art16.htm - "il manifesto" del 21 Novembre 2000
L'Europa in marcia
Forgiata la forza di difesa europea, complementare alla Nato
FRANCESCA COLESANTI

L' Europa della difesa è da oggi una realtà, sulla carta. I Quindici, riuniti ieri a Bruxelles nelle vesti dei loro ministri della difesa e degli esteri, hanno dato il via - definendo modi, tempi ed effettivi - alla forza di reazione rapida progettata nemmeno un anno fa al vertice europeo di Helsinki. Un obiettivo ambizioso che dovrebbe, almeno nelle intenzioni, dare corpo e fungere da braccio "armato" ad una mente, ad una immagine (finora un fantasma), quella della politica estera dell'Unione europea. L'Italia contribuirà con un totale di 12.000 uomini (19.000 se si considerano le riserve) a una forza di 60.000 uomini (100.000 in totale), che dovrebbe essere pronta ad intervenire a partire dal 2003, per un periodo massimo di un anno , in operazioni di peacekeeping e peacemaking in Europa, nel bacino mediterraneo, fino al Medio Oriente e al Caucaso. Alla conferenza dei ministri, in cui sono stati formalizzati i contribuiti dei singoli stati, l'Italia ha messo a disposizione anche 230 carabinieri, 4 brigate dell'esercito, 19 unità navali, 22 aerei ed elicotteri della marina e 46 aerei da combattimento. Contribuiti analoghi o leggermente superiori, arriveranno da Francia, Germania e Gran Bretagna; una partecipazione via via più ridotta è stata assicurata dagli altri paesi fino ad arrivare ad una presenza quasi nulla di quelli neutrali come l'Austria o la Finlandia; la Danimarca non parteciperà sotto alcuna forma.
Ma, nemmeno a dirlo, i distinguo e le precisazioni sono numerosi e sostanziali e il primo a rilevarli è lo stesso Javier Solana, vale a dire il massimo rappresentante della politica estera e di difesa comune dell'Europa: "Si tratta di un primo passo molto importante", dice; e subito aggiunge: "ma molta strada resta ancora da fare per permettere alla Ue di effettuare in modo autonomo le missioni più rilevanti". E ancora: "esiste un deficit di capacità strategiche e tattiche" che sarà necessario eliminare e che richiederà "ulteriori sforzi di bilancio". Solana ha quindi concentrato l'attenzione sulle sfide future, in particolare l'eliminazione delle lacune esistenti in campo strategico e nell'intelligence militare e la creazione delle strutture permanenti per la gestione delle missioni a guida Ue. Da ultimo, nientemeno che la conclusione degli accordi fra Ue e Nato.
Perché il problema principale sollevato dall'esistenza stessa della Forza di reazione rapida riguarda proprio la convivenza con l'Alleanza atlantica, problema che da qui a Nizza (vale a dire nemmeno tre settimane) dovrebbe essere se non risolto, quanto meno definito in modo più preciso. A poco serve infatti la dichiarazione tranquillizzante, dovuta e necessaria in un giorno come questo, formulata dal segretario generale della Nato, George Robertson, cioè che "la forza di reazione rapida europea sarà complementare e non un doppione dell'Alleanza". E' chiaro infatti che tra i Quindici convivono esigenze e speranze del tutto dissimili: da quelle tradizionalmente di rivalsa provenienti da Parigi fino a quelle ricalcate sulla fedeltà più strenua di Londra. Robertson, non a caso ex ministro della difesa di sua Maestà, ha in testa proprio l'euroscetticismo britannico quando si affretta a sottolineare che "ciò di cui stiamo parlando è creare una forza multinazionale europea in grado di essere mobilitata in missioni (umananitarie o di pace) nelle quali la Nato ha scelto di non essere coinvolta". Una forza quindi che non agisce di propria iniziativa, ma di riflesso, quando la Nato, ovvero gli Stati uniti, le permette di agire. Tanto per chiarire meglio a coloro che si fossero illusi, Robertson ha precisato: "Stravolgono la verità quelli che parlano di un esercito europeo, sotto la bandiera europea, con divise e distintivi europei". Il che spiega l'approvazione di Washington, dopo le esitazioni iniziali, al progetto europeo. Gli unici a preoccuparsi davvero sono in realtà i paesi membri dell'Unione che non fanno parte della Nato e i paesi membri della Nato che non fanno parte dell'Unione.