vigliaccheria gli obiettori di coscienza e che avevano esaltato il valore eroico di quei soldati che invece avevano difeso il valore della patria.
Don Milani scrive loro: "Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che nel vostro senso io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia patria; gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto - senza essere richiamati dalla curia - di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente, anzi, eroicamente squartarsi a vicenda anch'io richiamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, fare orfani e vedove; le uniche armi che approvo io sono armi nobili ed incruente: lo sciopero e il voto, la partecipazione alla vita politica".
Il primo criterio è dunque: leali alla scelta preferenziale degli ultimi, disobbedienti a tutto ciò che invece mantiene una situazione di disagio, di povertà, che continua a mantenere e aumentare nel mondo la divisione tra ricchi e potenti da una parte e poveri e ultimi dall'altra. Quando poi Gesù dice "Beati i miti e gli operatori di pace", ecco che allora aggiunge un altro criterio: dobbiamo essere leali alla nonviolenza ed essere capaci di disubbidire, di rifiutare ogni logica che propone la violenza come soluzione, come risposta. Dobbiamo essere leali alla pratica della nonviolenza, alla pratica del perdono, della riconciliazione, del cercare sempre la via diplomatica, che costruisce pace senza guerra, senza violenza. Leali all'impegno per il dialogo, per la soluzione pacifica e nonviolenta dei conflitti. Occorre essere disobbedienti nei confronti di ogni giustificazione della violenza. Disobbedienti alla retorica della guerra giusta, della guerra necessaria. Disobbedienti ad ogni giustificazione della guerra: quella guerra che dovrebbe servire a difendere le popolazioni civili, compiendo comunque un gesto incivile.
Disobbedienti perché ne abbiamo viste troppe: non ci crediamo più, non ci abbiamo mai creduto che quella fosse una soluzione. Disobbedienti a tutta la retorica della guerra, dell'eroe caduto per la patria, che non ha niente di diverso dalla retorica fascista, dalla quale dobbiamo prendere le distanze in maniera determinata. Obbedienti a quel principio che Ghandi proclamò in India, con un discorso memorabile, di fronte ad un pubblico di musulmani, indù e inglesi. Egli dichiarava la sua assoluta disobbedienza ad alcune leggi che gli imperialisti inglesi stavano imponendo, dicendo: "Io non mi piegherò mai a queste leggi". E uno si alza e dice: "Io per difendere la mia dignità, contro queste leggi, sono disposto a morire e ad uccidere". Ghandi risponde: "Ci sono molte cause per cui sono disposto a morire. Ma non ne esiste nessuna per cui sono disposto a uccidere". Leali al principio della nonviolenza, disobbedienti ad ogni proposta di soluzione violenta ai conflitti. Leali a una incondizionata e, a volte anche folle, fiducia nella forza della lotta nonviolenta. Quando Gesù dice: "Beati i puri di cuore, beate le persone oneste, beati gli affamati, gli assetati di giustizia", ci invita ad essere leali al principio che le capacità sono titoli di servizio e non titoli di merito. Significa che quello che tu sei come professionalità, come capacità, come cultura, devi metterlo al servizio degli altri, non serve per guadagnare di più alle spalle degli altri. Sono cose che tu hai per rendere migliore la vita degli altri: sono titoli di servizio, non titoli di merito. Allora occorre essere disobbedienti a questa società che premia e dà meriti semplicemente accumulando le Disobbedienti al principio che le capacità sono titoli di merito, che ti separano dagli altri, che ti fanno essere più forte, migliore agli altri. Che ti costituiscono come casta e ti danno diritto a stipendi, pensioni, proprietà che non sono tuoi, perché non fanno altro che continuare a rendere il mondo dei ricchi più ricco e dei poveri più povero. Gli affamati di giustizia sono proprio coloro che sono leali al principio che le capacità, quello per cui tu hai studiato, ciò che tu sai fare, la tua professionalità, le tue competenze sono titolo di servizio: non servono per guadagnare di più, ma per rendere migliore questo mondo. Per essere leali a questo principio, occorre essere disobbedienti a tutti quei sistemi economici, politici e sociali che continuano ad arricchire chi più ha, chi più sa, chi più possiede e continuano a togliere vita a chi meno ha, a chi meno sa, a chi meno possiede. Disobbedienti alla retorica della meritocrazia perché si sa benissimo che i più bravi sono sempre i figli di quelli che sono stati bravi prima di loro, che si sono costruiti carriere, scuole, case e istituzioni per conservare il proprio potere. Significa dover essere leali al principio che il più bravo, il meritevole è quello che non usa le proprie capacità per arricchirsi ma solo per donare il proprio contributo alla costruzione di un mondo più umano. Con "Beati i misericordiosi" Gesù ci dice di essere leali alla pratica e alla logica del perdono e disobbedienti alla logica della vendetta e del rancore. E poi Gesù termina: "Beati i perseguitati della giustizia; beati voi quando vi perseguiteranno". Qui Gesù dice di essere leali ai nostri sogni, leali a ciò che si crede, anche quando sembra tutto inutile, anche quando tutto sembra andare in direzione opposta. Leali, anche quando siamo in minoranza e più nessuno è disposto a credere nei nostri sogni e in un mondo migliore. Leali ai propri sogni, al propri ideali, anche quando si tratta di dover pagare per quello in cui si crede. Leali, anche quando ci sembra che vincano e abbiano ragione gli altri. Disobbedienti alla logica del "fan tutti così", al seguire la corrente, quando questo significa tradire quello in cui si crede.

Ecco come vivere in questa società, quali scelte compiere: leali alla logica delle Beatitudini e disobbedienti alla logica del potere. Leali alle istituzioni, perché servono a rendere questo mondo migliore; leali alla politica, che è l'unico strumento per cambiare davvero il mondo, per renderlo migliore; disobbedienti al potere, a tutte quelle situazioni, realtà che trasformano la politica e le istituzioni in potere. Disobbedienti a tutto questo, per costruire un'altra società, un'altra umanità, come Mardocheo alla corte del re Artaserse, come noi, oggi, qui, adesso, per essere costruttori di una società nuova.
Leali al principio delle Beatitudini; disobbedienti a tutto ciò che invece ci chiede di tradirle.
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