"..E non saranno mai pił come prima"
Attivitą di catechesi per la branca E/G pensata
per essere svolta durante un campo estivo
Questa è la catechesi che
abbiamo seguito durante un campo estivo del reparto, si sviluppa in 12 giorni.
Noi l'abbiamo utilizzata nel seguente modo: la mattina si introduceva
l'argomento del giorno attraverso o la lettura del racconto o la narrazione
dello stesso oppure attraverso momenti di animazione e si lasciava ai ragazzi
qualche cosa da fare inerente l'argomento del giorno. Poi nel pomeriggio, prima
della cena, si tiravano le fila e si leggevano dei brani dalla Bibbia per far
notare ai ragazzi gli
stessi contenuti in un libro che considerano troppo distante da loro.
Non vi
abbiamo specificato le varie attività che gli abbiamo fatto fare
perché esse erano strettamente correlate al programma e ai particolari
momenti della vita del campo.
Lo schema della catechesi è tratto da un sussidio "Libero per
volare - Storia di un gabbiano" di cui però non conosciamo gli altri
riferimenti bibliografici in quanto ci è stato tramandato già parecchio rovinato.
Chi la
leggerà si accorgerà subito delle somiglianze con "Il
gabbiano" di R. Bach, infatti è a questo racconto che ci siamo
ispirati. Speriamo che vi piaccia e vi possa essere utile, se qualcuno la
dovesse usare tutta o solo una parte vi chiediamo di mandarci una cartolina con
i vostri commenti, l'indirizzo è il seguente:
GRUPPO SCOUT AGESCI ROMA 113
C/O PARROCCHIA NATIVITA' N.S.G.C.
VIA URBISAGLIA N. 2
00183 ROMA
PROGRAMMA
TEMA, OBIETTIVO, LETTURE
Giorno 1 "Imparare ad alzare lo sguardo"
Leggere la propria situazione;
scoprire l'importanza di un
amico grande che faccia da guida
1 Samuele 16,1-13 Dio sceglie Davide
Giorno 2 "Il tempo"
Riflessione sull'uso del proprio tempo, imparare a
conoscere le proprie qualità
Matteo 25,14-30 I talenti
Giorno 3 "Le reazioni del gruppo"
La famiglia e il gruppo possono non accettare le
nostre
idee
Luca 2,41-52 Gesù a 12 anni
Giorno 4 "Pagare di persona"
La libertà vera è nella fedeltà alla propria coscienza
Matteo 13,54-58 Gesù rifiutato dai compaesani
Giorno 5 "Il tempo è andare avanti"
Imparare a riconoscere il valore del proprio quotidiano
Matteo 19,16-22 Il giovane ricco
Giorno 6 "Non sono solo"
Sviluppare la voglia di incontrare gli altri
Giovanni 2,1-11 Le nozze di Cana
Giorno 7 "La solidarietà e la collaborazione"
Abituarsi a costruire le
proprie amicizie sul rispetto, la
lealtà e l'aiuto reciproco
Luca 5,17-26 Il paralitico
Giorno 8 "Il male c'è davvero"
Prendere coscienza degli ostacoli che intralciano
la nostra
vita
Luca 19,1-10 Zaccheo
Giorno 9 "La meta è finalmente raggiunta"
Acquistare consapevolezza che gli ostacoli si
possono
superare
Matteo 13,44-46 Parabola del tesoro
nascosto nel campo
Giorno 10 "La vita è essere felici insieme"
Imparare a condividere le gioie insieme
Per questo giorno abbiamo
previsto
la celebrazione della SS. Messa
Giorno 11 "Nostalgia"
C'è una festa più grande
Luca 14,15-24 Parabola sul regno di
Dio come un banchetto
Giorno 12 "Missione"
Cristiano = Missionario
Matteo 20,1-16 Andate a lavorare la mia vigna
Cap. 1
La luce pallida
del primo mattino luccicava tremolando sulle lattine schiacciate e i brandelli
di carta argentata delle confezioni dei
cioccolatini. L'aria era pesante, un odore nauseante si alzava dalle
montagne di rifiuti ammucchiati nella discarica K7.
In lontananza si sentiva solo il rumore continuo delle auto che correvano
alzando scie di fumo azzurrino sulla freeway.
Un autocarro imboccò rumorosamente la salita che
portava alla vetta della discarica. Era il segnale di sveglia. L'ombra di quello
che fu il "popolo degli uomini" si gettò avidamente
sull'immondizia appena scaricata, cominciava così una nuova giornata per la tribù.....
Lontano,
ai limiti della discarica, vicino la recinzione metallica, un
vecchio osservava il sorgere del sole, vicino a lui un giovane.
Il vecchio da tempo viveva fuori dal villaggio, tutti si
riferivano a lui definendolo "un vecchio pazzo", tutti tranne J.J.
"Alza gli occhi J.J.", disse il vecchio "Guarda l'orizzonte, è là la nostra terra; non siamo
nati per
razzolare nella terra come le galline a caccia di vermi o peggio", la voce
del vecchio era triste ma decisa "Cavalcare e cacciare. Dove non ci sono
confini..." Il vecchio chiuse gli occhi rapito dai suoi sogni e dai
suoi ricordi.
"Insegnami a
cavalcare. Per piacere." J.J. pronunciò queste parole tutte d'un
fiato, poi rimase in silenzio, arrossì come se avesse detto qualcosa di
troppo grande, e in fondo lo era, lui era molto giovane e voleva fare qualcosa di diverso dalle leggi della tribù.
"La nostra gente non sa più cavalcare, ha
scoperto il cibo facile. Non conta più niente, l'unica cosa è
mangiare con poca fatica. Questi mucchi di rifiuti ai margini delle città
stanno cambiando il ostro popolo. Vengono qui a migliaia e poi restano.".
"Insegnami a cavalcare". Ribattè
J.J.
Cap 2
Senza aspettare il parere del vecchio, J.J.
saltò sul cavallo del vecchio. Alcuni raccontano che rimase in sella
abbastanza per calmare il cavallo che non aveva accettato volentieri di portare
a spasso quello sconosciuto. In realtà J.J. non fece in tempo a
sistemarsi per bene che già era per terra. Gli altri ragazzi che lo
avevano osservato stupiti, al vederlo con
la faccia nella polvere scoppiarono a ridere.
J.J. si diresse verso
la sua baracca, non voleva vedere nessuno, aveva una gran voglia di piangere.
"Io ci riuscirò", si disse e così cambiò
direzione e si diresse di nuovo dal vecchio. Questi aprì un occhio
sussurrò: "Bah!". Poi aprì anche
l'altro occhio e brontolò: "D'accordo sarò il tuo maestro. Ma
dovrai faticare, diventerai un guerriero come i nostri antenati. Per prima cosa
noi non cavalchiamo come i bianchi, non
basta montare a cavallo. Domani cominceremo."
Ogni mattina
J.J., appena il cielo si illuminava, correva al recinto. Erano giorni belli e
faticosi, provava e riprovava. Dopo qualche giorno aveva imparato le basi. Il
vecchio lo osservava e gli parlava con voce grave: "Innanzi tutto devi
renderti conto che un indiano è fatto a immagine del Grande spirito: è infinita idea di libertà, senza limite alcuno...".
Il corpo di J.J. cambiava, i
muscoli si rinforzavano. il vecchio stava facendo un ottimo lavoro e di questo
se ne compiaceva, alla sua mente tornavano i ricordi dei momenti felici della
gioventù, di quando la tribù viveva libera nella prateria.
"Ti voglio raccontare di Cavallo Pazzo. Tanti libri sono stati scritti su
di lui. Qualcuno pensa che fosse un pazzo, qualche altro il diavolo, ma i
più...", la voce del vecchio si ravvivò, "...pensano che fosse il figlio del Grande Spirito. Proprio così!"
"Che cosa diceva?", domandò J.J.
"Parlava di cose
semplici. Diceva che gli indiani sono nati liberi, e che è loro dovere
lasciar perdere e scavalcare tutto ciò che intralcia, che si oppone alla
sua libertà, sia superstizioni, sia natiche abitudini, sia qualsiasi altra forma di schiavitù."
Cap. 3
"L'unica vera legge è quella che conduce alla libertà
e all'amore dell'Universo, altra legge non c'è. Così parlava Cavallo Pazzo."
J.J. aveva
finalmente capito di non aver più niente da imparare sull'arte
di andare a cavallo.
Il villaggio venne
svegliato di soprassalto dalle sue grida. Gridava a
squarciagola: "So cavalcare! Guardate! So cavalcare!".
"Quello è completamente impazzito.",
"Bisogna fare qualcosa.", "E' irrecuperabile ormai...cacciamolo
via, prima che rovini gli altri giovani.". Così lo accolse il suo villaggio.
J.J. tornò alla sua baracca. "Mamma, papà, avete visto? Ce l'ho fatta!".
Ma la sua
famiglia non condivideva il suo entusiasmo. I genitori avevano la faccia buia.
"Ma perché J.J.!", chiese sua madre, "Perché non
vuoi essere un ragazzo come gli altri? Ci vuole così poco!".
"Prendi il tuo diplomino,
sposi una bella ragazza..." aggiunse il padre.
"Mamma,
papà, quello che ho scoperto è importante. Sono diverso
adesso...". "La tua tribù è importante. Il resto sono
stupidaggini.", disse il padre preoccupato. La madre non riusciva a
trattenere le lacrime: "Finirà male, lo sento. Il Consiglio degli
Anziani è molto irritato con
te. qui hai tutto!".
"Mamma. Noi siamo indiani siamo chiamati ad essere liberi!".
"Poveri noi! Poveri noi!" gemette la mamma.
Cap. 4
Il giorno dopo, J.J. venne convocato dal Consiglio degli Anziani. Quando
entrò nella grande baracca si sentì tutti gli occhi addosso, era
emozionato le gambe un po' gli tremavano. C'era tutto il villaggio, anche quelli
che un tempo gli erano amici. "J.J., la tua temerarietà e
irresponsabile condotta, nonché la stupidità di certe tue
espressioni, fanno di te un elemento antisociale" esordì il capo del
villaggio, "Perciò sei condannato all'esilio al di là
dell'autostrada. Così potrai meditare sulla tue sciocchezze e impara che
noi siamo al mondo per mangiare e vivere il più a lungo possibile.".
J.J. non
riuscì a trattenersi, anche se nessuno aveva mai osato interrompere il
Capo del villaggio mentre parlava. "Fratelli," gridò, "
non siamo fatti per razzolare nella spazzatura! Siamo un'idea infinita, siamo specchio del Grande Spirito, l'orizzonte è nostro..."
Dal fondo della sala partì
un coro beffardo , l'assemblea si sciolse, J.J. fu spinto fuori accompagnato dai
fischi dell'intero villaggio. Salutò i genitori, la mamma lo
riempì di raccomandazioni. "Mamma non mi fermerò al di
là dell'autostrada, vado a Ovest, là dove il sole tramonta".
Montò sul cavallo regalatogli dal vecchio e partì, ben presto fu
solo un
puntolino appena visibile contro il sole che tramontava.
Cap. 5
J.J. aveva un'unica meta, l'ovest. Il vecchio
gli aveva insegnato che per arrivare alle grandi prateria bisognava seguire le
mandrie di bestiame. Così J.J. fece, vide in lontananza una nuvola di
polvere e verso di essa
si diresse.
J.J. aveva imparato bene a cavalcare, ma ancora non aveva la resistenza
fisica per fare così tante miglia tutte insieme; e soprattutto non sapeva
come procurarsi da mangiare: "Perché mi preoccupo? Gli indiani
cacciano
per mangiare". Non lo aveva mai fatto prima, ma doveva pur incominciare.
prima di partire
si era costruito un arco e delle frecce, aveva cercato per giorni nella
discarica i materiali giusti, il progetto lo aveva trovato su un vecchio libro
di storia, l'aveva costruito e provato ma mai mentre cavalcava. J.J. vide una
lepre correre, era a non più di 500 metri, si ricordò dei consigli
del vecchio: si spostò mettendosi sottovento, così che il suo
odore non arrivasse alla lepre, preparò la freccia, caricò la
corda dell'arco, ma proprio mentre stava per scoccare la freccia il cavallo fece
un brusco movimento, J.J. cadde in terra e l'arco si ruppe. Quando tornò
in sé, il sole era alto nel cielo, si sentiva a pezzi, avvilito. La lepre
si era fermata e lo osservava quasi stupita, J.J. non aveva più neanche
la forza per arrabbiarsi. Per la cena J.J. decise di accontentarsi di radici e
insetti che riuscì a trovare: "Come le galline." pensò
mortificato.
Cap. 6
Faceva molto
caldo, J.J. decise di riposarsi all'ombra di un grosso masso. Il cielo non gli
era mai sembrato così bello, il cielo sopra la discarica era diverso o
forse non lo aveva mai osservato. Proprio mentre stava per ripartire
sentì dei rumori: "Amico, ho visto la deliziosa cenetta che hai
fatto, ho pensata che avresti avuto ancora un po' di appetito, dai vieni a farci
compagnia.". Era un giovane indiano, in piedi davanti a lui, J.J.
ripensò a tutte le raccomandazioni della mamma, ma la fame vinse la
diffidenza e così decise di seguire quello sconosciuto. Lo seguì
fin dentro una radura, lì ebbe una gradita sorpresa: un ruscello, erano
già passati quattro giorni da quando si era potuto lavare per l'ultima
volta e la possibilità di poter fare un bagno lo rendeva felice. "Mi
chiamo Ricki Quattroventi. E sono un esiliato, come te. Se non sbaglio?",
"Non ti
sbagli. Io mi chiamo J.J.".
"Siamo in cinque, tutti reietti. Viviamo qui. Vedi
quel fumo dietro gli alberi, lì c'è una grossa fabbrica di
alimenti in scatola, non ci
crederesti ma buttano via una sacco di roba e ancora tutta buona.".
"Ai vado all'ovest", disse J.J.
"Anche noi vogliamo andarci, è per questo che ci hanno
cacciato dalle nostre tribù.", "E quando ripartite?",
chiese J.J. I cinque si guardarono
imbarazzati. "Da quanto tempo state qui?".
"Da tanto
tempo...Non andiamo di fretta...Volevamo andare all'ovest. Ma è
così faticoso, e poi qui possiamo mangiare quanto ci pare.".
"Ma noi siamo indiani" esclamò J.J. Era molto tempo che i
cinque non pensavano più al motivo che li aveva spinti fino a lì,
"Ma noi non sappiamo come procurarci il cibo durante il viaggio.",
"Neanche io sono molto bravo come avete
visto, ma non voglio perdere tempo.".
Cap. 7
"Mangia
qualcosa adesso, domani ne riparleremo", "Non possiamo sempre
rimandare a domani, lo facciamo da troppo tempo. Io parto adesso";
"J.J. io ti seguo", "Parto anch'io", "Ho capito si
parte tutti", disse sconsolato
Ricki.
"Giuriamo di non lasciarci fino a quando non
arriveremo nelle grandi
praterie, e di aiutarci l'un l'altro, sempre." Disse solennemente J.J.
Partirono un paio di ore dopo, erano un bel gruppo. Tutti erano sicuri di
arrivare la dove il sole tramonta, solo Ricki si volse indietro sospirando
per i facili pranzetti che lasciava.
Cap. 8
Erano molte ore che cavalcavano senza sosta, ma non volevano fermarsi
prima che facesse buio. J.J. guidava il gruppo lungo un sentiero che costeggiava
una montagna. Per un attimo dimenticò un consiglio datogli dal vecchio
saggio: senza pensarci neanche un po' diresse il suo cavallo verso una zona in
cui il bosco si faceva più fitto, il sentiero si intravedeva in mezzo a
tutto quel fogliame e J.J. non si curò dei pericoli che potevano
nascondersi tra i rami. Fu un attimo, un ruggito e un puma si scagliò
contro di loro, con una zampata fece cadere di cavallo DolceLuna che chiudeva il
gruppo, J.J. girò il cavallo e si mise tra il puma e la sua compagna di
viaggio. Il puma sembrò disorientato, J.J. prese una freccia,
caricò l'arco, e proprio mentre il puma stava per aggredirlo
scagliò la freccia, e con lui fece lo stesso Ricki. Il puma ferito cascò a terra.
Cap. 9
J.J. raggiunse i compagni che ora apparivano stremati. Ricki continuava a
portare DolceLuna, ma il peso della compagna gli impediva di cavalcare
normalmente.
"Fermiamoci
sulla riva di quel ruscello, e riprendiamo fiato" disse J.J. e così
fecero i suoi compagni. Scesero da cavallo con circospezione,
l'attacco del puma li aveva resi prudenti.
DolceLuna aveva perso molto sangue e si lamentava debolmente.
"Lasciatemi quì, vuoi
continuate, vi raggiungerò", disse DolceLuna. "Neanche per
sogno!" disse J.J. con voce risoluta. "Non si abbandona un compagno in difficoltà! Arriveremo tutti insieme".
"Proprio così" ribatterono tutti gli altri.
Dopo qualche ora
ripartirono. DolceLuna aveva smesso di sanguinare ma era debole e così
gli altri la sorreggevano e la aiutavano affiancandola a
turno.
Avevano ormai viaggiato per molte miglia, tutto
il paesaggio era cambiato ed anche l'aria aveva un sapore diverso da quella che
avevano lasciato
quando erano partiti.
Una notte si fermarono in una zona paludosa, non riuscirono neanche a
trovare qualcosa da mangiare da quanto erano stanchi. Appena il cielo ad oriente
cominciò ad illuminarsi J.J. montò a cavallo, suo compito la
mattina era fare una breve perlustrazione per cercare qualcosa da mangiare. Vide
una collina e si ricordò le parole del vecchio: "Più in alto
vola l'aquila, e più vede lontano", allora non gli aveva dato molto
peso, ma quando salì sulla collina capì il significato: si mise a
contemplare la nascita del sole, nel suo cuore cantava le preghiere che gli
anziani gli avevano insegnato, quando la luce improvvisamente illuminò il
paesaggio oltre la collina, una distesa sconfinata. "Siamo arrivati!"
così si scaraventò giù dalla collina urlando per svegliare i compagni.
Cap. 10
Erano sei puntini bianchi nella luce rosata del mattino. Ma erano felici.
Quando arrivarono nella grande pianura le loro
grida e lo scalpitio dei cavalli risvegliò il grande villaggio. Gli
indiani che lì abitavano
uscirono dalle tende ancora assonnati e li osservarono stupiti.
J.J.
cavalcava leggero in compagnia di Henry Aladivento e DolceLuna. Erano passate
ormai tre settimane dal loro arrivo. Avevano raccontato la loro storia
più e più volte, erano stati accolti con simpatia da tutti e
avevano avuto un territorio tutto per loro.
Il capo del villaggio li aveva affidati a suo figlio
perché gli insegnasse a vivere come degli indiani: le regole del
villaggio ma soprattutto la
caccia al bisonte.
"La caccia non è questione di muscoli. Il
bisonte è un difficile avversario. Correre al galoppo dietro una mandria
non fa altro che sfiancare il cavallo ed esporvi alla carico dell'intera
mandria. Bisogna saper aspettare il momento giusto, attendere senza fretta il
momento
giusto.", AlceSpezzata non faceva che ripetere queste parole.
J.J. e i suoi avevano imparato
velocemente, e senza accorgersene questo
nuovo modo di vivere stava trasformando anche i loro cuori e le loro menti.
"E' qualcosa che ti entra dentro davvero" diceva Ricki ai suoi
compagni, "Mi sento diverso. E' come se non avessi più
limiti.", "Anch'io sono diversa" disse DolceLuna, "ero così timida e ingenua, prima."
"Siamo cambiati tutti" continuò J.J.,
"E' questa l'esperienza. Ma sto imparando un'altra cosa: si può
andare sempre un po' più in là. Se lo
vuoi. Siamo un popolo."
Cap. 11
Man mano che i
giorni passavano, sempre più di frequente capitava a J.J. di ripensare
alla montagna di spazzatura dalla quale era venuto. Se laggiù avesse
saputo, se avesse conosciuto solo la decima parte, anche solo la centesima parte
delle cose che adesso sapeva, quanto più senso avrebbe
avuto allora la vita!
Chissà, si
domandava, se laggiù adesso c'era un giovane che come lui lottava per
imparare a vivere seconde le tradizioni, per scoprire che la vita non è
fatta per frugare tra la spazzatura, e che c'è un mondo sconfinato oltre
l'autostrada. Magari qualcuno sarà stato esiliato come lui. Più
pensava al suo vecchio villaggio e più cresceva in lui la nostalgia.
Decise così di parlarne con AlceSpezzata.. "Non è questione
di nostalgia" gli disse AlceSpezzata, "Tu hai avuto molte lezioni di
bontà e ora conosci la cosa più importante: l'amore. E per te,
mettere in pratica l'amore significa rendere partecipi della verità e
delle tue scoperte gli altri. Tu vorresti tornare per salvare i tuoi vecchi
amici". Salvare! Era
esattamente quello che J.J. pensava.
"Proprio così! Tornerò laggiù e li salverò."
I suoi compagni si dimostrarono un po' meno entusiasti,
"Sei impazzito. Sei un reietto, non puoi tornare. Come puoi amare una tale
marmaglia che ti ha
condannato senza neanche ascoltarti?"
"Oh, non è mica per quello che li
amo! Ma dobbiamo sforzarci a scoprire la bontà che c'è in ognuno
di noi, e aiutarli a scoprirla da se stessi, in se stessi. E' questo che io
intendo per amore. Si può sempre andare un po' più in là, ricordi?".
"Non lo fare, ci sono indiani cattivi."
"Non esistono indiani cattivi, solo indiani infelici."
Cap. 12
J.J. fu irremovibile. Un
mattino, mentre il sole cominciava a dipingere di giallo e di rosa la pianura ad
oriente, montò a cavallo. Diede una lunga occhiata agli infiniti
orizzonti che tanto amava, poi voltò il cavallo e cominciò la strada per il ritorno.
Nella
discarica un giovane camminava rabbiosamente. Ne aveva abbastanza di
giornate sempre uguali alla ricerca di vettovaglie nell'immondizia.
"Non me ne importa niente di come la pensano
loro!", rimuginava tra sé e sé, "Diventerò un
fuorilegge, se è questo quello che vogliono." sbottò
a gran voce.
"Via non te la
prendere con loro". La voce veniva da dietro di lui. Sorpreso, si girò. Gli ci volle un po' per riconoscerlo.
"J.J. sei tornato!".
La voce di J.J. era dolce e pacata.
"Un giorno apriranno i loro occhi e
vedranno. E allora la vedranno come te.
Perdonali, e aiutali a capire."
"Sei un reietto. Il villaggio ti imprigionerà."
"Il cielo è immenso e non ha padroni. Se vuoi davvero imparare
ad essere un indiano ci vedremo domani mattina, io ti insegnerò."
"Si, lo desidero."
L'indomani mattina tutto il villaggio si accorse di cosa stava accadendo.
"E' J.J., il reietto! Ha osato tornare! E' inaudito,
inammissibile...e chi è con lui, anche quel giovane deve essere esiliato."
I due continuavano senza curarsi degli occhi che li osservavano.
"Vedi," disse J.J. con affetto,
"ogni indiano è fatto a immagine del Grande Spirito, una scheggia
d'infinito. E non badare a quello che dicono. Ora che hanno guardato in alto, il
cielo incomincerà a entrare anche in loro...E non saranno mai più come prima."
Adattamento del racconto di Giorgio Carpoca [AGESCI Rm. 113]