Alessandro Marchiori
SI PUÒ
FARE COSÌ
Pensieri
di un capogruppo
felice, infelice, insomma ...
Descrizione del Documento.: Quali nodi, quali punti fermi, quali le
attenzioni da avere. Esperienze e tanto altro
materiale utile per qualsiasi conduzione o per
migliorare le attività di un gruppo a partire
dai singoli.
Contenuti Educativi.......: un importante stimolo a ripensare COSA e COME
stiamo facendo nella nostra vita di gruppo di
adulti. Un supporto al Capogruppo, figura
fondamentale in ogni gruppo Scout.
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"opinionware", occorre comunicare all'autore
commenti, osservazioni, la nostra opinione.
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Cognome e Nome..: Alessandro Marchiori
Indirizzo.......: alessandro.marchiori1@tin.it
CAP/Citta'/Prov.: Livorno
INTRODUZIONE
Questo libretto sarà forse una delusione per quelli che pensano di trovare risolti i loro problemi su come condurre la Comunità Capi e su come migliorare i rapporti tra le persone che la vivono. Quando si parla di persone non ci sono soluzioni definite; c'è solo la possibilità di vedere i problemi sotto molti punti di vista. Infatti, la cosa più difficile è riuscire vederli, a dare un nome ai problemi in tutti i loro aspetti. Le soluzioni poi le troviamo. Questo libretto non propone giochi di animazione, perché quelli si trovano nei libri, basta andarseli a cercare. Per molti problemi generali sono stato volutamente sbrigativo. La cosa più importante invece, ed è l'obiettivo del lavoro, è riuscire a mostrare la bellezza, la difficoltà e la complessità della figura del capogruppo che insieme alla Zona e alla Comunità Capi diventa una figura nodale dell'Agesci.
La Comunità Capi è fondamentale nella proposta scout e la maggior parte dei problemi di formazione, di continuità, di serietà e di qualità della proposta educativa che facciamo ai ragazzi ha le sue radici nella Comunità Capi. Per questo il capogruppo, visto nei suoi ruoli di animatore, di quadro, di coordinatore e di garante del metodo ha un compito importantissimo per il funzionamento del Gruppo.
Non sono sicuro di avere ragione. Sarebbe bene sentire questo libretto come una serie di consigli e di proposte che vengono dall'esperienza di un capogruppo, che vanno adattati alle singole situazioni che si vivono in ogni Comunità Capi, considerando le capacità e il carattere di ogni capo. Questo non significa lasciare tutto com'era prima. È un'occasione di confronto e le domande maturano sempre le persone. L'idea del diario è legata alla scelta di dare un aspetto pratico e vissuto ai problemi. Le domande non discusse e non risolte sono i nodi, e gli schemi che organizzano i discorsi sono i paletti.
Qualcuno troverà roba sua non citata. Mi sono servito, oltre che dei miei quaderni, di materiali pubblicati su internet e in pubblicazioni locali, specialmente per alcuni schemi e tabelle. Ringrazio tutti. In particolare Federica Guido e Marino, che sono stati i collaboratori più preziosi e Liliana, Ausilia e la coca del Mede I e del Rosignano I, che hanno accettato di pubblicare i materiali del Gruppo.
Alessandro Marchiori
Livorno Gennaio 2001
Alessandro Marchiori è insegnante di Lettere delle scuole superiori a Livorno. La sua esperienza didattica deriva dall'esperienza di Barbiana, dove ha conosciuto Don Milani e da quella del Villaggio Scolastico di Corea, presso le scuole sperimentali Pistelli di Corea.
Alessandro Marchiori è scout da quando aveva dodici anni. Ha fatto servizio come Capo Reparto e Capo Clan nei gruppi di Livorno. E' stato capogruppo per anni e ha avuto modo di ripensare alle sue esperienze.
E' stato responsabile della Formazione Capi della Toscana. Ha partecipato alle staff dei campi per capigruppo.
Come membro della Pattuglia Nazionale della Formazione Capi ha girato per anni l'Italia negli eventi di formazione per capigruppo. In genere ha trattato le problematiche della psicologia degli adulti e dei rapporti interni della Comunità Capi e si è specializzato sulle problematiche e le tecniche degli adulti in riunione.
Attualmente è membro del Consiglio di Zona di Livorno.
IPOTESI DI INDICE
La nostra coca. Chi c'è quest'anno
I COMPITI DEL CAPOGRUPPO
Il carisma e lo sviluppo delle persone; io sono una capogruppo di provenienza extrassociativa; capogruppo o animatore?; la pagella. la riunione di verifica del capogruppo; dove imparare il mestiere?; quando il capogruppo è un problema; il capogruppo e il rapporto con le branche; ansie legali e dintorni; la responsabilità legale; assicurazione: carlina a casa?; la scaramanzia; cosa voglio dalla Zona; perché mi hanno scelto?; la stima: da dove viene?; il capogruppo che è capo unità; nodi e difficoltà della nostra coca; le scimmie sulle spalle, guardarsi indietro e la fiducia; la coca come luogo felice; le ansie da capogruppo; difficile dire: vai da un'altra parte!; le firme importanti; proponimenti personali; Veronica può fare servizio come quadro; organizzare, organizzazione e organizzatori; lavorare in gruppo; perché è difficile lavorare in gruppo?; lo scoutismo tecnologico; la triade; la capogruppo e la diarchia
I COMPITI DELLA COCA
L'idea della coca; la depressione del capogruppo e cosa chiedono alla comunità capi; l'impegno negli scout e gli esami all'università; la corresponsabilità; ripartire da tre; lealtà associativa e censimenti; la comunità capi come gruppo di adulti; l'arcipelago e la coesione; comunità capi di paese; comunità capi di città; i genitori di seconda battuta; i numeri della coca; le fasi della storia di una comunità capi; coca: i perdenti, i vincenti e i primi della classe; no al padre nostro; educazione non emarginante, il messaggio del gruppo; attenzione alle iscrizioni; i rapporti con i genitori dei ragazzi con problemi; soldi soldi soldi soldi; le richieste di contributi; la cassa di gruppo; lo stile economico e la gita in bicicletta; la filosofia del porcile e la sede educativa; impianti e dintorni; il magazzino: guardate che quando avrete le cose non vi manchi lo spirito
L'ANIMAZIONE DELLA COCA
Poche chiacchiere, andiamo al sodo!; trentacinque volte l'anno, proposte di riunione di coca; le corriere del ritorno; la parola di Dio; il tempo è sacro; a difesa del tempo; una battaglia da non perdere, l'orario di inizio; le ansie e il contratto della serata; conseguenze di una riunione improvvisata e scavolata; l'ordine del giorno ovvero di cosa si discute stasera; un male cronico: le varie e il tempo delle riunioni; la fuga nel passato e le difese del gruppo; la cadenza delle riunioni; le decisioni che fatica!; l'avvocato del diavolo; il verbale della riunione; gli interventi dei politici; l'effetto specchio; il gioco degli adulti; la critica distruttiva; considerazioni sulla partecipazione; esiste un buon gruppo?; come dobbiamo formulare le domande; l'animazione della comunità capi; l'uscita di gruppo; ancora! il riciclaggio degli argomenti; la stampa associativa; celebrare; la coca è una comunità cristiana; l'uscita di coca; il fuoco di bivacco per adulti; vita di fede; la strada delle emozioni: una strada della fede; la revisione di unità in coca
ENTRARE E USCIRE DALLA COCA
Le entrate dei capi; la mancata partenza e il buon vicinato; il clan e il mercato delle vacche; le domande assurde e la cultura di lasciare entrare; la nomina a capo di Veronica; la porta che sbatte. le uscite dalla coca; quando un capo esce dalla coca; la cultura del ringraziare; verifica della coca sulla partenza; e quando escono i ragazzi?; Simone è uscito; handicap e coca; le caratteristiche di un capo; i giovani e le paure; il tirocinio e il tirocinante; affacciarsi e non cadere dalla finestra; mamma Eleonora; voglio una donna! la prima volta; la promessa di Francesco; la comunità capi e il patto associativo; le cerimonie di accoglienza e promessa; da noi di usa così; l'incontro con Valeria; i capi unità diventano formatori; il babbo dei capi; nessuno è entrato in chiesa; Francesco tirocinante e l'affidamento del tirocinio; la presentazione al camposcuola; Francesco dopo il camposcuola; i genitori in coca; i vecchi associativi; i capi a disposizione
I RAPPORTI INTERPERSONALI
I rapporti con i capi; lo zaino diverso; ma mi stai ascoltando?; l'ascolto a riunione; i silenzi cattivi; i silenzi sommersi; il clima che viene da lontano; gli staff e le risatine; coccolare/difendere o svezzare?; la mancanza di stima; occorre lasciare il tempo che il the si faccia; le contrapposizioni dei gruppi scout e le gemmazioni; il silenzio in famiglia; i fantasmi dagli armadi. gli argomenti micidiali; strategia vinco vinci. il compromesso; le coppie scoppiate; la cochetta; le razze di capi; i giovani e i vecchi; maschi e femmine; gli extrassociativi
I PROGETTI
il gioco degli scacchi e le difese di
fronte al cambiamento; la barca a remi; la sceneggiata napoletana; il progetto
educativo: il pavimento; il progetto educativo e i programmi; dobbiamo rivedere
il progetto educativo; fondamenta, il progetto educativo e il progetto del capo;
una riunione di coca che ha funzionato; l'ombrello e analisi dell'ambiente;
agitarsi, la disponibilità dei capi e il futuro del gruppo; ...e si valutano le
risorse; i genitori arrabbiati e offesi; ce la siamo voluta: i genitori
arrabbiati; i progetti di unità; uscita di verifica del progetto educativo; i
posti hanno un'anima; il potere nell'Agesci e l'assegnazione incarichi; il pesce
e l'esca; le iscrizioni; la manualità; il branco: aprire?; la verifica
dell'uscita dei passaggi; verifiche difesa e accusa; la frase vietata. le nostre
verifiche; il rischio della coerenza e la proposta monca; punti critici della
nostra coca; il progetto del capo; i monaci e la coca; mettersi in mutande?
commento al progetto del capo; la continuità tra le branche
IL MONDO
I rapporti con gli altri gruppi scout; i
rapporti con la regione scout; la stampa e l'ombrello; lealtà associativa e
censimenti; gli inviti facili; le processioni. i rapporti con la parrocchia; la
più laica delle associazioni ecclesiali; la nuova parrocchia: un arcipelago con
molti ponti; le nostre capacità e la parrocchia; i momenti liturgici; i manovali
della parrocchia e la presentazione del progetto educativo; i rapporti con il
parroco; Natale; i capi gruppo e l'assistente ecclesiastico; i preti e i panda;
capirsi; i rapporti con le altre associazioni della parrocchia; gli scout e le
pubbliche relazioni; identità e immagine; gli affari nostri e le pubbliche
relazioni; la discrezione e la radio serva scout; le visite durante le attività;
gli indirizzari; lo scoutismo è una proposta scomoda; gli atteggiamenti dei capi
di fronte al resto del mondo; la campagna elettorale e gli inviti; non ci
capiscono: idee da far passare alle organizzazioni territoriali; il quartiere
politico; il barista e le etichette politiche; le prese di posizione e le firme;
i genitori; il tempo perso con i genitori; i capi giovani e l'atteggiamento
paterno dei genitori¸ le cene; i genitori e gli incontri di presentazione del
metodo; lo scautese; patti chiari: il contratto con i genitori, il camion e la
caramella; la comunità capi e l'associazione.
LA NOSTRA COCA - CHI C'È QUEST'ANNO
CAPIGRUPPO Paola e Onorato
ASSISTENTE Don Francesco
CAPI CLAN
Massimo e Veronica
CAPI DEL REPARTO FEMMINILE Enrica e
Giulia
CAPI DEL REPARTO MASCHILE Marta, Sandro e Gigi
CAPI DEL BRANCO Marta, Lucia e Francesco
CAPI A DISPOSIZIONE: Gabriele e Liliana
I COMPITI DEL CAPOGRUPPO
dal diario
di Paola
IL CARISMA E LO SVILUPPO DELLE PERSONE
Bisogna che ne parli con Onorato. Lui ha un carisma personale molto forte,
che rischia di essere pericoloso. Esprime troppo spesso le sue opinioni e dice
avrebbe fatto lui in quella data situazione. Dice cose giuste e sagge, che
derivano dalla sua lunga esperienza. Ma il rischio è che si ripeta il rapporto
come era vissuto nelle Unità, anche perché molti capi sono stati ragazzi suoi
del clan. Gli devo proporre di esprimere la sua opinione in maniera più
problematica. Altrimenti non permette la crescita dei capi della Coca. Un
sintomo chiaro è che dopo che Onorato ha parlato, tutti stanno zitti e si fa
come dice lui. Una situazione del genere può dare anche soddisfazione al
capogruppo, ma a lungo andare diventa micidiale e pericolosa per la crescita dei
capi e della Comunità Capi.
NODI
Di quale capogruppo ha bisogno questa coca?
Nello nostra coca l'abbiamo scelto o l'abbiamo trovato?
Perché è lui/lei?
Cosa gli/le
chiediamo?
È ora di
cambiare?
dal diario di Paola
IO SONO UNA CAPOGRUPPO DI PROVENIENZA
EXTRASSOCIATIVA
Io sono una capogruppo di provenienza extrassociativa. Questa non è una
caratteristica buona o cattiva, perché per fare il capogruppo occorrono delle
caratteristiche che una persona adulta può avere anche se non ha fatto l'iter
scout da giovane. All'inizio è stata dura: c'era un modo di fare che non capivo
e non riuscivo ad accettare. Quando sono entrata in coca, c'era uno stile e un
atteggiamento di critica pesante e personale che per una persona che viene
dall'esterno è difficile accettare. Poi ho capito che si era in una fase dura di
verifica della coca. Ma per una persona adulta è difficile imparare, adattarsi
ad uno stile di critiche a volte pesanti che ci facciamo in coca: aumentava in
me il bisogno di sicurezza personale, perché io che sono un capo extrassociativo
sono più sensibile al giudizio delle persone e faccio più fatica a capire gli
stati d'animo dei capi; alla base di tutte le critiche c'è una stima sostanziale
che viene dalle esperienze di servizio con i ragazzi, che uniscono e permettono
le critiche anche più feroci e sincere, ma permettono anche di accettarle.
Mi sono chiesta: come ho fatto a entrare e, specialmente, a
restarci?
Sono diventata
capogruppo dopo sei anni di servizio nella branca e/g. Io sono una testona e
all'inizio ho cercato di capire, di leggere i sacri testi, di partecipare il più
possibile alle attività con i ragazzi in vari modi e con vari ruoli. Quello che
non riuscivo a capire lo chiedevo. Ho fatto fatica a capire il linguaggio dello
scautese e mi sono mancati, almeno all'inizio, il confronto con le esperienze
che altri della coca hanno fatto durante gli anni. Era stata lasciata sola, ed è
andata bene. Ma è stato certamente un errore da parte della coca e del
capogruppo.
dal diario di Francesco
Assistente
CAPOGRUPPO O ANIMATORE?
È una diatriba già superata da tempo, dal Consiglio Nazionale
dell'Ottantadue, quando a volte in coca c'era le due figure. Adesso il problema
è risolto nell'unicità del capogruppo che fa anche da animatore o comunque fa in
modo che la riunione o le altre attività fondamentali, cioè il Progetto
educativo e il progetto del capo siano formulate e attuate ed è il tramite tra
l'associazione e il gruppo scout.
Noi in coca l'abbiamo
risolto dividendo il compito dell'animazione tra tutta la coca. Affidiamo
l'animazione di certe serate a capi o a staff di branca. E poi l'animazione
delle riunioni di coca sono una piccola parte del nostro impegno come
capigruppo. La parte importante del nostro impegno è fuori dalle riunioni di
coca.
dal diario di Onorato
LA PAGELLA. LA RIUNIONE DI VERIFICA DEL CAPOGRUPPO
Ci hanno dato la pagella. Ieri sera riunione di verifica della staff dei
capigruppo. Abbiamo verificato tutto il lavoro che abbiamo fatto in coca e nel
gruppo per attuare il nostro compito. È stato utile avere il programma che ci
eravamo proposti: l'abbiamo trovato nel quadernone delle riunioni e su questo ci
siamo verificati.
La coca aveva preparato queste domande
a cui noi si doveva rispondere come verifica personale come verifica del nostro
servizio.
Ognuno ha scelto le
domande che riteneva più significative e ha risposto. Abbiamo risposto con la
maggiore sincerità possibile. Abbiamo poi notato che nelle domande c'era molta
psicologia e poca verifica della programmazione. Hanno mescolato le domande che
andavano sul personale e quelle che verificavano la conduzione della coca.
L'anno prossimo le diminuiamo e le cambiamo.
PALETTI
AUTOANALISI DEL
CAPOGRUPPO
· so tenere una
riunione tra adulti in maniera che sia utile e proficua
· conosco le dinamiche fondamentali di un gruppo di
adulti
· sono consapevole dei contrasti e delle
difficoltà di rapporto tra le varie età e le rendo esplicite
· non tengo nascosto nulla se non per discrezione
· affronto tutti i problemi, anche quelli più spiacevoli
· ho l'atteggiamento di farmi consigliare dalle persone e
ho la capacità di farmi aiutare
· riesco a fare in
maniera che le verifiche siano utili e profonde e servano per migliorare
· seguo i rapporti con il territorio, i genitori e la
parrocchia
· stimolo nei capi e in me stesso
l'appartenenza associativa e stimolo l'esercizio della democrazia associativa
· partecipo con la Zona in maniera attiva
· partecipo a volte alle riunioni di staff
· partecipo alle riunioni dei genitori organizzate dalle
branche
· partecipo ad alcune attività per i ragazzi,
sempre in maniera poco ingombrante ma per rendermi conto personalmente di come
vanno le cose
· curo in modo particolare i nuovi entrati
nella Comunità Capi e seguo i tirocinanti
·
approfondisco le nuove proposte dell'Associazione rivolte alla formazione dei
capi
· attuo in coca il progetto del capo
· ho la forza di dire a qualche membro della Comunità Capi
che deve andare a compiere il suo servizio altrove, perché non è adatto al
servizio educativo in Agesci, ma mantengo con lui sempre l'amicizia e i
rapporti
· faccio partecipare tutti alle decisioni e
coinvolgo tutti i membri della Comunità Capi nelle scelte
· conosco i punti nodali della metodologia scout per
intervenire su tutte le branche
· sto attento al tempo
dei capi, perché abbiano il tempo per loro stessi perché possano svolgere uno
scoutismo sereno e senza ansia
· non mi lascio divorare
dalle cose da fare subito
· mi domando sempre perché
ogni cosa viene fatta
· mi lascio coinvolgere dalle
situazioni ma non mi lascio sconvolgere e cerco di essere impegnato ma non
indaffarato e sono capace di dire di no a certi impegni eccessivi, ma anche di
dire di sì se penso di poterli attuare continuando a fare uno scoutismo felice e
sereno
· sono un facilitatore nei rapporti
· faccio decidere alla coca ma cerco anche di esprimere le
mie idee e rispetto le scelte della coca anche quando non sono d'accordo
· sono serio nel lavoro e nella famiglia che è la radice
della stima sociale. Ad esempio, se fossi accompagnato o divorziato non farei
questo servizio.
· vivo la fede in maniera personale e
approfondita e non solo "pubblica".
· vivo le scelte che
si propongono ai ragazzi nella mia vita.
· cerco di
operare in maniera che non possano essere fatte osservazioni che mi tolgano la
stima della gente, dei capi e dei ragazzi.
· cerco di
conoscere la psicologia degli adulti e i modi per farli lavorare assieme,
certamente senza pensare di manipolarli o orientarli o imporre le proprie
idee
· cerco di avere la capacità di lavorare e far
lavorare con un progetto
dal diario di Onorato
DOVE IMPARARE IL MESTIERE?
Ho capito una cosa da
quando ho partecipato ai fine settimana per capigruppo, per imparare il mestiere
e per confrontarmi con altri capigruppo provenienti da altre situazioni e
ambienti: ho capito che il problema dell'animazione delle riunioni non è il più
importante. La difficoltà principale è quella di coordinare le volontà di adulti
diversi ad un unico fine educativo. E dopo che ho capito questo, allora mi servo
anche dei manuali di animazione, perché servono sempre; ma, al solito, la cosa
importante è da un'altra parte.
Proponimenti personali
- Essere informato
- Creare
legami
- Arrivare al nocciolo della questione
- Aiutare la persona giusta ad andare al posto giusto
- Guardare a quello che ci unisce piuttosto che a quello
che ci divide
- Documenti corti e Progetti educativi
brevi
- Se non si è la persona giusta, andarsene
QUANDO IL CAPOGRUPPO È UN PROBLEMA
Sono domande che ho fatto a me stesso. Per capire se come capogruppo sono
diventato un problema per la Comunità Capi. Ho pensato che basta considerare
alcuni fattori.
Mi sono chiesto:
- se è più di sei anni che sono
capogruppo
- se ho sempre maggiori difficoltà a
rapportarmi con i capi e le loro idee
- se in Comunità
Capi l'unico ruolo che potrei avere è quello di capogruppo
- se la mia presenza non permette la crescita di capigruppo
alternativi
- se il ruolo che svolgo è più burocratico
che formativo ed educativo
- se non ho tempo per
rispondere a tutti gli obblighi che ha un capogruppo
- se ho difficoltà nei contatti con i genitori, la parrocchia, il territorio
Alla fine mi sono detto che posso
ancora fare un anno di servizio come capogruppo e poi tornare a dare una mano in
branca rover. Chi mi sostituirà? Sarà bene che cominciamo a pensarci.
dal diario di PaolaIL
CAPOGRUPPO E IL RAPPORTO CON LE BRANCHE
Ieri abbiamo partecipato alla riunione di staff della
branca l/c. Mancava don Francesco, ma era meglio se c'era. Non c'era una ragione
particolare per partecipare. Abbiamo chiesto noi di partecipare ogni tanto alle
riunioni di staff delle branche, perché è il modo più semplice per capire come
vanno le cose e come sono i rapporti interni. Poi i capi ci possono dire più
chiaramente i problemi e i progetti. Abbiamo raccontato degli incontri personali
che abbiamo avuto con alcuni genitori che ci hanno cercato perché avevano
problemi con i capi dei loro bambini. Questi genitori è parleranno con i capi
unità.
Quello con i capigruppo è un rapporto delicato da
gestire, anche perché, se non c'è fiducia, dai capi viene sentito come
un'intrusione, un voler mettere il naso. Invece se le cose sono concordate e
chiarite, la presenza nostra, specialmente se è all'interno di un'attività, ci
permette di verificare di persona come vanno realmente le cose e come sono i
ragazzi e qual è la qualità di scoutismo che viene proposta. Ai capi unità dà la
possibilità di chiedere un consiglio o un parere su certe situazioni. Noi ci
siamo andati anche per parlare delle situazioni di genitori o di ragazzi
problematici. L'occasione di questi incontri, che faremo con tutte gli staff, è
la preparazione dell'incontro di coca sui ragazzi problematici del gruppo.
Infatti, deve passare, a mio parere questa filosofia nel nostro gruppo, e la
ripetiamo ogni volta: ogni ragazzo che ci mette in difficoltà è un dono per noi,
per non annoiarci, per ritrovare le ragioni del nostro servizio. Altrimenti
sarebbe troppo comodo lavorare con i ragazzi perbene e che fanno quelli che gli
dici, e magari sono anche bravi e buoni. E se esce un ragazzo che ci ha dato
problemi è veramente una sconfitta.
dal diario di OnoratoANSIE LEGALI E DINTORNI
Il reparto maschile nell'uscita ha attraversato i prati da
falciare e il contadino si è messo a urlare contro di loro. La cosa è finita lì,
ma ho detto a Sandro, Marta e a Gigi, i capireparto, che aveva ragione il
contadino e loro avevano fatto una stupidaggine e poteva sorgere il problema del
risarcimento. Ci devono stare più attenti e non essere superficiali. Questo
fatto è stato un'occasione per parlarne in coca, per aumentare in tutti la
sensibilità a questi problemi.
Ogni volta che si
organizza qualcosa per i ragazzi incocciamo delle leggi e dei regolamenti ai
quali ci dobbiamo adattare, per quanto possibile. Lo dico sempre a tutti i capi
della coca. Il fatto che siamo volontari, che facciamo un servizio educativo,
non ci porta all'immunità legale. Il rischio è loro ma anche mio. Questi
discorsi delle responsabilità legali non li sottolineo come incentivo a lasciare
il servizio, perché è troppo rischioso. Queste responsabilità vengono per ogni
capo in quanto cittadino. Quindi i rischi legali, civili e penali, devono essere
ben chiariti, anche se non devono diventare una cappa di piombo. Certe volte
dormo poco fino a quando non sono rientrati tutti da certe uscite. Quando si
ragazzi sono in uscita voglio poter rispondere ad un genitore dove sono i
ragazzi e quando tornano. Comunque ho i telefonini di tutti i capi, e questo mi
ha semplificato la vita. Noi cerchiamo di adempiere le leggi e i regolamenti che
incontriamo nella nostra attività. Occorre essere attenti, anche perché
l'educazione alla legalità passa dai nostri gesti concreti di capi, dal rispetto
degli altri, sia quando ci si mette a cantare nei treni pieni di gente sia
quando si passa dai campi degli altri e magari si fanno danni.
Questo un breve elenco dei
problemi che hanno attinenza legale che abbiamo affrontato in coca e che ci
toccano:
li ho divisi tra
illeciti civile e penali
illeciti civili
· il rischio di danni agli altri nelle uscite
· i problemi della sicurezza e degli impianti in sede e
nelle case dei campeggi e vacanze di branco
· le
autorizzazioni amministrative da chiedere
illeciti penali
· il rischio di entrare nel fondo altrui
· il disturbo della quiete e del riposo degli altri
· l'abbandono di persone minori o incapaci
· il rischio di abuso di mezzi di correzione (nessuno deve
toccare un ragazzo)
· l'imprudenza e la negligenza
(coltelloni vari ecc.)
· soggiorno abusivo in parchi
naturali
È impossibile elencare
tutte le situazioni che portano pericolo. Il problema è a monte. Noi cerchiamo
di affidare i ragazzi a persone responsabili e con tanto buon senso da non
mettersi e da non mettere i ragazzi nei pericoli. Anche per questo da noi c'è
l'obbligo che l'uscita, almeno nelle branche inferiori, non si fa mai con un
solo capo, altrimenti non si fa.
Da noi c'è il divieto
assoluto di usare l'autostop. Si devono usare i mezzi pubblici. Questo comporta
la possibilità di perdere le corriere e i treni e di arrivare in ritardo. Per
questo… benedetti i telefonini per avvertire i genitori!
Noi facciamo in modo di avere anche una domanda scritta dei
genitori che ci richiedono l'iscrizione all'associazione. In questa domanda
abbiamo chiarito che ci possono essere dei momenti particolari del metodo e
attività più impegnative di cui devono essere informati. Questo non ci scarica
dai problemi, ma i genitori non possono dire che non lo sapevano. Sempre per
correttezza, noi diciamo ai ragazzi del clan che fanno servizio associativo e
sono maggiorenni, che possono essere chiamati anche loro a rispondere in
giudizio, se succede qualcosa. Noi cerchiamo che non siano mai soli con i
ragazzi, ma può succedere e devono saperlo.
NODI
Come conciliare l'autonomia della squadriglia o personale a
livello del metodo con la necessità giuridica di non incorrere nella "culpa in
vigilando", che è quella di non essere presenti, di lasciare da soli dei minori
che ci sono stati affidati, e di non aver fatto quindi tutto il possibile perché
non si facessero male?
dal diario di PaolaLA RESPONSABILITÀ LEGALE
È raro che ci capiti, come
capigruppo, di firmare documenti che hanno valore legale, ma ogni tanto ci è
capitato. Ad esempio la parrocchia ha voluto un documento firmato da me e da
Paola per l'uso dei locali in comodato. Per don Francesco non hanno voluto la
firma perché non ha la rappresentanza legale. Questo significa che la parrocchia
chiede a noi gli eventuali danni e comunque si scarica dalla responsabilità se
si fanno male i nostri ragazzi. Comunque siamo coperti sia dalla nostra
assicurazione Agesci, sia dall'assicurazione della parrocchia per l'uso generale
dei locali.
Ragione di discussione con il parroco: non è
giusto e non è legale che i ragazzi delle squadriglie facciano riunione di
squadriglia senza la presenza, almeno nei paraggi, di nessun capo scout. E se
qualcuno si fa male?
Noi siamo soliti lasciare questa lettera dopo che siamo
stati in un luogo, specialmente quando i ragazzi sono in uscita di squadriglia,
e quindi
senza capi
Ai responsabili dei luoghi in cui siamo stati ospitati
Baden Powell, fondatore del
movimento scout, nel suo ultimo messaggio agli scout, li invitò a "lasciare il
mondo un po' migliore di come l'avevamo trovato".
Per
noi questo vuole essere riferito tanto alle grandi quanto alle piccole
situazioni.
Speriamo quindi che i nostri scout siano
stati capaci di lasciarvi gli spazi che avete messo a disposizione, meglio, o
per lo meno, come li avete loro offerti.
Se ciò non
fosse avvenuto, ci scusiamo per la loro disattenzione e vi preghiamo di farcelo
presente, affinché possa essere un nostro sforzo il cercare di rimediare alle
loro dimenticanze, per potervi lasciare un sereno ricordo della nostra
presenza.
Quindi vi preghiamo di segnalarci eventuali
rotture, o luoghi non puliti o dimenticanze che possono aver comportato dei
danni, che non sono stati visti al momento della partenza, e che siamo
disponibili a riparare. Noi speriamo che i ragazzi si siano comportati
educatamente, che abbiano rispettato gli orari del silenzio notturno, che
abbiano lasciato gli spazi puliti e in ordine e che abbiano fatto qualcosa in
cambio dell'ospitalità. Se non è stato così ce lo faccia sapere. Questo ci darà
anche la possibilità di verificare come i ragazzi si comportano quando sono
ospiti di altre persone.
I nostri indirizzi e numeri
telefonici sono i seguenti ...
I CAPIGRUPPO
dal diario
di Paola
ASSICURAZIONE: CARLINA A CASA?
Chi ha più cervello
lo adopri!
Discussione con Enrica e Giulia, del reparto
femminile, che vogliono far venire in uscita e in sede Carlina, anche se non è
ancora censita, perché non hanno fatto il censimento aggiuntivo.
Mi sono opposta, d'accordo con Onorato, a che Carlina
continui a venire in sede e a fare le uscite. È vero che i capi sono
maggiorenni, e che hanno loro la responsabilità, ma la cosa non cambia. Già da
tempo, per fortuna, da noi non c'è nessun capo minorenne. Comunque fino a quando
Carlina non è censita si rischia grosso e inutilmente. È vero che c'è il
discorso educativo, ma allora ho proposto di fare un'assicurazione temporanea
per lei per i pochi giorni che servono per mettersi in regola. In babbo di un
rover è assicuratore e la soluzione si trova. In queste cose non bisogna essere
superficiali e attivare le polizze assicurative è un dovere a cui noi capigruppo
non ci possiamo sottrarre.
LA SCARAMANZIA
Lucia, diceva che portava sfortuna.
Allora l'abbiamo chiamata la riunione di scaramanzia.
Noi diciamo che dobbiamo essere pronti all'emergenza e
abbiamo passato la serata per vedere "a freddo", per ipotizzare un'emergenza e
scriverci le cose da fare subito, una dietro l'altra. È stata una riunione
interessante. Dopo esserci detti quali sono i momenti pericolosi (camminare di
notte, montagna, momenti di stanca o di non attività o non controllo, uscite dei
ragazzi da soli ecc.) abbiamo concordato le fasi di emergenza:
· Queste le fasi che sono uscite
in situazione di emergenza. Chiaro che ogni fatto è diverso dall'altro, ma ci
siamo detti:
se i problemi sono
fisici:
· cercare di capire cosa è successo, specie se
ci sono battute della testa ecc.
· non dare medicine ma
avere il pronto soccorso secondo l'attività
· utilizzare
i mezzi di emergenza pubblici se possibile (118 ecc.)
·
avere un telefonino funzionante
· ai campi avere sempre
le cartelle dei ragazzi e sapere le situazioni particolari riguardo ai farmaci
ecc.
· avere sempre i numeri di emergenza dei capigruppo
e dei genitori
· avere i numeri del servizio assistance
dell'assicurazione
· preparare i documenti delle denunce
all'assicurazione
· non dire balle sui fatti alle
autorità ma nello stesso tempo astenersi in qualsiasi momento dal riconoscimento
della propria responsabilità
· portare avanti le cose
fino alla loro definizione
se abbiamo fatto dei danni:
· risolvere il problema se
possibile da soli se è piccolo
· avvertire i
proprietari
· fare delle foto se possibile
· scrivere una relazione esatta delle circostanze, con
tutti i nomi dei protagonisti
· dire dove si era in quel
momento
· avvertire l'assicurazione se il danno è grosso
COSA VOGLIO DALLA ZONA
"Non riesco a capire cosa vogliono ottenere…"; "Loro sono là…"; "Non
capiscono i nostri problemi!"; "Loro parlano... ma siamo noi che stiamo con i
ragazzi!"; "È stato interessante, hanno parlato, ma poi sono tutte cose teoriche
che non ci servono!". Questi alcuni atteggiamenti. Comunque da noi se qualcuno
programma l'uscita o qualsiasi attività con i ragazzi quando c'è l'assemblea di
Zona o l'incontro delle branche lo uccidiamo di offese e contumelie. Da noi si
usa così. C'era l'incontro di Zona delle branche. Saltiamo la riunione di coca
per non accavallare troppi impegni. Comunque partono i commenti dei capi. Sono
frasi che sento dai capi ogni volta che vanno agli incontri di Zona. È lo stesso
atteggiamento che abbiamo con i politici. Sentiamo la Zona distante dalla vita
associativa di tutti i giorni. E allora divento matta, perché significa che i
capi non ci mettono abbastanza impegno per cambiare le cose, che brontolano come
qualunquisti politici. Noi capigruppo cerchiamo in tutti i modi di favorire la
partecipazione agli incontri di Zona. È un modo di uscire dal guscio e di
migliorare la qualità della proposta. Io mi arrabbio spesso agli incontri di
Zona, ma sento che mi serve. Non solo come confronto di idee e dei modi di
operare, ma come aiuto alla coca. Mi sento corresponsabile e anche quando mi
arrabbio so che la colpa è nostra. Non è facile, ma non è possibile fare
diversamente.
Io dalla Zona voglio un concreto aiuto
perché tocca alle Zone calarsi nella realtà delle Coca. Tocca alla Zona:
promuovere la formazione e la crescita dei capi e in particolare li stimola a
confrontare e verificare la propria azione educativa e a realizzare
l'aggiornamento e la formazione di adulti.
Ogni volta mi
viene in mente il problema. Siamo così impegnati nella gestione educativa delle
unità da rischiare di dimenticare in nostro impegno nella formazione degli
adulti. Quindi devo proporre alla Zona di fare formazione permanente, magari sui
problemi e sui nodi più chiari che viviamo nelle coca. Su queste cose abbiamo
impostato il programma di Zona. Devo proporre degli incontri per la gestione
delle riunioni e il problema della conflittualità all'interno di un gruppo di
adulti. Massimo, che ha la memoria lunga, mi ha detto che lui all'Assemblea
regionale non ci torna per perdere tutto quel tempo. Nella nostra coca si arriva
a malapena a sentire e vivere la Zona. La regione o l'associazione sono distanti
un oceano. Come fare?
Io lo so cosa dovrebbe fare un capogruppo su questo
problema.
PALETTI
FORMAZIONE CAPI permanente in rapporto alle lacune dei
capi: Ruolo della Zona
LACUNE:
· Esiste la consapevolezza di non possedere un sufficiente
bagaglio di tecniche tipicamente "scouting"
· È presente
la carenza di una lettura appropriata dei testi di B.P. e di altri testi di
argomento educativo scout
· Scarsa è la conoscenza dei
regolamenti e dei documenti ufficiali dell'associazione
· Manca il confronto sulle scelte di fondo del P.A. che si
danno per scontate.
· È carente il confronto tra i capi
sul modo di usare il metodo nelle branche.
· Poiché
risulta difficoltosa la capacità di dare testimonianza della propria fede, ne
consegue una scarsa incisività nel proporre ai ragazzi una crescita di fede
attraverso esperienze di catechesi.
PROPOSTE PER LA
ZONA:
· Favorire il confronto tra i capi sul metodo e
sulla sua applicazione interbranca.
· Rendere la nostra
proposta appropriata alla luce di un'analisi sulla realtà giovanile.
· Proporre momenti di confronto e crescita nella fede.
· Favorire la circolazione delle esperienze sulle attività
di catechesi.
· Informare sulle novità metodologiche.
· Creare tra i capi della Zona un clima che porti al
confronto sereno e leale nel rispetto e nella stima reciproca, evitando
arroccamenti e chiusure precostituite in tutti gli ambiti.
dal diario di Onorato
PERCHÉ MI HANNO SCELTO?
Ogni tanto mi chiedo perché la coca mi ha scelto come capogruppo. A parte che
non mi hanno scelto ma mi sono reso disponibile per farlo e loro mi hanno
scelto. Avevo fatto servizio in branca rover, ed era ora di cambiare dopo cinque
anni. Mi hanno scelto perché pensavano che avevo tempo solo per fare il
capogruppo? Forse è arrivato il tempo che il servizio del capogruppo e del
quadro non siano servizi da fare a fine carriera, ma come momento di stacco
dalle unità, per poi tornare a fare servizio con i ragazzi?
Penso che sia stato perché, fino ad ora, ho un rapporto
di fiducia con la coca. Ho fatto una buona esperienza di servizio in branca
rover. Pensano anche che abbia una qualche capacità di far funzionare la Coca.
Penso che abbia influenzato anche la mia età, che mi aiuta ad avere una certa
autorevolezza nei rapporti interni ed esterni della coca e del gruppo,
specialmente con i genitori. E poi la maggior parte è gente che ho avuto in
clan, e questo conta, nel bene e nel male.
PALETTI
FUNZIONI E COMPITI DEL
CAPOGRUPPO
Secondo lo Statuto
l'impegno del Capogruppo deve muoversi poi in tre direzioni fondamentali:
la prima di tipo educativo, analogamente ad un Capo Unità
che opera per il bene dei ragazzi. Quello che fa perciò è funzionale, seppur in
modo indiretto, al bene dei ragazzi;
la seconda di tipo
associativo, in quanto quadro dell'AGESCI. Come tale, egli fa parte della
struttura organizzativa e funzionale che l'AGESCI si è data;
la terza infine quella del formatore, in quanto fa sì che
la Comunità Capi sia il luogo principale della formazione dei Capi, attraverso
il trapasso delle nozioni, lo stimolo alla crescita personale e la verifica
dell'iter formativo.
dal diario di Onorato
LA STIMA: DA DOVE VIENE?
Mi ha detto Lucia, la capo
del branco: "Noi ti ascoltiamo anche perché ti stimiamo!"
Cos'è la stima? È una serie di fattori che si collegano
l'uno all'altro, fatta di storia, di esperienze che hai vissuto con gli altri,
di momenti in cui hai dimostrato serietà e impegno con i ragazzi e con i capi,
di saggezza in situazioni di emergenza. Ma allora, mi sono chiesto, a fare il
capogruppo occorre una persona un po' anzianotta con tanta esperienza? Non
penso. L'esperienza e la stima la può ottenere anche un giovane, basta che abbia
o cerchi di avere le capacità che servono per fare il capogruppo.
Secondo me negli scout la stima è
data:
- dalle capacità personali dimostrate nel servizio
- dall'esperienza scout unita alla conoscenza del
metodo
- dalla stima sociale e personale
- dalla coerenza personale nella propria vita
- dalle capacità educative dimostrate con i ragazzi
- dalla continuità dell'impegno e dalla sicurezza che
se prometti qualcosa farai il massimo per mantenerla
- dalla capacità di mettersi in discussione
- dalla capacità di instaurare rapporti di fiducia
profondi
- dalla capacità di ascoltare
dal diario di Paola
IL CAPOGRUPPO CHE È CAPO UNITÀ
Discussione se noi capigruppo si doveva fare servizio anche nelle branche,
visto che ce n'era bisogno. E' indispensabile che i capogruppo abbiano
quest'anno l'unità? Se è una situazione temporanea va bene, ma se è per sempre
non va bene. Per quest'anno abbiamo deciso per un no. I problemi si risolveranno
in altri modi. In compenso la coca sarà molto esigente su come svolgeremo il
nostro servizio. Molte Comunità Capi piccole o anche grandi, proprio perché
hanno grossi problemi a mantenere in vita le unità uniscono la figura del
capogruppo con quella del capo unità. La scelta sottintende che il capogruppo ha
meno da fare e può essere tranquillamente un compito aggiuntivo. Allora il
Capogruppo diventa quello che organizza le riunioni di coca. Il risultato
concreto è una Comunità Capi che funziona poco e male o che non esiste come
momento di formazione permanente. Diventa chiaro quindi che i compiti del
capogruppo o non sono attuati o sono solo accennati. D'altronde se non si
investono forze sulla Comunità Capi, i problemi si aggravano sempre di più,
proprio perché è la Comunità Capi il luogo dove i problemi si risolvono e si fa
un controllo continuo della qualità di scoutismo che stiamo proponendo ...
PALETTI
In quanto quadro dell'AGESCI il
Capogruppo esplica la sua rapprentatività:
- con la Parrocchia
- con le istituzioni del territorio
- con la Zona Agesci e l'Associazione in genere
- come membro del Consiglio di Zona cura i rapporti con
gli altri Gruppi scout e delibera i programmi del Progetto di Zona
- diventa cerniera di comunicazione nei due sensi tra
il Gruppo e l'Associazione per le scelte della politica associativa
dal diario di Paola
NODI E DIFFICOLTÀ DELLA NOSTRA COCA
Ci siamo incontrati tutti e tre e abbiamo fatto l'elenco dei nodi più
importanti della nostra coca. Non sappiamo come risolverli, ma almeno stiamo
cercando di dargli un nome. A volte identificare un nodo è già essere un pezzo
avanti per la sua soluzione, proprio perché occorre dare un nome ai problemi.
Faremo un confronto con la coca per vedere se le nostri idee sono condivise.
Questo l'elenco dei nodi:
- la difficoltà di scommettere sulla possibilità di
allargare la presenza del gruppo in zone geografiche vicine: Si vive sempre con
l'ansia che non si riesce nemmeno a tenere quello che c'è ora
- molti capi non hanno raggiunto la maturità personale
adulta: hanno problemi personali che incidono sulle scelte e sullo stile
educativo
- c'è la difficoltà a mettersi in relazione
e in dialogo con tutto quello che c'è di esterno alla Comunità Capi
- le scelte di fede personali sono ancora carenti e da
sviluppare
- c'è qualche difficoltà a creare il clima
giusto in Comunità Capi per migliorare i rapporti e la stima che serve per
lavorare per un progetto unico
- c'è ancora qualche
sintomo di branchismo che diventa un nemico della corresponsabilità educativa di
tutta la coca
- ci sono ancora dei contrasti precedenti
e delle vecchie ruggini nei rapporti interpersonali che è molto difficile
risolvere
- c'è da ricostruire le pubbliche relazioni
con il territorio; vecchie ruggini da sanare con la parrocchia
- non abbiamo ancora uno stile di accoglienza dei nuovi
entrati e non li seguiamo con attenzione; dobbiamo migliorare il modo di seguire
i tirocinanti
Onorato ha detto
che la prossima volta facciamo l'elenco delle cose che funzionano. Si parte
anche da quelle che funzionano per migliorare, non solo dai problemi da
risolvere.
dal diario di Onorato
GUARDARSI INDIETRO E LA FIDUCIA
Massimo è una delle
poche persone che ho conosciuto che se ti dicono di sì, sai che quella cosa sarà
fatta, o che almeno ce la metterà tutta per farla e se ha difficoltà te le viene
a dire. Quando Massimo si prende un impegno, è sicuro che l'impegno lo porterà a
fondo e se non ce la fa te lo dice. Il trucco è tutto qui. Solo che Massimo è
una merce rara. E allora vale la pena a volte passare il problema non ad una
sola persona ma ad un piccolo gruppo, con però ha una persona già identificata
che faccia da capo gita, che risponda lui alla coca o a noi capigruppo. È la
persona che fa in modo che le cose succedano e i problemi vengano distribuiti
dalle spalle di tutta la coca in generale alle spalle dei singoli membri o dei
gruppi perché abbia un nome chi fa cosa.
IL CAPO GRUPPO: IL RUOLO
La capo gruppo ed
il capo gruppo, d'intesa con l'A.E. di gruppo ed avvalendosi dell'aiuto della
comunità capi, curano in particolare:
- attuazione scopi e animazione
Coca
- garanzia dell'attuazione del P.E
- approfondimento problemi educativi nell'ottica
della P.P.U.
- formazione permanente
- cura del tirocinio
- verifica l'andamento incarichi di servizio sia del
singolo capo che della staff
- rapporti altri gruppi e
l'associazione
- partecipazione al Consiglio di Zona
- collaborazione con le strutture associative
- rapporti con il
territorio
- famiglia
- parrocchia
- scuola
- gestione organizzativa e amministrativa
- organizzazione dei programmi
- predisposizione dei bilanci preventivi e consuntivi
IL CAPO GRUPPO: IL PROFILO
- CAPO
- - esperienza / formazione nella legge scout - scelte
del P.A.
- autorevole = capacità riconosciuta di
sintesi concrete tra scoutismo e vita rapporto di fiducia
- capacità di relazione con altri adulti
- animatore = capacità di creare il " clima "
- QUADRO
- - operatore nelle strutture associative - garante del
P.E.
- capacità di richiamare alla fedeltà delle
scelte del P.A.
- capacità di leggere la realtà
sociale e di fare sintesi "culturale"
- FORMATORE
- - cerniera fra la "cultura" associativa ( quadro ) e
la reale esigenza di formazione dei capi ( capo )
-
curatore del trapasso delle nozioni
- stimolo
all'iter associativo e sua verifica
- operatore
metodologico
- stimolo per l'applicazione creativa del
metodo
dal diario di Paola
LA COCA COME LUOGO FELICE
Ho sentito Gigi, alla riunione dello staff unito dei reparti che diceva a
Giulia: "Stasera c'è coca!". E il tono era quello del sospiro, della tassa da
pagare, della rottura che occorre sopportare per poter fare servizio con i
ragazzi.
Ne ho parlato poi con tutti i capigruppo al
Consiglio di Zona e qualcuno ha lo stesso problema. È un sintomo preoccupante.
Significa che la coca non è vissuta come luogo felice, dove si sta bene e si
imparano le cose che servono per il servizio dei ragazzi. Dovremo fare una
verifica dell'andamento della coca riguardo alle riunioni. Dobbiamo ribadire che
quello che succede è merito e colpa di tutti e che tutti devono dire cosa
vogliono che capiti e in che modo e in quale clima e con quali contenuti. Salvo
poi chiedersi se quel problema è il vero problema o il sintomo di qualche altra
cosa.
NODI
Come fare in modo che la coca sia un luogo
felice?
dal diario di PaolaLE ANSIE DA CAPOGRUPPO
Queste erano le domande che mi giravano in testa quando ho
cominciato per la prima volta nel servizio di capogruppo:
- cosa sono io per loro?
- sarò
capace di fare tutto?
- riuscirò a ottenere la loro
stima in questo nuovo compito?
- come farò a
mantenerla?
- come sto andando?
Sono ansie da capogruppo? Ma le
stesse domande se le fa continuamente ogni capo della coca, anche se siamo gente
che si conosce da un'eternità. Ogni ansia di inadeguatezza la devo vivere
insieme con altri, sapendo che non sono sola e che sto imparando il mestiere
ogni giorno. Queste ansie mi sono passate quasi tutte, ma penso che adesso mi
restano le domande, che vanno ancora bene.
Mi sono fatta
poi un elenco di obiettivi da portare avanti.
PALETTI
I PROGRAMMI DI GOVERNO DI ME
PAOLA
- evitare che succeda
come l'anno scorso che ognuno ascoltava e si interessava solo della sua
branca
- organizzare le verifiche a tema - domande
precise
- sapere cosa si fa in ogni unità per attuare
il progetto educativo
- fare gruppi di Coca
interbranca
- attuazione dei punti principali del
progetto educativo. Vedere come e i tempi
- vedere se
c'é relazione con gli obiettivi (essenzialità - catechesi - educazione al
territorio - manualità) nelle varie branche
- approvare
e verificare meglio i programmi di unità
- inventare
situazioni mangerecce e di gioco
dal diario di Paola
DIFFICILE DIRE: VAI DA UN'ALTRA PARTE!
C'è continuamente da ricordare il problema della
responsabilità. Noi capigruppo non siamo i capi unità della coca. Il nostro non
è un rapporto educativo con i capi, anche se siamo attentissimi e curiamo i
rapporti interni alla Comunità Capi facendo in modo che ciascuno possa trovarsi
a proprio agio e possa approfondire le proprie scelte. E il compito più
difficile è quando devi dire ad una persona, magari ad un amico che il suo
desiderio fare servizio può trovare realizzazione in altri ambiti, perché non è
adatto al servizio educativo in Agesci. In questi casi è sempre meglio non far
entrare che fare uscire. Per fortuna ho l'umiltà e la capacità di farmi aiutare,
coinvolgendo i vari membri della Comunità Capi nelle soluzioni da adottare. In
fondo a questo serve la coca: a vivere il fatto che un problema educativo non è
solo mio ma è di tutti. Quindi quando mi trovo in queste situazioni non sono
solo io, ma siamo tutti, compresa la persona che se ne deve andare.
PALETTI
LE FIRME IMPORTANTI DEL CAPOGRUPPO
- i Censimenti
- le partecipazioni ai Campi Scuola
- le nomine a capo
dal diario di Paola
LE FIRME IMPORTANTI
Gabriele, che è un capo a disposizione, l'anno prossimo si iscriverà in Zona
se non potrà tornare a fare servizio con i ragazzi. È vero che la sua lunga
esperienza con i ragazzi della branca e/g è spesso utile alla coca, ma c'è il
rischio di appesantirla con persone che non vivono direttamente il servizio con
i ragazzi. Dopo due anni che uno non fa servizio con i ragazzi o come quadro, si
iscrive in Zona. Di regola, questa situazione non può continuare all'infinito,
per cui è opportuno valutare insieme la situazione in cui si trovano i capi e,
nel caso, decidere la loro uscita dalla Comunità capi, in cui potranno
rientrare, ovviamente, nel momento in cui la loro situazione sarà cambiata e
potranno di nuovo assumere un impegno di servizio nelle unità. Noi si usa così e
pensiamo che sia una cosa saggia. Il momento del censimento da noi è quindi
l'occasione per chiarire chi deve stare in Comunità Capi e chi no. Inoltre,
siccome la responsabilità legale è nostra, per le situazioni a rischio, con capi
con poca esperienza o, peggio ancora, non completamente affidabili, noi non le
avvalliamo, quindi non si firma. È stata una discussione di fuoco in coca per
questo motivo, ma noi siamo stati irremovibili. È la solita domanda che mi
faccio e che faccio agli altri capi: "A lui affiderei i miei figli?
Anche se in coca mi dicono che c'è lo staff che sopperisce,
sono troppe le volte che ho visto delle uscite di unità fatte, per varie
ragioni, da un solo capo, magari quello più giovane e con meno
esperienza.
PROPONIMENTI PERSONALI:
- non devo lasciarmi
divorare dalle cose da fare subito
- devo lasciarmi
coinvolgere dalle situazioni senza farmi sconvolgere
- devo preventivare gli impegni quando è possibile e cercare di essere occupata
senza essere indaffarata
- devo essere capace di dire di
no agli impegni non indispensabili per fare il capogruppo, ma anche di dire di
sì se penso di poterli attuare continuando a fare uno scoutismo felice e
sereno
- devo cogliere le occasioni dell'associazione
per la mia preparazione
VERONICA PUÒ FARE SERVIZIO COME QUADRO
Sto pensando
che Veronica ha tutte le caratteristiche necessarie per fare il quadro
nell'Associazione. Lo vedi da come si muove nelle situazioni, da come organizza
i grandi eventi dei ragazzi, da come sa lavorare con gli altri e coordinarli, da
come ha la visione generale dei problemi. Tempo fa le ho proposto di entrare
nella pattuglia regionale di branca rover e ha accettato. Io penso che questa
esperienza abbia migliorato il suo servizio con i ragazzi. La coca è anche una
fucina di quadri. Infatti, fare il quadro è sempre stimolante per la persona e
per la coca E' utile per uscire dal proprio in una visione che si allarga ai
problemi della Zona e della Regione. Le capacità per fare il quadro sono
abbastanza diverse da quelle che servono per fare il capo unità, ma non sono
stratosferiche. Molto spesso coincidono con le stesse persone che fanno bene il
loro servizio in unità. E poi si tratta di cominciare con incarichi un po' più
generali, con il coordinamento fra varie coca, con l'organizzazione e la
collaborazione ad attività zonali e regionali, con la partecipazione alle
pattuglie. In questi casi l'incarico stesso tira fuori le capacità
necessarie.
PALETTI
Il Capogruppo e
l'Associazione
- Comunica in
Zona problemi ed esigenze del Gruppo
- Trasmette in Coca
le informazioni che gli arrivano dall'Associazione
- Esorta la Coca ad informarsi, utilizzando eventualmente giochi ed attività,
promovendo incontri
- Favorisce la presenza dei suoi
capi nelle strutture (fa il talent scout, che non è lo scout di talento, ma
insomma ...)
- Prepara la Coca alle Assemblee
regionali
dal diario di Onorato
ORGANIZZARE, ORGANIZZAZIONE E ORGANIZZATORI
Ma siamo dei buoni organizzatori?
Ogni tanto mi
chiedo se le capacità necessarie per fare il capogruppo sono diverse da quelle
per tenere l'unità. Penso che siano simili. La cosa importante è che devo
continuare a sentirmi educatore dei ragazzi, anche se aiuto gli adulti e li
organizzo a portare avanti il loro impegno. Infatti, la cosa più difficile è
garantire il gioco di squadra e essere fedeli agli obiettivi educativi. Solo
dopo vengono i tempi, i modi, le persone che fanno in maniera che una certa cosa
che avevamo deciso di fare capiti e succeda nel modo che avevamo previsto, o
almeno si avvicini il più possibile alle previsioni e ai progetti.
Nella nostra coca Veronica è una brava organizzatrice e
anche Paola. Ci siamo detti che dobbiamo evitare il rischio degli "specialisti"
organizzativi. Pensare una cosa e organizzarla e attuarla è un'unica cosa.
Questo perché pensiero e azione vanno assieme e non vogliamo che i problemi
organizzativi prendano il sopravvento, anche se sono importanti e a volte fanno
saltare i proponimenti educativi che ci eravamo proposti.
PALETTI
COSA SERVE
PER ORGANIZZARE? ORGANIZZARE È PARTE INTEGRANTE DELLA PROPOSTA EDUCATIVA
- un clima di amicizia tra chi
organizza
- essenzialità e attenzione ai soldi
- essere chiari e trasparenti per farsi capire e meritare
fiducia
- competenza, prevedere le fasi, gli strumenti,
i mezzi ecc. ma anche sangue freddo nelle situazioni non previste
dal diario di Onorato
LAVORARE IN GRUPPO
Ma chi ha detto che lavorare in gruppo è facile? Nella nostra coca il lavoro
di gruppo a volte diventa faticoso e difficile.
Ieri
sera avevamo organizzato la verifica della progressione personale per gruppi
interbranca. Mi sembrava di aver fatto tutto bene: il compito era stato chiarito
e anche gli obiettivi e il risultato atteso, che poi era un cartellone da
spiegare a tutti. Il risultato è stato deludente. Da noi funzionano meglio i
gruppi organizzativi e operativi che quelli di pensiero, di approfondimento. È
un'illusione e una leggenda che il fatto che siamo scout ci renda capaci di
lavorare insieme. Ieri sera forse non abbiamo dato il tempo della "digestione
mentale" del gruppo, quello che serve per riorganizzare i rapporti interni per
quella cera serata. Il risultato è stato che sono scoppiati in almeno due gruppi
dei conflitti latenti che non hanno permesso il lavoro e l'approfondimento del
problema. Francesco, Gigi e anche qualcun altro hanno ancora tanta strada da
percorrere per riuscire a lavorare in gruppo, anche perché occorre avere dentro
di sé la capacità di mettersi in discussione e di non prendersi troppo sul
serio, e loro non l'hanno ancora raggiunta. Dovremo mettere più attenzione nella
composizione dei gruppi, in funzione di quello che vogliamo ottenere.
In fondo anche
la coca è un luogo dove si deve imparare a lavorare assieme, che non vuol dire
solo fare, ma anche pensare e imparare a confrontare quello che si sa e quello
che si pensa per pensare diversamente.
PALETTI
idea!!!! creare una staff logistica che collabori con le
staff per migliorare l'organizzazione
SCOPO: alleggerire
i Capi Unità che possono cosi impiegare il tempo e le energie liberate per il
lavoro con i ragazzi.
Come?
-
Staff logistica con i seguenti compiti: stampa e spedizione avvisi mensili
(tutto l'anno); Inventario del materiale di gruppo (coinvolgendo le squadriglie)
valutazione dello stato e necessità di integrazione o ricambio; Campi estivi e
Vacanze di Branco (da gennaio a luglio); ricercare i posti per campi; trasporti
materiale e persone; spesa alimentari; organizzazione personale cambusa e Mamme
Lupe; Acquisizione di un impianto di amplificazione; Coinvolgimento nella Staff
di genitori e amici disponibili dare un mano.
dal diario di Paola
PERCHÉ È DIFFICILE LAVORARE IN GRUPPO?
Mi sono
chiesta: "Perché e difficile da noi lavorare in gruppo? E allora ho pensato a
queste cause:
- già nella scuola si tende al risultato
individuale: la collaborazione non solo non è richiesta ma è negata
- nella nostra società fin da piccoli si tende al successo
individuale
- molti che comandano o dirigono hanno
l'idea di avere le idee migliori e le vogliono imporre (anch'io?)
- è sempre difficile rinunciare alle proprie proposte di
soluzione a favore di altre (anch'io?)
- abbiamo nei
cromosomi l'idea stupida che in un gruppo che lavora ci debbano essere vincitori
e perdenti
- abbiamo a volte l'atteggiamento a volte di
non far conoscere a tutti quello che sappiamo
- non
siamo disponibili a portare avanti le idee degli altri (anch'io?)
LO SCOUTISMO TECNOLOGICO
Massimo ha detto: "Ma siamo nell'era di internet e non si può stare al palo
quando i nostri ragazzi navigano meglio di noi!"
Noi ci
siamo chiesti se valeva la pena fare un sito web per il gruppo. Alla fine
abbiamo deciso di no, che lo strumento non era indispensabile. Non abbiamo
bisogno di questo strumento per le pubbliche relazioni. Era utile invece un
indirizzo di posta elettronica con cui ricevere tutti i materiali e gli inviti
dalla Zona e dalla regione e poter andare su internet se avevamo dei problemi
specifici. Tanto non c'è il problema dei mezzi informatici, che qualche capo ha
già a casa, e non ci manca la gente impallinata che viaggia su internet. Siamo
adesso nella rete delle e-mail dello scoutismo. La cosa sta funzionando. Ci
arrivano ora dalla Zona e dalla Regione gli inviti in tempo e anche i giornalini
telematici stanno funzionando.
Ogni tanto qualcuno porta delle stampate di materiali o di
schemi trovati sui siti scout. Qualche schema l'abbiamo usato per qualche
riunione. Non è mai utile scoprire l'ombrello.
Ai
genitori abbiamo dato gli indirizzi del sito ufficiale dell'Agesci, perché c'è
una spiegazione del metodo secondo le varie età e possono capire meglio
l'associazione. Anche il censimento l'abbiamo fatto per via elettronica ed è
stato semplice ed utile. Il discorso è il solito. Il computer è un mezzo che
possiamo usare, ma noi, come metodo, usiamo ridere, vederci con gli occhi,
parlare e litigare e tante altre cose che non passano dalla comunicazione
informatica… per fortuna.
NODI
Come fare a organizzare un gruppo e il lavoro di gruppo che
funzioni per un certo obiettivo?
Comunità Capi Mede I
IL SENTIERO GIÀ PERCORSO ...
Dal mandato alla
disponibilità di ogni capo - per giungere alla definizione delle staff di
Unità
Ci siamo interrogati
verificando i campi estivi. Abbiamo dedicato un momento di riflessione per
"guardarci allo specchio" ed interrogarci sulla nostra disponibilità al nuovo
impegno di servizio (veglie in cappella)
Tre incontri
sono stati dedicati alla revisione del nostro PE con vivaci confronti e
puntualizzazioni.
Altrettanto
vivaci i due incontri dedicati alla vera e propria stesura del programma di
Coca
A "margine" di tutto questo sono stati fatti due
incontri con tutti i genitori ed uno è in preparazione per il Natale.
Un incontro con gli educatori di tutta la comunità sul tema
delle nuove tossicodipendenze.
E QUELLO CHE CI ATTENDE ...... ZAINO IN SPALLA PER
un percorso metodologico:
Prendendo in esame il regolamento delle branche e portando a conoscenza di tutti
i capi i vari dettagli relativi anche alle branche "non di competenza" per poi
in un secondo momento, dare spazio alle direzioni di unità che promuoveranno un
confronto tra il proprio regolamento di branca e l'attuale modalità di
applicazione del metodo, dando spazio al dibattito in Coca
Un percorso di formazione
permanente: Lasciando libero spazio ad eventuali specifiche richieste abbiamo
comunque individuato un tema trainante che potrà essere al di sopra di ogni
specifico interesse e sarà quello di individuare e rendere formativa la nostra
difficoltà a comunicare in gruppo. Abbiamo infatti appurato questa esigenza
dall'analisi del nostro fare gruppo (coca) già dagli ultimi periodi delle scorso
anno.
un percorso di catechesi:
Una catechesi che è frutto di una richiesta personale, ma che si riflette sul
nostro proporci capi cristiani e testimoni di fronte ai ragazzi.
I temi che darebbe vita a questo
percorso potrebbero essere individuati in:
ascolto ed
interpretazione della Parola
approfondimento della
preghiera
una forte attenzione al messaggio della
domenica come Giorno del Signore (celebrazione eucaristica)
coinvolgimento di ognuno di noi come capo e testimone
Quest'ultima parte ha dato vita a
parecchie riflessioni che devono ancora essere ben strutturate per permetterci
un cammino chiaro e motivato - con quanto è emerso abbiamo anche toccato la
sfera metodologica "il capo-catechista".
I percorsi che
la nostra comunità ha individuato hanno richiesto anche degli specifici metodi
di conduzione.
Incontri
dinamici e creativi
L'esigenza
di stare insieme dando spazio a fine settimana (o quasi) di comunità capi
Momenti forti da condividere
(giornata dello spirito in monastero)
Tutto all'insegna del "motto" che abbiamo scelto per
accompagnarci in questo anno di attività :
"PORTA IL CUORE DOVE VAI"
ed aggiungerei ... lasciandoci pendere per mano da Colui
che sopra ogni cosa ci ama.
dal diario di Paola
LA TRIADE
Stasera vengono a casa mia Onorato e Don
Francesco. Abbiamo riunione tra di noi stasera, per preparare qualche riunione.
Infatti non ci riuniamo ogni settimana. Una volta concordate le linee e
identificati i problemi e i compiti, decidiamo come dividerceli o i momenti in
cui è bene che ci siamo tutti e tre. Così abbiamo preso accordi per la presenza
agli staff di branca e agli incontri con i genitori. A volte saremo tutti e tre
e a volte uno solo di noi.
Essere in tre significa
decidere in tre, quindi diventa necessario programmare e preparare le cose
assieme. Per alcuni capigruppo che conosco questa situazione non è accettabile,
per cui molto spesso esiste un vero capogruppo, e un capogruppo che fa da
segretario o da appoggio, perché non ha tempo o non ha abbastanza esperienza.
Per la maggior parte delle volte questo ruolo ce l'ha la donna. L'Assistente poi
o non c'è o non ha abbastanza tempo, o ne capisce poco di scoutismo, per cui
delega volentieri. Quante volte ho sentito dire dall'assistente: "Fate voi!".
Fare da solo è una tentazione pericolosa per un capogruppo, anche perché il
confronto delle idee e delle esperienze è sempre utile, anche se comporta tempo
e capacità di rapporti. Tra di noi ci dividiamo i compiti considerando le
singole capacità e gli interessi personali, a parte i compiti particolari di don
Francesco. Ma la maggior parte delle situazioni la viviamo assieme, Da noi
alcuni compiti burocratici tipo la cassa, la segreteria, la biblioteca del
gruppo e il magazzino sono affidati a genitori volonterosi. Paola è nel
consiglio pastorale e partecipa insieme con Massimo, capoclan.
LA CAPOGRUPPO E LA DIARCHIA
È un discorso delicato
quello della diarchia, perché in Associazione avevo non solo lo scopo del
superamento dei ruoli ma l'unione di sensibilità che possono essere diverse.
Quindi io e Onorato siamo due persone che lavorano assieme con due sensibilità e
due storie diverse, in cui le differenze diventano patrimonio comune e quindi un
fattore di ricchezza. Io sono più giovane di Onorato e ho anche minore
esperienza nell'attività scout perché sono extrassociativa. L'importante è che
la mia posizione sia veramente uguale nella stima e nel ruolo di fronte alla
Comunità Capi. È chiaro che questa stima me la devo conquistare, ma non farò mai
un lavoro subalterno o da segretaria di qualcuno. Io penso che il fatto che sono
donna porta a questo incarico un valore aggiuntivo.
I COMPITI DELLA COCA
dal diario di Onorato
L'IDEA DELLA COCA
A volte capire e ripensare la storia serve per capire
l'adesso. Chissà come gli è venuta l'idea al Consiglio dell'ASCI del 1970? I
termini "Comunità" e "Capo" facevano da sempre parte del patrimonio educativo
scout: nessuno però, prima di allora, aveva provato a coniugarli insieme,
riferendoli a se stesso mentre li pronunciava. La parola Comunità sostituì le
parole Consiglio e Direzione di Gruppo e di Ceppo: da un'idea quasi aziendale e
produttivistica che questi termini esprimevano, si passò ad un'idea di ambiente,
essenzialmente di rapporto umano. Ma al di là delle parole, in quegli anni
cambiò tutto. I Capi cominciarono a farsi delle domande in relazione al loro
ruolo, a rimettere in discussione la loro crescita, il loro essere adulti. Erano
anni di grossi fermenti, e molti Capi che agivano attivamente nel territorio,
sentivano che il loro fare educazione non poteva continuare a rimanere ai
margini di una società in profonda trasformazione. Questo ripensamento interessò
proprio il modo di essere capo. È capitato anche a me. Fin dagli anni '60, una
volta presa la partenza dal Clan o dal Fuoco, chi sceglieva di restare nelle
associazioni (AGI-ASCI) svolgendo un servizio educativo, vi restava in fondo
come un singolo individuo, membro di un Ceppo o di una Direzione o di un
Consiglio di Gruppo, organismi che si occupavano più che altro dei problemi
organizzativi e strutturali del Gruppo. Non si era arrivati all'idea di una
"Comunità educante" anche per gli adulti, al concetto di responsabilità
educativa collegiale, alla visione del Capo intensamente legato al destino di
altri uomini e donne che con lui si impegnano nell'azione educativa.
L'intuizione della Comunità Capi superava la concezione del Capo, singolo
individuo che educa e che è propria di una visione verticale con il ragazzo.
Prima il Capo Unità era la figura centrale di tutta la struttura associativa,
l'unico punto di riferimento per l'Associazione stessa, per i genitori e per i
ragazzi. La tendenza alla specializzazione, quasi un monopolio privato del
metodo da parte del singolo Capo, era un rischio e talvolta una realtà presente
in molti Gruppi o Ceppi. I Capi, essendo i soli responsabili delle loro Unità,
avevano poche possibilità di capire i problemi delle altre Branche. La soluzione
per questo Scoutismo, quando fu pensata la Comunità Capi, fu quella di affidare
a tutti i Capi del Gruppo la responsabilità dell'educazione di tutti i ragazzi e
di tutte le ragazze e di considerare il servizio in una Unità come un incarico
affidato dalla Comunità Capi e non un diritto acquisito una volta per tutte. La
Comunità Capi nacque anche per essere un luogo di amicizia e di dialogo, in cui
nessun educatore si siede credendo di sapere tutto e di avere in mano tutti gli
strumenti. Doveva diventare l'ambiente di verifica del proprio ruolo di Capo
educatore, di aggiornamento metodologico, di crescita umana e
comunitaria.
dal diario di Paola
LA DEPRESSIONE DEL CAPOGRUPPO E COSA CHIEDONO ALLA
COMUNITÀ CAPI
Mi sono chiesta quali erano i nostri dirimpettai e cosa
ci chiedevano. Ne è venuto fuori questo enorme elenco di attività di una
Comunità Capi che non deve far venire la depressione a un Capogruppo. Deve solo
aiutare a capire la complessità e l'importanza delle richieste che vengono fatte
a una Comunità Capi. A tutto non si può rispondere. Ho voluto considerarlo solo
come un promemoria e uno strumento di verifica.
Questo
elenco mi convince di una cosa: che non può essere Capogruppo uno che ha poco
tempo o che ha l'Unità e che non si può fare quasi nulla senza una Comunità Capi
vera. È chiaro che queste richieste non sono tutte e non possiamo rispondere a
tutte le richieste possibili. Ad alcune è indispensabile rispondere, ad altre è
bene rispondere, ad altre ancora bisogna vedere se abbiamo le forze per
rispondere. Ma per me è importante averle presenti tutte, perché possono
diventare idee e attività per i ragazzi e per la coca. Queste che ho elencato
derivano dalla nostra piccola esperienza. Per qualcun altro l'elenco potrebbe
essere certamente diverso.
ALLA COCA COSA CHIEDONO
COSA CHIEDONO I CAPI
Il confronto e il sostegno sui
problemi educativi; un Gruppo di persone con ideali comuni e che si stima; il
collegamento con le altre Branche; un luogo per continuare a crescere attraverso
la formazione permanente; un confronto esistenziale in termini di verifica
personale anche attraverso il progetto del capo; un luogo per pregare; un luogo
per ricevere fiducia; una verifica concreta dei Campi Scuola a cui ha
partecipato; un aiuto per il Tirocinio; un luogo dove esercitare la democrazia
associativa:; un luogo di confronto per la stampa associativa; un supporto e gli
strumenti tecnici per l'attività (soldi, materiale, tende, sede ecc.); un luogo
in cui vivere il rapporto con la Parrocchia e garantire l'autonomia
dell'Associazione come associazione ecclesiale; un luogo per l'elaborazione di
un Progetto Educativo; un aiuto per imparare da altri capi più esperti le
tecniche educative concrete; degli incontri sugli avvenimenti sociali e politici
per capire meglio in tempo in cui si vive; una verifica della propria
Progressione Personale; la partecipazione e l'animazione delle riunioni, che
devono essere utili e interessanti; un luogo per verificare assieme le scelte
educative; un luogo in cui progettare assieme la presenza nel Territorio; un
ambiente educativo per il trapasso delle nozioni e delle esperienze; un luogo
per parlare dei ragazzi e delle difficoltà che si incontrano; un luogo per dirsi
anche le soddisfazioni che si incontrano a fare l'educatore scout; le occasioni
per la verifica della propria scelta di fede.
COSA CHIEDONO I RAGAZZI
Un livello qualitativo adeguato; capi preparati sotto tutti
i punti di vista e che siano Capi adatti alla Branca e che vogliano bene ai
ragazzi; la continuità negli anni della proposta educativa scout; un buon
rapporto e la collaborazione con i genitori; strutture fisiche, sedi adatte per
svolgere bene le attività; capi sereni e maturi nei loro rapporti
interpersonali; capi che seguano e conoscano bene i ragazzi e seguano con
continuità la Progressione Personale di ogni ragazzo; Capi che si accorgano dei
problemi interni di rapporto tra i ragazzi e prendano i giusti provvedimenti e
non accettino nessun tipo di violenza; un ambiente educativo sereno e positivo;
una proposta educativa radicata nel territorio, nel proprio ambiente storico e
sociale; capi capaci di far vivere una comunità verticale per età e che tengano
conto delle diverse esigenze dei più piccoli e dei più grandi; possibilità di
incontrare scout di altri ambienti e altre città; fare esperienze che siano
interessanti e stimolanti che fanno venire la voglia di rimanere negli scout;
capi cristiani, testimoni di fede e che attuano personalmente quello che
propongono; un ambiente dove vengono presi sul serio e dove quello che fanno o
pensano o dicono è importante perché i protagonisti sono loro
COSA CHIEDONO I GENITORI
La sicurezza sulla continuità del
Gruppo; la garanzia dell'attenzione e del buon senso per i propri figli e che
non siano portati nei pericoli; essere ascoltati e considerati nel discorso
educativo e su quello pratico; essere presi sul serio nelle loro esigenze (tempo
ecc.); essere consultati e avvertiti quando ci sono problemi seri che riguardano
i loro figli; essere messi a conoscenza del Progetto Educativo e del programma
di Unità; se necessario avere la possibilità di dare una mano quando ne abbiamo
bisogno; vivere il fatto che i Capi dei ragazzi si interessano personalmente dei
loro figli e li vengono a trovare ogni tanto e partecipano dei loro problemi;
sapere i bilanci e come vengono utilizzati i soldi; avere incontri sul metodo
scout e sulle esperienze che fanno o faranno i ragazzi
COSA CHIEDE LA PARROCCHIA
La presenza ai sacramenti dei capi
e dei ragazzi e vedere i capi che vivono la loro fede di cristiani e di
catechisti; la conoscenza del Progetto Educativo e l'armonizzazione con il
progetto pastorale della Parrocchia; la partecipazione concordata degli scout ad
alcuni eventi importanti della vita parrocchiale vissuta come Comunità; una
consulenza ed un aiuto nelle attività di catechesi della parrocchia; avere dei
rappresentanti nel consiglio pastorale o almeno nelle commissioni; la
possibilità di presentare e chiedere qualche servizio alla Comunità Capi o al
Clan degli ambiti di servizio extrassociativo; il coordinamento con gli altri
gruppi Parrocchiali; un coordinamento tra gli impegni di catechismo dei ragazzi
e quelli delle riunioni degli scout; una possibilità di verifica del livello di
catechesi e di educazione cristiana e umana proposto sia ai ragazzi che alla
Comunità Capi; la serietà e il buon senso nell'uso dei locali e degli spazi; un
contributo economico per l'uso dei locali
COSA CHIEDE LA ZONA
Il contributo alla determinazione e alle scelte della
politica associativa zonale; la partecipazione agli eventi organizzati dalla
Formazione Capi anche in termini di contributi alle elaborazioni; la
partecipazione e l'organizzazione degli eventi organizzati per i ragazzi; il
contributo alle strutture della Zona, come disponibilità personale a fare il
Quadro e a dare idee; l'identificazione di persone adatte a far il quadro o il
formatore; il contributo alla democrazia associativa e partecipazione alle
assemblee, incontri, progetti; il coinvolgimento nelle attività diocesane e nei
rapporti con il Vescovo e la Diocesi; la disponibilità al coordinamento e al
confronto con le altre Comunità Capi; la mentalità di aiuto alle altre Comunità
Capi in difficoltà e disponibilità a cambiare Comunità Capi; l'accettazione
delle regole per l'apertura delle nuove Unità e dei nuovi Gruppi; l'essere
chiamati, consultati e coinvolti quando ci sono dei problemi grossi; la lealtà
associativa nei censimenti e nelle nomine a capo; il contributo economico
COSA CHIEDE LA REGIONE SCOUT
La partecipazione agli eventi di
formazione e di democrazia associativa; il contributo economico; la
disponibilità a fare servizio come Quadro; la discussione e l'attuazione delle
linee proposte dalla regione scout; l'adesione ai progetti regionali
relativamente anche alle singole Branche
COSA CHIEDONO LE ISTITUZIONI DEL TERRITORIO DELLA COMUNITÀ
CAPI
La partecipazione a
determinate attività e battaglie civili e sociali che hanno attinenza col nostro
specifico educativo avendo la coscienza che occorre stare molto attenti e che
rischia di diventare un terreno minato; la partecipazione a determinate
strutture che riguardano i giovani (commissioni giovani ecc.); aiuto per
l'inserimento di handicappati e disadattati ecc; contributo all'elaborazione dei
progetti relativi ai giovani; animazione di determinati eventi (colonie, estate
in città ecc.); contributo all'approfondimento culturale; collaborazione con
operatori sociali quando è possibile
COSA CHIEDONO LE ALTRE ASSOCIAZIONI DELLA ZONA O DELLA
PARROCCHIA
La collaborazione ad
attività specifiche; coordinamento nella presenza nella Parrocchia; contributo
di idee e attività specifiche legate alla nostra capacità di animazione;
partecipazione a documenti, appelli, manifestazioni che toccano il nostro
specifico
dal diario di Francesco
Assistente
L'IMPEGNO NEGLI SCOUT E GLI ESAMI
ALL'UNIVERSITÀ
Massimo: "Io per gli scout ho perso un anno
all'università!"
Discussione di fuoco in coca sui capi
che non fanno gli esami all'università e dicono che è per l'impegno degli scout.
Ogni tanto mi chiedo quale dovrebbe essere il ruolo della coca, fino a che punto
ci si può mettere bocca. Purtroppo alcuni sono Capi senza essere adulti, e non
c'entra l'età. Ecco allora che scatta una realtà di una Comunità Capi che
diventa solo luogo di crescita personale e non più luogo di formazione
permanente. Il sintomo è se al capogruppo capita spesso di fare da educatore, da
confessore, da guida piuttosto che da coordinatore di adulti corresponsabili di
un servizio educativo. A volte capita che i Capi delegano alla Comunità le
scelte che sono solo personali e la Comunità Capi viene utilizzata e vissuta per
coprire le proprie carenze personali, vedi perdere tempo ed esami. Altro sintomo
è la frantumazione: certi valori si vivono solo quando abbiamo il fazzolettone
al collo e poi si va per altre strade.
Da noi ci sono
capi che vanno a Messa solo quando hanno le attività con i ragazzi? Cosa
fare?
Alcuni capi della nostra coca chiedono alla
Comunità Capi e all'Associazione di prendersi carico di esigenze come
l'introduzione alla dimensione politica, l'aggiornamento culturale, la cultura
biblica, che non sono strettamente relative alla progettazione educativa e al
trapasso metodologico. La prima conseguenza è il rischio di non essere più
abbastanza esigenti nella ricerca della qualità del servizio educativo ai
ragazzi. Forse siamo troppo poco esigenti quando facciamo entrare le persone,
magari perché abbiamo l'ansia di coprire gli staff delle unità. Sono scelte che
poi paghiamo care. Anche questo spiega perché si dura così poco in servizio e
c'è un grande turn over di Capi. Qualcuno sta in Comunità Capi fino a che ci sta
bene affettivamente, fino a che si sente tra amici. Appena succede qualcosa nei
rapporti mollano. Quindi prevale la ragione affettiva sulle ragioni del
servizio. Cosa fare allora?
la comunità capi è un gruppo di
adulti innamorati di Dio e dello scoutismo.
dal diario di Paola
LA CORRESPONSABILITÀ
È un discorso che ci siamo ridetti ieri sera alla
riunione di coca, dopo che Francesca diceva che non sentiva un vero clima di
amicizia in coca. Siamo in Comunità Capi non perché siamo amici ma perché siamo
persone adulte che hanno fatto la scelta di fare gli educatori con il metodo
scout in Agesci. Tutto il resto che ci sarà dato, sarà in sovrappiù. Il problema
non è l'amicizia ma la stima che abbiamo l'uno verso l'altro per le scelte e per
i gesti concreti che facciamo ogni giorno. E siamo tutti responsabili di tutto.
L'obiettivo della coca è quello di migliorare il nostro servizio e quindi la
qualità di Scoutismo che proponiamo ai ragazzi. Tutto quello che sappiamo e che
sappiamo fare è patrimonio di tutti. Anche quello che succede nelle Unità, che
non sono nostre ma soprattutto dei ragazzi che sono i protagonisti e della
Comunità. Per questo ogni anno è la nostra Comunità Capi che affida l'Unità a
ciascun capo, che risponde a tutta la Comunità Capi. Per questo si fanno le
verifiche, si parla dei ragazzi, si verificano i programmi, si fa il Progetto
Educativo. L'amicizia è bene che ci sia, ma non deve essere una discriminante.
Invece è molto più importante la stima personale, sulla serietà delle scelte, la
capacità di portarle avanti personalmente e con i ragazzi e la lealtà dei
rapporti.
dal diario di Onorato
RIPARTIRE DA TRE
Per fortuna abbiamo il registro
delle riunioni e lo usiamo sempre per rivedere le decisioni vecchie e anche gli
errori che abbiamo visto in occasione delle verifiche. Su quel librone ci sono
le idee, l'organizzazione e i comportamenti che sono la nostra storia. Le
tradizioni del nostro gruppo sono un patrimonio, da discutere e da difendere
nello stesso tempo. Non si può partire ogni volta da zero. Ci sono delle
conquiste, delle tradizioni utili, dei valori fondamentali su cui siamo
d'accordo e non è necessario ogni volta ridiscutere tutto, a meno che se ne
senta l'esigenza perché sono entrate troppe persone nuove o è troppo tempo che
non ce le ridiciamo. Tutto questo serve per migliorare la qualità di Scoutismo
che si propone ai ragazzi. Le nostre tradizioni, i nostri usi e costumi si
possono migliorare e discutere, ma non possiamo ogni volta ricominciare a
ridiscutere tutto. Insomma si ricomincia da tre, anche se ci chiediamo perché
facciamo le cose. E poi chi non è venuto si va a riguardare le decisioni sul
quadernone.
L' APOLOGO DELLA
PANCHINA
Mi viene in mente l'apologo della panchina, che
faceva parte del repertorio di Attilio FAvilla.
Il nuovo colonnello arriva nella caserma e verifica i
servizi dei soldati.
Vede il servizio di sentinella
chiamato " alla panchina " . In effetti, guardando dalla finestra, vede un
soldato tutto impettito in tenuta da combattimento, che sta attento ad una
panchina nel giardino. Interessato guarda nelle carte e vede che per anni quel
servizio é stato espletato ogni giorno. Alla fine, disperato, ordina una ricerca
in archivio e il risultato é il seguente. Venti anni prima quella panchina era
stata ridipinta di verde e il colonnello dell'epoca aveva messo una sentinella
perché nessuno ci si sedesse. E da allora il servizio era continuato.
dal diario di
francesco prete
LEALTÀ ASSOCIATIVA E CENSIMENTI
La fantasia associativa non ha confini e se si vuole
lasciare le cose come stanno basta imbrogliare un po' le carte e fare finta
che... Ma questo significa anche non essere stimolati a risolvere le situazioni,
a non spingere i Capi a partecipare agli eventi di formazione per terminare
l'iter, a non programmare per tempo le situazioni e le forze, in maniera da non
vivere sempre con l'ansia delle situazioni da tamponare. Finalmente ci siamo
dati la regola: se non obbediamo, all'interno dell'anno scout, alle richieste di
formazione che ci servono e che non sono solo quelle della Zona, accettiamo di
chiudere le unità. Non si possono tamponare situazioni che rischiano di
incancrenirsi. Questo lo abbiamo promesso in Zona, e non accetteremo trucchetti
a livello dei censimenti. Se lo ricordino i capi dei lupetti e anche lo staff
del clan che devono fare i campi di formazione!
PALETTI
sono fattori importanti
della coesione:
- la conoscenza
reciproca profonda
- la fiducia negli altri membri della
Comunità Capi e la consapevolezza della loro vera stima nei nostri confronti
perché ci si dicono in faccia le cose
- credere
personalmente e profondamente agli scopi del gruppo
- avere assimilato le norme del gruppo
- il lavorare
assieme e con continuità per gli stessi obiettivi
- l'esigenza di uscire assieme da una situazione sgradevole
dal diario di Paola
LA COMUNITÀ CAPI COME GRUPPO DI ADULTI
Lucia ha
litigato un'altra volta con l'Akela Francesco davanti ai ragazzi del branco e
non è la prima volta che capita. Quando perde le staffe non ragiona più e non si
ferma più. Ogni tanto mi chiedo se abbiamo fatto bene a far entrare certe
persone in coca. La speranza nel cambiamento, nel miglioramento c'è sempre, ma
c'è anche un minimo livello sindacale, al di sotto del quale non si può andare.
Una Comunità Capi è valida se le persone che la compongono sono valide. Si può
utilizzare quanto si vuole la forza della comunità, ma se l'aspetto personale
non è sufficientemente approfondito, si rischia di far diventare la Comunità
Capi un'altra cosa, un gruppo di amici che non hanno altro di meglio da fare o
stanno uniti per simpatia o perché stanno bene assieme. Questo è spesso legato
al fatto che qualcuno entra e rimane in Comunità Capi perché non riesce a
trovare all'esterno quelle risposte alle esigenze che ha e che l'educazione
scout ha contribuito a creargli. Cerca nella Comunità Capi quello che si
dovrebbe trovare anche fuori ma che spesso non si vede o non sempre è facilmente
raggiungibile. Di qui le crisi nei rapporti e le discussioni sulle scelte. Per
Lucia non so come comportarmi. Ne parleremo prima personalmente e poi in coca.
Cosa fare?
Ma siamo anche persone che riescono a fare
una cosa meravigliosa che è educare dei ragazzi. Se abbiamo problemi siamo
normali. Per sdrammatizzare mi è venuto in mente quel pezzettino simpatico della
vecchia cocagenda di tanti anni fa.
IL CONCETTO DI NORMALITÀ
Ma siamo normali? Siamo uno Coca normale?
Per essere una Coca normale occorre avere questi problemi:
avere dei rapporti difficili tra giovani e vecchi, fare che ogni anno coprire
gli staff é una tragedia o ogni volta si dice che si chiude e poi non si chiude
mai; brontolare tutti per come funziona la Coca e criticare quello che succede
in Zona, in Regione e al Centrale; non avere mai tempo per fare tutto quello che
si dovrebbe fare.
Se abbiamo questi e altri
settecentoventidue problemi siamo una Coca normale.
dal diario di Paola
L'ARCIPELAGO E LA COESIONE
A volte penso che siamo non un'isola unica ma un
arcipelago di staff molto uniti all'interno.
Siamo una
coca molto unita? Negli staff certamente. I capi vivono situazioni che
sviluppano le simpatie interpersonali e ogni capo sente che i suoi bisogni sono
appagati. La coesione permette di superare difficoltà esterne al gruppo anche
grosse se c'è la stima e la consapevolezza di credere alle stesse cose. Ma in
questa situazione io ci vedo anche dei pericoli. Il primo pericolo è il
conformismo, cioè il fatto di sentirsi tutti uguali e di avere idee troppo
uguali. Chi ha idee diverse vive il rischio di sentirsi emarginato dallo staff
molto unito. Questo da noi lo vedo in branca e/g. Da loro i legami sono molto
forti, le regole sono ferree e non bisogna sgarrare altrimenti non si è
integrati nel gruppo. Chi trasgredisce volutamente le regole del gruppo diventa
un deviante ed è subito emarginato. Funzionano bene e sono bravi con i ragazzi
ma restano chiusi tra di loro. È importante invece che la coesione non diventi
uno strumento di emarginazione di qualcuno. In branca e/g i tirocinanti fanno
fatica ad amalgamarsi. I tirocinanti fanno fatica a entrare in questi gruppi che
hanno una storia di lavoro molto consolidata. Sono capi che hanno passato tanti
giorni assieme, che hanno molti ricordi di uscite, di campi, di situazioni
passate assieme che formano la loro storia di gruppo, e chi non ha questa
storia, questo affiatamento, rischia di rimanere ai margini. Cosa
fare?
PALETTI
Qualità (interne) della mia
Staff
Si lavora bene
insieme
Si sta bene insieme
Si
parla e si comunica
C'è fiducia reciproca
Siamo complementari
Rapporti di
rispetto
Rapporti di sincerità
Rapporti di complicità
Rapporti di
valorizzazione
Rapporti di stima
Allegria
Perseveranza
Pazienza
Ospitalità
Accordo
Perdono
Entusiasmo
Aiuto
reciproco
dal diario di
francesco prete
LA COMUNITÀ CAPI DI PAESE
Noi che si vive a Livorno
siamo una coca di città, ma quasi metà dello Scoutismo italiano è in grandi
paesi o in piccole città. Essere in un paese significa avere rapporti continui
tra i Capi e i ragazzi e tra i Capi tra di loro, sapere sempre e conoscere le
persone e le famiglie. Molto spesso la provenienza dei ragazzi è abbastanza
disomogenea, specie se la Comunità Capi ha fatto la scelta di accogliere ragazzi
di provenienza sociale diversificata. Questa scelta è più facile a livello di
paese. Significa anche avere la possibilità di usare molto tempo al di fuori
delle attività per il rapporto personale. Diventa però molto importante la fama
e la fiducia che ogni capo ha nei confronti della gente, che deriva dal chi sei,
cosa fai e cosa dici. Questo diventa la misura concreta dell'autorevolezza del
Capo e della Comunità Capi, che viene sempre da una storia lunga nel tempo,
fatta di presenza e di visibilità.
Altro discorso è la
situazione dello Scoutismo di paese fatto il venerdì, sabato e domenica, quando
i Capi tornano dai luoghi delle Università e di lavoro e devono concentrare in
queste ore tutto lo Scoutismo possibile, compresa la Comunità Capi e tutti i
rapporti personali privati. Alcuni gruppi della costa vivono questa situazione,
da come ce la raccontano i capigruppo. Questa situazione di vita dei capi
comporta dei problemi che occorre accettare e vivere con serenità. Basta che
questo poco tempo che si vive nel paese permetta di vivere uno scoutismo di buon
livello. E' importante non essere presi dalle ansie e dalle preoccupazioni di
insufficienza e agitazione continua.
Un'altra
conseguenza della Comunità Capi di paese è la difficoltà causata della scarsa
stabilità di vita. I giovani vanno a lavorare e a studiare fuori e anche il
lavoro definitivo si trova fuori dal paese. In compenso si incide in maniera
meravigliosa nel tessuto culturale del paese e a volte, per fortuna, ci si
scontra anche con forze negative che comandano in alcune occasioni e situazioni.
Spesso quando la Comunità Capi è troppo piccola e l'angoscia fondamentale è la
sopravvivenza del Gruppo. Occorre accettare, secondo me, il fatto che è
impossibile fare una programmazione che permetta di non vivere sempre
nell'angoscia di chi terrà le Unità l'anno successivo. Occorre accettare la
situazione e smetterla di angosciarsi. In certi paesi la politica oculata
dell'immissione degli extrassociativi è diventata l'arma vincente, anche per non
avere una sola persona su cui contare, quella che se molla lui spariscono gli
scout dal paese. E poi esistono le possibilità di collegarsi, di associare le
forze tra coca di paesi vicini.
LA COMUNITÀ CAPI DI CITTÀ
La nostra coca, che è in
un gruppo cittadino di Livorno e vive altri problemi. Il tempo in cui si sta
assieme tra i Capi spesso è limitato al momento della riunione di Comunità Capi
e al servizio con i ragazzi, quando si svolgono e quando si preparano le
attività. Alcuni di noi hanno l'abitudine di andare a messa in Parrocchia anche
se non hanno i ragazzi in attività e non nelle loro parrocchie di origine ed è
un'ulteriore occasione di incontro. Occorre tempo perché il nucleo portante
diventi quello dei ragazzi del che sono stati scout del gruppo che continuano
nel servizio e diventano capi. Questo sta capitando, ma la maggior parte veniamo
da fuori da altre parti della città. Per i capi del quartiere il rapporto è
maggiore e questo comporta un rapporto di conoscenza e di amicizia che si
allarga al di fuori della scelta scout e supera la scarsità di tempo in cui si
sta assieme, anche perché è una conoscenza e un'amicizia che parte da lontano e
si è consolidata nella branca rover. Noi capi che veniamo da fuori se non stiamo
attenti rischiamo di vivere fuori dai problemi dell'ambiente in cui si opera,
specialmente se faremo la scelta di operare a livello di quartiere favorendo le
iscrizioni dei ragazzi del quartiere. Sarà un po' più difficile vivere i
problemi del territorio e anche capirli. Ma con il tempo ci riusciamo anche
noi.
dal diario di Paola
I GENITORI DI SECONDA BATTUTA
Io penso sempre che
se aspettiamo che ci vengano i ragazzi portati dalle famiglie, avremo una sempre
maggiore omogeneità sociale e questo non è bene. Noi capi siamo della stessa
classe sociale dei nostri ragazzi perché siamo figli di famiglie che si sono
poste il problema educativo. Apparteniamo a famiglie che hanno risolto i
problemi di sopravvivenza e quindi hanno la possibilità di affrontare i problemi
culturali ed educativi. Siamo figli di impiegati e di insegnanti e di ex scout e
così i nostri ragazzi. Invece le famiglie che non si pongono il problema
educativo non ci cercano. Come fare a cercarle noi? Dove andiamo a cercare noi i
loro figli per fare la proposta scout? Bisogna parlarne in coca e decidere cosa
fare.
I NUMERI DELLA COCA
Noi siamo una coca abbastanza
giusta nei numeri perché siamo in quattordici. Il numero dei membri della
Comunità Capi è una delle variabili più importanti. Infatti, è quella che
determina in buona parte le possibilità dell'impegno educativo. Il numero giusto
di una Comunità Capi secondo me è intorno alle quindici persone. Sotto le dieci
c'è una Comunità Capi piccola, sopra le venti c'è una Comunità Capi grande. Noi
abbiamo passato un periodo che eravamo troppo pochi e avevamo un sacco di
problemi. Quando eravamo una Comunità Capi piccola, ed eravamo in otto, avevamo
sempre il problema della sopravvivenza e tutto era fatto e deciso in funzione di
questa. Tra i vantaggi c'era che eravamo molto uniti tra di noi ed avevamo un
atteggiamento interbranca molto sviluppato a causa della situazione contingente.
Non si riusciva ad esprimere un vero Capogruppo e il confronto tra le idee
risultava asfittico, perché c'erano meno occasioni di confronto. Anche i
rapporti con le altre Comunità Capi risultavano difficili perché tutto il tempo
era dedicato ai ragazzi e quindi era difficile fare una vera attività di
formazione. Tra di noi prevalevano gli aspetti affettivi. Forse conveniva
pensare se non era meglio collegarsi con un'altra Comunità Capi per riuscire ad
attuare in maniera concreta la parte di formazione permanente. Potevamo
lasciarci la possibilità di riunirsi come Gruppo autonomo, ogni tanto, specie
quando si trattava di verifiche delle Unità o di decisioni relative al Gruppo.
Non so se diventeremo una coca grande, come il gruppo
che ci confina. Loro sono venticinque. C'è una maggiore ricchezza di opinioni
che si confrontano ma diventa più difficile esprimere le proprie opinioni perché
sono troppi. Spesso, in queste situazioni, si rischia la divisione in piccoli
gruppi contrapposti e inoltre è più difficile vivere i rapporti interpersonali
con serenità. In compenso non hanno grossi problemi di sopravvivenza e la loro
coca risulta strutturata ed efficiente nella programmazione delle attività di
formazione. Ma da loro i nuovi entrati hanno più difficoltà a integrarsi e c'è
in rischio di non sapere cosa fare quando si è troppi nelle unità e non si vuole
rischiare ad aprirne delle altre. In compenso fanno delle attività per i ragazzi
più organizzate e sinceramente a volte anche più entusiasmanti delle nostre,
anche perché avere troppo pochi ragazzi è un rischio per il metodo. Si rischia
di passare dalla gioia di essere pochi e bravi al sentimento e alla depressione
di essere solo quattro gatti.
dal diario di Onorato
LE FASI DELLA STORIA PSICOLOGICA DELLA NOSTRA COMUNITÀ
CAPI
Se penso alla storia della nostra coca, potrei dividerla
in tre fasi abbastanza integrate ma anche chiare nelle loro caratteristiche.
La fase di orientamento
Il primo
anno c'è stata una prima fase di orientamento, quando la Comunità Capi si
formava. Noi siamo nati dalla gemmazione tranquilla di un gruppo livornese che
era diventato troppo grande. All'inizio si dipendeva molto dal Capogruppo, che
era l'anziano che aveva più carisma, che prendeva le iniziative e dava la
struttura al gruppo. Era il momento in cui la Comunità Capi si faceva domande
continue sugli scopi, su come ci si organizzava
ecc. Le
difficoltà vissute come momento eroico limitavano le difficoltà dei rapporti,
perché prevaleva l'orientamento verso il compito educativo, il lavoro concreto
con i ragazzi per cui tutti erano impegnati. Tutti noi che siamo rimasti
ricordiamo con nostalgia questa fase eroica.
La fase di
conflitto
Dopo questa prima fase, dopo il primo anno,
sono emersi i conflitti su come ci si doveva organizzare o su come si doveva
operare con i ragazzi. Si cercava di chiarire le regole di lavoro e la funzione
del Capogruppo, per come organizzava le cose, veniva messo in discussione il suo
compito. Il capogruppo intelligentemente si è defilato e sono entrato io che
sono più giovane. Si dividevano i compiti e si verificavano le capacità di
ciascun capo. I conflitti interpersonali esplodevano in varie forme. Finita la
fase eroica, si cominciava ad avere la possibilità di approfondire le
problematiche dei rapporti e a vedere anche quali erano le radici delle scelte e
delle motivazioni di ciascuno. È stato un momento molto burrascoso e qualcuno se
ne è uscito dalla coca sbattendo la porta. E' durata un paio d'anni. Tutti noi
che siamo rimasti ricordiamo con ansia questo momento burrascoso.
La fase di integrazione e di interdipendenza
Dopo questo periodo burrascoso, la Comunità Capi ha
cominciato a funzionare perché aveva raggiunto l'integrazione interna. I
conflitti interpersonali si cominciavano a risolvere e si cominciava a lavorare
bene assieme. Ci si scambiavano informazioni utili per ciascuno e si lavorava
tutti per lo scopo per cui si era assieme. Questo è il momento che stiamo
passando ed è un momento felice. Molti membri della coca sono orientati sia al
compito educativo con i ragazzi che alle persone e alle attività della Comunità
Capi. Questa situazione e questo clima spero che abbiano una certa durata. Sto
aspettando la prossima crisi, che fa ripartire tutto dall'inizio o quasi.
Quando arriverà la affronteremo.
PALETTI
fattori che aiutano la comunità capi
- la tradizione vista come un buon aiuto per il trapasso
delle nozioni tra i Capi
- il buon funzionamento del
circuito delle informazioni, in maniera che tutti i Capi sanno perché si fanno
le cose e come si arriva alle decisioni
- un buon
livello di formazione Capi, che diventa un modo per rendere i Capi responsabili
e protagonisti
- il Progetto del Capo che funziona
- il Progetto Educativo che funziona
-
fattori
che ostacolano la comunità capi
- la non chiarezza tra l'informazione e la formazione,
quindi tra i gesti educativi che si fanno come mestiere e l'essere Capo
- il fatto che i Capi vedono l'educazione come una scelta
personale, quindi non in una dimensione associativa, comunitaria e politica
- il fatto che i Capi si sentono Capi di un'Unità, se va
bene di un Gruppo e non dell'Associazione
- la distanza
tra i Capi Unità e i Quadri
- la poca
responsabilizzazione dei giovani Capi
- l'uso cattivo
del tempo a disposizione
- il fatto che le decisioni
prese in Comunità Capi spesso non sono rispettate dalle Branche
dal diario di Paola
COCA: I PERDENTI, I VINCENTI E I PRIMI DELLA
CLASSE
La nostra una società che premia i singoli e i vincitori. Quindi
trasforma coloro che non sono vincitori in perdenti. Le conseguenze per noi
adulti sono dirompenti. Viviamo subito due conseguenze collegate, la perdita di
fiducia in se stessi e la ricerca istintiva, che abbiamo dentro di noi, di
diventare il primo della classe o di collegarci al primo della classe. Nelle
nostre Comunità Capi sembra che questo problema sia completamente superato e
facilmente lo è, ma bisogna che siamo molto sensibili e attenti affinché non
rispunti fuori anche senza che lo vogliamo. Io ho vissuto dei capi che volevano
essere i primi della classe, con conseguenze dirompenti e sbattere di porte. Le
prime donne sono nocive allo scoutismo. Ogni tanto fa bene ripensarci e dobbiamo
domandarci se non rischiamo di diventare una classe di scuola, con i primi della
classe e i voti e le pagelle che ci diamo reciprocamente, magari con una pacca
sulle spalle. E i primi della classe che sono soddisfatti e non hanno nulla da
imparare da nessuno, e quelli normali, che non sono gli ultimi, che covano
rabbia che prima o poi esplode. Ma noi non ci entriamo in queste dinamiche!
NO AL PADRE NOSTRO
Ieri sera avevamo litigato e c'era ancora un clima
pesante in coca. Le persone accettano di essere criticate in quello che fanno,
non per quello che sono. Invece ieri sera eravamo andati per quella strada
pericolosa. Al solito sono contrasti di caratteri che non di idee. Avevamo
programmato di dire il Padre nostro alla fine della riunione. Di solito ci
colleghiamo con le mani nel cerchio. Io ho proposto di non fare questo gesto
stasera perché era falso e simbolo di qualcosa che non c'era e di non dire
nemmeno il Padre Nostro. Ho proposto un momento di preghiera silenziosa per
chiedere perdono ciascuno di noi agli altri e a Dio. E che poi ognuno se ne
andasse a casa sua.
Avrò fatto bene? Onorato e don
Francesco approvavano.
dal diario di francesco prete
EDUCAZIONE NON EMARGINANTE. IL MESSAGGIO DEL
GRUPPO
Sandro del reparto maschile: "Mi ha telefonato
un'assistente sociale. Chiede se prendiamo un ragazzo. Cosa si fa?".
È partita la discussione, con l'analisi degli altri ragazzi
problematici presenti nelle unità e la possibilità di seguirlo. La decisione,
prima di dire sì o no è stata quella di sapere qualcosa di più. Sandro aveva
chiesto all'assistente sociale, ma lei è rimasta sul vago e ha detto che grossi
problemi non ce ne sono. Loro fanno sempre così. Gli basta passarci la palla,
che poi è un ragazzo. A noi invece ogni volta che ci chiedono di far entrare un
ragazzo con i problemi ci viene l'ansia da inadeguatezza che è giusta e
sbagliata nello stesso tempo. Il nostro gruppo può dare un messaggio di
accoglienza o di discriminazione, di apertura o di selezione a seconda di come
rispondiamo a queste sollecitazioni. È la mentalità della coca, la politica
delle iscrizioni che determina se un ragazzo con difficoltà viene accolto e
specialmente è accettato e accolto nel gruppo. Io penso che le difficoltà danno
senso alla vita e accogliere i ragazzi con i problemi è un dare un senso al
nostro servizio e alla routine. Diventa una sfida alla nostra fantasia
metodologica. Sarebbe utile ripensare a quale tipo di messaggio diamo
concretamente in coca.
Il nostro è un impegno sociale e
politico. Questo significa che dobbiamo coniugare la carità e la giustizia,
quindi accogliere le situazioni di emarginazione ma anche lottare per combattere
le forze che li emarginano o che non si interessano al problema. Quindi occorre
arrivare alla appassionata difesa dei diritti di ciascuno. Una caratteristica
del nostro tempo è che i bisogni e le emarginazioni che per noi erano
tradizionali stanno cambiando continuamente, e ci stanno appellando altre
situazioni nuove, che ci obbligano a vedere il territorio con occhi diversi e a
collaborare con altri che lavorano con noi e meglio di noi su certe
problematiche. La cosa più importante è che riusciamo a farci una mentalità non
emarginante. Anche l' immagine che noi diamo di noi stessi può essere
emarginante. Il nostro modo di agire, le attività, i soldi necessari per le
attività rischiano di divenire emarginanti se non stiamo attenti e rischiamo di
inviare un messaggio di discriminazione e non di accoglienza. Così da noi
vengono i bramini, che poi ti accorgi che hanno le famiglie disastrate e un
quintale di problemi anche loro. E' lo stile della Coca che determina la vera
capacità di accoglienza del diverso e lo spazio che si dà all' educazione non
emarginante. Ogni ragazzo che ha dei problemi è innanzitutto una persona con i
suoi interessi, le sue capacità, le sue simpatie e le sue antipatie. E occorre
sempre partire da quello che è e che sa fare piuttosto che da quello che non è e
non sa fare. Solo che occorre non essere mai superficiali, specie con quelle
famiglie e quei ragazzi che di batoste nella vita ne hanno avute tante. Non
devono averle batoste dagli scout.
dal diario di Onorato
ATTENZIONE ALLE ISCRIZIONI
Ieri sera discussione se
accettare un ragazzo handicappato nel reparto, quello segnalato dall'assistente.
Ci sono problemi di comportamento, di abbandono della famiglia e di solitudine.
È emarginato dai compagni perché a volte è violento. Come capacità mentali è
normale. Pensiamo di accettarlo. Diremo alla famiglia che si fa una prova, per
vedere come si trova, sia lui che noi. Vedremo come coca di aiutare il reparto,
magari mandando qualche rover in più, senza però dargli delle responsabilità.
Da noi tutte le iscrizioni di ragazzi che presentano
problemi di handicap o sono caratteriali o hanno altri problemi particolari
passano dall'approvazione della Coca Infatti si deve evitare il rischio che
troppi ragazzi problematici si trovino nella stessa unità, rischiando di
trasformare l'unità da gruppo scout a gruppo terapeutico. Questo è logico,
perché è la Coca che deve decidere se, per il bene del ragazzo, che è il
protagonista di questa discussione, considerando le forze che abbiamo a
disposizione, e avendo la visione nel tempo dei problemi, è bene accettare
l'iscrizione.
Questo atteggiamento di attenzione va
attuato specialmente quando i ragazzi ci sono segnalati da assistenti sociali o
da medici o ce lo dicono i genitori. È il momento di approfondire di più la
conoscenza preventiva del ragazzo. È chiaro che l'atteggiamento deve essere
quello dell'accoglienza. Se vogliamo essere dei perfezionisti e aspettiamo di
essere pronti non accoglieremo nessuno; non bisogna essere né ansiosi né
superficiali ma c' è una grande differenza tra avere un atteggiamento di fiducia
ed essere incoscienti. È necessario inoltre stabilire il limite di gravità di
handicap perché a quel dato ragazzo, in quella data unità, con quei dati
ragazzi, con quei dati capi, lo scoutismo serva a lui e alla comunità che lo
accoglie. Noi singoli non siamo capaci di risolvere tutte le situazioni. Solo la
Coca può cercare di decidere obiettivamente, andando al di là degli eroismi e
delle paure dei singoli capi. Per ogni ragazzo con problemi che entra nell'unità
va fatto un programma preciso, che riguarda le forze reali, gli obiettivi minimi
che possiamo raggiungere ecc. Dobbiamo tener conto che il ragazzo, una volta
entrato, passerà nelle branche successive. Perciò il problema va vagliato
globalmente, immaginandolo fino all'età della branca rover. Quindi l'inserimento
di un portatore di handicap va visto sotto il profilo della possibilità di avere
dei vantaggi per lui e per tutta la coca. Su questo siamo stati tutti d'accordo.
Quindi un uso saggio è quello di dare gli indirizzi generali riguardo al numero
e ai criteri generali di ingresso, a cui i capi si attengono. Per i ragazzi
particolari si decide in coca.
dal diario di Paola
I RAPPORTI CON I GENITORI DEI RAGAZZI CON
PROBLEMI
"Giovanni non ha niente, è solo il suo carattere! - così ci ha
risposto la sua mamma. Invece Giovanni di problemi ne ha, e grossi. Spesso i
genitori di questi ragazzi tendono a minimizzare il problema del figlio perché
lo prendiamo. Spesso hanno vissuto storie di chiusure che li rendono diffidenti
sulle possibilità di inserimento. Diventa importante anche trovare la maniera di
chiarire i problemi a livello giuridico, con eventuali dichiarazioni scritte dei
genitori. Comunque, quando decidiamo, è importante che non ci poniamo troppo il
problema di cosa penseranno gli altri genitori. Questo perché la decisione su
queste cose è propria della Coca e su questi problemi siamo sovrani. È chiaro
che se è utile e possibile si può pensare anche a un coinvolgimento intelligente
dei genitori. Per Giovanni coinvolgere i genitori è una battaglia persa, perché
non vogliono vedere né vogliono sapere. Dovremo cercare qualche aiuto o qualche
parente più cosciente della situazione?
SOLDI SOLDI SOLDI SOLDI
Quanto costiamo ad una famiglia? Una delle
caratteristiche degli scout è quella di costare abbastanza poco. Questo deve
essere vero anche nel nostro Gruppo, affinché non possa mai capitare che
diventiamo emarginanti perché diventiamo costosi, magari per quello che
propongono le Unità. In questo dobbiamo essere molto attenti. È un discorso che
si deve poter dire tranquillamente ai genitori. Meglio farlo sapere e farlo
diventare un'attenzione di tutti, specialmente di quelli che vengono agli
incontri. Quei genitori che hanno problemi economici sono quelli che non vengono
mai ai nostri incontri. Noi facciamo sapere che se c'è qualcuno che ha
difficoltà di qualsiasi tipo per far partecipare i ragazzi alle attività può
rivolgersi al Capo Unità senza nessun problema e nella massima discrezione
perché loro possono gestire delle somme per queste evenienze.
La cultura di considerare anche l'aspetto economico dei
progetti è fondamentale per ogni seria programmazione. Nel nostro gruppo
cerchiamo di sviluppare la cultura dell'autofinanziamento, specialmente nelle
situazioni in cui girano dei soldi nelle famiglie e sarebbe molto più facile
chiederli. A livello pedagogico per i ragazzi l'autofinanziamento deve avere
sempre un obiettivo visibile o comunque che sia possibile verificare. Anche per
questo è saggio lasciare alle Unità una certa indipendenza amministrativa,
stando sempre attenti che non ci siano usi assurdi o multe usate come
autofinanziamento, come da noi hanno fatto alcune squadriglie. Chi arrivava in
ritardo o diceva una parolaccia doveva pagare. Chiaramente abbiamo subito
stroncato l'uso.
Un saggio uso che si sta diffondendo
in vari gruppi è quello di dividere sempre le spese generali di organizzazione
dalle spese vive di gestione. Alle spese di organizzazione contribuiscono tutti,
anche quelli che non vengono e non partecipano alle attività. Questo succede per
i campi estivi come per le uscite di gruppo o altri eventi associativi. I costi
della ricerca dei posti campo o del trasporto dei materiali o del costo del
luogo si dividono tra tutti, anche tra quelli che non vengono.
In alcuni gruppi i capi chiedono una minima quota mensile
per le attività e il miglioramento della qualità della proposta. Un po' come la
quota della palestra o dell'inglese. Può essere anche questa una scelta, che
però occorre fare con molta attenzione, specie se ci sono situazioni per le
quali anche una minima quota mensile può creare un problema. Questi soldi
possono servire ad esempio a pagare l'uscita o parte dell'uscita. In questa
maniera concretamente tutti hanno contribuito, anche quello che non sono venuti.
Questa quota non esime chiaramente le Unità dal ricercare l'autofinanziamento,
che è uno strumento altamente educativo. Noi abbiamo rinunciato all'idea della
quota, anche per distinguerci dalle altre associazioni o dalle società sportive.
Pensiamo che l'autofinanziamento sia la soluzione migliore, quella che ci
obbliga a sviluppare la fantasia nostra e l'impegno dei ragazzi.
Da noi si usa che ogni attività si deve autofinanziare, sia
dai partecipanti che dall'unità, perché i costi fissi sono uguali per tutti.
Come gruppo, visto che alcuni dei nostri ragazzi vengono da famiglie con
problemi economici, cerchiamo sempre di fare attività con costi accettabili, ma
anche, cerchiamo di trovare dei modi di finanziamento che permettano ad alcune
persone di non pagare le quote delle uscite, o le uniformi o i costi dei campi.
Ci pensa il gruppo o la cassa di unità, nel modo il più discreto possibile.
Questa scelta limita certamente a livello organizzativo, per cui certe idee,
magari certe imprese dei ragazzi, le ridimensioniamo quando vediamo l'analisi
dei costi, oppure si vede che l'autofinanziamento non è stato sufficiente. Ci
siamo accorti che questa scelta non limita la voglia di avventura dei ragazzi,
ma li obbliga ad essere economi e laboriosi più di prima. Due settimane fa
abbiamo organizzato un mercatino di riciclaggio delle uniformi e delle
attrezzature organizzato dai genitori a livello di baratto o di regalo. È una
cosa che funziona, specialmente se la forma è gioiosa e come atteggiamento di
aiuto reciproco di tutti verso tutti. Le uniformi e le attrezzature vengono
“riciclate” e diventa un momento educativo per i ragazzi e i genitori.
Un genitore ci aiuta a fare il bilancio, che presentiamo
alla zona e ai genitori. Questo per rendere trasparente la gestione. Per i soldi
teniamo un libretto bancario al portatore, così non spendiamo soldi di tenuta
conto. Abbiamo il nostro codice fiscale del gruppo. Abbiamo dovuto farlo per
avere in comodato la sede dalla parrocchia. Ci serve anche per utilizzare le
rivendite all'ingrosso per i campi e le uscite.
dal diario di Onorato
LE RICHIESTE DI CONTRIBUTI
Abbiamo deciso di
chiedere un contributo alla Banca che è vicino alla nostra sede. Ho telefonato
al responsabile della Zona per sapere se aveva fatto delle richieste analoghe.
Occorre stare attenti, specie per gli enti e le banche, di non accavallare le
domande tra la Zona e i gruppi. La cosa fondamentale che le cose siano
concordate e fatte alla luce del sole e che i contributi siano chiesti per
motivi che danno la possibilità di un rendiconto chiaro. Inoltre che non ci
saranno mai contropartite di nessun tipo, solo la relazione alla banca su come
abbiamo utilizzato i loro soldi e la lettera di ringraziamento. La banca ci ha
date due milioni che sono serviti per le attrezzature e le tende e per comprare
le uniformi per alcuni ragazzi in difficoltà economica.
LA CASSA DI GRUPPO
Come al solito, quelli che vanno al camposcuola hanno
dal gruppo il viaggio pagato e la quota di iscrizione del campo. La parte del
mantenimento ciascuno se la paga. Da noi c'è la regola che il contributo per i
campi scuola si dà a tutti. Chi ci rinuncia lo dice direttamente al Capogruppo.
È importante che passi l'idea di una grande attenzione ai soldi, di cui dobbiamo
rendere conto anche ai genitori, specie se glieli abbiamo chiesti per
particolari attività. La coca ha lasciato a noi capigruppo una cifra
discrezionale di mezzo milione per eventuali rimborsi o aiuti a situazioni di
Capi, di genitori di ragazzi ai quali secca far sapere di aver bisogno di aiuto.
Quando la cifra è finita, si dà il resoconto alla coca senza fare nomi e si
riparte.
dal diario di Paola
LO STILE ECONOMICO E LA GITA IN BICICLETTA
Quando gli e/g hanno proposto l'uscita in bicicletta
all'estero, la coca non è entrata nel merito della scelta. L'unica domanda che
ci siamo fatti era come avrebbero risolto il problema dei costi, in maniera che
non diventasse emarginante per qualche ragazzo o per qualche famiglia. Sui soldi
da noi si cerca di utilizzare i mezzi poveri e l'essenzialità entra come stile
della gestione delle attività per tutte le branche. Questo significa in concreto
che di ogni evento lo staff deve tener conto anche dei fattori di costo e
confrontarli con i valori educativi che si vogliono ottenere, cercando sempre di
stare attenti a non divenire emarginanti per il fatto che si propongono attività
costose per le famiglie, specialmente se non c'è stato un sufficiente lavoro di
autofinanziamento. Alla fine siamo stati tutti d'accordo per la gita in
bicicletta all'estero. Dovremo pensare alla sicurezza.
dal diario di Onorato
LA FILOSOFIA DEL PORCILE E LA SEDE EDUCATIVA
Il parroco ha ragione. Ci ha detto: "Come potete educare
dei ragazzi se la sede la lasciate che sembra un porcile?"
A volte le sedi delle nostre unità sembrano dei porcili e
occorre fare qualcosa. Il ritorno dall'uscita è tragico e la stanchezza vince
tutti. Se quella sera non ce la fanno a rimettere la sede a posto pazienza! Ma
se il materiale resta lì per una settimana o anche più, allora qualcosa non va a
livello educativo ed è colpa dei capi. La stessa cosa vale quando si fanno le
attività manuali in sede. Il principio è quello di smettere un po' prima per
avere il tempo di rimettere a posto tutto. Non si può accettare il disordine che
spesso diventa spreco: rischia di diventare un modo di vivere.
Allora io mi chiedo: "La nostra sede é educativa?".
I posti hanno sempre un valore educativo. Io penso che
siamo influenzati dai luoghi! CI danno le loro emozioni, che derivano da quello
che sono e dalla storia che lì ci è passata. E' per questo che se vogliamo fare
l'esperienza del deserto i ragazzi li portiamo nel bosco e non nella piazza del
paese.
Il primo vero passo per l'educazione
all'essenzialità parte dal rispetto della roba e dal non buttarla via, dalla
capacità di utilizzare al meglio i materiali e da non accettare per troppo tempo
l'incompetenza che porta allo spreco. Qualcuno di noi deve insegnare queste cose
ai ragazzi, perché il consumismo li porta a non rispettare le cose, tanto le
ricomprano. La stessa cosa capita nell'uso dei materiali e degli arnesi. E le
tende lasciate bagnate dopo l'uscita ammuffiscono e marciscono. E' successo dopo
la scorsa uscita. Le tende delle squadriglie non sono state stese ad asciugare.
Ci mancava poco che marcissero.
Il rischio è poi che i
posti che tocchiamo li lasciamo in disordine, bruciando la possibilità agli
altri scout di andarci. L'uso di noi capi, se possibile, è quello di far fare un
giro ai padroni del luogo, per far vedere che lasciamo pulito e che non c'è
niente di rotto. Inoltre gli diciamo che se trovano qualcosa di rotto ce lo
mandino e a dire. E lasciamo i soldi pattuiti o un'offerta per "mantenere" i
posti.
dal diario di Paola
IMPIANTI E DINTORNI
Abbiamo chiesto alla parrocchia
di mettere a norma gli impianti elettrici. Ci hanno risposto di pensarci noi.
Siccome vogliamo fare le cose secondo legge, abbiamo trovato tra i genitori il
tecnico giusto, che ci farà gli impianti a norma e farà di dichiarazione di
conformità. Abbiamo comprato anche tre estintori nelle sedi delle unità.
Su tutte queste cose mi sono documentato sui "Quaderni
della Lombardia", che sono molto approfonditi e utili per questi problemi e
hanno anche le formule dei vari documenti o contratti necessari.
Quando ho un problema o un dubbio vado a cercare
lì.
Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 29 OTTOBRE 1999
....E ancora una volta abbiamo slittato sul programma:
infatti tanti erano gli argomenti da proporre in serata e proprio il PE è
rimasto zoppo, sarà quindi nostro impegno portare a termine questo delicato
lavoro nel prossimo incontro di venerdì 5 novembre.
Per non perdere tempo è stato appeso in cartello con i
seguenti avvisi:
1. aggiornare il calendario consegnato
in Coca inserendo 14/1 presentazione comunicandi - 21/11 presentazione
cresimandi - 22/11 incontro sul tema: GESTIONE DEL CONFLITTO IN FAMIGLIA
2. La quota censimenti rimane
invariata L. 60.000 - L. 100.000 le coppie di fratelli nella stessa branca
3. sollecito date delle uscite
dalle unità
4. Prossimi
appuntamenti di co.ca: 12/11 i programma di Coca: 19/11 presentazione dei
programmi chiaramente tutto ormai slitta di un incontro.
Abbiamo
iniziato l'incontro con la preghiera, seguita da una verifica dell'incontro "di
gruppo" svoltasi il fine settimana precedente per la vendita delle mele.
L'attività è andata a gonfie vele considerando che il
guadagno è stato il doppio del previsto. Si è quindi messo in discussione
l'importo da destinare all'AISM e quello eventualmente da inviare al campo
profughi dove i ragazzi del noviziato hanno svolto servizio la scorsa estate. Ci
siamo dati il tempo di una settimana per valutare le proposte, sentendo anche
eventualmente l'associazione stessa.
Anche l'uscita in
sé è stata buona, avendo coinvolto tutte le branche offrendo anche momenti
comuni.
Abbiamo anche noi capi gruppo verificato il
nostro incontro formativo regionale. Che, benché partito con qualche riserva, ha
dato un buon risultato. È stato interessante e coinvolgente.
Siamo passati quindi alla spiegazione del calendario che i
lupetti si sono impegnati a vendere. Buon lavoro questo della Fiordaliso
Ho comunicato alla Coca che la lettera di "PROTESTA" AL
Milano … non è stata fatta, per un motivo molto semplice: non avevo né
indirizzo, né numero telefonico. e forse è stato meglio così; ho chiamato la
regione e in persona di YZ mi ha invitato a telefonare alla capo gruppo del
Milano X esponendo fraternamente tutte le nostre perplessità, senza timore, ma
con chiarezza.
Così ho fatto, e
XY la capo gruppo si è molto scusata, sapeva comunque di aver lasciato disordine
e si era riproposta di richiamarmi, mi ha anche confidato una difficile
situazione della sua Coca e ci siamo lasciate augurandoci vicendevolmente buona
strada.
Erano ormai le 22.30 ma il PE ci aspettava, ci
siamo così divisi in tre gruppi, ognuno dei quali avrebbe analizzato le aree
assegnate riportando poi in discussione perplessità, modifiche o
suggerimenti.
Le aree scelte sono state: GENITORI - ZONA
- COMUNITÀ CRISTIANA
Alle 23.00 ! Abbiamo messo in
comune…ma chiaramente ogni area discussa ha coinvolto e interessato, tanto che
il terzo punto non è stato preso in considerazione e il punto GENITORI è stato
fatto un po' troppo in fretta.
Questo ci ha portato per l'ennesima volta alla riflessione
sui nostri ritardi. Nessuno sarà indagatore di nessuno, ma ognuno di noi
rifletta sulla sua reale "non spiritualità".
VENIAMOCI INCONTRO, MA NON METTIAMO SEMPRE FRETTA AGLI
INCONTRI DI COCA CHE PROPRIO IN QUESTO MOMENTO SONO INDISPENSABILI PER I LORO
CONTENUTI.
BUONA STRADA!
dal diario di Paola
IL MAGAZZINO: GUARDATE CHE QUANDO AVRETE LE COSE NON VI
MANCHI LO SPIRITO
Riunione ora et labora di coca. Due ore di lavoro a
mettere a posto il magazzino del gruppo insieme con i genitori che si erano
presi l'incarico,cena veloce al sacco e momento di preghiera. Le cose che
servono non sono un argomento meno importante degli altri. Il nostro gruppo deve
possedere tutte le cose che servono per fare un serio lavoro educativo e le
dobbiamo tenere bene. A volte sono i problemi logistici che distruggono dei
meravigliosi progetti e programmi, solo perché è mancato qualcosa di importante
ed essenziale. Quindi il magazzino importante proprio per quello.
Anche nei capi è un'idea difficile da far entrare. Nella
nostra società dell'usa e getta non c'è più la cultura del rispetto delle cose.
Significa l'ordine, il rimettere a posto bene, fare in maniera che le tende non
marciscano perché sono state riposte umide o che siano rubate perché nessuno ha
pensato a rimetterle nel magazzino o che bisogna ricomprare ad ogni campo gli
attrezzi perché non sappiamo riporli e arrugginiscono perché non pensiamo ad
ingrassarli. Noi, al genitore che ci segue il magazzino abbiamo chiesto di
essere esigente verso i capi e verso i ragazzi, in modo da far passare questa
cultura delle cose. È una battaglia dura ma ci proviamo.
L'ANIMAZIONE DELLA COCA
dal diario di Paola
POCHE CHIACCHIERE, ANDIAMO AL SODO!
"Poche
chiacchiere, andiamo al sodo!".
Quando mi dicono questa
frase, penso sempre che è una filosofia scoutistica che è dentro il dna degli
scout. È come dire: Siamo operativi, siamo organizzativi, arriviamo alle
decisioni! Tutto il resto è superfluo. Come faccio a far capire che è proprio
questo superfluo che fa crescere, che fa andare avanti nella qualità e nella
crescita? Ci sono certi capi che pensano che la coca sia un male necessario per
poter stare con i ragazzi.
Ma per un adulto, se si vuole
formare e se vuole imparare è necessario:
· che metta a
disposizione del tempo libero
· che abbia voglia di
farsi coinvolgere dalle proposte e abbia voglia di cambiare
· che si metta in gioco come persona
Come ottenere questo nella nostra coca?
TRENTACINQUE VOLTE ALL'ANNO. PROPOSTE DI RIUNIONE DI
COCA
È il lungo elenco di riunioni che abbiamo fatto. Ne
mancano certamente molte altre, ma ci sono venute in mente queste.
Questo l'elenco delle riunioni possibili scritte sul
cartellone da scegliere in funzione del progetto educativo. Io ho ricordato che
se tutto va bene, facendo una riunione di coca a settimana ci incontriamo circa
trentacinque volte in un anno. Quindi si tratta di scegliere quello che ci serve
quest'anno e quello che dobbiamo per forza affrontare come riunioni fisse.
Alcuni argomenti poi avranno bisogno di più incontri.
PALETTI
Riunioni sulla coca
chi siamo - i nostri pregi e i nostri difetti; i rapporti
interni della coca - analisi
spazi per dirsele -
riunioni di coca per dirci tutto quello che pensiamo delle altre unità e degli
altri capi del gruppo; progetto del capo presentazione - verifica; tirocinio
progetto - verifica dei tirocinanti; progetto educativo - ideazione - verifica;
verifica delle scelte del patto associativo; presentazioni ai campi scuola -
criteri; verifiche campiscuola - criteri; verifica dell'andamento della coca;
verifica del capogruppo; attività ora et labora; criteri e modalità per le
entrate in coca - presentazioni dei nuovi;; incontri con il clan-fuoco per la
verifica dei servizi; affidamento delle unità ai singoli capi unità
Riunioni
sul territorio
i
cambiamenti della società che ci interessano; analisi della scelta politica dei
capi - analisi della proposta concreta che viene fatta ai ragazzi; incontri di
approfondimento di analisi del territorio in preparazione del progetto
educativo; incontri con operatori del territorio; le pubbliche relazioni - come
funzionano
Riunioni sul metodo
progetti di unità - presentazione in coca; la progressione
personale unitaria; la coeducazione come funziona in riferimento al progetto
educativo; andamento delle branche - analisi della qualità dello scoutismo
proposto; parliamo dei ragazzi; linee generali dei campi - obiettivi pedagogici
in riferimento al progetto educativo; rapporto con la natura - come si propone
nelle unità; essenzialità - come si propone nelle unità; verifica campi estivi;
verifica unità
serate di manualità
Riunioni
sul gruppo
linee
pedagogiche delle uscite di gruppo; idee per il rapporto con i genitori -
programmazione contenuti e obiettivi degli incontri; programmazione triennale
delle forze; criteri per le iscrizioni dei ragazzi; uscita dei passaggi -
criteri generali - obiettivi; funzionamento della coca; verifica dei
capigruppo
Riunioni sulla fede
incontri con persone che hanno fatto della scelta di fede
la scelta della loro vita; verifica delle attività di catechesi; incontro con il
consiglio pastorale e con il parroco; analisi dei rapporti con la parrocchia e
proposte per migliorarli
Riunioni sull'associazione
preparazione delle assemblee zonali; preparazione delle
assemblee regionali; lettura delle mozioni del consiglio generale; incontri con
altro coca in preparazione alle assemblee; incontri con il comitato di
Zona
dal diario di Onorato
LE CORRIERE DEL RITORNO
Era una cosa su cui ci eravamo accordati quando ero
stato scelto come capogruppo. Tutti i discorsi che non servivano avrei proposto
di bloccarli. Ieri sera ho bloccato la discussione e ho fermato Sandro e Gigi
che parlavano degli autobus per tornare. Si stava andando nei particolari
organizzativi dell'uscita di gruppo. Siccome c'è la commissione con un
rappresentante di ogni staff di branca, sono problemi loro. Noi dovevamo dire
gli obiettivi su cui verificare, quelli che ci eravamo dati nel progetto
educativo o che erano necessari in questo momento particolare della vita della
coca e delle branche. Abbiamo chiarito i contenuti generali. Tutto il resto si
discute fuori dal tempo della riunione di coca. Se si discute di problemi di
gestione o di organizzazione delle attività, significa che la Comunità Capi non
sta svolgendo il suo compito fondamentale, che è quello di attuare il Progetto
Educativo e fare la formazione permanente dei Capi, che significa pensare
all'educazione dei ragazzi. Quindi a coca non si parla di corriere e alle
ventitré e trenta le auto si trasformano in zucche!!!
PALETTI
CONSIGLI A ME STESSO
· evitare divagazioni e parentesi
·
non perdersi nei dettagli e nei particolari
· non girare
attorno al problema
· cercare di farsi capire e mettersi
nei panni di chi ascolta
· stare attento che abbiano
capito quello che si voleva dire e non altro
· capire i
rapporti interni
· stare attento ai comportamenti non
verbali
· imparare ad ascoltare più che a parlare
· verificare quello che per me è abituale, scontato e
ovvio
· togliere qualsiasi atteggiamento o pensiero di
giudizio
dal diario di Francesco
Assistente
LA PAROLA DI DIO
Nella nostra coca c'è sempre poco
tempo per la parola di Dio. Non è difficile intravedere qualche difficoltà in
più rispetto al tema del “celebrare”: mancanza di tempo da dedicare alla lettura
comunitaria della Bibbia, mancanza di persone che siano in grado di spiegare il
testo e ... mancanza di voglia! Eppure la Parola di Dio dovrebbe essere il cuore
della vita di ogni cristiano, tanto più una comunità e di un capo scout. Io dico
sempre che la lettura comunitaria non sostituisce la lettura personale della
Scrittura. L'una e l'altra sono necessarie e anzi indispensabili. Anche se vanno
ovviamente vissute in maniera diversa: la lettura comunitaria può aiutare a
comprendere il senso del testo, sia attraverso le sua spiegazione, sia
attraverso la comunicazione reciproca di ciò che la lettura ha suscitato nel
cuore delle persone; la lettura individuale invece può diventare il cuore della
preghiera personale, in una situazione di ascolto interiore e di attenzione a
ciò che Dio dice a me qui e ora attraverso la sua Parola. In altre parole: la
Scrittura va studiata, ma anche pregata. Va compresa e va vissuta. Il capo scout
è un adulto destinatario di una catechesi, ma anche catechista: la Coca dovrebbe
essere il luogo dove il capo può trovare alimento alla sua fede e dove anche
riceve l'aiuto e gli strumenti per svolgere il suo ministero di catechista. Il
metodo scout offre ai capi “un metodo”, appunto: cioè degli strumenti efficaci
per comunicare. Attenzione però: bisogna anche avere le idee chiare su ciò che
si va a comunicare! E soprattutto: nell'ambito della fede, non basta la
comunicazione, occorre la testimonianza. Il capo è catechista solo se vive la
sua fede e rende testimonianza ai ragazzi di ciò che vive. La Coca in questo ha
una funzione insostituibile. Ed io continuo a chiedermi se abbiamo dei buoni
cristiani in coca. Alcuni certamente, ma per qualcuno, questa benedetta ricerca
che non finisce mai, da qualche parte porterà prima o poi!
ROSIGNANO 1
Attività di Comunità Capi: linee guida.
Necessità
di catechesi e cammino di Fede: confronto a piccoli gruppi su problemi comuni:
es. la Riconciliazione, aspetti della sessualità, la preghiera personale ecc.
(sottolineando il fatto che in altri ambienti, es. tra amici, non se ne parla);
riprendere lo strumento del Progetto Unitario di Catechesi; incontri di
preghiera guidati da religiosi (Uscite in luoghi di preghiera: es. Trappiste di
Guardistallo, convento francescano di Foligno, Camaldoli ecc.); proposta di una
più frequente partecipazione ai Cantieri ed ai Campi Bibbia (specie per i Capi
che hanno completato l'iter di formazione) anche per proporre meglio la
spiritualità scout; d'altra parte viene sottolineata l'importanza di
partecipare, quanto possibile alle attività di catechesi delle parrocchie (es.
Corso di catechesi di prossimo inizio);
2) Assistente: importanza fondamentale in Coca ed in Clan
ma necessita il suo contributo anche a livello delle altre Branche, in attesa
della definizione dei compiti dei preti della Zona e "lavorando" perché d.
Andrea abbia più tempo a disposizione per il Gruppo si cerca comunque anche la
collaborazione di altri preti per attività occasionali;
3) il Capo è catechista ed in
questo occorre approfondire la proposta e la metodologia; occorre proporre con
gioia il cammino di Fede, occorre far vivere ai ragazzi la S.Messa ed i momenti
di preghiera come aventi gioiosi, attesi e desiderati; viene proposta la
raccolta delle attività di catechesi svolte;
4) Partecipare al lavoro di costruzione della
"Interparrocchialità" mettendo a disposizione le nostre competenze e presentando
le esigenze del Gruppo; partecipare alle attività dei Consigli Pastorali
Parrocchiali;
5) Espansione del
Gruppo: si dà mandato al gruppo di lavoro apposito lo studio della possibilità
di apertura del III Reparto, obiettivo da raggiungere secondo uno specifico
progetto;
6) Jamboree 1995:
viene osservato che la partecipazione all'evento di quattro componenti del
Gruppo non debba essere un fatto personale, ma coinvolga ciascuna Branca anche
impostando alcune attività sui temi della solidarietà e della fratellanza
internazionale;
7) Criticata
l'esperienza delle serate sulla sessualità con Padre Raimondo, viene proposta
comunque una raccolta del materiale da parte di coloro che hanno partecipato al
Campo di Volterra e comunque riproporre, a livello personale, un nuovo ciclo di
incontri con Raimondo;
8)
Approfondire il tema del Rapporto Capo-Ragazzo nel metodo scout, sia in teoria
che nelle attività; viene riproposta l'attività sulla Comunicazione verbale e
non; curare il "trapasso delle nozioni" tra Capi anziani e Capi giovani con lo
scopi di evitare di ripetere gli "errori" del passato;
9)
Migliorare e trovare modi più incisivi di rapportarsi con i genitori dei
ragazzi, cercare i modi per stabilire un buon rapporto, riproporre le cene
insieme a piccoli gruppi;
10)
In vista delle elezioni amministrative di primavera si propone un confronto in
Co.Ca sui problemi del territorio, sui valori da proporre in politica e quindi
su cosa ci aspettiamo
dal diario di Paola
IL TEMPO È SACRO
Sul muro della Casa per Bambini di Calcutta c'é
un'iscrizione che recita:
Trova il tempo per pensare
Trova il tempo per pregare
Trova il tempo di ridere
È la fonte del potere
È il più
grande potere sulla Terra
È la musica dell'anima
Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare
È il segreto dell'eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La
giornata é troppo corta per essere egoisti
Trova il tempo di leggere
Trova il
tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare
È la fonte della saggezza
È la strada della felicità
È il
prezzo del successo
Trova il
tempo di fare la carità
È la chiave del Paradiso
Veronica, alla fine della
riunione, mi ha detto:
"Come al solito abbiamo perso
tempo!".
Non so se aveva ragione. Forse in quella
riunione ci aveva preso poco. A me sembrava che di tempo non ne avevamo perso,
anche perché avevamo preso delle decisioni alla fine, e non per sfinimento come
al solito. Si era perso molto tempo per far dire a tutti la loro opinione. Ieri
sera era necessario che tutti si esprimessero, ed era giusto fare così. Per
altre volte aveva ragione, anche se noi ci stiamo attenti, ed è un problema di
tutti, non solo dei capigruppo. Il tempo è sacro per tutti e ogni volta che
perdiamo tempo ad una riunione facciamo un'offesa al tempo dei Capi che lo
potevano usare in un altro modo. Per questo ogni riunione deve essere
assolutamente utile, cioè ogni capo della nostra coca deve tornare a casa con
l'idea che ha ottenuto qualcosa, che ha imparato qualcosa di importante, che non
imparava se rimaneva a casa sua e il tempo è stato utilizzato bene. In
particolare i Capi, che usano molto tempo nelle riunioni e nelle attività, sono
giustamente gelosi del loro tempo, specialmente quelli che riescono a trovare il
tempo per fare tutto, come Veronica.
Mi viene in mente
questa poesia che mi ha mandato un amico scout dopo una discussione sul fatto
che non abbiamo mai tempo.
PALETTI
PRIMA DI OGNI RIUNIONE CHIEDERSI
· qual è la situazione concreta
· quali sono le aspettative
· quali
sono gli obiettivi
· quali saranno le resistenze
maggiori
· quanto tempo abbiamo a disposizione
Se non passiamo attraverso queste
analisi, il bilancio rischia di essere la proiezione del nostro desiderio.
ALLA FINE
DI OGNI RIUNIONE CHIEDERSI
· se è passata l'informazione,
·
se è stato compreso il problema,
· se è chiaro quello
che c'è da fare e chi lo fa e quando si verifica
· se i
problemi sul tappeto sono stati risolti e chiariti,
·
se le linee politiche di comportamento sono state accettate da tutti
· se abbiamo fato memoria di tutto.
dal diario di Paola
A DIFESA DEL TEMPO
Ogni tanto penso che quello che ci chiediamo tra di noi
è assurdo quando lo misuriamo in tempo. O forse mi sbaglio, perché su 168 ore
della settimana, i capi stanno con i ragazzi al massimo dalle cinque alle otto
ore. Tutto il resto è pensieri, programmazione, preparazione, organizzazione,
formazione, rapporti. Per questo è scandaloso sprecare e far sprecare del tempo
ai capi. È tempo e fatica sottratta ai ragazzi, anche se poi, alla fine, l'ansia
del tempo è cattiva. A me ogni tanto piace buttar via del tempo. Significa che
me lo sono trovato e amo chi mi fa buttar via il tempo. Mi serve per raggiungere
la calma, per combattere l'orologio, che mi tolgo regolarmente ogni volta che
vado in vacanza. Solo che sono scelte mie e non le impongo a nessuno.
Ho l'impressione che a volte non facciamo certe cose con i
ragazzi perché l'esperienza dei tempi di organizzazione precedenti ci fa
desistere. Solo che non ci chiediamo quanto tempo abbiamo buttato via in quella
occasione e se abbiamo utilizzato dei trucchi per risparmiare tempo.
Ad esempio in coca facciamo in modo che chi organizza per
la prima volta una attività sia affiancato da qualcuno che l'ha già vissuta.
Serve per evitare gli errori e vedere subito i problemi da risolvere. Questo
capo dà piccoli aiuti e consigli per non perdere tempo. Si tratta in fondo di
trapasso delle nozioni, nel senso vero del termine. Spesso il metodo ci dà una
mano per coinvolgere i ragazzi. A volte è una complicazione ma a volte può
essere un vero aiuto per affrontare i problemi in modo più tranquillo.
Un anno di riunioni nella nostra coca
Di questo
programma ne abbiamo dato una copia trimestrale in modo tale da non impegnarsi
con la comunità capi per tutto l'anno e poter così aggiustare il tiro trimestre
per trimestre… se ce ne fosse bisogno. Il problema delle disponibilità per le
unità l'avevamo risolto a fine giugno e non ci sono stati cambiamenti.
Mese | Ordine del
giorno |
Settembre |
Verifica dei campi estivi Conferma delle disponibilità Creazione
dei nuovi staff Valutazioni per i nuovi ingressi in comunità capi Verifica del
progetto educativo (eventuali modifiche) Programmazione di un anno di comunità
capi Preparazione dell'Indaba Preparazione apertura delle attività Programmazione di un anno di comunità capi |
Ottobre |
Progetto di catechesi per le
branche e per la comunità capi (chiedere all'assistente ecclesiastico di essere
presente) Riunione metodologico-formativa Programmi di Unità: presentazione ed
approvazione in comunità capi Attività sul patto associativo ad opera dei nuovi
entrati in comunità capi |
Novembre |
Riunione metodologico-formativa Preparazione
assemblea regionale Riunione con i genitori (non c'è la riunione di comunità
capi) Recupero |
Dicembre |
Riunione metodologico-formativa Preparazione assemblea di
Zona Incontro di preghiera (in preparazione del Natale) |
Gennaio |
Verifica Campi
Invernali Incontro con la branca R/S (preghiera o formazione): la comunità R/S
conosce in modo sereno la comunità capi che non viene più vista come il luogo
delle grandi liti Preparazione delle schede per i campi di formazione
associativa e metodologica Week end di comunità capi: stesura del progetto del
capo; spazio per dirsele. |
Febbraio |
Riunione metodologico-formativa Elaborazione di
un tema comune per il "Thinking Day" Recupero. |
Marzo |
Riunione
metodologico-formativa Incontro di preghiera (in preparazione della
Pasqua) |
Aprile |
Riunione metodologico-formativa Verifica campi pasquali Preparazione
assemblea regionale |
Maggio |
Riunione metodologico-formativa Recupero Disponibilità
per l'anno prossimo |
Giugno |
Riunione metodologico-formativa Verifica degli staff
Verifica della coca Verifica del capo gruppo |
dal diario di Paola
UNA BATTAGLIA DA NON PERDERE: L'ORARIO DI
INIZIO
Anche stasera si comincia in pochi. Al solito c'è la gente che arriva
in ritardo. È una battaglia che abbiamo deciso di non perdere. Noi si continua e
si comincia puntuali. Ci sono molti usi e costumi riguardo al tempo e alla
puntualità. C'è anche da combattere contro la cultura ritardataria della nostra
città. Il consiglio comunale di Livorno, quando è programmato per le nove
comincia alle undici se va bene. Noi si cerca di riuscire a passare la cultura
che la riunione inizia sempre all'ora prefissata e che chi arriva in ritardo sa
è che cominciata. Per questo è fondamentale fare l'accordo sull'orario, che sia
possibile e vero. Poi si parte con quelli che siamo. È sottinteso che se io
Capogruppo voglio creare la cultura del cominciare puntuali devo arrivare
puntuale. In questo mi aiuta il mio essere veronese. E siccome siamo in tre,
questo non è sempre vero, specie per il prete, ma per lui abbiamo deciso di
chiudere un occhio.
dal diario di Onorato
LE ANSIE E IL CONTRATTO DELLA SERATA
Anche stasera, prima di cominciare, abbiamo fatto il
contratto della serata. È una parolaccia giuridica, ma serve bene per chiarire
un momento importante dell'inizio della riunione o di qualsiasi incontro. Si
dice sempre quello che succede. Prima di partire per ogni riunione o attività
importante è bene che gli adulti possano capire il progetto all'interno del
quale si collocano. E' una necessità: serve sempre avere lo sfondo, il paesaggio
in cui collocare i pezzi che si incontrano. Noi facciamo sempre il contratto
iniziale, cioè l'accordo di come si passerà quell'incontro, di cosa c'è
realmente dietro a quel programma: serve per diminuire le ansie e la paura di
essere fregati che è inconscia dentro ogni adulti che sta insieme con altri
adulti. Ogni tanto qualcuno di noi dice, indicando il cartellone:
"Siamo qui! Le decisioni da prendere sono queste!"
La riunione è più efficace, perché si sa sempre in che
punto siamo dell'incontro, cosa si discute e cosa si decide. Noi mettiamo il
cartellone dei vari passaggi della riunione. Ognuno sa a che punto è e vede le
decisioni scritte sul cartellone. Serve anche da deterrente per non tornarci su
e fa risparmiare tempo.
dal diario di Paola
CONSEGUENZE DI UNA RIUNIONE IMPROVVISATA E
SCAVOLATA
Non possiamo permetterci di improvvisare una riunione. Anche
perché i risultati negativi di una riunione improvvisata sono:
· l'assenteismo, i capi perdono la
voglia di venire a coca
· lo scarso coinvolgimento
personale
· il fatto che i Capigruppo diventano meno
credibili
· incomprensioni tra i partecipanti e
nervosismo
· difficoltà nella gestione
· bassa produttività dell'incontro
· sfiducia uno nell'altro
· idea
che si perde tempo
Noi
marchiamo stretti anche gli staff o i membri della coca che si sono presi
l'incarico di organizzare una certa riunione. Per non trovarci spiazzati quella
sera. Un trucco che usiamo è di affidare ad almeno due persone la gestione della
riunione. Se uno manca o non può la riunione non salta. Abbiamo però, per
qualsiasi evenienza, tre riunioni programmate di riserva sempre pronte. I
materiali e i cartelloni fatti sono in sede e si possono utilizzare al
momento.
dal diario di Onorato
L'ORDINE DEL GIORNO OVVERO DI COSA SI DISCUTE
STASERA
Su cosa si discute alle riunioni di coca?
Le
decisioni su cosa si discute sono della coca. Il programma generale l'abbiamo
fatto all'inizio dell'anno. Il nostro compito di capigruppo è di attuare quel
programma e quelle linee. Se facciamo cambiamenti li decidiamo insieme. Quando
abbiamo fatto il programma generale ci siamo divisi i compiti su chi organizza
in generale la riunione. Certe serate le facciamo nello stile della branca che
organizza. Il cartellone lo presentiamo diviso in sottopunti; è utile chiarire
anche quello che ciascuno deve preparare per ogni punto e dire esplicitamente i
risultati che ci aspettiamo (decisione, approfondimento, partecipazione di tutti
ecc.). Noi usiamo mettere gli argomenti che hanno bisogno di decisioni immediate
all'inizio. Siccome abbiamo l'abitudine di fare un verbale delle decisioni,
vediamo se lo stesso argomento stato è trattato in coca, in maniera da non
partire mai da zero. Quest'anno è Giulia che fa il verbale.
GRUPPO ROSIGNANO 1
Progetto delle attività e modalità
di lavoro di Coca
Il cammino di
Fede di Comunità con d. Raffaello e d. Andrea B.:
di ciò che è emerso dalle schede personali abbiamo fatto
una sintesi con il punto della situazione (le potenzialità e le zavorre), i temi
e le attività proposte che abbiamo dato ai due Assistenti; su questa sarà
elaborato il cammino di Coca;
come:
una riunione al mese (iniziamo verosimilmente con l'ultima
settimana di novembre);
l'Uscita di Coca;
letture e proposte personali a disposizione;
questo è quello che faremo insieme; ognuno avrà le sue mete
personali;
Interstaff per temi
metodologici
(con i referenti
che prepareranno le riunioni e forniranno il materiale: Luca A. e Gabriele per
L/C, Marzia e Francesca P. per E/G, Stefano e Marco per R/S); prossimamente alle
Staff sarà consegnato un questionario che aiuterà ad individuare sei temi da
trattare nelle riunioni previste; già proposti: coeducazione; rapporto
Capo-genitori;
Riunioni insieme
per decidere o per ascoltare:
tra queste, da gennaio, una al mese aperta anche agli altri
animatori, catechisti, genitori etc., magari con l'esperto, (come dalla proposta
di progetto pastorale parrocchiale) sui seguenti temi e utilizzando come traccia
il libro "1+1=3 coppia e famiglia, riflessioni e proposte":
- La Coppia: una sfida che dura
una vita;
- Educare: un'avventura da inventare;
- Gli adolescenti: "Così diversi, così uguali";
- Educare: quali valori trasmettere?;
- Educare alla Fede: una testimonianza quotidiana;
si prevede inoltre un incontro con
il Dr. Pannocchia, a seguito di quello dello
scorso
anno.
Lavori di gruppo, per
conoscersi, confrontarsi e discutere:
per rafforzare la conoscenza reciproca,
per curare i rapporti interpersonali,
per la correzione fraterna,
per
far esprimere tutti e ciascuno,
per giocare;
la discussione delle tesi della Route Nazionale;
varie:
preparare una pagina mensile del "Viottolo", con racconti
di attività svolte dalle Unità, magari scritti dai ragazzi;
- utilizzare la Stampa Associativa, in maniera particolare
Proposta Educativa;
-
-
partecipare adeguatamente alla Zona-Regione;
-
- il Gaze-bao: proposta per un giornalone permanente sempre
aperto sul quale raccogliere idee, pensieri, proposte, lettere, comunicazioni,
consigli per gli acquisti, ricette, risposte, proteste, inviti, disegni, foto
etc. da parte di chi vuole.
Le
riunioni si terranno solitamente di Venerdì (o di Giovedì come richiesto da
alcuni) con ritrovo alle 21.00, inizio alle 21.15, fine per le 23.15, in S.
Teresa
Buon lavoro, buona strada e buon divertimento a
tutti!
Luca, Francesca, & Gabriele.
dal diario di Paola
UN MALE CRONICO: LE VARIE E IL TEMPO DELLE
RIUNIONI
Anche ieri sera abbiamo fatto tardi e non ce l'abbiamo
fatta a finire le cose da discutere. È colpa di noi capigruppo, che ci abbiamo
messo dentro troppa roba, c'era troppa carne al fuoco. La mancanza di tempo a
disposizione è una mancanza cronica, proprio perché abbiamo sempre degli
obiettivi troppo ambiziosi. Infatti, tendiamo a portare dentro la riunione degli
obiettivi e dei contenuti che sono molto aldilà delle possibilità reali. Spesso
la considerazione del tempo reale necessario non la facciamo. Dalle nove e mezzo
alle undici e mezzo sono centoventi minuti. Da lì non si scappa.
Ho visto che i cartelloni fanno risparmiare tempo perché
tutto è sotto il controllo di tutti. Quindi sparisce il tempo che adoperiamo per
controllare gli altri e questo porta ad un clima molto produttivo. Noi fissiamo
sempre la durata della riunione e dentro questo ci deve stare tutto. Da qualche
tempo, siccome ci siamo stufati di spostare da una riunione all'altra gli
argomenti, li abbiamo diminuiti drasticamente, per darci il tempo di trattarli
con calma e senza ansie. Inoltre ogni mese abbiamo programmato la riunione di
recupero.
La cosa sta funzionando. Anche perché siamo
abbastanza agili. Se c'è una varia troppo importante, un capo o un'unità che ha
un problema serio, è chiaro che il discorso non è più una varia ma diventa la
serata. In compenso vogliamo che le varie, almeno in linea di massima, ci
vengano fatte conoscere prima, in modo che decidiamo dove collocarle e quanto
tempo meritano.
dal diario di Onorato
LA FUGA NEL PASSATO E LE DIFESE DEL GRUPPO
Ieri sera c'era da affrontare un problema di come stiamo
affrontando la preparazione dei campi, che non è di un livello di qualità
accettabile. Il rischio era di trovarsi nei guai nei campi estivi. C'era troppo
lavoro dei capi e poco coinvolgimento dei ragazzi. Noi capi, senza accorgercene,
istintivamente, per non affrontare il vero problema, abbiamo iniziato la fuga
nel passato: cominciamo a ricordare i momenti belli passati assieme in certe
situazioni campi tra capi e con i ragazzi. Cadiamo in questa situazione per non
affrontare il problema presente, quello della preparazione del campo di
quest'anno, che non funziona, che in questo momento ci procura ansia. Si produce
un clima da vecchi reduci. A volte invece utilizziamo la fuga all'esterno,
quando discutiamo di argomenti esterni e al di fuori dei compiti della Comunità
Capi, oppure ci fissiamo sui piccoli dettagli e se non stiamo attenti si rischia
di passarci la serata. Tutto per non continuare a vivere le tensioni interne che
derivano dalla correzione fraterna che stasera non è stata vissuta bene, che ci
fa star male. Qualcuno, nella serata è passato alla fuga nell'amore, quando
cominciamo a ripeterci quanto ci vogliamo bene e quanto siamo attaccati al
gruppo, spesso per non farci condizionare dal gruppo e dalle tensioni che
vogliamo esorcizzare. Stasera, siccome qualcuno si sentirà tirato in causa per
come lavora con i ragazzi, c'è anche il rischio della provocazione, quando
chiamiamo in aiuto una parte del gruppo per contrapporla a chi ci pone dei
problemi o con chi abbiamo dei rapporti difficili. Occorrerà anche stare attenti
e dovremo verbalizzare il rischio del lamento che è la tecnica di attaccare per
primi e fare critiche per non essere criticati. Di sicuro si formeranno dei
sottogruppi. La cosa non mi preoccupa. Se la formazione dei sottogruppi è legata
alle amicizie la cosa è abbastanza naturale. Ma se la divisione è in funzione di
qualcosa o per contrastare qualcuno o per ottenere qualcosa legato alle
differenze di idee, dovremo chiarire tutte queste dinamiche e farle discutere.
Alla fine sono i ragazzi la cosa più importante e non le psicologie dei capi, e
occorre darsi una mossa per cambiare lo stile della preparazione ai campi
estivi. Questa è la cosa che conta di più stasera, e dovremo riparlarne fra
venti giorni in coca, per verificare i fatti concreti che dimostrano il
cambiamento di rotta.
dal diario di Paola
la cadenza delle riunioni
Noi si fa riunione di coca una volta a settimana e ci
sembra che non basti mai. Su questo argomento in Agesci le posizioni non sono
concordi. Ci sono due tendenze contrapposte, legate anche a situazioni locali,
di Capi che possono fare Scoutismo solo dal venerdì alla domenica, perché solo
allora tornano a casa dal lavoro o dall'università. Quindi la cadenza diventa di
una volta per fare la riunione di formazione, una volta la riunione di Comunità
Capi. È un fatto comunque che le riunioni di Comunità Capi devono essere quelle
necessarie per portare bene avanti il lavoro con i ragazzi.
Noi pensiamo che se si vuole ottenere un clima di amicizia
e di continua verifica, vedersi una volta alla settimana è la cosa migliore.
Quando c'è l'incontro di formazione di Zona saltiamo la riunione di coca.
PALETTI
problemi di animazione
I problemi di animazione non esistono perché basta avere
due concetti generali in testa:
· il primo è quello che
ogni riunione è diversa per scopi e obiettivi, e quindi ha bisogno di una
tecnica di animazione diversa
· il secondo è che gli
adulti non vogliono sentirsi manipolati e guidati, e quindi tutto quello che si
fa deve essere chiarito a livello del contratto iniziale
dal diario di Paola
LE DECISIONI CHE FATICA!
Che fatica ogni volta che dobbiamo passare dalla
discussione alla decisione! La decisione vuol dire questo: che abbiamo ben
capito e siamo tutti d'accordo o la maggior parte: allora facciamo un atto di
volontà, cioè progettiamo qualcosa. La cosa sembra automatica ma non lo è.
Occorre la capacità di raccogliere informazioni, in un quadro logico, in una
visione di sintesi. Ma non è solo questo a determinare la decisione. Spesso in
Comunità Capi ci dilunghiamo molto nella prima parte, nell'analisi e nella
raccolta dei dati, ma è difficile passare all'atto di volontà. Le nostre
decisioni, anche quando sono solo tecnico-operative, dobbiamo confrontarle con
gli obiettivi generali che ci siamo prefissi. Quindi, quando prendiamo le
decisioni e le confrontiamo con gli obiettivi, ad esempio quelli del Progetto
Educativo, ci accorgiamo che le decisioni e anche gli obiettivi nello Scoutismo
sono sempre complessi. Per questo diventa saggio prendere decisioni su obiettivi
piccoli e verificabili, mai su obiettivi grossi e astratti che difficilmente
possiamo verificare.
PALETTI
le
nostre decisioni
· a volte
sono imposte dal Capogruppo
· le decisioni sono delegate
agli staff e ai Capi unità
· le decisioni sono prese da
pochi a volte fuori dalla Comunità Capi, dalla cochetta
· le decisioni sono prese tenendo conto della
maggioranza
· le decisioni sono prese tenendo conto
della maggioranza e della minoranza
Nelle nostre Comunità Capi le decisioni più che altro sono
degli ultimi due tipi, specialmente quella per consenso. Ogni decisione che
dobbiamo prendere, per arrivarci bene dobbiamo dividerla in quattro fasi:
1 - ricerca e ascolto. Qual è il problema da risolvere
_?
2 - programmazione e decisione. Cosa dobbiamo
fare?
3 - comunicazione. Ecco cosa abbiamo fatto e
perché
4 - Valutazione. Si poteva fare meglio?
Quindi dopo ogni decisione deve
essere veramente chiaro
· chi deve fare cosa
· i tempi di realizzazione
· i
tempi e le modalità della verifica, che significa specialmente una data e una
tecnica
dal diario di Paola
L'AVVOCATO DEL DIAVOLO
Ieri sera, di fronte alla
decisione di aprire il nuovo branco, visto che era una decisione importante,
avevamo deciso che io dovevo fare tutte le critiche e mettere davanti tutte le
difficoltà che potevano capitarci.
A volte può essere
utile, una volta che si è raggiunta una decisione, fare una serie di sfide alla
decisione, attaccandola da ogni possibile angolatura. Serve per chiarire meglio
i termini e rifinire meglio le decisioni, prevedendo difficoltà o situazioni e
possibilità di organizzarsi di fronte a ostacoli. È un compito che faccio bene
perché posso sfruttare le capacità di analisi e di critica che possiedo e che in
questo momento è utile sfruttare. Anche Veronica ce l'ha molto spiccata.
IL FINALE DELLA RIUNIONE
Alla fine della riunione di ieri sera non si capiva bene
chi era d'accordo con la decisione e chi no. Allora ho verificato chiedendo il
parere a ciascuno. La discussione di stasera non permetteva di capire a che
livello era il consenso, anche perché molti capi stavano zitti e alcuni non
erano ancora d'accordo con il parere della maggioranza. Poiché il consenso era
basso abbiamo deciso che non conveniva chiudere la discussione, e l'abbiamo
rimandata a breve scadenza. Così abbiamo evitato di forzare e di liquidare i
problemi che non abbiamo risolti. Si può quindi proporre di riesaminare il
problema portando nuove idee, prima della decisione finale. In queste cose non
ho mai fretta. Anche perché le decisioni forzate portano al fatto che solo pochi
si impegnano ad attuarle ed è difficile che lo faccia chi è poco convinto.
Oppure le attua poco convinto, che è lo stesso.
dal diario di Onorato
IL VERBALE DELLA RIUNIONE
Nella nostra Comunità Capi c'è l'uso saggio di scrivere
un verbale minimo delle decisioni e delle riunioni di Comunità Capi. Evitano
molte discussioni inutili perché così non si continua a ridiscutere
continuamente sulle decisioni e chi era assente sa quello che si è deciso.
Cosa si scrive?
Si scrivono le
decisioni e non chi le ha proposte e questo depersonalizza le idee, aumentando
il senso di efficienza della Comunità Capi. I risultati e le decisioni sono
chiare, perché si scrive chi fa quello che è stato deciso e quando. Il verbale
poi è fondamentale per le verifiche perché vanno riprese le osservazioni in
occasione di un'attività ripetuta, per non ripetere gli errori fatti. Abbiamo
fatto così, ad esempio per l'uscita di gruppo. Ci siamo ricordati degli errori
dell'altra volta. Io non me li sarei ricordati se non c'era il
verbale.
PALETTI
ESEMPIO DI SINTESI DI UNA
RIUNIONE
· data
· partecipanti alla riunione:
·
scopo della riunione:
· ordine del giorno:
· per ogni punto si esplicitano:
·
orientamenti principali:
· decisioni:
· compiti e responsabilità attribuite:
· scadenze di verifica
dal diario di Paola
gli interventi DEI POLITICI
Ieri sera a coca osservavo il collegamento degli
interventi dei capi durante la discussione. L'argomento era di quelli scottanti:
la catechesi in coca e l'educazione alla fede nel gruppo. Si passava dalla coca,
ai ragazzi, alla fede personale, all'assistente, alla parrocchia, ma non c'era
un filo nella discussione. Era come se ognuno facesse il suo intervento, come
fanno ai dibattiti politici, e non si considerava per niente quello che avevano
detto gli altri. È uno dei difetti fondamentali delle nostre discussioni: tra un
intervento e un altro non c'è spesso nessun collegamento, per cui uno dice una
cosa, un altro ne dice un'altra diversa e si va avanti così per strade
scollegate. È difficile riuscire ad ottenere che le persone facciano gli
interventi il più possibile collegati l'uno all'altro. Era sicuramente sbagliato
l'approccio all'argomento. Troppo largo. Occorreva dividerlo in parti e in
diversi momenti. Riusciamo meglio a coordinare gli interventi se l'argomento è
abbastanza limitato e se le persone intervengono solo su quello, senza allargare
i confini. Questo non significa ripetere le affermazioni ma riuscire a partire
dalle affermazioni già fatte per andare veramente avanti e non formare un
andamento circolare che spesso fa perdere tempo senza che giunga ad una
conclusione. Un mezzo anche quello di fare in maniera che gli interventi
tocchino solo un contenuto, quello di cui si sta parlando e che se uno d'accordo
con un altro lo dica, ma non ripeta il solito discorso. La conseguenza sono che
gli interventi diventano brevi e più incisivi. Tutto questo serve per riuscire
ad arrivare alla conclusione per ogni piccolo punto, che può essere una
decisione ma anche un approfondimento su cui tutti o quasi sono d'accordo e su
cui non ci si torna più su.
E poi su questo argomento
specifico occorrerà tornarci su senza parlare dei ragazzi ma parlando solo della
fede dei capi. E' troppo comodo pedagogizzare un problema: può essere che ci
nascondiamo dietro i ragazzi per non affrontarlo come persone?
PALETTI
In
coca abbiamo sempre la lavagna a fogli. È un acquisto che si è dimostrato utile.
Alcuni cartelloni li abbiamo conservati perché possono essere utili in
seguito.
Cosa e come scrivere
alla lavagna o sul cartellone
·
la struttura della riunione
· i punti chiave
· un'idea alla volta
· utilizzare
poche cifre
· meglio visualizzare i fenomeni
· meglio i simboli che le parole
·
meglio schemi che frasi
· evidenziare l'importanza delle
idee
dal diario di Paola
L'EFFETTO SPECCHIO
Ieri sera abbiamo chiamato mia cognata che è
neuropsichiatra infantile e non conosce gli scout. Doveva darci qualche
consiglio per come gestire le situazioni problematiche del reparto, dove c'è un
ragazzo portatore di handicap e un paio di ragazzi a rischio, che a volte hanno
comportamenti molto aggressivi. È stata molto intelligente. Siccome non poteva e
non voleva dare consigli su ragazzi che non aveva visto e conosciuto, ci ha
aiutato a chiarirci le idee con una serie di domande intelligenti, di uno del
mestiere: con le sue domande ci faceva vedere dei lati che non avevamo mai
considerato. È una situazione positiva. Quando chiamiamo qualcuno di esterno
succede sempre un fatto importante di cui dobbiamo tenere conto perché
un'occasione da non perdere per l'analisi della Comunità Capi e in seguito per
l'autoanalisi. Ogni persona nuova porta i Capi ad avere la capacità di vedersi
in situazione che senza l'estraneo non ha. Di colpo si sente il bisogno di
spiegare le risate o gli accenni, quando parla quello che fa ridere o quello
serio, si cerca di spiegare le nostre reazioni. Si tende quindi a spiegare
all'altro com'è il gioco, e quindi è un modo per trovarsi fuori dalla situazione
e guardarla come dal di fuori con un certo sorriso. È un modo per uscire dagli
schemi della monotonia e noi Capi impariamo a vederci come siamo. È quello che
si chiama l'effetto specchio, perché per piegarci agli altri siamo costretti a
chiarirci. La stessa cosa è capitata quando abbiamo dovuto spiegare all'ospite
il comportamento dei ragazzi e quello che facevano, le nostre reazioni e le
nostre preoccupazioni e le reazioni degli altri ragazzi e dei genitori. Lei ci
faceva notare dei particolari che non avevamo notato o ci faceva delle domande
su osservazioni che non avevamo mai fatto e che dovremo fare in seguito per
capire di più e comportarci con maggiore capacità. E' stato un incontro positivo
e l'ho ringraziata molto.
PALETTI
Come identificare un problema
Domandiamoci
· che cosa o non è
· dove è o non è, quali sono i suoi ambiti,
· il problema è destinato ad aumentare o ad attenuarsi?
· È grave o no, è urgente e richiede interventi immediati o
si può aspettare?
· abbiamo diviso bene le cause dai
sintomi (i segnali del problema)?
· su quale soluzione
possiamo essere d'accordo?
· come possiamo metterla in
pratica?
le soluzioni
Le soluzioni devono essere centrate sulle cause e non sui
sintomi, attente alle situazioni reali che possono porre dei vincoli e attente
specialmente alle conseguenze collaterali, di cui bisogna tenere
conto.
dal diario di Onorato
IL GIOCO DEGLI ADULTI
Abbiamo giocato a palla scout prima della riunione.
Siamo tornati come bambini, a correre e a voler vincere. L'avevamo deciso con
Paola e l'assistente Francesco perché dopo ci sarebbe stata una discussione
abbastanza appassionante e che poteva far litigare e discutere e anche
dividerci. Per il fatto che siamo adulti non significa che siamo persone che non
giocano più. Di questa dimensione occorre tener conto nell'incontro tra i capi.
A volte scegliere di giocare assieme per mezzora prima di una riunione che si
prevede difficile a livello dei rapporti, significa risparmiare un'ora di
discussioni inutili e di ripicche. Da noi non succede spesso, ma certi argomenti
che toccano i rapporti tra le branche i collegamenti sono sempre
rossi.
PALETTI
RUOLI CHE EMERGONO DURANTE UNA RIUNIONE
Durante una riunione ci può capitare di incontrare varie
situazioni. In genere sono Capi che conosciamo e che hanno dei ruoli ben precisi
nella Comunità Capi. Quindi meglio che ci riferiamo ai ruoli che emergono nei
gruppi.
Invece questa esemplificazione ci utile è
quando dobbiamo parlare a persone che non conosciamo bene, ad esempio i
genitori. La speranza è che non sia un elenco adatto ad una coca. Dopo averlo
letto cerchiamo di dimenticarcelo, per non prendere l'atteggiamento di
manipolare le persone, che è il modo più micidiale e sbagliato di trattare con
gli adulti.
Possiamo
incontrare:
· il silenzioso
ostile: non bisogna obbligarlo a parlare subito: chiediamogli consigli o
opinioni personali dopo un certo tempo dall'inizio della riunione
· il silenzioso timido: forniamogli l'occasione per
esprimersi con domande chiuse; se continua a stare zitto non insistere
· il chiacchierone: facciamogli rispettare le regole e
ricordiamogli la disciplina della riunione; fisicamente è bene non guardarlo
· quello che critica negativamente: facciamo la domanda su
perché fa la domanda, e poi facciamo rispondere al gruppo in maniera che non
diventi un rapporto personale, facciamogli notare che queste critiche rallentano
il lavoro e che lo spazio adatto alle critiche ci sarà.
· il cavilloso: ammettiamo una parte della verità ed
evitiamo la discussione, lasciamo rispondere al gruppo
·
l'attaccabrighe: facciamoci aiutare dal gruppo, ammettiamo parte della verità e
facciamoci aiutare dal gruppo ma specialmente ignoriamolo.
· lo svagato: ogni tanti domandiamogli qualcosa di preciso
per farlo uscire dal sonno letargico
· il superuomo:
siccome gli è difficile integrarsi tratta tutti dall'alto in basso. Questo si
spiega perché non si è ancora ben integrato. Diamogli tempo e non bisogna
criticarlo subito.
· il fissato: siccome vuol portare il
discorso verso la sua unica idea, e siccome è suscettibile, cerchiamo di
riportarlo con gentilezza dentro l'argomento.
· il tipo
in gamba: spesso ci dà una mano. Utilizziamo il suo contributo e ricordiamoci di
ringraziarlo.
Nella nostra coca
tutti sono tipi in gamba ... a turno.
dal diario di Paola
LA CRITICA DISTRUTTIVA
Veronica ha una capacità
meravigliosa di vedere le cose che non vanno. Ma a volte sbaglia il tono e i
modi. È la critica distruttiva, che si basa sulla persona e tende a etichettare.
Spesso lei dice "sempre", "mai", quando si parla delle cose passate e ha
l'obiettivo di punire qualcuno. È molto migliorata e sta migliorando, ma questo
tipo di critica provoca le difese di chi è attaccato e per migliorare le cose
non serve a nulla. È una situazione che ogni volta che capita faccio
osservazione a Veronica. Lei deve offrire soluzioni per la prossima volta e
nessuno deve sentirsi umiliato. Se ha qualcosa da criticare si domandi se l'ha
vista giusta. Infatti, bisogna essere d'accordo se si è visto quello che è
successo in maniera giusta. Non sempre ci riesce. Noi capi dobbiamo sempre avere
l'idea che facciamo le cose non per la soddisfazione di aver ragione ma per
migliorare la qualità dello scoutismo nel nostro gruppo.
PALETTI
gli ostacoli
Sono molti gli ostacoli che si
frappongono alla soluzione di un problema:
· la
posizione abituale: abbiamo fatto sempre così
· a chi
tocca: non tocca a me, io non c'entro
· le barriere
psicologiche: ho paura di cambiare
· le barriere
culturali: sono cose di cui non ci capisco nulla
· le
barriere ambientali: non so cosa dire in questa circostanza
dal diario di Paola
CONSIDERAZIONI SULLA PARTECIPAZIONE
Anche stasera eravamo tutti. Da noi se uno non viene ci
avverte, e in genere sono sempre ragioni serie. I capi partecipano volentieri
alla riunione di coca. Almeno la penso così. La partecipazione ha due facce.
Quella della presenza effettiva e quella del contributo dato da ciascuno, e
quindi del coinvolgimento personale per raggiungere gli obiettivi del gruppo. In
generale la collaborazione favorisce il lavoro ma c'è, a volte, il rischio che
non si esprimano mai le idee che si pensiamo che siano in contrasto con il
gruppo. Invece un po' di contrasti sono utili e stimolanti per gli incontri. Non
mi sembra che nella nostra coca ci siano conflitti latenti tra le persone. La
reazione normale sarebbero la poca partecipazione, i ritardi, l'assenteismo,
cose che non ci capitano. Da noi invece la partecipazione è alta, le persone
discutono animatamente e con passione, ma aumenta il rischio della confusione ma
anche la produttività e l'entusiasmo, almeno in certe sere e per certe attività,
specialmente quelle rivolte ai ragazzi.
NODI
· è
un'idea da sconfiggere che è sempre bene e utile che tutti partecipino e tutti
intervengano?
· c'è un rapporto tra la partecipazione e
il tipo di riunione?
· chi fa più assenze e perché? Chi
meno assenze? In quali momenti? Come viene commentata e vissuta l'assenza
frequente? e la presenza assidua?
· abbiamo il
cartellone delle presenze di coca? Serve?
· quando si fa
lavoro di gruppo ci sono persone che da attive diventano passive o viceversa
oppure la partecipazione è costante? Cosa fa cambiare atteggiamento?
· nei lavori di gruppo chi parla di più o più a lungo? Chi
tende a rimanere in silenzio? Perché?
· ci sono modi in
cui mostriamo con gesti la noia o l'insofferenza? quali sono questi momenti in
particolare?
dal diario di Paola
ESISTE UN BUON GRUPPO?
Ogni volta che facciamo i lavori di gruppo, ci
accorgiamo di chi riesce a lavorare meglio e chi peggio. Qual è il buon gruppo?
Quello che riesce a raggiungere il compito col minimo delle risorse. E questo
non sono solo parole, ma tempo, soldi, energia dei componenti. È un buon gruppo
quello che riesce a stare bene insieme anche dopo il lavoro assegnato e portato
a termine. Dobbiamo anche sfatare alcuni pregiudizi, ad esempio che i gruppi ci
mettono di più nelle decisioni di una persona. Ho costatato che quando un gruppo
funziona, si arriva velocemente e con efficienza ed efficacia alle decisioni. A
me è capitato. Forse occorre essere attenti a scegliere bene il coordinatore o
il portavoce del gruppo.
PALETTI
errori che facciamo quando affrontiamo un problema
· tendiamo a dare giudizi di valore sulle persone
piuttosto che sui problemi:
· ci lasciamo dominare
dall'emozione e specialmente l'ultimo fatto capitato è quello che ci influenza
di più e il più traumatico.
· a volte, quando pensiamo
che l'unica soluzione sia la nostra, blocchiamo il rapporto di relazione con gli
altri, che viviamo come una forza contrapposta per cui non riusciamo a
comunicare e il blocco diventa sempre più forte.
·
diventiamo sempre più rigidi (per me è così e basta) e non stiamo abbastanza
attenti alle conseguenze;
· siamo senza emozioni e la
cosa non ci interessa per niente
dal diario
di Paola
LE DOMANDE
Ripensavo all'importanza delle
domande. Le domande sono il nostro più importante ferro del mestiere durante le
riunioni o anche durante gli incontri personali. Servono per chiarire e per
approfondire e per ottenere il contributo di tutti. Quindi servono per capire
prima che per giudicare e decidere.
Le domande sono
fondamentali per il nostro servizio perché richiamano l'attenzione sulle idee e
sui fatti, sui problemi e sulla situazioni. Inoltre sono importanti perché
chiariscono perché uno ha una certa opinione, per arrivare alle cause dei fatti,
per ragionare da chi prendiamo le notizie.
Le possiamo
usare per mantenere la discussione sotto controllo o per spostare l'attenzione
su un altro problema, per riuscire a raggiungere un accorso oppure per suggerire
delle idee per l'azione e la decisione.
dal diario di Paola
come dobbiamo formulare le domande
Anche se cerco di fare le
domande con naturalezza e tatto, senza animosità e senza voler mettere in
imbarazzo le persone, a qualcuno questo strumento ricorda l'ambiente della
scuola e c'è una netta repulsione ad essere di nuovo "interrogati". Cerco di non
aver fretta e di non sollecitare delle conclusioni affrettate: lasciamo il tempo
necessario per la "digestione mentale".
Tecnica delle domande
le domande possono essere:
Chiuse (si o no)
Aperte per sapere
i fatti (chi, che cosa, quale, quanto, dove, quando)
Aperte per conoscere le opinioni (come, perché, da che
punto di vista, in che senso)
dal diario di Paola
L'Animazione della Comunità capi
Noi capigruppo ci domandiamo ogni volta quale tipo di
tecnica è più utile per quel tipo di incontro. Se è vero che i settori di
intervento di un capo gruppo sono vari, è altrettanto innegabile che il compito
più impegnativo (per la posta in gioco e le implicazioni che comporta) e più
difficile (per la mancanza di riferimenti metodologici codificati) è quello
dell'animazione della Comunità capi. Preparare le riunioni di Comunità capi è
uno dei compiti del capo gruppo e devono essere stimolanti, interessanti e più
incisive. Perché questo succeda bisogna che qualcuno ci pensi! Noi usiamo molto
il telefono, se non possiamo incontrarci tra di noi. Abbiamo anche vari manuali
che ci servono da banca di esperienze per le tecniche di riunione. Li abbiamo
trovari alla libreria delle Paoline e la maggior parte sono delle edizioni della
Elle Di Ci. Li abbiamo comprati con i soldi del gruppo e sono a disposizione
anche degli staff.
L'USCITA DI GRUPPO
Obiettivi dell'uscita di gruppo:
· le pubbliche relazioni (farlo
sapere . a chi?)
· incontro con i genitori
· far vivere ai ragazzi l'incontro delle varie età
· aumentare l'aggregazione e il consenso interno
· usare le tecniche di scouting (costruzioni, cucina
trapper, segnalazioni ecc.)
Verificare questi obiettivi se li abbiamo ottenuto.
dal diario di Onorato
ANCORA! IL RICICLAGGIO DEGLI ARGOMENTI
"Ancora?" -
ha urlato Enrica.
Si deve parlare di nuovo della
progressione personale. Già ne abbiamo parlato e Enrica, che è in coca da
parecchio tempo, mi ha detto un po' scocciata:
"Ancora?
Un'altra volta?".
Allora le ho raccontato questo fatto
che è capitato a me e al mio amico Mario.
Molto tempo fa
io e il mio amico Mario abbiamo fatto un viaggio per l'Italia. Avevamo pochi
soldi e siccome mia cugina Lina le aveva avute in dono, ci regalò quaranta
scatolette di sardine. Quindi per risparmiare io e il mio amico Mario abbiamo
mangiato quaranta scatolette di sardine in dodici giorni. Il risultato è che se
oggi qualcuno mi offre una scatoletta di sardine mi si rivolta lo stomaco. Noi
scout abbiamo fatto lo stesso con alcuni argomenti, ad esempio la coeducazione.
Ne abbiamo parlato troppo per tre anni e poi basta. I problemi sono rimasti,
specie nelle Coca, ma non li affrontiamo. Ci limitiamo a discutere certi
sintomi. Sarà possibile riparlarne senza che ci si rivolti lo stomaco?
A Enrica ho detto che la coca era
cambiata dai suoi tempi, ed era necessario tornarci su.
Una delle problematiche è affrontare in coca è il
riciclaggio degli argomenti di formazione permanente. Spesso, infatti, le
persone che sono da tempo in coca, avendo fatto un cammino di approfondimento su
alcuni argomenti, pensano che questo approfondimento sia un patrimonio di tutta
la coca; invece, siccome la coca si rinnova continuamente, gli argomenti hanno
bisogno di essere riciclati, rivisti e ridiscussi in maniera ciclica. Questo
anche per sentire gli apporti dei nuovi entrati, che spesso vedono le cose con
occhi nuovi e quindi sono utili per ripensare ai problemi. Per questo domani
sera si riaffronta la progressione personale. E forse, fra pochino, perché no?
la coeducazione.
Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 11 FEBBRAIO 2000
La comunità capi ...quasi al completo...
la serata
prevedeva essenzialmente un confronto, proposto dallo staff E/G su un aspetto
del metodo: LA COMUNITÀ
Ha
aperto "le danze" Carlo esponendo quanto riassunto su di un cartellone, frutto
di un lavoro di staff.
Il loro
lavoro riportava in modo esplicito quanto sommariamente ci propone il
regolamento a riguardo del tema scelto allargando il discorso alle tre branche,
in modo particolare affiorava l'importanza della vita di squadriglia, delle
varie responsabilità richieste ai ragazzi e allo spirito di comunità proposto
alla branca R/S.
Dopo questa
prima esposizione su di un altro cartellone abbiamo cercato di evidenziare gli
elementi o strumenti che abbiamo a disposizione e che hanno a che fare con
COMUNITÀ. Detto questo si è giunti ad una verifica sulla vita comunitaria del
nostro gruppo; e qui ne è nato un vivace confronto, dove ognuno ha potuto
esporre e valutare il lavoro che sotto questo aspetto ha svolto o sta svolgendo
con i propri ragazzi.
A raggio
si è parlato di tutte le branche, ma in modo particolare ci siamo soffermati
sulla branca E/G, forse perché la più vivace a livello di difficoltà, perché è
quella che da sempre, squadriglie o singoli, ci tiene in allenamento...
Si è verificato insieme il perché
della scarsa responsabilità che i ragazzi dimostrano verso la vita di reparto,
squadriglia o anche se stessi, la difficoltà, soprattutto femminile, di vivere
la squadriglia ed aver e sempre la tendenza a formare gruppetti di amicizie o di
pari età.
Ci si è messi in
discussione sul poco entusiasmo che spesso disanima i capi unità, valutando
anche i passi che precedono l'ingresso in reparto come ad esempio il lavoro di
cda e il passo che li aspetta al termine, cioè il passaggio in noviziato.
Non ci siamo dati tante risposte, ma ci siamo confrontati
con serenità: abbiamo visto insieme che non è mai bene creare delle particolari
aspettative nei ragazzi al momento dei passaggi, ma prepararli senza far loro
assaporare quanto di specifico troveranno nella branca superiore.
Abbiamo parlato di responsabilità,
di verifiche, di saper sfruttare al meglio gli strumenti che ci offre il metodo,
di educarli a scelte coerenti, e soprattutto ci siamo detti che è necessaria una
"parlata comune" a livello di comunità capi, perché questo non crei nei ragazzi
e nelle rispettive famiglie "disagi educativi" . Si è parlato anche di
accoglienza, verso i ragazzi che per la prima volta fanno parte del nostro
gruppo e verso quelli che "passano". E ancora una volta si è parlato di
progressione personale, più che mai importante, indispensabile e necessariamente
non più solo occasionale. Forse solo così si può essere più vicini ai ragazzi,
conoscerli, capirli e farci capire e dare a loro le migliori opportunità per
crescere insieme.
Si sono poi
chiariti gli ultimi dettagli per quanto riguarda la serata pubblicitaria e la
settimana del pensiero.
A
proposito di metodo e catechesi in Coca è stata accolta la richiesta amichevole
di Elisabetta, che svolge il suo servizio di mamma in aiuto alla branca L/C, di
partecipare agli incontri di Coca specifici su questi due temi. Abbiamo anche
speso due parole a riguardo, sia perché la Coca non diventi porto di mare, ma
una scelta coerente, sia per non creare dei precedenti e quindi trovarci in
difficoltà più avanti con il rischio di dover assecondare richieste meno
realizzabili.
In questo caso ci
è sembrato giusto dar e questa possibilità a Eli sia per quanto riguarda il
momento di catechesi (che sinceramente potrebbe essere aperto ad altri genitori)
sia per quello metodologico proprio in virtù del fatto che è costantemente
impegnata in branco.
Le faremo avere il calendario di
questi incontri.
Ci siamo
soffermati a parlare di una iniziativa della sq. Pantere che, se realizzata,
coinvolgerà l'intero gruppo, la comunità e la vicaria, si tratta della
realizzazione di una edicola a ricordo dei ragazzi della comunità che ci hanno
lasciato a causa di incidenti o malattie.
Ci
aggiorneremo quanto la squadriglia interessata avrà deciso o meno di portare in
porto l'iniziativa.
dal diario di Paola
LA MALATTIA ACUTA E LA MALATTIA CRONICA: APRIRE E
CHIUDERE
Aprire o chiudere? Ogni volta sono discussioni a non
finire, anche perché in questi casi il cuore comanda sul cervello, e non sempre
è una cosa cattiva.
Io penso che uno dei momenti più
importanti della programmazione è la decisione di aprire o chiudere un'unità. È
una decisione della coca che va programmata all'interno del progetto educativo e
va pensata in tutti i suoi aspetti, con l'analisi delle forze, i rapporti con i
ragazzi, con i genitori, con la Zona e con la parrocchia.
Da noi, se si tratta di chiudere un'unità e mandare a casa
i ragazzi il criterio deve sempre essere quello della qualità di scoutismo che
proponiamo. Se la situazione dell'unità è risolvibile in tempi verosimilmente
brevi si può tirare la corda. Se la malattia diventa cronica e anno dopo anno si
rischia di avere soluzioni tappabuchi, è bene chiudere. Non bisogna accettare di
fare trucchi con la Zona e con i censimenti.
Nella
nostra coca quando invece si tratta di aprire un'unità facciamo la
programmazione delle forze per quanto ci è possibile. Non possiamo permetterci
di avere le forze solo per un anno, altrimenti non si apre. Pensiamo in coca le
esche giuste per i ragazzi che vogliamo. Per cercare i ragazzi si possono
pensare dei giochi nel quartiere e nei luoghi e nelle situazioni che si pensano
interessanti. Pensiamo subito alla verticalità delle iscrizioni, in maniera che
in seguito non ci siamo problemi nei passaggi. Alla fine decidiamo.
dal diario di Onorato
LA STAMPA ASSOCIATIVA
Abbiamo deciso di utilizzare in qualche riunione la
stampa come strumento e stimolo per i capi a non leggere la stampa associativa
solo in funzione della loro branca. La stampa è anche uno strumento fondamentale
in coca per la democrazia associativa. Programmare gli incontri in preparazione
alle assemblee è doveroso, anche per partecipare in maniera attiva e
propositiva. Per questo ci dedichiamo alla lettura delle relazioni preparatorie
degli incontri di Zona e della regione. Ci serve per preparare delle mozioni di
coca per le assemblee.
dal diario di Francesco
Assistente
CELEBRARE
Nella nostra Coca non mancano solitamente
momenti di preghiera: non si tratta quindi di “ aggiungere ” qualcosa a quanto
già si fa, ma entrare in una prospettiva diversa. Se la Coca è davvero una
piccola comunità di cristiani, essa a pieno titolo si raccoglie insieme per
“celebrare” il Signore presente in essa, e qui il capo può scoprire un modello e
un'esperienza di celebrazione. “Celebrare” è diverso da “fare il momento di
preghiera” o la meditazione insieme. Per celebrare si richiede la presenza di
alcuni elementi importanti: la comunità raccolta, l'ascolto della Parola di Dio,
e anche una certa attenzione alla forma della celebrazione, che ne faccia
risaltare la solennità. Perché celebrare significa riconoscere la presenza del
Mistero qui e ora, di quel Mistero che dona salvezza o che è in definitiva Gesù
Cristo stesso, vivo e presente nella Chiesa. La grandezza del Mistero quindi è
in radicale opposizione alla banalizzazione, alla superficialità, alla
sciatteria ... perché allora non sottolineare anche attraverso alcuni segni
esteriori la celebrazione? Un'icona, un cero acceso, il libro della Parola di
Dio messo in evidenza, ma anche un canto scelto bene, o uno di quei simboli così
cari alla tradizione scout ... davvero qui gli unici limiti sono la fantasia e
l'ortodossia! È importante sottolineare che per celebrare non è indispensabile
la presenza del sacerdote: anzi può essere l'occasione buona per riscoprire il
valore e l'importanza del sacerdozio battesimale, comune a tutti.
Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 3 MARZO 2000
Breve pausa
del lavoro sul metodo per avviare un nuovo tema del nostro programma di Coca: la
parte della catechesi.
Si è pensato che tra i tanti
argomenti interessanti che erano emersi dagli incontri di preparazione del
programma, forse sarebbe stato meglio partire dal lato, non più semplice, ma
certamente più basilare e concreto:
LA PREGHIERA
Abbiamo così iniziato un lavoro che si è dimostrato
interessante, soprattutto per chi lo ha preparato, come sempre ...
Al centro del tavolo un grosso pentolone e un foglio ad
ognuno dove veniva chiesto di segnalare i tempi della propria giornata buttando
tutto nella pentola.
Fatto questo si estraeva un foglio
qualsiasi e venivano letti i tempi elencati Da queste prime analisi si è
evidenziato quanto e quale tempo ognuno di noi lascia alla preghiera.
In una seconda parte è stato distribuito un secondo foglio
con sette domande inerenti alla preghiera e soprattutto al nostro modo di
pregare; questo da compilare in silenzio e solitudine; abbiamo successivamente
messo in comune le nostre riflessioni con un confronto che oserei dire
arricchente, ma soprattutto abbiamo avuto la possibilità di soffermarci su
questo personale aspetto della nostra vita di fede.
Non
ci siamo dati risposte e tanto meno dogmi da parte di don Luca, ma pensiamo si
possa continuare il dialogo e il confronto analizzando singolarmente le domande
che ci siamo posti, alla luce della Parola.
RISPOSTE
PERSONALI E NEL SILENZIO
PERCHÉ PREGO?
QUANDO PREGO?
DOVE PREGO?
COME PREGO?
CHI PREGO?
CHE COS'È LA PREGHIERA?
PREGO?
dal diario di Francesco
LA COCA È UNA COMUNITÀ CRISTIANA
La coca è una comunità cristiana, a differenza delle
unità che sono delle comunità di proposta cristiana.
Quindi si sforza di avere le tre caratteristiche della
comunità cristiana:
· si riunisce attorno alla parola
· è indispensabile che si trovi il tempo per pregare
insieme e leggere e comprendere la bibbia, specie il nuovo testamento.
· opera la condivisione
· la
condivisione si attua sulla corresponsabilità dell'esecuzione del progetto
educativo, delle gioie, dei dolori, delle problematiche personali affrontate con
delicatezza e rispetto insieme
· attua la carità
· la carità si attua nel servizio verso i giovani
Io penso che il capogruppo e
l'Assistente Ecclesiastico debbano avere questo equilibrio di attenzioni, con la
collaborazione di chi è più sensibile al problema.
Credo
che la coca debba garantire che la proposta cristiana nelle unità sia chiara e
che le applicazioni del metodo e le indicazioni pastorali siano attuate in
maniera coerente. Per questo occorre sostenere qualche capo nelle sue carenze
personali.
dal diario di Paola
L'USCITA DI COCA
Stiamo pensando all'uscita di coca
di inizio d'anno, prima di aprire le attività. È un momento fondamentale per le
verifiche del progetto educativo, nella parte che riguarda le scelte e i valori.
L'uscita di coca diventa momento di aggregazione e di star bene assieme, e da
noi è sentita come fondamentale da tutti. Ne facciamo due all'anno. Una prima
delle attività.
L'altra uscita di coca la facciamo
quando c'è da formulare e da verificare il progetto del capo. La facciamo sempre
in luoghi di preghiera, in un monastero. In questa occasione il clima è
fondamentale e occorre crearlo anche con l'aiuto del luogo bello e stimolante.
Infatti, i luoghi non sono mai asettici. Possono influire in bene o in male su
quello che si fa, perché i luoghi sono sempre carichi di significato, che entra
nel cuore e nel cervello delle persone.
GRUPPO ROSIGNANO 1
Uscita di
Comunità Capi
Dove: si propone la zona di Sassetta in
quanto:
- é piuttosto vicina (45');
- c'é un discreto percorso nel bosco (vedi la cartina);
- c'é un buon posto per le tende e per l'attività
all'aperto (facilmente raggiungibile anche in auto);
-
c'é un luogo attrezzato dai cacciatori grande, coperto, con i tavoli, nel bosco
(e la caccia é chiusa);
- c'é l'acqua e la legna;
- c'é una casa per dormire con telefono, riscaldamento,
luce e gas (anche per i figlioli a carico; .......non il gas, la casa! e per chi
non può dormire all'aperto);
- c'é il paese non lontano
per la S. Messa (se, come al solito, non c'é un prete disponibile);
tutto questo, ovviamente, per fare una bella uscita alla
quale possano partecipare tutti.
La proposta di
programma con le attività si presenta alla prossima riunione.
Fuoco di bivacco per la chiusura delle attività; é stato
deciso per sabato 7 giugno in questo modo:
- una prima
fase con due fuochi e due cerchi (Branchi da una parte, Reparti dall'altra; per
il Clan/Noviziato c'é da decidere se insieme con i Branchi, che sono meno
ragazzi oppure divisi nei due cerchi), animata dalle rispettive Staff;
- una seconda fase insieme, animata dai Capi a
disposizione;
- dove, una proposta é: ai lati di S.
Teresa la prima fase, in chiesa la seconda (da chiedere il consenso a d.
Raffaello);
Cambuse, Mamme Lupo e logistica del
Campo/V. di B. con lo scopo di: sgravare i Capi in servizio con i ragazzi delle
incombenze pratiche (non della responsabilità) in modo che dedichino il tempo e
le energie a disposizione per il lavoro educativo; dare le migliori soluzioni a
tutti e a ciascuna Unità; coinvolgere ex, genitori, R/S ed altri ad hoc (dopo
averli debitamente "catechizzati" sui compiti, i limiti e le aspettative).
Ciascuna Staff faccia un elenco di quello che serve e degli
incarichi che vuole subappaltare alla Staff logistica, porti anche le proposte
del "personale" al quale proporre i lavori; se ne parla insieme e si danno i
compiti.
dal diario di Paola
IL FUOCO DI BIVACCO PER ADULTI
All'uscita di coca ci siamo posti il problema dei
momenti liberi. E abbiamo deciso che non abbiamo a che fare con dei ragazzi ma
con degli adulti, e abbiamo programmato di conseguenza, cioè non abbiamo
programmato niente. Nell'organizzazione delle uscite o dei momenti distensivi
bisogna togliersi la mentalità della gestione adatta ai ragazzi. Gli adulti non
desiderano essere organizzati e diretti in questi momenti, che vanno quindi
autogestiti senza un atteggiamento direttivo. Quindi se c'è voglia o bisogno di
chiacchierare si chiacchiera e se qualcuno propone un canto si canta e se alcuni
desiderano fare qualche altra attività la fanno per conto loro. Questo non
significa tradire lo spirito scout. Significa semplicemente utilizzare per gli
adulti gli strumenti degli adulti, che possono fare anche le danze e i ban, ma
solo se lo vogliono e senza che qualcuno diriga il fuoco, come si fa per i
ragazzini. E all'uscita faremo così.
Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 23
GIUGNO 2000 : edizione straordinaria ... verifica di Coca
Ecco alcuni dati che possono aiutarci a fare verifica:
Incontri dei venerdì: 31; Uscite: 1; Cena in sede
Le riunioni del venerdì sono state cosi gestite:
2 per avvio anno di attività; 3 per sola catechesi; 6
lavoro sul metodo; 2 rosa delle competenze; 6 riunioni tecniche o logistiche; 3
dedicate al P.E.; 7 dedicate ai programmi ed alle verifiche; 2 si è parlato di
Zona
Con questi dati alla mano e con l'esposizione del
cartellone che rappresentava l'Italia - ovvero la nostra coca - e la parte
fisica che voleva rappresentare le varie situazioni di Coca o di branca, ai Capi
è stata lasciata la parola, sia per il commento ai dati presentati sia per
indicare simpaticamente, una situazione meteorologica alle varie parti di questa
particolare Italia.
Dimenticavo, solo Letizia era
assente per motivi di lavoro.
Ha rotto il ghiaccio
Carlo puntando il dito sul Tavoliere dell'organizzazione, seguito poi da
Costanza ed è emerso che per quanto appunto riguarda l'organizzazione di Coca è
stata serena, si avverte di aver lavorato parecchio anche se non tutto il
programma è stato portato a termine.
A questo punto
possiamo dire che si è puntato troppo in alto, naturalmente pensando alla
quantità e non alla qualità dei contenuti.
Si è
verificata la difficoltà di confronto in Coca, data dalla stanchezza e dal poco
tempo. Ci siamo ancora chiesti perché non riusciamo ad essere puntuali? Per
sfruttare al meglio il poco tempo che già abbiamo a disposizione?
Si è notato comunque, nella maggior parte, il desiderio di
stare insieme per condividere, per un buon trapasso di nozioni o solo scambio di
idee, stare insieme anche solo per conoscersi meglio, per parlarsi e per
ascoltarsi.
L'uscita di Coca tutto sommato è servita,
nonostante le difficoltà per realizzarla è stato detto che se è stata fatta è
perché è stata fortemente voluta.
Qualcuno ha anche
detto che dobbiamo ricominciare ad essere "curiosi", e aggiungo forse proprio
come i ragazzi, che vogliono sapere di più, vogliono conoscere. Allora sì che
sarebbe una coca attiva e vivace, ricca di avventura e di novità!
Queste riflessioni sono ancor più rimarcate dal desiderio
espresso di "cercarsi" tra capi, di creare quel clima di amicizia che, se
vogliamo, non è ricercata secondo i canoni nelle realtà di coca, ma che nella
nostra comunità, o almeno, tra alcuni capi della comunità non stonerebbe. Anche
se ci tengo a dire che stima, fiducia e rispetto non mancano,
Queste parole sono nate soprattutto dopo aver sentito le
previsioni sulle "cime della correzione fraterna" e sul "mare della
solidarietà”; temporale e nebbia - sia nel dare sia nel ricevere. Questa
affermazione parla da sé e se superata sicuramente donerebbe maggior serenità a
tutto il nostro servizio e alle nostre fatiche personali, teniamone conto per il
prossimo anno.
Di altre riflessioni particolari non ne
sono nate. Possiamo concludere questo momento dicendo che anche quest'anno
ognuno ha dato se non il meglio, quello che comunque in quel momento poteva dare
e che gli errori, le difficoltà, i momenti bui, se sottolineati e rivisti
insieme, come un po' abbiamo cercato di fare, possono aiutare sicuramente a
crescere e a dare sempre il meglio e ... anche a ricevere per poter continuare.
Ed ecco una "massima" di Giovanni a chiusura riunione:
"bello o brutto tempo ci sia, l'Italia è sempre l'Italia...". La nostra riunione
non finisce qui.
E' tardi, ma una previsione per il
futuro ci deve essere...chi di noi sarà ancora disponibile per vivere l'anno
prossimo un'altra avventura?
Con i propri limiti di
tempo e le proprie difficoltà che poi ci porteranno a valutare gli incarichi in
branca, quasi tutti i capi hanno rinnovato la loro disponibilità, con Giovanni
che lontano dai ragazzi per troppo tempo non riesce a stare e quindi riprende a
pieni poteri, solo Daniele è titubante e Stefano, valutate le difficoltà l'anno
trascorso, essenzialmente per problemi di lavoro, declina la responsabilità
della branca ed è fermamente desideroso di mantenere una vita di Coca e di capo
a disposizione. Alla prossima puntata sapremo anche i "conduttori" di
trasmissione, per ora un "buona strada" per le avventure che ci aspetteranno
durante l'estate nei vari campi e route. Grazie al Signore che ci è stato sempre
vicino, anche quando non ci siamo accorti della sua amorevole presenza e anche
quando presi dalla stanchezza ci ha portato in braccio senza che noi glielo
chiedessimo. Chissà se avesse fatto verifica in Coca con noi !
dal diario di
Francesco Assistente
VITA DI FEDE
Quale rapporto tra la vita e la fede dei capi?
Se per tutti l'integrazione fede-vita è un processo
continuamente in atto, per molti capi, specie se giovani, spesso si presenta in
modo problematico: il giovane è, appunto, giovane, il suo “vissuto” è ancora
provvisorio (è uno studente, non è ancora sposato, dipende anche economicamente
dalla sua famiglia ...). Questa provvisorietà rende particolarmente difficoltoso
il processo di integrazione, specie nella nostra società, in cui i modelli sono
alti e contraddittori rispetto alla proposta cristiana.
È fondamentale quindi che la Coca (senza diventare il
“grande fratello”!) offra al capo dei modelli positivi, riusciti, di
integrazione fede-vita, ricercandoli al proprio interno, ma anche all'esterno,
nella parrocchia, nel quartiere o nel paese.
dal diario di Onorato
LA STRADA DELLE EMOZIONI: UNA STRADA DELLA FEDE
Serata di preghiera di coca in chiesa.
Abbiamo utilizzato i simboli del fuoco e dell'acqua in
chiesa. I simboli sono la strada delle emozioni. Il buio della chiesa, la
candela che concentrava l'attenzione, gli altri gesti che abbiamo usato. Anche
se siamo adulti smaliziati, visto che questi simboli li usiamo per i ragazzi, si
vedeva che eravamo presi dall'atmosfera, dalla situazione e dal significato dei
simboli. Siamo catechisti che si lasciano coinvolgere, e questo è bene. Si
vedeva guardando la faccia assorta dei capi durante la serata di preghiera.
Molta fede passa dal cuore oltre che dal cervello, è incontro di persone, di
animo e non solo di cervello. Io la fede l'ho incontrata nelle persone che ci
hanno giocato la vita ed è questo che mi ha influenzato. Ieri si vedeva bene nel
silenzio della chiesa. L'importante che non sia un fuoco di paglia. Ma a volte
questo fuoco di paglia accende fuochi molto duraturi e che segnano la vita. Sono
semi. Ci penserà il Padreterno a farli fruttificare. Noi gli diamo una mano, con
i mezzi che possiamo.
dal diario di Paola
LA REVISIONE DI UNITÀ IN COCA
Verifica delle unità.
Stasera l'abbiamo pensata diversa. Abbiamo pensato che doveva emergere, più che
lo stato di attuazione del programma di unità, lo stato dei rapporti tra le
persone che conducono l'attività e tra esse e i ragazzi. Abbiamo previsto la
possibilità di dialogare poi serenamente sulle difficoltà e sulle opportunità
emerse, individuando insieme piccoli accorgimenti che possano migliorare le
situazioni e le relazioni esistenti. Questa centratura sulle relazioni ci è
parsa opportuna, perché spesso sono proprio le difficoltà in questi rapporti a
rendere problematico il lavoro educativo e a non farlo incidere in profondità
nella crescita dei ragazzi.
Questo lo schema di ieri
sera
Rapporti interpersonali nello staff e nell'Unità
· Clima generale tra i Capi
· Rapporto coi Rover - Scolte in di servizio
· Rapporto staff - ragazzi
·
Rapporto dei ragazzi tra loro
Per ogni punto: aspetti
positivi, aspetti problematici e possibilità di superamento, eventuali proposte
innovative.
Lavoro educativo
·
Esperienze particolarmente positive o negative
· Punti
problematici
· Eventuali proposte per il
futuro
LE ENTRATE E LE USCITE DALLA COMUNITÀ CAPI
è bene sapere chi è chi entra in coca e cosa potrebbe
fare
è meno doloroso non far entrare che far uscire.
dal diario di Paola
ENTRATE DEI CAPI
Ha detto Eccio che uno dei catechisti vorrebbe entrare
in coca a fare servizio. È partita la discussione. Se una persona dice che vuole
entrare, significa che chiede di entrare per fare scoutismo con i ragazzi, per
stare con noi in coca per fare un servizio educativo, per fare un'esperienza di
comunità e di fede. Non sempre quelli che chiedono di entrare sanno di cosa si
tratta, specialmente riguardo alla difficoltà e alla quantità di tempo e di
impegno che richiede il servizio con i ragazzi. Inoltre, ogni nuova entrata
ridisegna i rapporti interni della coca. È un fatto di cui si dovrebbe tener
conto. Il problema importante è il dosaggio nella quantità e nella qualità. In
questo momento non sono entrati altri extrassociativi e questa parte del
problema è risolta. Noi pensiamo che sia un errore madornale far entrare assieme
un grosso gruppo del clan o troppi extrassociativi in un unico momento. Ogni
persona ha bisogno di un tempo di acclimatamento e quindi di accoglienza
personale che non può essere fatta se le entrate sono state troppo numerose. La
stessa cosa capita alla coca, che non può fare un'indigestione di nuovi volti,
pena lo snaturamento o la nascita di attriti o di gruppetti che si difendono
dalle nuove entrate aumentando la coesione e l'amicizia esclusiva.
Noi facciamo così.
Modalità di entrata nella coca: un itinerario
possibile
· qualcuno propone l'entrata di una persona in Coca
· parte il lavoro del capogruppo, che raccoglie tutte le
informazioni possibili
· se le prime notizie sono buone,
il capogruppo incontra la persona e fa un "contratto" con lei. La proposta è di
un periodo di partecipazione libera da impegni immediati, ma con un programma di
piccole esperienze con i ragazzi, di studio di testi e di partecipazione alle
riunioni di Coca.
· dopo questo si deciderà assieme se
si deve continuare l'esperienza con una scelta chiara di ambedue le parti.
Questa scappatoia è importante e possibile tra adulti. Bisogna lasciarsi la
possibilità di rompere il contratto se ci accorgiamo che la persona non è adatta
ad educare e a stare in Coca
· identificazione dei
possibili ambiti di servizio: si accoglierà solo se in seguito si pensa di
dargli un effettivo compito educativo.
· la persona si
affaccia alla Coca dopo che il/la Capogruppo ha dato le sue impressioni sul
colloquio. Questo si applica anche per gli associativi.
· Si identifica un tutor, che di solito è la persona che lo
conosce e che l'ha presentata che lo segue e lo accoglie
· una volta entrata la persona, il capogruppo continua il
rapporto per dare sostegno, definire rapporti, migliorare l'appartenenza e la
coesione e anche per valutare insieme con tutta la Coca
· un criterio diventa, oltre che le oggettive capacità
educative dimostrate, anche la chiara ed espressa adesione al Patto
Associativo
· dopo che è passato il periodo di verifica
concordato, di solito un quadrimestre, ci si incontra con i capigruppo e si
decide con la persona se deve rimanere o no. Se è sì è una capo della nostra
coca e diventa un tirocinante.
dal diario di Onorato
LA MANCATA PARTENZA E IL BUON VICINATO
Cinque ragazzi del clan chiedono di entrare in coca.
Hanno preso la partenza e hanno deciso di fare il loro servizio
nell'associazione. Noi ci dobbiamo chiedere se ognuno di loro sarà capace di
essere un educatore. C'è anche un rover che viene da un altro gruppo. Occorre
che telefoniamo al suo capoclan e al capogruppo per chiedere consiglio e
impressioni. Per noi è importante mantenere i rapporti di correttezza con i
gruppi scout di provenienza, specialmente nei casi dubbi, specialmente se una
Coca non l'ha accettato o un clan non gli ha dato la partenza. Se qualcuno non
ha preso la partenza è bene andarci piano e chiedere ulteriori spiegazioni e
tempo. Questo non significa che chi tempo fa non ha preso la partenza non potrà
mai entrare in coca come capo. Significa solo che occorre verificare se le
ragioni per le quali la partenza non è stato data o non si è presa sono state
superate completamente
dal diario di Paola
IL CLAN E IL MERCATO DELLE VACCHE
C'è una regola ferrea da noi che è diventata una
tradizione: si evita in tutti i modi l'accaparramento dei rover prima e dopo la
partenza, perché diventa un modo gravissimo di interferire nel rapporto
educativo con i capiclan. Quindi è vietatissimo proporre ai ragazzi del clan
servizi futuri nelle unità. Noi facciamo passare un certo tempo prima di far
entrare in coca i ragazzi che hanno preso la partenza. Serve per fare in modo
che la scelta sia più ponderata e non automatica. C'è il rischio di perderli, ma
forse se capita questo, significa che era meglio così. Questa è una scelta su
cui stiamo ancora discutendo, per vedere i vantaggi e gli svantaggi di questa
scelta. Io penso sempre che sia saggia. Se la coca è per cambiare si cambierà,
anche se non sarò d'accordo.
LE NUOVE ENTRATE
· Pensare alla cerimonia entrata dei nuovi.
· Pensare come fare a creare il clima.
· Elenco gesti di accoglienza
·
Elenco simboli da usare
· Cambiamenti negli staff: come
preparare l'accoglienza e far vivere la cosa.
dal diario di Paola
LE DOMANDE ASSURDE E LA CULTURA DI LASCIARE
ENTRARE
A volte mi faccio domande assurde, ma forse sono proprio
quelle che ci servono davvero. Ogni volta che entra qualcuno in coca, sono due
culture e due forze che si incontrano. Quella del voler entrare e quella del
lasciare entrare. Una persona che entra da noi incontra l'affiatamento della
coca, la sua coesione, i suoi usi e costumi e le sue regole. Non devono
intimorire chi si affaccia, e chi entra deve avere l'umiltà e la voglia di
chiedere. C'è poi da valorizzare quello che una persona sa fare o meglio ha
fatto come servizi precedenti. Sono capacità preziose, che non sempre riusciamo
a utilizzare in coca. Come utilizzarle?
Porta anche dei
punti di vista diversi dai nostri. Come farli emergere?
GRUPPO ROSIGNANO 1
Ai giovani Capi
ed Aiuti in servizio
(dedicata comunque anche ai giovani
Capi Unità; e del resto, come le altre, a tutta) Laura, Marco S, Simone M,
Alessandro DB, Simona, Massimo,
Carissimi,
pochi o pochissimi mesi
fa la vostra decisione di entrare in Coca, la chiacchierata preliminare, gli
onesti consigli, la cerimonia di accoglienza e poi via, per la nuova avventura
di servizio, in prima persona, insieme agli altri Capi. Ora un momento di
verifica, anche se già l'Uscita di Sassetta, aveva come scopo principale proprio
quello di rivedere, rifocalizzando le motivazioni del servizio educativo, il
cammino fin qui percorso, da ciascuno e dalla Comunità insieme.
Pensiamo che l'anno "più difficile" per chi entra in Coca
sia proprio il primo: persone nuove da conoscere e da "addomesticare",
l'esperienza con i ragazzi, il metodo da apprendere, il tempo da amministrare
bene (perché poi ci sono gli esami o chi per loro), the Staff's Life and the
Coca Works; la routine da percorrere per la prima volta, qualche delusione,
qualche aspettativa ridimensionata insieme a qualche bella novità inaspettata;
il Campo Scuola, intenso, che svela, chiarisce ed attrezza; le gioie e i dolori
del servizio con i ragazzi; le salite e le discese del cammino insieme; il sole
e la pioggia; la notte ed il giorno; "farsi le ossa" senza rompersele; bene, fin
qua ci siamo.
Poi la strada
solitamente diventa più facile; ci siamo ambientati; si incomincia a scegliere
l'attività migliore tra almeno due; si gestisce meglio il rapporto con i
ragazzi, c'è più equilibrio nel programmare il da farsi; comincia la parte più
"divertente", più snella e piacevole: preparare le attività più adatte e vedere
come i ragazzi rispondono, cosa imparano, osservare come crescono loro e il
Branco o il Reparto; verificare e ripartire; nuove idee, nuove intuizioni; la
soddisfazione di sentirsi "persona significativa", perché ti guardano, ti
ascoltano, aspettano che tu parli e...ti imitano.
Graduatorie non se ne sono mai fatte, né se ne fanno; ma
nessuno se n'abbia a male (siamo tutti bravi al di sopra della media comune) se
tre esempi si fanno, per applaudire e ringraziare, per osservare, per gioirne
insieme e per imitare; uno per classe di età:
Chiara, 24
anni: lavoro impegnativo e non troppo tempo libero, fidanzata (anche se con
bravo ragazzo associativo), Capo Branco da due anni; nomina a Capo; ha
frequentato quest'anno il Corso di Teologia;
Marzia, 26
anni: ha finito appena gli esami dell'Università e prepara la tesi; fidanzata
con bravo ragazzo non associativo; lavora part time; é Capo Reparto da due anni;
nomina a Capo; ha frequentato il Corso di cui sopra;
Letizia, 31 anni: lavora, si é sposata a settembre (e la
vita ti cambia, provare per credere) con bravo ragazzo associativo, é mamma da
cinque giorni (e la vita ti cambia e tanto), dopo una lunga serie di incarichi
in varie branche, quest'anno ha fatto servizio in branco e, soprattutto, ha
rafforzato una Staff che era giovane; viste loro (e tutti gli altri matti che si
sono presi la guida di una Unità), ancora vive, anzi vegete e forti, possiamo
abbandonare ogni paura di impegnarci e di lanciarsi, la meta è quella di vivere
l'avventura del Capo Unità, prendere le responsabilità in prima persona, ed
appassionarsi, divertirsi, provare il gusto pieno di far crescere questi
ragazzetti, a volte con fatica e sudore, sempre con gioia e serenità (e non solo
per una breve stagione).
Grazie e Buona strada
Luca & Gabriele
dal diario di Onorato
LA NOMINA A CAPO DI VERONICA
Mi ricordo che c'è un
vecchio criterio per la nomina a capo in Inghilterra e che ci può servire:
È una persona d'onore?
Conosce il
metodo?
Gli affideresti tuo figlio?
Mi sembrano sempre dei criteri
saggi.
Discussione sulla nomina a capo di Veronica. Lei
ha chiesto alla coca la nomina a capo. Problemi non ce ne sono. Ha superato i
ventuno anni, ha superato bene i campi scuola di Branca Rover e quello di
formazione associativa, sta facendo servizio da più di due anni in branca rover
ed è in servizio in questo momento. Quindi ha tutte le carte in regola perché
passiamo la richiesta alla Zona, insieme con i giudizi dei campi scuola e il
parere favorevole e la presentazione della coca. Veronica è sempre stata una
persona seria, nella scelta e nella vita di fede e nel servizio. Come coca
abbiamo scritto le cose vere: che Veronica si è impegnata con capacità e amore
verso i ragazzi, che ha capacità di lavorare con gli altri, anche se ha qualche
difetto, quando vuole criticare le cose che non le vanno. Abbiamo riletto i
giudizi positivi nei campi, nei quali non c'era niente di sottinteso o da
ripensare sulla sua partecipazione e la sua maturità. Stavolta i capicampo hanno
centrato il giudizio. A volte è capitato che si siano sbagliati, e allora ci
siamo presi noi la responsabilità di esprimere un giudizio positivo,
motivandolo, nonostante un giudizio del campo con osservazioni e critiche. La
maturazione successiva e la situazione eccezionale del campo a volte fa brutti
scherzi a tutti, sia ai capicampo sia agli allievi. Mi ricorderò sempre il
giudizio di fine campo di Macio, che diceva che non era capace di comunicare con
gli altri. Siamo cascati dalle nuvole, visto che Macio, in tutta la Zona, era
l'animatore per eccellenza, la persona che aveva la capacità di organizzare,
impiantare, recitare e cantare un'attività di espressione a livello
meraviglioso. Per Veronica pensiamo che a livello di Zona non ci saranno
problemi o veti. Anche perché Veronica è impegnata nella pattuglia di Branca
Rover, dove lavora bene ed è stimata per il suo impegno e la sua serietà. È
stata l'occasione per la coca e per Veronica di rivedersi e di ripensarsi, anche
nei difetti ma anche nella serietà dell'impegno. Noi vogliamo evitare che la
nomina a capo arrivi quando uno ha finito di fare servizio, che diventi una
specie di onorificenza per chi va in congedo. Da noi cerchiamo di spingere la
gente la finire l'iter abbastanza presto, in modo di poter avere la nomina a
capo intorno ai ventitré, venticinque anni, quando ha davanti ancora,
verosimilmente, alcuni anni di servizio con i ragazzi.
Comunità Capi Mede
I
VENERDÌ 21 GENNAIO 2000
Presenza quasi al completo della comunità capi, ed insieme
abbiamo seguito questo ordine del giorno:
* Ci siamo
trovati in cappella per un canto ed una preghiera, Carlo e Cristina hanno
rassicurato la coca avendo chiarito l'incomprensione di venerdì scorso che aveva
sicuramente scosso il clima dell'intero gruppo
* Alcune
notizie riguardanti la settimana del pensiero: si è valutato che facendo
richiesta alle direzioni delle nostre scuole, sarebbe opportuno invitare
personalmente i ragazzi (elementari e medie) ad una giornata insieme in stile
scout, probabilmente sabato 19 febbraio, mentre resta confermato incontro sul
tema AVVENTURA - fissato per Il 25 febbraio al quale interverrà Stefano Blanco -
responsabile regionale e/g
* Abbiamo poi iniziato a
parlare di metodo in un modo da serata al campo: con un quizzone, suddivisi per
unità e dovendo chiaramente rispondere a domande sulle tre branche. Al di là del
divertimento siamo riusciti al termine ad esprimere qualche idea sul nostro
sapere di metodo: all'unanimità POCO - a volte MOLTO POCO - specialmente per
quanto non riguarda la branca in cui si fa servizio.
*
A tale punto si è stabilito di proseguire il lavoro prendendo in esame alcuni
aspetti che possono essere discussi interbranca, in un primo incontro sarà
proposta dai capi gruppo la modalità di lavoro e di riflessione, mentre per gli
incontri successivi ogni staff si farà promotore e animatore di COCA
dal diario di Paola
LA PORTA CHE SBATTE. LE USCITE DALLA COCA
Ieri sera
abbiamo salutato in maniera gioiosa chi finiva il servizio e se ne andava. Il
messaggio che abbiamo dato era quello che la porta era sempre aperta per loro.
Io ripensavo al perché un capo se ne va dalla coca. Ci sono vari tipi di uscite
perché ci sono varie ragioni per le quali si esce dalla coca. I problemi che
suscita un capo che esce dalla coca sono questi:
· è
necessario approfondire le ragioni vere
· il problema
della sostituzione: chi trovare e come, specie se l'uscita dalla coca non si era
prevista
· come dirlo ai ragazzi e organizzare il
passaggio all'altro capo
· come presentare la cosa ai
genitori e la presentazione del nuovo capo ai genitori
·
avvertire del cambio la parrocchia o altri che avevano contatti con l'unità o lo
staff
· come continuare il rapporto personale con il
capo, se possibile
QUANDO UN CAPO ESCE DALLA COCA
Per me, quando un
capo dice che esce, il problema più importante è quello di trovare la maniera,
specialmente con il dialogo interpersonale, di approfondire le ragioni vere
dell'uscita dalla coca, che spesso sono espresse come ragioni di impegno
personale, di studio o di famiglia, come succede per i ragazzi, ma molto più
spesso coprono dei problemi di stanchezza, problemi nei rapporti o delle
insofferenze per l'andamento della coca o il livello della proposta o
l'interesse e la convinzione per le scelte. È importante pensare anche alle
uscite dalla coca tranquille, perché sono state annunciate da tempo e quindi
programmate. Questo si ottiene solo se abbiamo l'abitudine alla programmazione
triennale delle forze e a pensare a come sostituire per tempo coloro che hanno
detto che lasceranno le unità. Anche perché non si può tirare troppo la corda.
Quando un capo unità ha fatto servizio per più di quattro, cinque anni nella
stessa branca, ha bisogno di un anno sabbatico o comunque di cambiare branca e
di prepararsi a questo nuovo servizio. A livello statistico si comprende che la
formazione metodologica è uno strumento importante per rimanere in coca. Da noi
chi finisce l'iter dura di più. Forse la stessa cosa succede negli altri
gruppi.
LA CULTURA DEL RINGRAZIARE
Ieri abbiamo salutato i
capi che se ne vanno quest'anno e finiscono il loro servizio. Occorre introdurre
nella nostra coca la cultura del ringraziare. Da noi non si usava ringraziare
chi è stato con noi per tanto tempo e ha fatto un lavoro educativo con noi. È
stata una mia idea. Per chi esce si fa una festa, si lascia uno spazio in cui
non c'è nulla di altro, solo il tempo del saluto e del ringraziamento, senza
altri programmi della serata. Noi abbiamo organizzato la cena in sede e una
serata dedicata solo a questo. Ha funzionato bene e le porte sono rimaste
aperte, perché nessuno le ha sentite sbattere.
GRUPPO ROSIGNANO 1
Lettera aperta della Comunità Capi (alle persone che
entrano in coca)
La Co. Ca. accoglie le persone che
scelgono di fare un servizio educativo orientato verso specifici valori (vedi
Legge, Promessa, Patto Associativo) tramite il Metodo Scout ed un Progetto
Educativo.
È un'occasione di crescita personale di ogni
Capo indirettamente in quanto crea realtà educative (le Unità) e direttamente
tramite attività di formazione permanente degli adulti.
Ogni Capo è consapevole della necessità di una specifica
competenza nel Servizio che svolge e quindi è tenuto a seguire l'iter di
Formazione Capi proposto dall'A.G.E.S.C.I. (Campo Scuola di Formazione
Metodologica, tirocinio, Campo Scuola di Formazione Associativa) nel più breve
tempo possibile dall'entrata in Coca compatibilmente con la situazione
personale.
Il Capo è consapevole della necessità di
orientare e progettare la propria crescita, quindi ogni anno in settembre,
presenta alla Coca il proprio Progetto del Capo mettendolo a disposizione di
tutti in modo che ciascuno diventi partecipe e responsabile del Progetto degli
altri.
Ciascun componente la Coca è corresponsabile
delle attività e del clima all'interno della Coca.
Un
Capo è in Coca per svolgere principalmente un servizio educativo in
Associazione; di conseguenza a ciascun capo può essere richiesto di assumersi la
responsabilità di una Unità.
L'organizzazione di un
servizio extrassociativo può essere affidata per un periodo di tempo limitato
(1-2 anni) a un Capo che ne cura anche l'aspetto educativo e formativo nei
confronti della Coca e specialmente del Clan.
Ai Capi di
provenienza extrassociativa, dopo un tempo massimo di sei mesi, viene chiesto di
fare un'esperienza di servizio in Associazione con il supporto della Coca. e/o
un Campo Scuola.
La Coca. è interessata a mettere la
propria competenza a disposizione dell'Associazione organizzando eventi
educativi (R.O.S.E.A., Campi Scuola, Campi di Specializzazione) ed il singolo
Capo e svolgere servizio come Quadro Associativo.
La
Coca sceglie di proporre a quante più persone sia possibile la propria proposta
educativa; è suo interesse creare nuove Unità specialmente nelle realtà di
maggior bisogno.
Il censimento in Coca è conseguente
alla condivisione ed alla osservanza di questi impegni.
La Comunità Capi
dal diario di Onorato
VERIFICA DELLA COCA SULLA PARTENZA
Discussione sulle modalità della partenza nel nostro
gruppo. Alla fine ci siamo confrontati su questo questionario.
Idee per un questionario di discussione
· chi decide per un rover che è giunto il momento di
prendere la Partenza?
· la Partenza viene data o viene
presa?
· che collegamento c'è fra la progressione
personale e la Partenza?
· come è strutturata la
progressione personale nella branca rover?
· a che età
viene data la Partenza da noi? C'è un limite massimo o minimo? Perché?
· quali sono i criteri, le scelte secondo le quali si pensa
che ad un r/s si possa dare la Partenza?
· che
importanza ha la scelta cristiana nella Partenza?
·
l'appartenenza alla chiesa è necessaria per prendere la Partenza?
· come viene valutata la scelta e la pratica del servizio
(associativo ed extra?)
· quanto è vissuta e discussa in
Comunità Capi la Partenza dei rover?
· esiste nelle
attenzioni educative delle altre branche un'attenzione ai valori della Partenza?
Se sì come viene vissuta? Se no come ci pensiamo?
· dopo
quanto tempo la Comunità Capi decide che per il partente che ne ha fatto la
richiesta è giunta l'ora di entrare in Comunità Capi? Perché? Una persona che
pur essendo stata in r/s e non ha preso la Partenza può entrare in Comunità
Capi?
· ci sono stati attriti e contestazioni nelle
varie decisioni per la Partenza?
· che importanza ha
l'uscita dal Clan per i Capi r/s, per la Comunità Capi, per i ragazzi?
· che cerimonia contraddistingue la Partenza?
· che cerimonia contraddistingue l'uscita?
· qual è il ruolo del r/s durante la Partenza?
dal diario di Paola
E QUANDO ESCONO I RAGAZZI? SIMONE È USCITO
Lo staff eg ha raccontato che Simone è uscito dagli
scout. Diceva che non ce la faceva a fare gli scout, che non aveva tempo e
andava male a scuola. Allora anche i suoi genitori hanno deciso di farlo uscire.
Abbiamo deciso di utilizzare del tempo per ripensarci. Infatti, l'uscita di un
ragazzo deve essere occasione di ripensamento per tutta la Comunità Capi, oltre
che per l'Unità. Non dobbiamo e non possiamo accontentarci delle spiegazioni
semplici, perché spesso nascondono problemi che non si erano visti. Abbiamo
detto che bisogna andare a fondo e superare certamente il livello delle
spiegazioni del ragazzo stesso o della famiglia. Ogni uscita dall'unità
significa che qualcosa non andava e quindi bisogna metterci il naso in maniera
più profonda. Diventa occasione per vedere errori o disattenzioni che è bene non
ripetere. Anche perché ogni uscita diventa una sconfitta se non abbiamo fatto
tutto il possibile.
Ci siamo domandati se verso Simone
erano stati fatti degli atti di violenza morale o fisica o psicologica di cui
non ce ne eravamo accorti. Ci sono ancora alcune tradizioni di totemizzazione o
altre simili che esistono nelle Unità, specie nei Reparti a livello della
squadriglia. Sono situazioni da chiarire in Comunità Capi e da combattere
decisamente. Io e Onorato abbiamo chiarito ai Capi le loro responsabilità e la
necessità dell'attenzione riguardo a questo punto. A volte si verificano
situazioni di violenza all'interno delle Squadriglie senza che i Capi sappiano
nulla di quanto sta succedendo. Lo veniamo a sapere solo quando ci sono delle
uscite di ragazzi o le rimostranze dei genitori. È chiaro quindi che, non solo i
Capi devono creare un clima in cui l'aggressività e la violenza è assolutamente
inconcepibile, ma anche le attività devono favorire il clima di collaborazione
anche per l'ultimo arrivato della Squadriglia. È chiaro anche che se nelle
attività o nelle gare si porta all'eccesso la voglia di competizione, chi fa
perdere la squadriglia rischia di essere soggetto a violenze e a umiliazioni.
Ragioni delle uscite dei ragazzi?
Le ragioni che i ragazzi dicono sono di solito legate al
fatto che hanno altro da fare, sport, studio ecc. La maggior parte delle volte
sono difficoltà che hanno trovato nei rapporti interni con i ragazzi o con i
Capi, oppure è arrivato il momento di noia delle cose fatte sempre uguali e che
arrivano a non interessare più. Il momento più difficile è il momento del
passaggio da una Branca all'altra. Ci dobbiamo stare attenti nelle nostre unità.
Questo è il momento più delicato e in cui bisogna fare in maniera che le cose
vadano nel miglior modo possibile e stando molto attenti all'atteggiamento di
accoglienza. E' un passaggio tranquillo, che funziona bene se l'abbiamo
preparato prima con una serie di attività comuni. Questi non sono solo problemi
delle Branche ma anche del Capogruppo.
Perché esce un ragazzo? Cosa risponde se qualcuno
glielo chiede?
· Perché mi annoio
· Perché non mi
diverto, si chiacchiera troppo e si gioca poco
· Si sta
sempre in sede
· Si fanno sempre le stesse cose
· Tanti discorsi e poche attività
·
Ho altri impegni (scuola, studio, sport)
Cosa ti piaceva di più?
· Le uscite
· I campi
· La strada
· I pernottamenti fuori
casa
· Stare con gli altri ragazzi
Noi c'entriamo, il nostro gruppo,
le nostre unità non c'entrano con questi discorsi? Che sia ora di inventare
qualcosa di travolgente nelle unità? Qualcosa che un ragazzo non dimenticherà
mai nella vita?
dal diario di Paola
HANDICAP E COCA
Ruggero lo conosciamo tutti. È entrato da lupetto da noi
e ora ha preso la partenza. Quello che poteva fare l'ha ottenuto e ora è uscito.
Gli abbiamo dato anche la partenza. Solo che per lui gli scout erano l'unico
mondo, gli unici amici. Spinto dai genitori ha chiesto di entrare in coca. I
genitori dicono che possiamo affidargli degli incarichi operativi. Il suo babbo
ci ha proposto che avrebbe seguito con lui il magazzino, purché lo accettassimo.
Tutte le esperienze che abbiamo fatto di inserirlo in ambienti extrassociativi
si sono rivelate fallimentari per lui. La situazione è che adesso è solo e
gironzola intorno alla sede. Anche gli amici del clan che aveva e che sono
entrati in coca, adesso hanno poco tempo per stare con lui. E poi loro anche le
fidanzate e l'università.
Io penso che non deve entrare
in coca, perché in coca ci deve entrare chi ha la capacità di essere educatore.
Sarà compito mio dirlo al babbo, che prenderà un'altra umiliazione anche dagli
scout.
Con Ruggerino qualcosa di grosso l'abbiamo
sbagliato. Cosa?
dal diario di Francesco
Assistente
LE CARATTERISTICHE DI UN CAPO
Mi sono chiesto quali erano le
caratteristiche che vogliamo per un capo educatore per essere in AGESCI:
· deve aver fatto la scelta di fede e testimoniare con la
vita le sue scelte di fede;
· deve essere sessualmente
risolto;
· deve avere un lavoro (si intende anche essere
uno studente motivato)
Questi
tre punti sono l'obiettivo da raggiungere (si è persone sempre in cammino) e non
può essere il filtro da applicare rigidamente alle realtà delle nostre comunità
capi.
NODI
Si può mantenere in servizio come capo una persona che:
· si vede che la sua scelta di fede continua ad essere
superficiale e va a messa solo quando è in servizio con i ragazzi?
· all'università non dà esami con la scusa del servizio
negli scout?
· ha una situazione personale non
proponibile per i ragazzi? O convive o altro?
Dal diario di ...
22\1\ 2009 ore 24.00
Questa sera,
dopo la riunione di Coca ho avuto una conferma, Giuseppe e Ludovica, i capi
reparto, Scout e fidanzati da sempre, convivono!
Non
riesco ad essere tranquillo…non capisco perché due capi che hanno scelto di
testimoniare nel servizio la loro scelta di fede siano giunti a questo passo… ma
la cosa che più mi fa rabbia è che io non l'abbia saputo da loro e nessuno me
l'abbia confidato. Credevo, in qualità di Capogruppo, di rappresentare
qualcosa….ma non è così.
24\1\
2009 ore 23.00
Sono stato l'ultimo a saperlo. Tutta la
Coca ne era a conoscenza. La cosa è di dominio pubblico, anche tra i genitori la
cosa è risaputa (il paese è piccolo e la gente mormora!) Sono proprio un pirla
di Capogruppo. Tutti aspettavano che la patata la sbolognassi io; pensavano che
io non potevo non sapere!
25\1\2000 ore 23.15
Ma Giuseppe e
Ludovica possono continuare a fare i capi reparto?
Credo proprio di no! Che faccio?Sarà bene confrontarsi con
Don Ignazio parroco ed A.E. di Gruppo.
26\1\2000 ore 23.00
Ho parlato con
l'A.E. Sapeva già tutto! mi sono incasinato ancora di più tra prediche, discorsi
e filippiche sullo scoutismo che non forma più. Prendo la decisione di
affrontarli direttamente.
27\1\2000 00.30
Questa sera mi sono
presentato senza preavviso a casa di Ludovica e Giuseppe. Grande meraviglia !
molto imbarazzo reciproco.
28\2\2000 ore 24.00
Questa sera
Giuseppe e Ludovica dopo un leale confronto in Coca hanno maturato la scelta di
lasciare il gruppo senza polemiche e strascichi. Prevedo logici contraccolpi
sull'unità, sulla CoCa e su tutto il resto del Gruppo.
Domande a voce alta:
Che cosa è
logico fare :- Se un capo va a convivere?Se un capo si lega ad una persona
divorziata?Se un capo si divide da sua\o moglie\marito?
Dove finisce il rapporto amichevole tra capi e dove
cominciano i regolamenti e lo statuto? Il patto tra scout gentiluomini, è chiaro
a tutti che comprende anche e soprattutto paletti di ordine etico e morale?
Decido di addormentarmi, mi aspetta una giornata faticosa
di lavoro…Forse ha ragione don Ignazio.
dal diario di Paola
I GIOVANI E LE PAURE
Parlando con Francesco, che è entrato da poco dal clan,
capisci che i suoi problemi che aveva nel clan non si sono risolti entrando in
coca. Si impegna in una miriade di cose e dedica frammenti del suo tempo a tutte
le diverse attività. Inoltre, ha ancora paura di assumersi delle responsabilità.
Vuole essere l'aiuto di Lucia nel branco ma non se la sente ancora di fare
veramente il capo unità.
Cosa fare?
Quando mi rapporto con i nuovi ragazzi entrati dal clan in
coca, mi impongo sempre di evitare i giovanilismi e gli autoritarismi, che
creano barriere insormontabili nel rapporto.
La cosa da
evitare è di portare in coca giovani che entrano "perché gli amici sono negli
scout". Quanti ragazzi che hanno fatto servizio extrassociativo hanno smesso
perché gli mancava il sostegno di una comunità! Ma allora abbiamo come capi
gente che non sa guidare la propria canoa?
Sono i tempi
nuovi da accettare? Cosa fare?
dal diario di Onorato
IL TIROCINIO E IL TIROCINANTE
Da noi si fa così:
· Il
tirocinio inizia con l'entrata in comunità capi (prima si faceva iniziare dopo
il campo di formazione metodologica) e dura circa un anno.
· Nell'anno di tirocinio deve essere contemplata la
partecipazione al campo di formazione metodologia (preferibilmente all'inizio
del servizio), agli eventi associativi (assemblea, convegno, riunioni regionali
e zonali di branca...) e agli specifici incontri predisposti per i tirocinanti
della Zona, o dalla regione.
· Confronto con la comunità
capi e con lo staff sulle difficoltà.
Verifica finale a tre componenti:
personale del tirocinante;
· in
comunità capi, specialmente con i capigruppo e assistente ecclesiastico;
· in Zona.
· Conclusione,
possibilmente con un segno evidente (cerimonia, festa)
I NODI
· individuare delle regole per
tutti i tirocinanti?
· indicare un cammino
personalizzato per ciascuno?
· Come stimolare alla
partecipazione?
· Come verificare l'andamento del
tirocinio;
· Come farsi portavoce presso la Zona e la
regione delle esigenze dei tirocinanti;
· Come non
considerarlo solo un adempimento burocratico;
· Come non
ricercare scadenze rigide.
dal diario di Paola
AFFACCIARSI E NON CADERE DALLA FINESTRA
Ho
ragionato su cosa significa quando diciamo ad una persona di affacciarsi in
coca.
Le persone che chiedono di partecipare ad una
riunione di comunità capi sono prevalentemente di tre tipi:
“curiose”, quelle cioè che non sanno niente dello scoutismo
ma che sono attratte da questo mondo;
"titubanti":
quelle che vorrebbero impegnarsi in un'attività educativa ma che temono la
gravosità dell'impegno in Associazione;
“determinate”,
quelle che invece conoscono lo scoutismo e che costi quel che costi si
impegneranno.
Tutto il trucco sta nel fare in modo che
quelle che ci interessano diventino tutte determinate. E l'altro trucco è quello
di far affacciare solo quelle che ci interessano.
MAMMA ELEONORA
Ieri sera in coca si è affacciata
Eleonora. È una mamma in gamba che pensiamo che possa diventare un vero aiuto
come educatrice. Le abbiamo chiesto di affacciarsi in coca, per vedere se la
cosa le può interessare. L'abbiamo vista quando cucinava alle vacanze di branco.
È chiaro che l'abbiamo invitata in una serata che pensavamo le potesse
interessare. È un trucco di banale buon senso.
NODI
Cosa fare quando un capo ha
difficoltà nella esperienza di fede?
Qual è il limite di
tolleranza?
dal diario di
Onorato
VOGLIO UNA DONNA! LA PRIMA VOLTA
Quando una persona
si affaccia in coca, la cosa importante è il tempo della digestione mentale. Non
occorre mettersi sull'albero a invocare: Voglio una donna! Come in Amarcord. Le
persone non devono sentirsi soffocate dal bisogno che abbiamo di capi.
Altrimenti il fidanzamento si rompe subito, perché si sentono il fiato sul
collo.
Ci sono persone a cui è rivolta la proposta, a
cui è chiesto di partecipare almeno una volta. Per ognuna di queste persone c'è
la prima volta, la prima riunione di comunità capi: per alcuni non ce ne sarà
un'altra, per altri sarà la prima di una serie interminabile. Dobbiamo ricordare
che «la prima volta non si scorda mai». Da questo incontro dipende l'immagine
dello scoutismo che rimane impressa nella persona che per la prima volta
partecipa ad una riunione di comunità capi. La prima volta deve essere una
festa... chi non resta continua a camminare con un'altra compagnia. Chi rimane è
in comunità capi, accetta il contratto ed inizia il suo tirocinio. Per la
comunità capi e per lo staff è un nuovo capo da accogliere: nuova persona, nuove
esigenze (a cui dare risposta), nuovi contributi che sono a pari di quelli che
provengono da capi “di maggior esperienza”: non esistono i capi di serie A e
B.
Comunque la prima volta e anche le volte successive
sono all'insegna del rispetto e della lealtà tranquilla, lasciando che siano le
persone stesse a proporre cosa fare man mano che capiscono di cosa si tratta.
LA PROMESSA DI FRANCESCO
Noi usiamo che chi non ha
fatto la promessa scout, anche se è un capo, la fa. La promessa di Francesco è
stata molto toccante. Essendo extrassociativo, non l'aveva ancora fatta. È
migliorato da quando è entrato ed era ancora incerto sulle sue scelte e aveva
tutte le paure del mondo. Ogni giorno che passa ha preso sicurezza nelle sue
competenze e nelle sue capacità. La sua promessa l'avevamo preparata bene e
l'abbiamo fatta all'uscita di coca. C'è stata un momento di silenzio e di
preghiera e la cerimonia l'avevamo curata bene, pensando ad un adulto e non a
dei ragazzi.
Prima di questo momento abbiamo valutato la
sua esperienza di tirocinio. Questo momento l'avevamo concordato nel contratto
iniziale, quando ci eravamo incontrati prima che entrasse in coca. Ci saremmo
detti a vicenda se ci eravamo piaciuti come momento di verifica della sua
esperienza iniziale, tenendo sempre conto della strada da fare per diventare un
buon capo. Il clima era sereno e tranquillo. Bisogna evitare che la comunità
capi appaia talvolta come un vero e proprio tribunale e non sembri per niente
felice di accogliere le persone nuove.
Con Francesco
abbiamo fatto una scelta nuova. Prima passava molto tempo prima che avesse
contatto con i ragazzi. Ma era una scelta perdente. Non si può mettere un adulto
in ascolto per un anno intero o per lunghi tempi: quell'uomo o quella donna non
sono venuti per essere un uditore. È pur sempre vero che occorre valutare (che
non è giudicare) le persone che entrano, perché potrebbe essere rovinato da un
capo il più bel momento nella vita di un bambino/ragazzo/giovane. Un criterio
quasi oggettivo per valutare una persona potrebbe essere "affiderei i miei figli
a Francesco, magari fra qualche anno e con qualche esperienza in più?". Veronica
è stata il suo tutor, che l'ha aiutato nella conoscenza del metodo e della vita
associativa. Al solito il nodo è la scelta di fede, perché si può essere
educatori in Associazione solo se si è alla sequela di Cristo. Di strada
Francesco ne ha fatta e ne deve fare.
dal diario di Francesco Assistente
LA COMUNITÀ CAPI E IL PATTO ASSOCIATIVO
[???]
NODI
· come organizzare una serata sul patto associativo con i
nuovi entrati?
· come passare da un'adesione formale al
patto associativo ad un'adesione convinta e vissuta?
·
Si può verificare la scelta di fede? Come?
dal diario di Francesco
Assistente
CERIMONIE DI
ACCOGLIENZA E PROMESSA
[???] DA
NOI DI USA COSÌ
Una primo tipo
di cerimonia è un gioco giocato sul patto associativo o se comunque non è un
gioco è pur sempre un momento di festa.
Un secondo tipo
di cerimonia è: il nuovo entrato si presenta davanti alla comunità capi riunita
in clima di preghiera e nella penombra. Ha la sua candela in mano accesa. Arriva
di fronte alla comunità capi e il capo gruppo porge il proprio benvenuto. Viene
letto un brano della Parola di Dio e a seguire il nuovo entrato accende a tutti
la candela (ognuno ha in mano la candela del proprio ingresso in comunità
capi).
PALETTI
ACCOGLIENZA IN COMUNITÀ CAPI DEI RAGAZZI PROVENIENTI
DAL CLAN
· prevedere una preparazione all'ingresso in Comunità Capi, come
momento ben separato da quello della Partenza. Far passare un tempo giusto.
· Prevedere solo momenti generali, mai rivolti a singole
persone, come occasioni di contatti di conoscenza Clan - Coca (ad es. vivere
insieme il Triduo Pasquale), un incontro annuale dei Capi Gruppo coi R/S di
presentazione del servizio educativo in associazione.
·
favorire la partecipazione alla ROSEA
· prevedere il
primo contatto con un componente la direzione di Gruppo (Capi Gruppo,
Assistente).
· Prevedere un contatto "leggero", per
affrontare il discorso educativo in Agesci come possibilità di servizio, con
possibilità di dialogo con gli altri capi.
dal diario di Onorato
L'INCONTRO CON VALERIA
Valeria vuole entrare in
Coca. Viene dal clan ed è in gamba. Le ho dimostrato che sono contento della
scelta, e le ho chiarito un po' i termini e gli impegni del servizio in
associazione. Ho cercato di capire quali erano le sue motivazioni e quali le sue
aspettative. Le ho chiarito la necessità di continuità e la responsabilità del
servizio e la necessità di prepararsi. Vedremo cosa dice la coca. Poi fra cinque
mesi ci incontriamo per vedere se le cose sono andate o non hanno funzionato. Se
hanno funzionato tutto bene, se non hanno funzionato, amici più di prima. Ci
rivediamo fra cinque mesi.
È un tempo
sufficiente?
dal diario di Paola
I CAPI UNITÀ DIVENTANO FORMATORI
Mi sembra che
nella nostra coca il trapasso delle nozioni sia faticoso e quasi difficile. C'è
a volte un atteggiamento di stanchezza nei confronti di quelli che devono
imparare, perché questo comporta più tempo per spiegare, per far vedere, per far
vivere. A volte è più semplice e veloce farsele le cose.
Come fare a passare l'idea che i capi devono diventare dei
formatori?
I Capi devono prendere la mentalità di
formatori dei Capi più giovani o comunque dei Capi che hanno una minore
esperienza e cominciano adesso il loro cammino di educatori. Questa idea da
passare è un compito fondamentale di noi capigruppo, che però ci scontriamo con
la mentalità diffusa di non essere capaci di trasmettere bene quello che
sappiamo fare. La strada è quella della corresponsabilità.
dal diario di Onorato
IL BABBO DEI CAPI
È un dato di fatto che i capi
della coca sono stati con me in clan. E questo mi comporta il pericolo che io li
tratti da figli e loro mi trattino da babbo, magari un po' rincoglionito.
Un pericolo da evitare è l'atteggiamento paternalistico,
specialmente quando ci sono Comunità Capi con la presenza di Capi con grande
esperienza e anzianità, nel quale il Capo più anziano si sente Capo del Capo più
giovane, che è stato suo Lupetto o suo Rover. Da noi ci sono io in questa
posizione e un po' anche Veronica, che è stata un po' di tempo con me nel
clan.
dal diario di Paola
NESSUNO È ENTRATO IN CHIESA
Discussione sulla
catechesi e sull'educazione alla fede. Un fallimento? Sembra di sì, se
analizziamo quello che è capitato domenica.
I capiclan
avevano deciso di portare il clan ad assistere alla relazione sulla legalità il
sabato all'assemblea regionale. La domenica mattina alle 11 si doveva andare a
messa in una Parrocchia di Firenze. C'era tutto il clan e c'erano i capiclan.
Veronica ha avuto un'ispirazione e ha detto:
"Alla messa
ci viene chi è veramente convinto!".
Risultato. In
chiesa non è entrato nessun ragazzo. Alla messa hanno partecipato solo i
capiclan e nessuno dei ragazzi.
Al racconto ci siamo
posti un mucchio di domande. Ha fatto bene Veronica a dire quella frase? Allora
anche la messa, insieme con il servizio e la strada, sono una tassa da pagare
per stare negli scout? Appena si può non pagarla si evita? E poi era giusto fare
quella proposta? Alla messa non ci va chi vuole. Fa parte dell'attività che
proponiamo, che è tutta, non da prendere in parte. Ha fatto male Veronica a dire
quella frase? Qualcuno della coca diceva di sì. Qualche altro e i capi del clan
dicevano che era servita per far scoppiare il problema.
Cosa fare?
Si deve ricominciare da
capo e rivedere tutta la nostra proposta, a tutti i livelli. Non ci sono tasse
da pagare da noi! Adesso ci serve proprio l'aiuto di don Francesco,
l'assistente. Stasera era assente, ma il discorso lo riprendiamo completamente e
rivediamo tutto.
Forse è un sintomo di qualcosa
d'altro, in cui la scelta religiosa non c'entra nulla?
FRANCESCO TIROCINANTE E L'AFFIDAMENTO DEL
TIROCINIO
Penso che Francesco trovi in me una persona che lo aiuta
nell'inserimento nella coca. Abbiamo pensato una cerimonia per l'affidamento al
capo unità del tirocinante, in maniera che la cosa sia chiara ed esplicita. È
Veronica, insieme ai capigruppo che segue Francesco.
PALETTI
UNA GRIGLIA DI AUTOVALUTAZIONE DEL TIROCINANTE
Questa griglia di autovalutazione il Capogruppo la può
proporre al Tirocinante e diventa occasione di verifica della Comunità Capi sul
Tirocinante.
sulla propria formazione
· sono innamorato dello Scoutismo?
· ho chiarito la mia vocazione al servizio?
· ho acquisito la capacità di progettare e di
progettarmi?
· la mia scelta di fede esplicita,
partecipata e vissuta?
· vivo i valori e lo stile
scout?
· sulla propria
competenza
· conosco bene il
Metodo?
· ho letto i libri fondamentali della Branca?
· conosco realmente la realtà dei ragazzi?
· riesco a istaurare un buon rapporto con i ragazzi?
· riesco a stimolare i ragazzi ad autoprogettarsi?
· riesco nel dialogo interpersonale con ciascun ragazzo?
· ho verificato bene il Campo scuola?
· riesco a tradurre la teoria nella pratica?
sulla
propria presenza in Associazione
· partecipo attivamente alla Comunità Capi?
· conosco l'Associazione?
·
partecipo alle attività di Zona?
dal diario di Onorato
LA PRESENTAZIONE AL CAMPOSCUOLA
Un momento della
serata l'abbiamo utilizzato per la presentazione di Francesco al Caposcuola. Non
si trattava solo di presentare Francesco al Camposcuola. Occorreva domandarsi,
assieme a lui, quali sono i punti da focalizzare e le domande fondamentali alle
quali il Campo dovrebbe rispondere. Sono obiettivi educativi e cose da imparare,
almeno al campo metodologico che, quanto più sono chiari, tanto più al
Camposcuola possono essere esplicitati e richiesti. Si chiamano le attese del
Campo, ma vanno il più possibile chiamate per nome. La presentazione al campo è
stata un'occasione di verificare con Francesco il suo cammino
nell'approfondimento metodologico e le sue difficoltà, verificando le sue
esperienze nel rapporto con i ragazzi, anche se sono poche. Abbiamo preparato
noi capigruppo una bozza, per non perdere troppo tempo e l'abbiamo messa in
discussione per ogni punto. Abbiamo detto a Francesco di studiarsi, in attesa
del Campo, i testi fondamentali dei lupetti, che servono per capire meglio il
metodo.
Ci siamo anche detti che non bisogna caricare
il campo di attese troppo grandi. È un momento forte e importante, ma non
risolve tutti i problemi. Noi pensiamo che ha significato solo se prima e dopo
il Campo c'è un grosso lavoro di Comunità Capi e il Tirocinio funziona
davvero.
dal diario di Paola
FRANCESCO DOPO IL CAMPOSCUOLA
Francesco è tornato
tutto gasato dal camposcuola, che è andato molto bene. Abbiamo deciso che
Francesco parlerà del camposcuola solo dopo che sono passati almeno trenta
giorni. Questo per dargli il tempo di razionalizzare l'esperienza. Dopo si farà
un incontro per vedere se ci sono cose importanti da modificare.
Nell'analisi del Campo, oltre al fatto emotivo, si
identificano i problemi e gli argomenti non risolti, che si cercherà di
risolvere con altri incontri. Per questo abbiamo ripreso in mano l'elenco delle
attese che Francesco aveva fatto prima del campo con noi. Su quello faremo la
verifica.
Per gli staff e per i Capi Unità è diventato
anche occasione per sapere quelle che sono le nuove tendenze dell'Associazione a
livello Metodologico oppure le esperienze di altri capi, usi e costumi da vedere
di provare o per domandarsi se facciamo bene. In realtà un Campo che non pone
nuove domande alla coca è un Campo che ha funzionato poco. E la coca quindi ha
anche il diritto e il dovere di essere uno strumento di verifica dei
Campiscuola. A volte è bastata una telefonata o una lettera per dare
un'occasione di un ripensamento ai capicampo. La stessa cosa mi aspetto da loro,
se intravedono dei grossi problemi metodologici o di altro genere nella nostra
coca. Qualche letterina ci è arrivata qualche volta, con successive discussioni
e polemiche per l'allievo che l'aveva provocata: comunque serve sempre, per lo
meno per mettere fuori i panni sporchi, e non lavarceli sempre in
casa.
PALETTI
LA TEMPISTICA DEL TIROCINIO
il Tirocinante nel
primo quadrimestre dall'entrata in Comunità Capi:
· ha scelto in quale Unità fare servizio
· ha fatto il progetto di Tirocinio e l'ha presentato alla
coca
· ha scelto il tipo di Camposcuola in relazione al
servizio
· inizia a fare le prime esperienze di
servizio
· partecipa alle attività per i tirocinanti
della zona
il Tirocinante nel
secondo quadrimestre dall'entrata in Comunità Capi
· ha fatto esperienze di servizio
·
ha fatto il Camposcuola che gli dà gli strumenti metodologici di base
· continua il Tirocinio per un anno dall'entrata in
Comunità Capi
· ha fatto e presentato il Progetto del
Capo
· ha fatto esperienze e confronti metodologici in
Comunità Capi e in Zona con altri tirocinanti
· continua
l'esperienza di formazione di Zona
· verifica del
Tirocinio con la Comunità Capi il tutor e il capogruppo
· continua il servizio nell'Unità
·
viene presentato dalla Comunità Capi per il Campo Metodologico
dal diario di Onorato
I GENITORI IN COCA
Si sta pensando di invitare una
coppia di genitori in coca. Stiamo valutando con attenzione le possibilità e le
problematiche per non fare errori. Ci sono dei genitori che hanno i ragazzi da
noi, hanno visto com'è bello quello che stanno vivendo i loro figli e sono
disposti a dare un aiuto al Gruppo. A parte l'attenzione estrema prima di far
entrare, che è propria di ogni nuova entrata, bisogna che teniamo in massima
considerazione anche la variabile figli. La regola fondamentale è quella che i
genitori non fanno mai servizio nell'Unità dove ci sono i loro figli; questo per
rispettare la libertà dei figli, che altrimenti si troverebbero i genitori anche
negli scout. Importante che non entrino in Comunità Capi nella loro veste di
genitori. Entrano come persone che desiderano innamorarsi dello Scoutismo e
quindi diventano Capi. Importante, come al solito, lasciarsi la possibilità di
dire di no, di far uscire la persona anche dopo l'entrata in Comunità Capi, se
si vede che non è adatta o non ha la possibilità reale di un servizio.
I VECCHI ASSOCIATIVI
Piero ha chiesto di entrare.
Ha lasciato l'Associazione da molto tempo ed era Caporeparto nell'Asci. Piero
sarà prezioso se sarà ancora capace di mettersi in discussione e di voler capire
come nel frattempo l'Associazione è cambiata. Per questo gli abbiamo proposto di
leggersi le riviste e di partecipare al Campo Metodologico. Pensiamo che sia
importante che non ci siano in coca vecchi elefanti o intrusi, senza un incarico
preciso. Ha detto che farà i fine settimana metodologici. Lo vedremo in azione:
sappiamo già che con i ragazzi è molto bravo.
COME ACCORGERTI CHE SEI DIVENTATO UN VECCHIO ELEFANTE
Quando i tuoi discorsi si basano
più sulle esperienze già fatte che su quelle che stai facendo.
Quando cominciano a darti incarichi per non farti restar
male.
Quando parli e dopo tutti stanno zitti e la
discussione muore.
Quando parli e la gente ti ascolta
per buona educazione o perché ti vuole bene
Quando
quello che si dice non lo condividi per niente.
Quando è
passato troppo tempo dall'ultima volta che hai detto che hai sbagliato
Quando critichi sempre più spesso l'ultima generazione di
capi o di ragazzi.
Quando sei troppo contento di avere
ragione.
Quando le critiche riesci sempre a
controbatterle brillantemente
Quando esprimi sempre di
più un atteggiamento paterno verso i giovani capi che sono stati tuoi ragazzi
del clan
ORA
ORA È IL MOMENTO
CHE TI ORGANIZZI UNA MERAVIGLIOSA CERIMONIA DI ADDIO ALLA COMUNITÀ CAPI E CHE
ESPRIMI LA TUA CAPACITÀ DI SERVIZIO E LA TUA ESPERIENZA IN ALTRI CAMPI.
Io sono un vecchio elefante? E
nella nostra coca ci sono anche gli elefantini?
dal diario di Paola
I CAPI A DISPOSIZIONE
Gabriele ha detto che
quest'anno starà a disposizione. Per una situazione temporanea si prende un
periodo di riposo dal servizio per svariate ragioni. A Gabriele abbiamo chiesto
se pensa di ritornare a fare servizio con i ragazzi o come quadro in
Associazione. Ha risposto di sì. Pensiamo che è una situazione che si può
accettare solo se la cosa non si protrae o si pensa che si protragga per un
anno, massimo due. Non occorre inventare incarichi fasulli per lui. Darà una
mano quando potrà o in situazioni di emergenza. Se la situazione che gli
impedisce di fare servizio si protrae o se pensa di non avere più tempo per fare
servizio diretto con i ragazzi o come Quadro, è bene che utilizzi l'articolo 41
del Regolamento, che permette ai Capi a disposizione di censirsi in Zona.
Con Gabriele le cose sono chiare perché, per fortuna,
questa è una regola accettata e condivisa da qualche anno, e questo ha reso le
cose più semplici.
In queste scelte conta molto il
fattore emotivo o il fatto che si pensa di offendere o di umiliare le persone:
ma è più importante la funzionalità della Comunità Capi, che è al servizio dei
ragazzi, più che la sensibilità dei Capi. Io penso che queste situazioni sono
più difficili da gestire a livello di paese, dove l'intreccio tra amicizia,
parentela e scoutismo è molto più forte e continuo. Ma anche in queste
situazioni i problemi vanno affrontati e discussi, sempre con la delicatezza che
ci viene dall'idea che abbiamo a che fare con Capi che hanno fatto un servizio
importante e che vanno ringraziati e valorizzati in quello che hanno fatto.
Basta tenersi aperte le porte in maniera che non sbattano e servano per
rientrare tranquillamente.
I RAPPORTI INTERPERSONALI
Sindrome del "Boja che
giramento ...!"
Sindrome. del mio prezioso tempo libero
o del "ciò tanto da fare"
Sindrome del veterano o della
vedova inacidita
Sindrome della Prima donna o del
salvatore della Patria
Sindrome del "muoia Sansone con
tutti i Filistei"
Sindrome Trave e pagliuzza
Sindrome della patata bollente
Sindrome del "m'avete preso, e io un ci volevo venì"
dal diario di Paola
I RAPPORTI CON I CAPI
Oggi ho chiacchierato con
Francesca. Noi Capigruppo abbiamo spesso occasione di parlare a livello
interpersonale, specialmente se siamo considerati persone significative, cioè
dei veri capigruppo.
Quando Francesca è venuta a casa
mia, per prima cosa ho detto ai miei figli di non passarmi telefonate e di non
interrompermi. Poi siamo andate nel mio studio e mi sono concentrata
nell'ascolto, che poi è la cosa più difficile. Nella maggior parte dei casi,
quando qualcuno vuol parlare con te, viene non tanto per ascoltare la tua
soluzione, quanto per confrontare con te la soluzione che ha già pensato. Mi
sono sforzata allora di ascoltarla fino in fondo, con un atteggiamento di
disponibilità, senza aver fretta di dare il mio parere. E così ha tirato fuori
quel che aveva pensato di fare: solo allora ho espresso la mia opinione e ho
cercato di confrontarmi in modo equilibrato con lei. Da qualche tempo ho
imparato ad avere un atteggiamento vero di ricerca e di ascolto, nel
razionalizzare e vedere le cose da un altro punto di vista.
Come atteggiamento generale io e Onorato non accettiamo di
diventare dei confessori o dei contenitori emotivi dei capi: questo non è il
nostro ruolo. Se ci sono dei problemi educativi, il nostro ruolo è quello di
portarli alla conoscenza della coca, anche se è vero che alcuni problemi, specie
quelli che riguardano i rapporti più delicati, è bene affrontarli prima a
livello personale e poi in coca. Alcune aree poi entrano nel livello della
discrezione. È una dimensione necessaria quella del rapporto interpersonale, ma
non bisogna assolutamente abusarne
NODI
SIAMO CAPACI DI ASCOLTARE?
· Sono capace di
ascoltare in silenzio?
· Sono capace di ascoltare in
silenzio, perché l'altro, ragazzo o adulto, è più importante di me?
· Sono capace di ascoltare con simpatia?
· Sono capace di ascoltare con stima verso l'altro?
· Sono capace di fare mio il problema dell'altro?
· Sono capace di ascoltare senza preconcetti?
· Do tempo all'ascolto?
· So
spegnere il cellulare vero o mentale durante il colloquio o la riunione?
· Rimando a tempo indeterminato la richiesta di ascolto?
· Sono capace di ascoltare critiche alla mia persona senza
sentirmi ferito?
dal diario di Onorato
LO ZAINO DIVERSO
Oggi ho chiacchierato con il babbo
di Paolino. Voleva parlarmi di come non funzionano le riunioni di squadriglia.
Ha ragione lui su certe cose. Nella squadriglia di Paolino, che è il più
piccolo, i più grandi hanno altri interessi e non fanno veramente la riunione.
Lui va alla riunione di squadriglia e si ritrovano solo i due più piccoli.
È stato un colloquio faticoso. C'è la difficoltà di far
capire, specialmente ai genitori che si affacciano solo ora allo scoutismo,
tante situazioni ed esperienze che per noi sono normali, ma che per loro sono
traumatiche e portano ansia. Inoltre, tutto il colloquio con questa persona deve
tener conto che, per lei, ciò di cui stiamo parlando è un argomento nuovo, e
questo rende tutto diverso: dal significato delle parole che si usano, alla
visione del mondo che uno ha, ai valori che si ritengono importanti o no. Devo
sempre ricordarmi che è più difficile comunicare con le persone che hanno
esperienze diverse. Me lo devo ricordare. Ogni genitore, ogni persona che
incontro ha lo zaino della sua vita sulle spalle, ha le sue esperienze e la sua
cultura. Quindi devo essere sereno e paziente: è molto importante nelle
relazioni interpersonali.
Ho voluto però chiarire i
ruoli. Ho ricordato al babbo di Paolino che siamo noi che facciamo un servizio a
lui e a suo figlio e non lui che ci fa il favore di mandarci suo figlio. Ma l'ho
anche rassicurato che avremmo affrontato il problema in coca ed era bene che ne
parlasse con i capi del reparto. Anche perché non è un servizio se nel gruppo
dei ragazzi vengono trasmessi dei messaggi o dei comportamenti
negativi.
PALETTI
Cose da fare comunicando:
· FARE DIAGNOSI = "Mi
sembra di capire che ..."
· CONSIGLIARE = "Se fossi al
tuo posto farei ..."
· RAZIONALIZZARE = "Tieni conto
che, cerca di capire che ..."
· RASSICURARE = "Il
diavolo non è mai così nero come lo si dipinge", "c'è sempre un aspetto
positivo"
· APPROVARE = "Ecco: così mi piaci!"
· RISPETTARE = "Prendiamo atto di quanto dice", "Capisco il
tuo punto di vista"
· COINVOLGERE = "Sentiamo il parere
di tutti"
· INCORAGGIARE = "Sarebbe interessante
approfondire
· RICHIAMARE = "Teniamo presente i limiti
e i vincoli"
VERIFICARE = "È chiaro per tutti?", "Sono
tutti d'accordo?"
dal diario di Paola
MA MI STAI ASCOLTANDO?
Devo concentrarmi di più
quando ascolto qualcuno. Spesso la mia mente va via, magari per pensare una
risposta da dare a quello che mi viene raccontato.
Anche
ieri, mentre parlavo con Massimo dei problemi del clan, ad un certo momento mi
ha domandato:
"Ma mi ascolti?
“Ma certo!”, gli ho risposto.
In
realtà lui aveva capito, dai miei occhi, dal mio corpo, da tutto, che stavo
pensando ad altro.
PALETTI
CREARE LA GIUSTA ATMOSFERA
(dal manuale del Capo
Campo)
gli adulti assimilano
meglio quando:
· sentono il bisogno di imparare
· si sentono a loro agio nell'ambiente
· i loro bisogni vengono soddisfatti
· le loro idee, esperienze ed opinioni vengono rispettate
· non si sentono continuamente giudicati
dal diario di Onorato
L'ASCOLTO A RIUNIONE
Ieri pensavo a quanto è
importante ascoltare durante le riunioni. Bisogna che faccia silenzio dentro di
me e che riesca a capire non solo quello che uno dice, ma perché lo dice e cosa
vuole ottenere. E ascoltare con le orecchie e con gli occhi: se imparo ad usarli
mi arrivano molti messaggi in più di quello che sento.
Per regalare ascolto bisogna riuscire a fare silenzio
dentro noi stessi ed è molto difficile. Ho bisogno di farmi molta esperienza per
ascoltare. Mi accorgo che sono più bravo a parlare che ad ascoltare. Anche
perché spesso rischio di farmi fuorviare dalle impressioni che ho su chi mi
parla.
Devo sempre concentrarmi, con le orecchie, con
gli occhi e con tutto il corpo, tutto mi deve diventare antenna che ascolta e
che non distorce i messaggi.
PALETTI
IL DIALOGO TRA DUE PERSONE
· clima di autenticità -
eravamo tutti e due in pace con noi stessi
· clima di
fiducia - c'era tra noi la certezza di non essere traditi
· clima di affetto - c'era la partecipazione vera e
completa ai problemi
dal diario di Paola
I SILENZI CATTIVI
I silenzi mi imbarazzano sempre.
Non riesco a sopportarli e invece mi devo abituare ad accettarli e a viverli
serenamente. Se c'è silenzio durante una riunione o si sta zitti durante un
dialogo, devo pensare che gli altri stanno pensando e lasciare il tempo della
"digestione mentale". Poi ci sono invece quei silenzi glaciali, magari dopo che
uno ha detto qualcosa di spiacevole, o quando si nascondono cose che non si
vogliono dire. In questi casi, è difficile capire il da farsi. Talvolta è
importante far sputare il rospo, far scatenare una crisi che spesso è salutare
per la coca; altre volte bisogna capire che il silenzio di qualcuno è una
richiesta di aiuto, qualcosa di più delicato che va prima affrontato
personalmente con l'interessato.
Non voglio fare lo
psicologo ma nemmeno fare il rinoceronte in una bottega di cristalli.
PALETTI
SULLA CORREZIONE FRATERNA
la correzione fraterna -
L'AZIONE
Non è semplice sentirsi in grado di
"correggere" un amico, una persona che ci è vicina nel momento in cui riteniamo
che abbia commesso qualche sbaglio.
Non è certamente simpatico sentirci "giudici" di un atto o
un gesto compiuto da un amico, che per noi non è "consono" al canone di
comportamento che la nostra educazione, la nostra fede, la nostra cultura esige.
Abbiamo così voluto seguire un
percorso di "stile" per la correzione fraterna che, se meditato ed
interiorizzato, potrebbe evitarci imbarazzi o sconcerto.
IL SOGGETTO
· Conosciamo "bene" il
capo a cui dovrebbe essere rivolta la "correzione"?
·
Sappiamo rispettare la sua estrazione culturale e/o i suoi limiti?
· Siamo sicuri che al suo posto noi non avremmo fatto o
detto le stesse cose?
· Saremmo disposti ad impegnarci
a "stare vicino" al capo per evitare che commetta nuovamente lo stesso errore?
· Il fatto che il capo possa essere nostro amico da
molto tempo, influisce sull'importanza di fargli "notare l'errore"?
IL METODO
· Sappiamo davvero come
"correggere" l'errore di questo nostro amico?
· Siamo
sicuri della necessità di correggerlo? Su che base oggettiva riteniamo che abbia
sbagliato?
· Siamo in grado di scegliere il mezzo
(durante una chiacchierata, o per lettera ecc.) a lui più efficace per fargli
intendere il nostro pensiero?
· Siamo in grado di
stabilire in quanta percentuale gioca il nostro carattere, la nostra esperienza,
le nostre personali convinzioni nel decidere di "correggere" l'altro?
LO STILE - indicazioni
· "Non
sappia la destra ciò che fa la sinistra"
· "Perdona
fino a settanta volte sette"
· "Perché vedi la
pagliuzza nell'occhio dell'altro e non la trave che è nel tuo?"
· "Ma tu chi sei che ti fai giudice di tuo fratello?"
· "Lascia la tua offerta e corri a riconciliarti con tuo
fratello"
la
correzione fraterna - L'ACCETTAZIONE
· Nessuno di noi è portatore di "verità assolute" e abbiamo
il DIRITTO di sbagliare, ma anche il DOVERE di accettare che si venga corretti.
· Non sempre è un ruolo che ci trova preparati e spesso
fatichiamo ad accettare che qualcuno abbia capito meglio di noi come si sarebbe
potuto fare o comportare in una determinata situazione. Si fatica a capire che
nella correzione del nostro amico c'è davvero amore e sincerità e si pensa
subito che la sua è un'ingerenza nella nostra sfera privata, che voglia
dimostrarsi più bravo di noi.
· Ma l'azione più subdola
è quella di dimostrare d'aver capito il tono della correzione, sorridere e
ringraziare chi l'ha espressa ma, di fatto, PROSEGUIRE UGUALMENTE A COMPORTARCI
COME SE NULLA FOSSE STATO DETTO, poiché intimamente crediamo che siamo noi nella
ragione.
· Il cammino dell'accettazione è assai più
difficile di quello della correzione, poiché coinvolge la nostra sensibilità.
Occorre una grande umiltà per comprendere il senso profondo della correzione
fraterna e mettere in gioco la nostra maturità di persone adulte e di educatori
scout.
LA PERSONALITÀ
·
Riusciamo con serenità ad accettare una "correzione fraterna"?
· Pensiamo che comunque abbiamo agito nella ragione (o per
lo meno in buona fede) e perciò siamo giustificati?
·
Ci capita di rimuginare su ciò che ci è stato detto per parecchie ore senza
cogliere l'essenza del messaggio?
· Ci capita di
pensare che alla prima occasione non perderete l'opportunità di ricambiare "il
favore"?
· Pensiamo che l'amico abbia agito così per
invidia o per saccenza?
L'UMILTÀ
· Riusciamo a far nostre le parole del fratello e portarle
con amore nel nostro cuore?
· Ci mettiamo con fiducia e
disponibilità in ASCOLTO di ciò che ci viene detto?
·
Abbiamo la sensibilità di "inserire" la correzione nel nostro piano di lavoro,
nel nostro comportamento, nelle nostre azioni senza che esse stravolgano i
nostri progetti?
· Abbiamo la maturità di porci ancora
in discussione?
LO STILE - indicazioni
· "Guardate me che sono mite e umile di cuore"
· "Chi si esalta verrà umiliato, chi si umilia sarà
esaltato"
· "Beati i miti e gli umili di cuore perché
erediteranno la terra e vedranno Dio"
· "Tu che siedi
all'ultimo posto, passa avanti e siediti accanto al padrone di casa"
· "La preghiera dell'umile è preziosa agli occhi del
Padre"
dal diario di Onorato
I SILENZI SOMMERSI
Anche in coca ogni tanto vivo i
silenzi sommersi, quelli per i quali uno sta zitto perché non ha avuto risposta
a quello che ha chiesto e ha abbassato la saracinesca della comunicazione. In
realtà sentiamo molto di più il dovere di parlare di quello di tacere. La
conseguenza è che i capi rischiano di non sentire i discorsi dei ragazzi, specie
quando sono conditi di silenzio. Il rischio sono saracinesche che si chiudono e
che non si riapriranno forse più. A me è capitato quando un prete cretino mi ha
riso in faccia quando, a quattordici anni, gli avevo confidato che non credevo
in Dio. Il risultato è che quel problema l'ho riaperto solo dopo quattro anni e
perché Dio mi ha fatto incontrare una persona significativa. La stessa cosa
succede per i capi tra di loro. Dobbiamo allenarci al silenzio e all'ascolto.
Altrimenti si bombardano i ragazzi e i capi di parole quando loro vogliono solo
ascolto. Per questo cerchiamo e accettiamo i momenti di silenzio anche nella
conduzione delle riunioni? È un allenamento importante. Anche per non riempire i
silenzi di parole, solo perché ci danno ansia.
Cosa fare
per arrivarci?
·
Comunità Capi Mede
I.
VENERDÌ 19 novembre 99.
Iniziamo di buona abitudine con la preghiera, dopo ciò che
il programma avrebbe previsto:
1. Due notizie tecniche
dalla regione (incontro 13/14-11-99)
2. Definizione del
programma di Coca nell'ambito del quale don Luca avrebbe fornito qualche
indicazione e qualche spunto riguardo il tema dell'educazione alla preghiera.
Tutto ok fino al momento di affrontare il lavoro sulla
comunità Capi, al riguardo era stato preparato un gioco del tipo bancarelle,
dove ogni capo avrebbe potuto "acquistare" idee per un programma che comprendeva
- IL METODO - LA FORMAZIONE PERMANENTE E LA CATECHESI IN COCA -
A questo punto una "critica" o "perplessità" di Giovanni ha
fatto in modo che il lavoro (dopo averlo comunque iniziato e già in fase di
completamento, cioè riordino delle idee) si spostasse su temi del tipo valore
della NOSTRA comunità capi della sua importanza e della nostra partecipazione.
Sinceramente il clima si è fatto "particolare" e la
sottoscritta in qualità di capo gruppo e prima interessata al lavoro di Coca ha
faticato a rimanere obiettiva e serena per un valutazione al di là delle parti.
Le critiche praticamente era orientate sulla modalità
di proporre la discussione, a detta di qualcuno " pre-confezionata": da qui le
riflessioni di ognuno o per lo meno gli esami di coscienza di ognuno sul proprio
partecipare in Coca - come e quanto - ed anche perché.
Sta di fatto che il programma di Coca è rimasto a metà con
l'intento di portarlo a termine venerdì prossimo benché già giovedì tutti siamo
invitati all'incontro sulle tossicodipendenze organizzato del gruppo accoglienza
tossicodipendenti e per il quale anche il nostro gruppo se ne fa promotore.
Non riesco sinceramente a riportare tutte le riflessioni
nate da questa serata e tanto meno mi sembra corretto evidenziare gli stati
d'animo che se sono seguiti, del tutto personali, ma forse vale la pena
ricordare che non sono mancate parole e auto-verifiche sul nostro modo di stare
insieme, di capirci, di COMUNICARE, di accoglierci! E anche solo per questo
sostengo che anche se agitata... è stata una serata positiva.
dal diario di Paola
COCCOLARE/DIFENDERE O SVEZZARE?
Trovare
l'equilibrio tra la necessità di un rapporto anche personale con i capi ed
evitare di farne una quarta branca, un'altra unità da gestire. Il compito nostro
è un altro. È quello di custodi del progetto educativo e di aiutare la coca a
proporre una qualità di scoutismo il più possibile alta in rapporto alle nostre
forze.
LA MANCANZA DI STIMA
Al solito, ieri sera a coca
c'è stata la litigata tra Veronica e Sandro. Ancora una volta mi sono resa conto
che non sempre è una questione di idee. Spesso, dietro ad un aspro confronto di
idee, si nascondono due caratteri che litigano e discutono, per non scoprire
qualcosa di più dirompente. A allora si punzecchiano. Bisognerà che parli con
loro. Occorre verificare se è rimasta almeno la stima reciproca nei valori e
nella persona, perché se manca anche quella, allora è un guaio.
La Comunità Capi dovrebbe diventare un luogo dove si
accetta tranquillamente di essere diversi nelle idee, nei modi di fare e nel
carattere; quindi le differenze devono diventare una ricchezza e si
spersonalizzano i conflitti. Invece questo spesso non accade. Dietro ad alcuni
rapporti difficili ci sono cose non dette che hanno avvelenato i rapporti.
Occorre che io e Onorato troviamo la maniera di far chiarire queste cose non
dette tra Veronica e Sandro. La mia paura è che il sottile equilibrio che c'è
ora, fatto anche di silenzi "cattivi", si possa rompere da un momento all'altro,
con conseguenze dirompenti. Prenderò loro due e gli proporrò di rimanere chiusi
in una stanza fino a quando si sono detti tutto quello che pensano. Occorrerà
creare per loro uno "spazio per parlarsi", per dire quello che abbiamo in pancia
in maniera "organizzata". Potrebbe essere una riunione di coca interessante per
tutti.
NODI
· i
capi sono persone serie?
· definiamo una persona seria
· quali fatti e caratteristiche occorrono?
· quanto ci avviciniamo?
· cosa
facciamo per avvicinarci e per capirci?
dal diario di Onorato
SANDRO E VERONICA E LA MANCANZA DI STIMA
Finalmente
ieri sera è uscito il problema tra Sandro e Veronica. Se le sono dette quanto
basta, e si è finalmente capito che Veronica aveva in pancia il problema di come
viene fatto scoutismo da quelli del reparto. Secondo lei, quando diventano
rover, è come se ai ragazzi non fosse rimasto niente. Sono migliori quelli che
vengono da fuori, sono più seri e più motivati. È colpa della gestione di
Sandro, del suo giocare con i ragazzi mettendosi alla pari con loro, senza
riuscire a fare una vera proposta.
Dopo averli lasciati
sfogare, sono intervenuto per chiarire la cosa fondamentale. Se tra loro c'era
divergenza di vedute, tutto bene. Il problema era se non si stimavano come
persone. In quel caso il confronto sarebbe stato impossibile, perché non vero.
Allora ci sarebbe stato un grosso problema. E finalmente è venuto fuori chiaro
che Veronica non stima Sandro come persona, nelle sue scelte. Non lo ritiene una
persona seria e affidabile.
Cosa fare adesso?
La scelta che abbiamo fatto io e Paola è stata quella di
non fare nessuna scelta. Quando le persone sono arrabbiate e aggressive è
inutile parlarci. Ne parleremo in seguito, a mente fredda, prima con l'uno e poi
con l'altra e poi si vedrà.
NODI
FAR SPUTARE I ROSPI
Come far uscire le cose non dette, anche se rischiano di
essere dirompenti?
Occorrerà fare una specie di conto
tra i vantaggi e le perdite. E poi decidere. Comunque la cosa migliore è sempre
il rapporto personale, l'incontro tra i protagonisti, perché se portiamo il
problema direttamente in coca, il rischio dello scontro diventa più grande e
meno utile.
dal diario di
Onorato
IL CLIMA CHE VIENE DA LONTANO
Ieri sera, al posto
della solita riunione, abbiamo passato tutto il tempo a lavorare insieme a
rimettere a posto il magazzino e poi si è giocato a scoutball tra i capi. Io e
Paola abbiamo pensato che ce n'era bisogno per migliorare il clima all'interno
della coca.
Il clima, nella nostra coca, viene da
lontano. È fatto dei ricordi passati, delle esperienze fatte insieme, nei campi
e nelle uscite, oltre che in coca. È fatto anche di quello che ci aspettiamo per
il futuro, specialmente dai rapporti emotivi e di fiducia che ci sono tra i capi
della coca. Se il clima generale è cordiale e tranquillo si lavora bene.
Dobbiamo domandarci qual è il clima che c'è nella Comunità
Capi e domandarci se il clima è influenzato anche dalla nostra conduzione della
Comunità.
Ma alcune tensioni nei rapporti hanno una
storia lunga, ed è illusorio credere che in poco tempo si risolvano i problemi.
Un esempio è il contrasto tra Veronica e Sandro. Spesso infatti le situazioni
risalgono a fatti di antica data e quindi anche le soluzioni non possono essere
veloci e immediate. Ad esempio, se c'è un contrasto generazionale tra i più
giovani e i più anziani, è impensabile credere di poter risolvere il tutto
facendo qualche riunione sul problema. Le malattie croniche hanno bisogno di
tempi lunghi per essere curate completamente e anche il clima di Coca ha bisogno
delle nostre continue attenzioni.
NODI
MAGGIORENNI E VACCINATI O ADULTI
IN CAMMINO?
Il problema più grande con cui ci dovremo
confrontare con i Capi, al di là delle affermazioni di principio che ognuno
continua a fare, è l'idea che gli adulti hanno di essere già formati e quindi di
non aver veramente bisogno di imparare. Inoltre gli adulti si irrigidiscono man
mano che crescono, sia biologicamente sia culturalmente facendo sempre più
fatica ad imparare.
dal diario di Paola
GLI STAFF E LE RISATINE
C'è un clima in coca che mi
dice che esiste un problema di rapporti che non riusciamo a vedere. Si capisce
dai cenni, dai silenzi, dalle risatine. Al solito il problema è quello rapporti
tra gruppetti, che la maggior parte delle volte coincidono con gli staff. Noi
scout viviamo una specie di contraddizione: gli staff, proprio perché i capi
lavorano assieme molto tempo e vivono delle esperienze comuni, sono molto uniti,
e fanno fatica a rapportarsi con il resto dei capi, sia nelle riunioni di coca
sia nelle attività comuni. Non è sempre così, ma spesso capita, e allora occorre
che io e Onorato proponiamo attività che mettono assieme staff diversi, per
progetti comuni.
OCCORRE LASCIARE IL TEMPO CHE IL THE SI
FACCIA
Occorre lasciare il tempo che il the si faccia. Solo così si possono
vedere i problemi di rapporti. L'importante è non farsi prendere dall'ansia
della fretta di voler risolvere tutto e subito, ma è ancora più importante
rendersi conto del problema e dargli un nome in Comunità Capi, in maniera che
tutti sappiano che c'è e che occorre risolverlo.
Se ci
pensiamo, noi Capigruppo possiamo utilizzare molti strumenti che servono per
migliorare il clima e per far conoscere e stimare le persone tra loro. Oltre
alle uscite di Comunità Capi, alle cene, all'uso di momenti forti ed
emotivamente significativi anche per gli adulti, si possono organizzare riunioni
e incontri che servono per conoscersi meglio, che possono migliorare i rapporti
tra le persone, quindi anche il Progetto del Capo. Nei manuali delle tecniche di
animazione ci sono un mucchio di giochini già pensati e sperimentati per questo
scopo.
PALETTI
QUANDO DUE PERSONE SI
INCONTRANO
· io mi accorgo di te e tu ti accorgi di
me
· io sento che tu mi stai incontrando e viceversa
· io mi comporto verso di te secondo come ti ho percepito
· io cambio atteggiamento e mi accorgo che lo cambi
anche tu
dal diario di Onorato
LE CONTRAPPOSIZIONI DEI GRUPPI SCOUT E LE
GEMMAZIONI
Per fortuna siamo nati in modo tranquillo, per gemmazione da un
gruppo troppo grande che aveva bisogno di dividersi e di espandersi in un'altra
area della città e doveva toccare altri ambienti. La Zona era d'accordo e le
cose sono state tranquille. Alcuni Gruppi scout sono nati non per gemmazione
tranquilla, perché era una decisione programmata ed era venuto il momento di
dividersi, ma in seguito ad un litigio tra galli del pollaio, giovani o vecchi
non importa, e ad un contrasto all'interno della Comunità Capi. Un tempo erano i
colori politici o pedagogici: ora non usa più e i motivi sono diversi.
Che ci possa essere questa componente di contrasto di
caratteri è un dato di fatto che non occorre dimostrare; significa che lo stare
assieme ha una dimensione affettiva positiva o negativa che occorre considerare.
Non per impostare tutti i rapporti su questo, ma sarebbe ugualmente assurdo che
un Capogruppo non ne tenesse conto e non favorisse un clima di caldo affetto.
Quando ci sono contrasti in cui la Comunità Capi sembra dividersi in due partiti
contrapposti a livello ideologico, su un'idea o su una proposta, la maggior
parte delle volte le ragioni sono da ritrovare nella sfera dell'affetto e delle
emozioni.
Cosa fare allora?
Comunità Capi Mede I
LUNEDÌ 21 GIUGNO 1999
Ed eccoci
arrivati ad un primo traguardo, le verifiche di fine anno. Dico primo perché
abbiamo ancora in calendario una verifica di Coca e una prima "VISIONE" della
situazioni capi del prossimo anno.
Un passo per
volta...
Questa sera la presenza era quasi al completo;
purtroppo per motivi vari mancavano Carlo e Gianluca. Siamo partiti con
l'analizzare la griglia che era stata proposta evidenziando per ogni branca
quanto è stato fatto, ma soprattutto quanto ancora ci rimane da rivedere e
riprendere come obiettivi primari nelle future attività di branca.
Possiamo evidenziare:
Il branco ha
"rimpolpato le file", il clan ed il noviziato hanno quanto meno mantenuto i
ragazzi con cui erano partiti a inizio anno, mentre il reparto ha registrato
delle fughe, alcune prevedibili altre che forse potevano essere evitate e
possibilmente recuperate. Questo in parte è dovuto alla scarsa collaborazione
con le famiglie che sicuramente deve essere ripresa, rivista e soprattutto
intensificata nel lavoro nel prossimo anno. I programmi, in linea di massima,
sono stati portati a buon fine. I capi reparto segnalano comunque un calo di
tensione e quindi di interesse e di attività nella seconda parte dell'anno,
dovuta forse in prima persona ai capi stessi, che per impegni di lavoro hanno
avuto maggior difficoltà a condurre il reparto.
Anche
la progressione personale ha rallentato il passo: tanti buoni propositi, ma in
generale poco cammino. Più intensamente è stata proposta ai ragazzi del clan e
in modo indiretto anche ai ragazzi del noviziato, mentre per il branco,
quest'anno l'attenzione è stata in modo particolare per il CdA e per i cuccioli
a discapito della parte "centrale" del branco. L'attenzione invece all'alta sq.
è arrivata solo a fine anno, dando pochi, ma buoni risultati e questo invita a
seguire il discorso nel prossimo anno.
Il noviziato ed
il clan hanno avvertito un'attenzione particolare dei propri ragazzi alla nostra
nuova sede, o casa scout, come suggerisce di chiamarla Giovanni, dà più il senso
di appartenenza, mentre il branco ed il reparto, soprattutto visto che sono i
più grandicelli, non hanno visibilmente notato questa attenzione, forse perché
anche da parte di noi capi in tante occasioni non traspare la testimonianza
adeguata.
La proposta è stata quella di dedicare
attività di gruppo "mirate" durante l'anno.
Non si è
parlato in modo diretto e chiaro del lavoro di staff, anche perché l'ora era
tarda e le menti non reggevano più l'attenzione e la concentrazione.
Visti gli incombenti e urgenti impegni dei vari campi, già
in luglio, si è pensato di fare un incontro di coca, in data da stabilirsi, per
definire o per lo meno sintonizzarsi sui vari quadri del prossimo anno.
L'uscita prevista sarà comunque riproposta a inizio
anno.
dal diario di Paola
IL SILENZIO IN FAMIGLIA
A volte l'atteggiamento
della Coca è come quello di alcune coppie di sposi o di fidanzati che, dopo aver
litigato, non toccano più l'argomento irrisolto, per evitare di stare ancora
male Poi succede che, a forza di evitare argomenti scabrosi, alla fine non hanno
più nulla da dirsi e si lasciano.
Ultimamente mi viene
da chiedermi se anche da noi ci sono degli argomenti che istintivamente lasciamo
da parte. Ho la sensazione che evitiamo alcune questioni. Forse perché le
consideriamo faccende private, che però hanno un grosso impatto sulle nostre
scelte educative, perché ci identificano chiaramente in quello che facciamo e in
quello che siamo.
Quali sono le questioni che evitiamo
nella nostra coca per non litigare? Ci devo pensare.
dal diario di Onorato
I FANTASMI DAGLI ARMADI. GLI ARGOMENTI MICIDIALI
Ho
espresso il mio pensiero dell'altra sera sugli argomenti micidiali e pericolosi.
Ci siamo divertiti ieri sera a dare un nome agli argomenti che di sicuro
porterebbero dei conflitti e delle divisioni in coca. Quegli argomenti si
evitano istintivamente e non entrano mai nei cartelloni degli argomenti da
discutere perché pensiamo che possano creare dei contrasti insanabili
all'interno della Comunità Capi.
Quando li abbiamo
identificati, abbiamo visto che alla fine sono importanti e non sono solo
faccende private, perché questo nostro modo di pensare e specialmente di vivere
alcuni argomenti è la base del nostro modo di fare educazione. Sono i nostri
valori che diventano convinzioni e quindi modi di sentire e di operare e quindi
di proporre l'educazione dei ragazzi. Gli argomenti sono i soliti, la nostra
scelta di fede, i comportamenti affettivi e sessuali, il rapporti con il denaro,
con il lavoro, con la politica, l'idea del dolore e della morte. Sono come
blocchi che fanno da pavimento al nostro fare educazione e se non li
confrontiamo con serenità in Comunità Capi, sono le radici nascoste dei nostri
contrasti.
Io e Paola dicevamo che non occorre e non è
giusto entrare nella sfera privata di ciascuno, anche perché non siamo un gruppo
di terapia psicologica, ma un gruppo di persone che sono assieme per svolgere un
compito. Solo che non siamo qui per fare qualche attività ad effetto o un po'
d'animazione: il nostro obiettivo è educare, amare, trasmettere valori. Questo
compito lo facciamo con tutto il nostro essere completo e non possiamo svolgerlo
senza dirci chi siamo e chi vogliamo essere. Se invece ci confrontiamo, ci
diciamo come la pensiamo, cercheremo di arrivare ad un minimo comune
denominatore che ci serve per proporre dei valori che quando li nominiamo hanno
per noi un senso univoco o almeno simile. Quindi affrontare queste problematiche
non solo non porta alle divisioni ma è occasione di maggiore conoscenza
reciproca e diventa un'ottima base del Progetto Educativo del Gruppo. E, sempre
in quest'ottica, è importante il ruolo del Progetto del Capo. Forse serve
proprio per ottenere questo scopo.
La prossima uscita di
coca la organizziamo per questo scopo: per far uscire i fantasmi dagli armadi e
dargli un nome tutti assieme.
NODI
Ogni resistenza a imparare o a cambiare è un dato normale
della realtà umana con cui dobbiamo confrontarci naturalmente. Non dobbiamo
viverlo come un fatto negativo. E' una situazione normale che si incontra quando
c'è una qualsiasi situazione di apprendimento o di rapporto in comunità
capi.
dal diario di
Onorato
STRATEGIA VINCO VINCI. IL COMPROMESSO
Spesso negli
incontri e nelle attività devo sforzarmi di fare un grosso lavoro di mediazione.
Qui esce fuori la capacità del Capogruppo di mediare e far incontrare le
persone. La convinzione che deve passare è che siamo in Comunità Capi per
l'educazione dei ragazzi, e quindi la strategia dei rapporti non deve essere il
contrasto, come tra una persona che perde e una che vince nella discussione o
nelle decisioni. Spesso occorre trovare un compromesso. Questa è la strategia
vinco vinci, nella quale è più importante che rimanga il rapporto tra le persone
piuttosto che la soddisfazione di avere ragione di fronte agli altri.
PALETTI
DEFINIAMO UN ADULTO
Diciamo che è un adulto chi ha
responsabilità nella società e spesso ha queste caratteristiche:
· non gli è naturale imparare
·
prima capisce e poi memorizza
· è rigido negli schemi
· ha paura delle valutazioni
·
vuole la concretezza dei risultati e si domanda a cosa gli serve fare una
cosa
· è influenzato dalla sua visione del
mondo
dal diario di Paola
LE COPPIE SCOPPIATE
Massimo e Veronica si sono
lasciati. Sembravano una bella coppia tranquilla che erano insieme da cinque
anni ed era logico che lavorassero assieme nel clan. Ora siamo nei problemi,
perché, anche se dicono che il loro lavoro educativo non ne risente, è evidente
che il fatto che si sono lasciati viene sentito dai ragazzi e ha un impatto
educativo proprio per la difficoltà di comunicare tra loro. Si percepisce che,
anche se fanno gli educati e gli indifferenti, c'è sempre sotto il loro
contrasto che non vogliono far apparire.
Forse abbiamo
sbagliato come coca a mettere una coppia nella stessa unità, ma lo avevamo fatto
altre volte, ed il risultato è stato sempre positivo: è stato utile per i
ragazzi ed è diventata un'esperienza positiva e fondante per la coppia. I
rapporti di coppia sono sempre stati segnati dal buonsenso e dal buongusto, e
non avevamo mai avuto problemi. La presenza di coppie nella Comunità Capi è un
dato di fatto da accettare in quanto siamo adulti che devono vivere la vita
anche di coppia in maniera serena.
Questo significa
anche che la coppia deve avere un comportamento saggio e tranquillo. I rapporti
non dovrebbero andare ai due estremi, da quello delle esagerate espressioni
affettive a quello di non considerarsi nemmeno quando si è in Comunità Capi o
nelle attività.
Con Massimo e Veronica abbiamo fatto un
errore. Sarebbe opportuno, soprattutto quando si tratta di coppie che si sono
formate da poco tempo, non metterle nella stessa Unità, in maniera che i
problemi della coppia non diventino anche problemi nella vita delle Unità e
quindi nei rapporti con i ragazzi. Diverso il discorso per le coppie consolidate
di fidanzati o mariti e mogli consolidati. Un altro compito importante della
coca, in questi casi, è quello di evitare la tendenza a vedere le persone come
coppia e non come due identità separate. Questo non nega la coppia ma la
valorizza. Con Massimo e Veronica si pensava di fare bene.
Cosa dobbiamo fare adesso per il clan?
PALETTI
Rapporti interpersonali
Verso l'esterno
Capi extra
associativi.
Mancanza dell'assistente ecclesiastico.
Rapporto con la realtà ecclesiale.
Verso l'interno
Rapporti di
relazione tra capi giovani e capi non giovani
Comunità
capi numerosa
Conflittualità e incomprensione
Falsa serenità (falsità).
Incapacità di superare le difficoltà ("appianare").
Democrazia guidata (quindi è impossibile il dialogo).
Presenze storiche; forti e ingombranti (mito del
fondatore).
Correzione fraterna.
Mestiere del capo gruppo.
dal diario di
Onorato
LA COCHETTA
Avevamo una decisione grossa da
prendere. Aprire o no un altro branco l'anno prossimo? Dovevamo farci le solite
domande: se avevamo le forze, per quanto tempo le potevamo assicurare, come
organizzare la cosa? Il perché ce l'eravamo già detto. Troppi bambini in lista
di attesa e due branchi sono una base tranquilla per il ricambio di un reparto.
Quando siamo arrivati a riunione abbiamo capito che il gruppetto solito si era
già riunito e aveva deciso per il sì. Io Don Francesco e Paola ci siamo
guardati. Aveva funzionato ancora una volta la cochetta del gruppo. In molte
Comunità Capi c'è la cochetta. Sono tre o massime quattro persone, che sono
molto amiche tra loro, che spesso si riuniscono prima della riunione e decidono
le linee o le cose al di fuori della Comunità Capi a livello di corridoio, in
questo caso il treno per l'Università di Pisa. È fondamentale che il Capogruppo
non faccia mai parte della cochetta, mentre attua la sua attività di Capogruppo,
altrimenti ci ritroveremmo in una situazione di democrazia guidata della
Comunità Capi, che difficilmente può funzionare tra adulti, a meno che non siano
completamente addormentati. Questa situazione sarà quasi sicuramente occasione
di contrasti. Io e Paola contrastiamo questo modo di fare, questa linea.
L'abbiamo detto chiaramente. La cochetta non deve funzionare. Ogni cosa deve
essere discussa in Comunità Capi: quando vengono prese le decisioni, che sono
comuni, tutti devono partecipare di fronte a tutti. Chiaramente chi ha maggiori
capacità o idee deve contribuire maggiormente, ma i discorsi si fanno in
Comunità Capi e non ci devono essere decisioni nascoste. Paola giustamente
questa cosa l'ha denunciata. Non ci devono essere parrocchiette nascoste o
gruppetti di potere. Con questo non dico che io e Paola vogliamo rifiutare
l'aiuto di altre persone. È, al contrario, importante poter usufruire della
disponibilità di qualcuno che ci dà una mano e dei consigli. Ma, ovviamente,
tutto deve tornare nella Comunità Capi come discussione e incontro.
Le parole non
lasciano mai le cose com'erano. Impara ad amare il suono della voce degli altri
piuttosto che il suono della tua voce
dal diario di Paola
LE RAZZE DI CAPI
Esistono anche le razze di capi,
oltre a quelle dei cani e dei cavalli?
Se ripenso ai
capi della mia coca, se penso ai loro atteggiamenti nei confronti della Comunità
Capi, potrei dividerli in tre tipi, in tre razze.
Veronica è un capo orientato al compito: è la persona che
ha sempre davanti il compito educativo del gruppo. È molto preziosa per
l'andamento della Comunità Capi; propone nuove idee, chiede chiarimenti e non si
accontenta delle risposte superficiali; offre alla Comunità Capi le sue
convinzioni, riformula i problemi, fa conoscere le sue esperienze, riassume e
coordina le idee, orienta continuamente la coca in rapporto ai suoi scopi.
Massimo invece all'inizio, quando è entrato in coca, era un
capo orientato verso se stesso. Cercava spesso di focalizzare l'attenzione su di
sé. Riproponeva continuamente i problemi risolti per essere contro e ridiscutere
tutto; cercava aiuto e simpatia a causa della sua insicurezza e perché spesso si
sottovalutava. Inoltre usava la Comunità Capi come un luogo per far sentire a
qualcuno le sue idee, i suoi sentimenti e le sue opinioni con lo scopo di
raccontarsi. Francesco a volte diventava un problema per la Comunità Capi e a
quei tempi mi domandavo se era giusto che un Capo che aveva questi atteggiamenti
poteva continuare a fare servizio educativo con i ragazzi. Per fortuna sta
cambiando ogni giorno che passa. La nostra pazienza e la nostra speranza ci
hanno premiato.
Marta invece è un capo orientato verso
la Comunità Capi. È brava a facilitare le comunicazioni, offre simpatia e
comprende gli altri. Inoltre, ricorda continuamente l'ideale di unità al quale
la Comunità Capi deve aspirare. Favorisce i compromessi e cerca di armonizzare
le differenze tra i capi.
Sono tre razze di capi. Per
fortuna non sono razze fisse: ogni tanto qualcuno cambia razza, ed è un
bene.
dal diario di Onorato
I GIOVANI E I VECCHI
Gabriele darà una mano allo
staff di reparto. Ha esperienza da vendere e se non può stare con i ragazzi per
ragioni di lavoro. Parteciperà alla preparazione e alla programmazione delle
attività, dove la sua esperienza può essere molto utile.
Ci serve ancora l'esperienza dei Capi che hanno più anni di
servizio con i ragazzi e non possono stare con loro ma solo con i capi? La
convivenza di più generazioni comporta spesso delle frizioni. Essere vecchi in
Agesci non è un fatto generazionale ma un fatto di mestiere, di esperienza, di
mentalità. Allora il contrasto è tra chi ha un'esperienza consolidata e i più
giovani che hanno il sacro fuoco del cambiamento e la missione di cambiare tutto
e subito e di mettere in discussione tutto quello che è stato fatto e che si sta
facendo. D'altronde i giovani fanno fatica ad inserirsi in uno staff che ha già
un suo modo di fare consolidato, con persone che ne sanno di più di loro, con il
rischio di non sentirsi protagonisti veramente, ma solo caricati di impegni a
volte solo umili e noiosi, di appoggio all'attività. Gabriele comunque può
portare saggezza di esperienza e buon senso. Gli ho raccomandato di tenere il
più possibile la bocca chiusa e parlare solo quando gli chiedono aiuto o quando
può dare un contributo importante. Siccome è intelligente so che lo
farà.
dal diario di Paola
MASCHI E FEMMINE
Spesso c'è una sproporzione nel
numero e specialmente nell'esperienza scout tra uomini e donne nel nostro
gruppo. Questa sproporzione sta diminuendo di anno in anno e le donne contano
sempre di più in Associazione. A volte mi metto in contrasto con certi
maschilismi tradizionali, che ritrovo del Gruppo come cimeli comportamentali. Da
noi dobbiamo valorizzare i modi di sentire, le sensibilità e l'attenzione alla
persona che spesso sono proprie delle ragazze e che devono divenire invece
patrimonio di tutti, anche dei maschietti. Lo stesso discorso vale per le
capacità organizzative e operative delle ragazze: anche nel nostro gruppo,
istintivamente, colleghiamo all'elemento maschile della Comunità Capi
l'organizzazione operativa delle attività.
È ora di
cambiare! Ed è ora di diventare quadri dell'associazione. E siccome siamo merce
rara, si fa carriera in fretta!
GLI EXTRASSOCIATIVI
Io sono un capo extrassociativo
e me ne vanto. Le mie esperienze precedenti di servizio, ero una catechista, il
mio avere un lavoro e il mio essere mamma mi fanno vedere delle cose e ho delle
sensibilità che nello scoutismo a volte sono trascurate. In Agesci c'è ancora da
superare il mito che i veri Capi col marchio doc sono quelli che sono entrati in
Associazione almeno da Esploratori. A tutti gli altri, cioè agli
Extrassociativi, gli manca qualcosa. È un mito da superare, anche perché la
presenza degli Extrassociativi diventa sempre più significativa in Agesci ogni
anno che passa. Normalmente sono persone che sono già vicine allo Scoutismo e
che lo conoscono per varie ragioni, o perché sono i genitori dei ragazzi o
giovani di altre associazioni. Noi extrassociativi portiamo un grosso contributo
di idee e di esperienze per la Comunità Capi: spesso viviamo già le
problematiche del mondo del lavoro e del matrimonio, e portiamo una ventata di
concretezza che è molto utile per tutti i Capi perché spesso siamo persone
sposate e abbiamo un lavoro fisso. Questo fatto, ad esempio, permette spesso una
discreta continuità nel servizio.
Io ho sentito la
difficoltà di capire il metodo e di portarlo avanti personalmente. Dopo un
momento di sbalestramento e di iniziale perplessità, ho cominciato pian piano a
funzionare. Le difficoltà maggiori le ho trovate all'inizio nel linguaggio.
C'era vicino a me Veronica, che fin dalla prima entrata nella Comunità Capi
aveva il compito di "traduttore" e curava l'accoglienza; era stata lei a
presentarmi e a propormi, perché ci si conosceva.
Una
delle cose che lasciano più perplessi le persone che si affacciano allo
scoutismo è la quantità spaventosa di tempo necessario per il servizio, per cui
spesso si spaventano e si ritirano. In questi casi la gradualità e il buonsenso
sono la medicina migliore, ma anche la chiarezza e la sincerità sono uno
strumento fondamentale. Non è giusto imbrogliare le persone e indolcire le
pillole: non siamo bambini! Il modo migliore per farmi innamorare dello
Scoutismo è stato il rapporto con i ragazzi e l'esperienza di formazione, che mi
permetteva di dare una struttura alle esperienze che facevo. Non mi hanno
caricato subito di impegni e di responsabilità, comunque non mi hanno nemmeno
tenuto in parcheggio, perché un adulto viene negli scout per stare con i
ragazzi, non per stare solo in coca ad ascoltare dei discorsi. Nella nostra coca
i nuovi capi li immettiamo negli staff con compiti di supporto; se possibile
fanno in un giro pedagogico nelle varie Unità in maniera che chi entra a vivere
il metodo scout possa capire esattamente quali sono i suoi interessi e qual è
l'età dei ragazzi più adatta a lui. Quando avevo dubbi e perplessità, avevo
sempre Veronica a cui rivolgermi.
PALETTI
consigli per un extrassociativo
· avere un certo
tempo a disposizione. Se è troppo poco non cominciare nemmeno.
· partecipare a tutti gli eventi associativi e di gruppo.
Fanno capire il linguaggio, le problematiche i anche le soluzioni.
· non prendere subito grosse responsabilità di unità. Si
rischia di bruciarsi per i troppi impegni.
· cominciare
dalla branca e/g e poi ruotare su tutte per un certo tempo, poi scegliere oppure
seguire le necessità. La branca e/g è quella che più permette di capire il
metodo, che è stato inventato per quella età.
· farsi il
camposcuola metodologico dopo poco tempo, quando si è ruotato nelle varie
branche e si è scelta quella giusta. Serve per capire il metodo nella sua
complessità.
· non aver paura di mettere in risalto in
Coca le proprie capacità personali. Serve per valorizzare tutte le proprie
esperienze pregresse.
· leggere sempre la stampa
associativa e i libri fondamentali. A volte chiariscono i problemi e danno delle
risposte a cose e a situazioni metodologiche che non si capiscono.
· perseverare nelle difficoltà. Occorre la testa dura,
perché spesso gli scout non sono gentili, come stile, e ringraziano poco e ti
guardano poco. Chiedono e poi lasciano che ti arrangi, specialmente se ti
dichiari disponibile.
· avere un atteggiamento di umiltà
e di voglia di imparare da chi ha più esperienza. Serve a non fare errore, o
almeno a farne qualcuno di meno.
I PROGETTI
NODI
·
Come facciamo a fare in modo che il momento del progetto diventi un momento
significativo di formazione per la coca?
· Come fare in
modo che tutta la fatica che ci mettiamo per progettare qualcosa diventi
concreta per il lavoro educativo verso i ragazzi e non rimangano solo dei pezzi
di carta?
· Come facciamo a far diventare il progetto
educativo strumento di pubbliche relazioni, per farci conoscere nella nostra
verità, in modo che ci domandino quello che sappiamo fare e ci stimino per
quello che siamo?
dal diario di Paola
IL GIOCO DEGLI SCACCHI E LE DIFESE DI FRONTE AL
CAMBIAMENTO
Mi sono sempre domandato perché è così difficile fare progetti
in coca, specie il progetto educativo. La risposta che mi sono data forse è
semplicistica e consolatoria. Noi viviamo una situazione complessa e in continuo
cambiamento. La realtà dei ragazzi, dei capi, delle attività educative è in
continuo movimento. Proprio per questo ci occorre un modello di riferimento, per
non vivere alla giornata, a risolvere problemi che si presentano di giorno in
giorno, senza sapere verso dove andiamo. Almeno, se abbiamo preparato un
progetto, abbiamo un elenco di risultati attesi, di cose che vogliamo che
succedano, di obiettivi che vogliamo raggiungere. Solo così possiamo fare le
verifiche e vedere se sono successe le cose che ci eravamo ripromessi.
Ogni volta che si parla di progetto e quindi anche di cose
da cambiare, viene fuori in coca una tendenza pericolosa, da combattere: lo
leggevo in faccia ai Capi che erano alla riunione di coca. È come se ogni
proposta, come se ogni critica venisse fatta per gli altri e non per se stessi.
È una tendenza pericolosa, che viviamo tutti, capigruppo compresi. Quella che fa
dire ad ogni capo: "È buono ma non mi tocca", "Va bene ma io non c'entro".
Scattano in noi, istintive, le difese verso il cambiamento. Non possiamo
permetterci di "progettar facendo" come pensa qualcuno, ma non possiamo nemmeno
fare dei progetti deterministici, in cui tutto può essere previsto. Non
progettiamo un palazzo o una macchina. Abbiamo a che fare con situazioni che ci
cambiano continuamente nelle mani. È come quando si gioca a scacchi. Prima di
cominciare occorre avere un progetto e una strategia per giocare la partita, ma
occorre anche cambiare strategia, tattica e mosse a seconda delle mosse
dell'avversario. Quindi scegliamo con flessibilità la strada migliore,
considerando sempre i vincoli che ci legano. Quest'anno avevamo fatto conto
della disponibilità di Andrea per i lupetti, ma ha trovato lavoro a Milano.
Quindi siamo nei problemi e dobbiamo vedere se lo possiamo sostituire. L'ha
sostituito Francesco. La domanda fondamentale che ci faremo sarà: "La qualità di
scoutismo" che possiamo prevedere per i lupetti, con le forze che abbiamo, è
sufficiente? Se è una situazione accettabile e solo passeggera si va avanti. Se
non ci sono sviluppi futuri si chiude e si mandano i ragazzi agli altri gruppi.
Possiamo credere nei miracoli, quindi rischiare, ma non sulla pelle dei figli
degli altri. L'analisi e l'evoluzione delle forze in campo è un vincolo troppo
importante, fondamentale per programmare il presente e il futuro e cercare di
risolvere le situazioni di emergenza. Pensiamo che Francesco, anche se è
giovane, possa fare bene.
Da"Alice nel paese delle meraviglie"
"Vorrei andarmene"
"Ma dove vuoi andare?"
"Non lo so,
non mi importa, mi basta andare"
"Senza sapere dove vuoi
andare, non puoi in realtà andartene. Il tuo andartene vuol dire perdersi.
Per andare in un posto occorre prima di tutto sapere dove
si desidera andare."
dal diario di Paola
LA BARCA A REMI
L'immagine della barca a remi mi è
sempre piaciuta. La sua strada è determinata da tantissime forze, che sono le
nostre, ma anche quelle della corrente, dei remi, della lunghezza e del peso
della barca, della direzione che voglio prendere. Sono tutti vincoli. Non
possiamo progettare senza considerare i vincoli. I nostri vincoli poi, come
nella barca a remi, non sono tutti e sempre fissi: sono spostabili verso l'alto
o verso il basso. Possiamo avere una situazione in cui il tempo dei capi aumenta
o diminuisce. Ne dobbiamo tener conto. Se poi capitano degli imprevisti, il buon
senso, le tradizioni e le soluzioni tampone ci fanno risolvere i problemi. Così
come non possiamo considerare di progettare senza considerare che le risorse
sono anch'esse modificabili. Per sostituire Andrea che è andato a Milano abbiamo
utilizzato Francesco. Siamo tranquilli perché lo staff è preparato e Marta e
Lucia hanno esperienza da vendere. Pensiamo che Francesco, dopo i campiscuola e
un anno di esperienza, lo possa sostituire bene.
dal diario di
Onorato
LA SCENEGGIATA NAPOLETANA
"Non ce la faccio! Il
tempo è troppo poco!
E io, al solito gli rispondo:
"Il tuo tempo lo usi per cose che ritieni più
importanti!".
Smettiamo di fare la sceneggiata del poco
tempo, del sacrificio, della stanchezza. Tanto lo sappiamo benissimo che se un
capo fa servizio è perché gli piace ancora e ci trova le motivazioni serie. Se
questo piacere manca o queste motivazioni vengono a calare, siamo noi a dirgli
di smettere. Nessuno deve fare il capo per forza. Neanche per emergenza e per
sacrificio. Uno che non si diverte e non è convinto non convince nessuno,
specialmente i ragazzi. Quindi smettiamola di recitare questa farsa!
PALETTI
Il capogruppo deve:
vigilare e
qualche volta "obbligare" i capi a realizzare programmi di unità fedeli al
Progetto
prendersi cura che la verifica delle attività
di unità venga svolta sugli obiettivi del Progetto Educativo, sui risultati
attesi, sulla fedeltà agli impegni da parte dei capi
garantire un sano equilibrio:
a -
tra attività formative personali vissute nel territorio
b - attività formative di Coca
c -
momenti associativi di formazione tra lavoro di Coca di gestione del gruppo e
attività coi ragazzi.
Tutto
questo a vantaggio dell'unico vero obiettivo della Coca: un efficace lavoro
educativo verso i ragazzi del gruppo.
dal diario di Onorato
Il progetto educativo: il pavimento
Anche stasera
ho detto a riunione che il nostro compito è quello di rendere concreto il
progetto educativo della coca. Se penso a tutta la fatica che abbiamo fatto per
farlo! Certamente non è stato tempo perso. È stata l'occasione per capire di
nuovo, per entrare nei discorsi, per "vedere avanti": solo a questo serve il
progetto. Progettare significa quindi vedere la strada che si deve fare. A volte
ci dimentichiamo che lo scopo del progettare non è il progetto ma l'educazione e
la crescita dei ragazzi. È un sogno che dividiamo in piccoli passi da fare
assieme come Comunità Capi per migliorare la proposta educativa. Se il Progetto
Educativo non c'è o non funziona, significa che non funzioniamo come Capigruppo,
visto che questo è il nostro compito fondamentale. Noi abbiamo cercato di farlo
agile, breve e concreto. Ci siamo detti che doveva stare tutto in due facciate
di fogli da computer. Massimo, che ha la memoria lunga, voleva tagliare tutto
quello che non si era riusciti a fare. "È inutile metterci quello che non faremo
di sicuro!" ha detto. Si trattava del problema dell'inserimento nel territorio,
che ogni anno ci mettiamo, per poi dirci che non ce l'abbiamo fatta. Io mi sono
opposto e per fortuna con me si è opposta buona parte della coca. Il progetto è
anche una scommessa e uno stimolo. Non è solo un atto notarile di quello che
sappiamo fare, ma deve contenere anche quello che è giusto fare. E poi bisogna
mettersi d'accordo sulle parole, anche quelle che ci sembrano più normali e
tranquille. Mi ricordo che l'anno scorso, prima di partire a stilare il
progetto, ci siamo chiesti, come coca, cosa significavano certe parole, quelle
che formano il pavimento delle nostre scelte, Dio, il servizio educativo ai
ragazzi, le motivazioni del servizio. Ne abbiamo approfittato per dirci quello
che si pensava e, specialmente, quello che si viveva quando si dicevano queste
parole. Entravano varie persone dal clan. È stato per noi un momento fondante
della coca. La regola del gioco era questa: per le due sere che abbiamo
utilizzato nessuno doveva parlare dei ragazzi: infatti, di fronte a questi
problemi, abbiamo la tendenza a pedagogizzare, a nasconderci dietro ai ragazzi
per non metterci in mutande, per non scoprirci. Su questa regola io e Paola
siamo stati drastici e ha funzionato. Poi siamo andati a scegliere i capitoli,
cioè le emergenze legate alla nostra situazione reale e le abbiamo divise tra
gli obiettivi educativi per i capi e quelli per i ragazzi. Ne è venuta fuori
questa lista:
· catechesi
·
manualità
· rapporti tra i ragazzi
· avventura
· il territorio, vivere
la città e senso politico
C'erano altre cose importantissime, ma queste erano le più
urgenti e queste abbiamo messe nel progetto.
dal diario di Paola
IL PROGETTO EDUCATIVO E I PROGRAMMI
Io e Onorato si
continua a rendere presente il progetto educativo nelle riunioni, nella
progettazione delle attività e nelle verifiche. Anche se la cultura del Progetto
Educativo è in buona parte entrata nei gruppi, c'è ancora la tendenza a sentirlo
come uno strumento burocratico o un idolo intoccabile e quindi inutile, da
dimenticarsene dopo averlo fatto, magari proprio perché abbiamo fatto troppa
fatica a farlo. Fare il Progetto Educativo, verificarlo e rivederlo, utilizzarlo
concretamente è una difficoltà, ma ti permette di sapere dove vuoi andare, e
alla fine fa risparmiare tempo e fatica quando si opera con i ragazzi. Abbiamo
fatto la scelta di scegliere obiettivi visibili e misurabili, certe cose che si
fanno o no: se a catechesi abbiamo detto che si legge in EG tutto il vangelo di
Luca, o l'abbiamo fatto o no. È chiaro che non si misura facilmente la qualità e
l'efficacia della proposta. Ma se i ragazzi, "fisicamente" hanno letto il
vangelo di Luca, lo possiamo sapere.
DOBBIAMO RIVEDERE IL PROGETTO EDUCATIVO
Abbiamo
bisogno di rivedere il progetto educativo. Alcune ipotesi che avevamo fatto
l'anno scorso ci sono saltate. Da che si voleva aprire il secondo branco adesso
dovremo correre ai ripari per tenerne aperto uno. Il Progetto Educativo non deve
diventare una gabbia rigida e poco flessibile, che non permette di adattarsi ai
cambiamenti o alle situazioni che possono capitare: questo significa avere un
collegamento emotivo e ideale ma anche concreto con la Comunità Capi, che
permette di non arroccarsi mai sulle cose, ma di tenere sempre presenti i
cambiamenti continui che avvengono in una situazione che è sempre in movimento,
proprio perché i ragazzi e gli avvenimenti cambiano continuamente, come sta
capitando a noi. Prendiamo quindi all'inizio dell'anno altre decisioni, ma ci
domandiamo contemporaneamente se con un po' di coraggio ce la facciamo
ugualmente o no, anche perché se vogliamo la perfezione e la sicurezza su tutto,
non si fa nulla.
Che sia a volte un nostro difetto
questa esigenza di volere le cose fatte alla perfezione e che ci sia tutto? Il
rischio è di non muoversi mai, perché non avremo mai tutte le situazioni e le
sicurezze che sarebbero necessarie.
FONDAMENTA. Il progetto educativo e il progetto del
capo
Il problema più difficile da affrontare per il Capogruppo non sono
certamente l'analisi della realtà o le attività concrete da programmare per i
ragazzi ma la ricerca dei valori e i veri atteggiamenti che i Capi hanno verso
di essi. Questa analisi dei valori è una grande occasione di approfondimento
personale (es. idea sul lavoro, sui soldi, sulla morte, su Dio ecc.). Questi
problemi e visioni dei Capi non entrano direttamente nel Progetto Educativo ma
ne formano la base, perché sono le idee fondamentali che lo influenzano. Infatti
l'analisi dei valori dei Capi è importante quanto quella dei ragazzi. Se poi il
Progetto Educativo è diventato alla fine uno strumento troppo ideale e
analitico, lo lasciamo poi nel cassetto, perché è solo uno strumento teorico; se
è troppo superficiale rischia di diventare un inutile elenco di cose da fare e
allora è diventato un programma. Per riuscire a fare il Progetto Educativo sono
necessari nella Comunità Capi e in ciascun Capo una serie di prerequisiti che
vanno razionalizzati prima di procedere. E sono quelli che sono dentro di noi e
possiamo identificare con lo strumento del Progetto del Capo. Veronica dice che
ogni volta che se ne parla gli dà ansia. Significa che stiamo sbagliando
qualcosa: il progetto del capo non deve dare ansia. Quando lo affronteremo
occorrerà tenere conto anche di questo aspetto.
NODI
Il nostro progetto educativo è
· Attuabile sì no
· Concreto sì
no
· Verificabile sì no
Quindi alla fine del lavoro della stesura del progetto ogni
Capogruppo, insieme con la Comunità Capi, si dovrebbe fare queste domande:
· se è realizzabile, anche se con fatica
· se è concreto anche se con l'utopia
· se è verificabile con l'onestà e la lealtà
Se la risposta a tutte tre è
affermativa allora abbiamo fatto davvero un Progetto Educativo.
Altrimenti bisogna cambiarlo perché abbiamo fatto un'altra
cosa.
SVILUPPO E FASI
Diventa importante per il
Capogruppo organizzare con la
Comunità Capi lo sviluppo
e le fasi della progettazione
del Progetto Educativo.
Significa stabilire assieme:
·
le fasi della progettazione fino al documento finale e alla presentazione
· i tempi per l'ideazione e le riunioni di Comunità
· Capi necessarie e i fine settimana
· la durata per l'attuazione e i tempi e i modi della
verifica
Il Progetto educativo,
secondo l'esperienza e l'elaborazione fatta propria dall'AGESCI, si articola
nelle seguenti fasi:
· Come sono i ragazzi ora?
· Come vorrei che i ragazzi fossero?
· Come faccio a farli diventare come vorrei?
la Comunità Capi si interroga su
se stessa usando il:
· patto Associativo
· analisi d'ambiente
· definizione
degli obiettivi (ragazzi Capi territorio)
· definizione
delle priorità
· analisi delle forze
· redazione dei programmi
·
verifica (tempi e modi)
ATTENZIONE!
Oltre che essere leggibile da tutti, il documento finale
dovrebbe essere anche sintetico e scarno. Non occorrono le dissertazioni
culturali e nemmeno le analisi sociologiche. Deve essere in possesso di tutti di
tutti i Capi.
dal diario di Onorato UNA RIUNIONE DI COCA CHE HA
FUNZIONATO Ha funzionato!
Abbiamo chiesto ai capi
appena entrati in coca di organizzare una riunione sui problemi che suscita il
Patto Associativo e confrontarli con le risposte dei più anziani della coca. È
stata un'occasione per tutta la Comunità Capi che si è interrogata sulla sua
adesione al Patto Associativo, sul suo modo di vivere la proposta di fede, sul
suo modo di vivere la scelta educativa come scelta politica. Vengono
riverificati i fondamenti del Metodo, non come teoria ma come pratica nel nostro
Gruppo. Praticamente la domanda fondamentale è nella lettura dei valori in cui
la Comunità Capi crede e nella verifica del divario della situazione
concreta.
GRUPPO ROSIGNANO 1
Progetto di Coca
1. MIGLIORARE LA
CONOSCENZA DEL METODO
APPROFONDIRE ALCUNI TEMI DI METODO
CHE RIGUARDANO: L/C E/G R/S
Come?
- Riunioni di trapasso nozioni a tema (da scegliere) per
branche organizzate dai capi a disposizione.
- Riunioni
a tema di Coca su vari argomenti (Temi proposti: catechesi sacramentale dei
bambini / ragazzi - Progetto del capo - Parlare dei ragazzi).
- Riunioni di Zona di branca
-
Riunioni di Coca di Zona: Uscita di Zona
- Confronto sul
tema della diversità nello scoutismo (handicap)
-
Verifica P d.C.
- Campi Scuola / - Manuali di metodo
- incontri per i tirocinanti
APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DELLE STRUTTURE AGESCI
Come?
- Riunioni a tema
- Stampa associativa
-
Partecipazione ad eventi di Zona e Regionali (es. Assemblee)
- Partecipazione al Comitato di Zona (Luca Arzilli)
- Partecipazione ai Consiglio di Zona (Luca Bolognesi e
Rita Falagiani)
ACQUISIRE MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA DEL
PROPRIO SERVIZlO
Come?
Confronto
sul tema "il Servizio" - Attività sulla motivazione al Servizio
INDICATORI DI VERIFICA (Come si
considera raggiunto un obiettivo?)
- Nº dei
partecipanti a campi scuola o ad eventi di formazione (ottimale se i nuovi
entrati hanno partecipato tutti ad un campo scuola, gli altri ad un evento di
formazione)
- N° di riunioni di trapasso nozioni
organizzate (almeno 2 per branca)
- Partecipazione alle
riunioni di branca di Zona
- I capi durante l'anno hanno
imparato qualcosa di nuovo? Che cosa?
- Ci siamo posti
delle domande sulla motivazione al Servizio?
- Abbiamo
sciolto alcuni nodi, risolto alcuni dubbi di metodo (vedi argomento della
diversità nello scoutismo)
- Grado di partecipazione
agli eventi (assemblee zonale e regionale)
dal diario di Paola
L'OMBRELLO E ANALISI DELL'AMBIENTE
Abbiamo deciso
che all'inizio conviene cominciare l'analisi da soli, senza apporti esterni alla
coca, per cominciare ad entrare nel problema. Poi si coinvolgono i ragazzi (modi
tempi strumenti adatti all'età), e i genitori: sono un osservatorio importante:
è necessario tener conto delle loro valutazioni, provocarle e accettare
suggerimenti. Si incontreranno altri giovani anche di altre associazioni, e
anche la Parrocchia, che ha un Progetto Pastorale che parte dall'analisi
d'ambiente. Occorre che noi troviamo e sfruttiamo quello che è già stato fatto.
Enrica ha ricordato l'errore dell'altro progetto educativo, quando ci abbiamo
messo così tanto tempo, specialmente per fare una bella analisi d'ambiente,
mentre nel frattempo i ragazzi e le situazioni sono cambiate.
Questo l'elenco delle persone da incontrare, anche assieme,
per non utilizzare troppe serate:
· parroco
· catechisti
· responsabile
caritas
· un responsabile della circoscrizione
politica
· un assistente sociale
· un insegnante significativo che insegna da tanti anni nel
quartiere
· …
RICORDARSI DI PRENDERE IN CONSIDERAZIONE:
· aspetto numerico
· rapporto ragazzi-ragazze
·
capi\assistenti,
· dinamica dei passaggi di Unità,
· durata del servizio dei Capi,
·
criteri per la nomina di nuovi Capi,
· disponibilità di
tempo di Capi, loro punti di forza e di debolezza ecc.
ALLA FINE
IL RAPPORTO CHE C'E' TRA IL PROGETTO E IL PROGRAMMA E' LO STESSO CHE C'E' TRA IL
PENSARE E IL FARE
dal diario di Onorato
AGITARSI. LA DISPONIBILITÀ DEI CAPI E IL FUTURO DEL
GRUPPO
È perfettamente inutile agitarsi. I nuovi capi al massimo ti possono
dare la disponibilità per un anno, perché non sanno nemmeno loro cosa faranno
l'anno prossimo e non se la sentono di impegnarsi su tempi lunghi. Se fanno
l'università le cose poi si complicano. Se sono seri va tutto bene, e si
organizzano in funzione degli esami e presumibilmente pensano guardando agli
anni della laurea, e quindi si immaginano abbastanza stabili. Noi ci ricordiamo
ancora di qualcuno che al momento degli esami si eclissava. Da noi, nella staff
e/g tendono a lavorare tutti di staff, con pari impegni e dignità, così, possono
sterzarsi gli impegni tra l'uno e l'altro. Questa è la realtà ed è inutile
agitarsi. Se aspetti che tutti i capi abbiano risolto i loro problemi di lavoro
e di famiglia, quando quindi le situazioni sono stabilizzate e uno, con una
certa sicurezza, può dire cosa farà fra qualche anno, non esisterebbe nessun
gruppo. D'altronde quello che chiediamo ad un capo, in termini di tempo e di
fatica emotiva, è fuori da ogni parametro di "normalità" ai nostri tempi. Il
rischio, che occorre evitare, è quello dei capi che per fare bene servizio fanno
male il loro dovere. Dovremo prendere una decisione di coca. Sarà un lavoro di
verifica in occasione del progetto del capo: chi è nella situazione di non fare
il proprio dovere di lavoro o di studio, è bene che si prenda una pausa dalla
coca. Noi ci arrangeremo, eventualmente lasciamo a casa i ragazzi, ma non è
giusto che uno si rovini per gli scout. Nella realtà, spesso, vedi che i più
impegnati sono anche quelli che riescono a conciliare tutti gli impegni, magari
con sacrificio, ma anche con l'intelligenza di essere molto avari nel buttare
via il tempo. Questi capi diventano spesso le persone più stimolanti in coca,
perché non ti permettono di buttare via il loro tempo. C'è Francesca che è così.
Non accetta che si butti via il tempo, sia nelle riunioni sia nelle altre
situazioni e diventa uno stimolo costante per noi capigruppo. Per lei il tempo è
sacro. E noi che organizziamo il tempo degli altri dobbiamo rispettarlo al
massimo.
NODI
· Discorso sull'incertezza delle
forze future
· Occorre conviverci e accettare questa
realtà o non affidare a questi capi i ragazzi?
· C'è il
rischio di avere capi più strutturati ma più vecchi e a volte meno motivati?
· È giusto che i ragazzi abbiano come capi degli educatori
a tempo parziale?
· È giusto rischiare la famiglia o i
rapporti o il lavoro per colpa degli scout?
· Come fare
ad educare all'uso intelligente del tempo?
dal diario di Paola
...E SI VALUTANO LE RISORSE
Ci siamo chiesti in coca quali
erano le nostre risorse. Non mi ricordo perché siamo andati su questo discorso,
ma mi sembra che qualcuno ha detto che prima di progettare era bene capire con
quali risorse ci si muoveva.
Le risorse sono le persone
della Comunità Capi insieme con il tempo che abbiamo promesso di dedicare al
servizio educativo dei ragazzi. È una risorsa l'esperienza e la nostra
preparazione legata anche alla formazione capi che abbiamo completato. Veronica
dice che fanno parte delle risorse anche quei ragazzi che noi vediamo in
prospettiva come adatti a fare i capi. Non abbiamo voluto aprire il solito
tormentone della funzione del clan, che non è una fucina di capi per
l'associazione, ma è sbagliato non tener conto, almeno come desiderio, di
ragazzi che vediamo che dopo la partenza faranno la scelta di fare i capi
dell'associazione.
Sandro dice che anche i genitori sono
una risorsa, specialmente il loro atteggiamento verso di noi. Dice che noi scout
abbiamo la tendenza a considerare i genitori un impedimento e non una risorsa da
sfruttare per certe situazioni. È una risorsa anche l'atteggiamento dei genitori
verso di noi, se è positivo e i rapporti positivi della Parrocchia e le
pubbliche relazioni, che vuol dire anche le persone che ci stimano e ci aiutano.
È una risorsa anche la sede e tutto l'apparato logistico nostro, della
parrocchia e dell'associazione.
PALETTI
Le
risorse non in ordine di importanza
· Sede
· Tempo dei capi
· Capacità educativa dei capi
·
Esperienza
· Fama
· Rapporti con
l'esterno positivi
· Possibili capi futuri
· Atteggiamento dei genitori
· Fama
che abbiamo nel territorio
dal diario di Paola
I GENITORI ARRABBIATI E OFFESI
Siamo stati proprio
superficiali! Abbiamo fatto una grossa stupidaggine! Abbiamo presentato ai
genitori il progetto educativo ieri sera. Tutto bene e corretto in teoria!
Abbiamo parlato di ambiente degradato, di famiglie che propongono ai ragazzi
valori diversi e contrari ai nostri. Ma non ci siamo posti il problema che
l'analisi dell'ambiente, che parla dei genitori, anche se a livello generale,
dei loro problemi, delle carenze di certe famiglie, certamente poteva portare a
reazioni come ieri sera. Alla gente non piace essere giudicata in quello che è o
in quello che pensa.. Ci siamo un po' barcamenati, ma l'errore c'era. Dobbiamo
essere elastici e intelligenti a presentare certe analisi ai protagonisti.
Questo non significa non dire la verità ma solo stare attenti a non scatenare
polemiche perfettamente inutili. Dopo la riunione con i genitori ogni capo aveva
l'incarico di raccogliere dal maggior numero di genitori con cui era in contatto
le "impressioni di ritorno" (suggerimenti, smentite, disponibilità). Non abbiamo
raccolto molto perché il clima non era giusto. Se ne parlerà alla presentazione
dei campi estivi, quando il clima sarà certamente migliore e si opererà a
livello personale tra capi e genitori. Occorre fare due versioni del progetto
educativo, una per l'esterno e una per l'interno? Penso che alla prossima
occasione ci porremo il problema. Non so cosa faremo.
D'altronde il progetto nostro educativo vogliamo farlo
conoscere: abbiamo cercato di trasformarlo in uno strumento di pubbliche
relazioni, da far conoscere ai genitori, alle associazioni, agli enti locali e a
tutte le associazioni vicine, specie nella parrocchia. Onorato ha ragione: dice
che se la gente ci chiede delle cose sbagliate è perché pensa cose sbagliate di
noi ed è colpa nostra. Il progetto educativo deve diventare uno strumento utile
per far sapere agli altri quello che siamo veramente.
Per fortuna il capitolo sulla parrocchia era
tranquillo.
PALETTI
A chi presentare il Progetto?
· alla parrocchia
· ai genitori
· alla Zona
· ai gruppi attivi nell'area del volontariato
· ad altre associazioni
· alla
circoscrizione o al comune
dal diario di Onorato CE LA
SIAMO VOLUTA: I GENITORI ARRABBIATI Ieri abbiamo avuto la reazione arrabbiata
dei genitori e ce la siamo voluta. A volte ci sono analisi e notizie che non
sempre è opportuno divulgare e spesso certe analisi d'ambiente diventano
offensive e comportano le reazioni risentite dei genitori. È anche un discorso
di rispetto della privacy. D'altronde, presentare il Progetto Educativo è
importante, perché mostra ai genitori che non siamo gente che fa solo giocare i
loro figli. La stessa cosa vale per il Consiglio Pastorale e diventa, oltre che
strumento di rapporto concreto, anche occasione di confronto con il Progetto
Pastorale della Parrocchia. La prossima volta non faremo questo
errore.
PALETTI
È sempre meno significativa la provenienza territoriale e
più importante la provenienza sociologica. di solito i nostri ragazzi sono molto
simili tra di loro perché sono simili le famiglie di provenienza, di solito del
ceto medio e comunque gente che si è fatta la domanda educativa. quindi i valori
e le situazioni sono simili per tutti gli scout da qualsiasi parte della città o
del paese provengano. chiaramente a questa regola ci sono le eccezioni, specie
per i quartieri nei quali l'omogeneità è data dall'emarginazione.
dal diario di Paola
I PROGETTI DI UNITÀ
La scorsa riunione di coca
abbiamo verificato i progetti delle unità. L'abbiamo fatto assieme, anche per
sottolineare che la base del progetto di unità era il progetto educativo. Ogni
staff ne aveva una copia e hanno cercato di pensare le attività di branca per
rispondere, nella programmazione, agli obiettivi concreti del progetto. Alla
bozza presentata dalle branche hanno lavorato le altre branche. Alla fine ci
sono state le spiegazioni. Ha funzionato, anche per sottolineare che è ora di
capire il metodo nella sua completezza, non solo nella propria branca.
USCITA DI VERIFICA DEL PROGETTO EDUCATIVO
Siamo
ritornati dall'uscita di coca per la verifica del progetto educativo. Abbiamo
voluto farla prima dell'inizio delle attività con i ragazzi. In coca abbiamo
deciso che prima ci diamo il tempo per fare una vera verifica, che vuol dire
anche riprogettare e vedere cosa si può migliorare, poi si aprono le unità.
Praticamente c'eravamo tutti. Abbiamo creato un clima di gioco e di serenità in
uscita, per discutere meglio. Io penso che il clima, lo stare bene assieme,
favorisce l'accoglienza dell'altro, delle sue idee e del suo modo di fare. Io e
Onorato ci siamo detti che tutto il tempo che si usava per creare il clima
giusto poi lo recuperavamo nella discussione e nello scambio delle idee.
L'abbiamo detto a tutti i capi: era un momento troppo importante di crescita per
mancare. Abbiamo voluto che la verifica del Progetto fosse frutto del contributo
di ciascun capo della Coca.
Tutte le decisioni e gli
obiettivi sono stati condivisi e discussi. Si supera la dimensione del singolo e
si fa uscire la dimensione comunitaria. Il progetto sarà tanto più valido e
attuato concretamente quanto più sarà stato partecipato. Abbiamo ottenuto che
ogni capo lavorasse in maniera serena, accettando anche i limiti propri e di
tutti, con un atteggiamento di pazienza. Queste affermazioni sembrano teoriche
ma nel lavoro del Capogruppo diventano gesti, climi, attenzioni perché il
momento venga sentito dalla Coca come fondamentale. Un pericolo che abbiamo
avuto, ma per fortuna l'avevamo previsto io e Onorato, era il rischio dei
sapientoni e di coloro che hanno le soluzioni e sanno già tutto. Questo rischio
di saper già tutto è implicito ogni volta che si vuol approfondire qualche
argomento. Il rischio è il solito: il rapporto tra chi ha esperienza e chi no.
Bisognerà arrivare a che tutti riescano a dire la loro. Ma i giovani capi hanno
ancora una specie di rapporto di dipendenza psicologica dai loro vecchi capi. Se
il rapporto è stato buono ed è rimasta la fiducia e la stima, le cose si possono
risolvere. Invece se il rapporto è stato conflittuale, il conflitto si riporta
in coca. L'importante che il clima e l'atteggiamento sia quello della ricerca
del nuovo, del più profondo, del superamento del livello banale e superficiale e
di quelle cose che riteniamo così risapute che non vale la pena discuterci.
L'attenzione è proprio verso quello che è sicuro e tranquillo, perché il
Progetto Educativo diventa occasione per ridircelo e spesso diventa anche
strumento di nuova visione delle cose vecchie, specialmente se sono viste da
altre persone che la Coca incontra per questo scopo.
dal diario di
Onorato
I POSTI HANNO UN'ANIMA
Non è stato indifferente il
posto che abbiamo scelto per l'uscita di coca. Il fatto di aver vissuto la
giornata al ritmo della preghiera delle monache di clausura di Guardistallo, il
fatto di vivere in quel luogo di silenzio e di preghiera ci ha certamente
aiutato. I posti sono strumenti educativi. Noi lo sappiamo bene quando portiamo
i ragazzi in montagna o nel bosco. Anche quel luogo l'abbiamo scelto bene, in
funzione di quello che si doveva fare. Abbiamo potuto utilizzare il deserto come
metodo di ripensamento personale, e ha funzionato. Avevo ottenuto dalle monache
di poter usare una parte lontana dai visitatori, per cui non ci sono state
distrazioni, e la necessità di obbedire al ritmo che ci dava la campana del
monastero, che invitava alla preghiera delle ore, era diventata uno stimolo a
non perdere tempo e a concentrarci nella ricerca delle soluzioni.
PALETTI
UN'IPOTESI SUI TEMPI DI REALIZZAZIONE DEL PROGETTO
EDUCATIVO
· analisi della
situazione del Gruppo analisi d'ambiente - riunione lunga di Comunità Capi
· incontri con coloro che conoscono il territorio - due
riunioni
· riferimento ai valori - fine settimana in
uscita di Comunità Capi - occasione di revisione e verifica del progetto del
capo
· aree di impegno prioritario - una riunione di
Comunità Capi
· presentazione dei programmi di Unità -
tre riunioni di Comunità Capi, una per Branca più una parte di riunione per la
presentazione del programma di riunioni di formazione permanente di Comunità
Capi - verifiche - eventi quanti sono le aree di impegno prioritario
· presentazione del progetto ai genitori - un incontro dei
genitori di Gruppo
dal diario di Paola
IL POTERE NELL'AGESCI E L'ASSEGNAZIONE
INCARICHI
Strana cosa il potere in Agesci! Siamo come delle isole, delle
città stato, in cui ci sono dei rapporti con gli altri, ma la coca è sovrana e i
capi unità sono sovrani, salvo dare relazione alla coca, fino a che si fida di
loro. Ieri sera abbiamo deciso di assegnare gli incarichi. Ci sono pochi momenti
in cui possiamo esercitare il nostro potere come Capigruppo. Uno dei momenti
veri è l'assegnazione degli incarichi per le unità. Ieri sera il momento della
verifica delle Unità, è divenuto occasione di verifica della conduzione e delle
scelte educative dei Capi. In questo momento importantissimo il ruolo di noi
capigruppo diventa fondamentale. Le persone dichiarano la loro disponibilità
possibilmente per i tre anni, ma gli incarichi di servizio durano sempre un
anno, ed è fondamentale che la Comunità Capi si riappropri del diritto-dovere di
riassegnare ogni anno gli incarichi. Chiaramente, prima del mandato, c'è stata
la verifica puntuale di come le cose hanno funzionato, considerando sempre che i
ragazzi del Gruppo e delle Unità sono sotto la responsabilità di tutta la
Comunità Capi e non di un Capo o di uno staff. Questo significa che tutti
possono dire tutto e intervenire su tutto. Veronica diceva che lei con i lupetti
non ci poteva lavorare. Lei sa lavorare bene con i ragazzi più grandi, della
Branca Rover. Noi si prova ad accontentarla, anche se le esigenze e i problemi
più grossi erano nello staff del branco. Nell'assegnare gli incarichi è
abbastanza difficile riuscire a conciliare quelli che sono gli interessi
personali e le attitudini per una certa Branca con le esigenze del Gruppo. Sono
due necessità e due rischi contrapposti da valutare bene e da conciliare: il
rischio che un Capo possa fare il suo servizio solo per quello che è necessario
al Gruppo o che faccia solo quello a cui è portato. Quando la Comunità Capi ha
affidato l'Unità ad un Capo significa che si fida. Questo comporta che, a parte
le verifiche continue o le osservazioni e gli aiuti che ci diamo l'un l'altro,
nessuno interferisce tra il Capo e i ragazzi di fronte ai ragazzi. Tutte le
osservazioni, le critiche, quello che si viene a sapere, passa dai Capi e tra i
Capi. I ragazzi e i genitori possono trattare o con lo Staff o per problemi
generali col Capogruppo. Ma ieri Gigi ha visto dei ragazzi che litigavano fino a
rischiare di picchiarsi. Non erano suoi ragazzi. Si è domandato se doveva
intervenire. Ma i ragazzi non sono di nessuno in particolare. Sono dei loro
genitori e al massimo del gruppo. Abbiamo detto che un problema di una Branca o
un comportamento dei ragazzi è problema di ciascun membro della Comunità Capi e
interviene il Capo presente, in mancanza dei Capi della Branca quando qualcosa
non va, Gigi quindi doveva intervenire.
Ieri sera non
abbiamo fatto il tristissimo cartellone con le disponibilità. Dobbiamo inventare
una cerimonia per il mandato educativo, che viene affidato in maniera formale e
con le motivazioni a quella certa persona. La faremo in chiesa.
Il primo e più importante incarico da assegnare è
quello del capogruppo. Solo dopo si comincia a pensare alle branche.
LE FORZE IN CAMPO
Le forze sulle quali poter
contare sono:
· i Capi che abbiamo
· le persone che pensiamo di poter reclutare dall'esterno,
gli extrassociativi
· i ragazzi che hanno preso la
Partenza dal Clan e che hanno manifestato liberamente e senza spinte e ricatti
psicologici la volontà di svolgere un servizio educativo in Associazione
· i capi a disposizione che hanno la possibilità di
rientrare a fare un servizio
dal diario di Onorato
IL PESCE E L'ESCA
Da qualche tempo le liste di
attesa dei ragazzi sono quasi sparite. Noi ce lo spieghiamo con il calo delle
nascite, ma è una stupidaggine, perché la nostra percentuale di ragazzi sul
totale è così piccola, che il calo delle nascite influenza pochissimo. Che sia
finalmente venuto il momento in cui ci dobbiamo cercare i clienti? Finalmente si
passa da essere bottegai che aspettano i clienti in bottega e diventiamo
ambulanti, che i clienti se li vanno a cercare per le strade.
Comunque qualcosa sta succedendo se non ci cercano. O la
nostra immagine si è appannata e quello che facciamo non attira più i ragazzi e
i genitori, oppure stiamo proponendo un'esca che non attira più il pesce. E per
prendere il pesce, per agganciarlo gli va data l'esca che vuole lui. Lo sappiamo
bene noi che si vive in una città di mare!
NODI
Perché c'è un calo nella domanda di scoutismo da noi?
Perché è diventato sempre più importante avere la branca l/c per il
reclutamento?
Quali sono i problemi e le agenzie
educative che ci fanno concorrenza?
Quali aree dobbiamo
battere per diventare ambulanti piuttosto che bottegai?
UN
ESEMPIO DI VOLANTINO DA AMBULANTI PER I GENITORI
(l'abbiamo distribuito alle messe e davanti alle scuole)
AGESCI Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani -
Gruppo di …
LA CARENZA PIÙ
GRANDE
SONO GLI ADULTI SIGNIFICATIVI
PER I RAGAZZI
UNA MANO
UN AIUTO
PER EDUCARE
TUO FIGLIO?
NON FACCIAMO MIRACOLI,
MA CON IL METODO SCOUT
I FRUTTI
LI RACCOGLIAMO
NELL'ETÀ DEI PROBLEMI
E ANCHE UN PO' PRIMA
SI SONO RESI
DISPONIBILI ALCUNI POSTI PER RAGAZZI E RAGAZZE DEL QUARTIERE DI ETÀ SCUOLA MEDIA
ED ELEMENTARI.
PER ULTERIORI NOTIZIE TELEFONARE A
FRANCESCA tel…
MASSIMO tel...
QUESTO IL VOLANTINO PER I RAGAZZI
(davanti alle scuole, nei posti di gioco e alle messe)
AGESCI Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani Gruppo
di …
GIOCARE CON GLI AMICI IN
BANDA
VIVERE AVVENTURE NEI BOSCHI E SULLE MONTAGNE
IMPARARE AD ARRANGIARSI NELLE SITUAZIONI DIFFICILI
AVERE DEGLI AMICI ADULTI CON CUI PARLARE
AVERE L'OCCASIONE DI PENSARE
SI
SONO RESI DISPONIBILI ALCUNI POSTI PER RAGAZZI E RAGAZZE DEL QUARTIERE DI ETÀ
SCUOLA MEDIA ED ELEMENTARI.
TI INTERESSA?
PER ULTERIORI NOTIZIE TELEFONARE A
FRANCESCA tel. MASSIMO tel.
dal diario di Paola
LE ISCRIZIONI
Ci siamo dati i criteri per le
iscrizioni. Ci siamo accorti che molti ragazzi venivano da fuori zona e troppi
erano figli di scout. Siccome nel nostro progetto educativo c'era l'obiettivo di
radicarsi di più nel quartiere, abbiamo deciso di favorire le iscrizioni dei
ragazzi che abitano vicino e di cercarci un po' di problemi. Cercheremo i
ragazzi con situazioni di emarginazione. Andremo a cercare i ragazzi che non ci
cercano, nei cortili e per le strade e nelle scuole. Anche perché normalmente i
genitori che cercano gli scout hanno risolti i problemi vitali del mangiare e
della casa e possono interessarsi dei problemi educativi. È per questo che
abbiamo più facilmente i figli degli impiegati e dei professori piuttosto che i
figli di genitori che vivono situazioni problematiche. Anche i primi ad uscire
dagli scout sono proprio quelli che hanno più bisogno di noi. È un problema che
dovremo affrontare. Una Comunità Capi eterogenea e un gruppo di ragazzi di
provenienza eterogenea sono una ricchezza grande per il nostro Gruppo, anche
perché i problemi e le difficoltà con i ragazzi sono il sale del nostro metodo,
che è nato per i ragazzi di Londra che adesso si chiamerebbero "caratteriali".
Riguardo alle liste di attesa occorre dare dei criteri di gestione, in modo che
non si facciano delle ingiustizie. Abbiamo deciso di lasciare un paio di posti
per le situazioni di emergenza che non si possono rifiutare assolutamente. I
criteri delle iscrizioni fanno parte del Progetto Educativo, anche perché
analizzano le possibile scelte di sviluppo e di chiusura, per cui si fanno le
scelte relative riguardo alle iscrizioni.
Da noi i
vincoli numerici sono tassativi e i regolamenti di branca ci sono veramente
utili per evitare che facciamo degli errori metodologici madornali, specie nella
programmazione delle età dei ragazzi, che deve essere fatta in maniera
organizzata e razionale e considerando anche la programmazione a lungo termine e
il passaggio da una branca all'altra... con un po' di elasticità.
LA MANUALITÀ
I ragazzi lo scorso campo estivo hanno
fatto delle costruzioni al campo che facevano pietà. Sembrava che solo pochi
sapessero fare un nodo quadrato decente e c'è stato un grosso spreco di
materiali. Abbiamo vissuto una carenza nella proposta della manualità. Sarà bene
che la Coca lavori anche manualmente o comunque i singoli Capi approfondiscano
questa problematica con le parole e con le mani. Noi continuiamo a dare ai capi
le date dei campi di specializzazione per i capi e per i ragazzi, che possono
dare queste abilità. Spesso, infatti, le difficoltà e le carenze che si vedono
nei ragazzi sono le carenze che vivono i Capi, anche se ad un altro livello.
Nella nostra storia di scoutismo ci sono troppe parole e troppi pochi nodi e
occasioni per usarli?
Organizzare delle serate ora et
labora? Serve davvero?
Verificare non è solo andare a
cercare i difetti e gli errori, ma anche vedere le cose buone che abbiamo fatto
e che hanno funzionato per ripeterle magari in altri ambienti e contesti,
analizzando anche le ragioni che le hanno fatte funzionare.
dal diario di
Onorato
LA VERIFICA DELL'USCITA DEI PASSAGGI
Abbiamo fatto
la verifica dell'uscita dei passaggi. Dopo un'attività ci chiediamo: "Com'è
andata?" e la risposta normale è: "Bene!", che è la classica espressione che non
significa niente, anzi che significa soltanto che non sono successe cose
stravolgenti o non ci sono stati particolari cambiamenti. Ma la domanda che ci
siamo fatti ieri sera era un'altra: "Quello che abbiamo fatto nell'uscita dei
passaggi è fedele al Progetto Educativo? Abbiamo ottenuto quello che ci eravamo
proposto?".
Verificare significa valutare e valutare è
un sistema molto serio di maturazione per noi adulti. Quindi la valutazione di
un'attività non è assolutamente il finale noioso e inutile di un'attività ma è
un momento formativo. Abbiamo previsto un momento personale di silenzio. Questo
ha permesso a ciascuno di elaborare delle idee personali ed evitare che i leader
parlino per primi e poi tutti gli altri si adeguano. Questo momento di silenzio
ci dà la possibilità della maturazione, che non succede se cominciamo in modo
"democratico". Noi capigruppo facciamo iniziare gli interventi nel cerchio dalla
parte opposta dei capi con più esperienza. La valutazione di qualsiasi cosa deve
comprendere sempre i due momenti, quello individuale, delle impressioni
personali e quello della messa in comune di tutte le osservazioni. È chiaro che
nella valutazione rientrano tutti gli obiettivi del programma, che ha tenuto
conto degli obiettivi del Progetto Educativo. E' logico che le verifiche di
Unità vengono precedute e preparate dalle verifiche puntuali fatte alle riunioni
di Staff. Questo comporta una maggiore chiarezza nel momento della riunione e
permette di approfondire le cose più importanti. Noi usiamo partire dalle cose
che hanno funzionato e che sono andate bene: poi lo Staff racconta le cose che
non sono andate e cerca e discute i rimedi. In Coca arriva un argomento già un
po' digerito e affrontato. Il pericolo è che lavino i panni sporchi in famiglia,
se vivono un clima di critica e di tribunale. D'altronde non dobbiamo aver paura
di valutare le situazioni che sono andate male per paura di creare frustrazioni.
Il mio compito non è quello di fare il papà o la balia, ma di aiutare degli
adulti a sopportare anche delle situazioni negative. Se un giorno voglio sapere
come sono andate veramente le cose, ho anche altre strade, che ho già detto agli
staff, quella dei ragazzi e quella dei genitori. Ma queste strade le userò solo
il giorno che avessi dei dubbi sulla lealtà dei capi, e sarebbe un giorno
veramente triste.
PALETTI
Verifiche del clima di Unità
I RAGAZZI TRA DI
LORO
· sono amici anche fuori
dell'Unità?
· rapporto tra grandi e piccoli- come si
vive?
· stile - dobbiamo sviluppare una tradizione di
stile?
· parolacce - qual è l'atteggiamento di noi
Capi?
· Picchiarsi - succede? tra chi? sono sempre gli
stessi? Quali sono le situazioni che scatenano il picchiarsi e il litigare? In
quali momenti particolari? Cosa stanno facendo i capi in quel momento?
· clima del gioco lealtà - troppa foga? dobbiamo fare dei
giochi più calmi d'ora in poi?
· qualche genitore si è
lamentato perché il ragazzo è stato picchiato dai compagni?
· Abbiamo situazioni di ragazzi presi di mira dai compagni?
Cosa facciamo noi capi?
· qualche genitore si è
lamentato perché il ragazzo è stato preso in giro dai compagni?
· nei momenti comunitari di discussione o nei battibecchi
tra i ragazzi sono usciti episodi di emarginazione?
·
sappiamo chi sono i " ciccioni " dell'Unità? quelli presi in giro? (pericoloso
credere che perché reagiscono sorridendo va tutto bene) - Cosa facciamo per
loro? Come dobbiamo intervenire per difenderli e non emarginarli?
· i ragazzi partecipano a tutte le attività o ne scartano
alcune?
dal diario di Onorato
VERIFICHE DIFESA E ACCUSA
Noi spesso ci diciamo con
Paola e don Francesco che se per ogni riunione usiamo la stessa tecnica vuol
dire che non sappiamo fare il nostro mestiere. Allora abbiamo inventato una
bella tecnica per la verifica che unità. È il momento in cui servono i progetti
e i programmi. Si verifica punto per punto il progetto e si dà un giudizio
spassionato su come è andata. Occorre che stiamo attenti che non si crei il
clima di difesa o di accusa. Portano solo alla non verità e solo inutili. Quindi
si tratta di trovare le tecniche di animazione che portino agli stessi risultati
senza che ci si trovi in stato di accusa, pronti comunque a far risaltare le
cose belle per migliorarle e gli errori di ciascuno e trovare i modi per
risolverli.
Come evitare il noioso racconto delle
attività, che spesso interessa solo chi le ha vissute?
Noi usiamo vari tipi di
verifica:
le verifiche veloci
Sono
momenti di verifica che servono a far percepire quello che sta succedendo e come
è recepito da chi partecipa al lavoro. Sono immediate e legate maggiormente a
fattori emotivi, ma sono in grado di determinare subito se l'attività sta avendo
successo. Se l'attività ha un tempo più lungo di realizzazione, si prevedono
alcuni momenti in cui ci si possa esprimere cosicché chi non si sente coinvolto
possa manifestare il proprio malcontento.
le verifiche intermedie
Possono essere utilizzate se l'attività è lunga (progetto
educativo, attività di catechesi) o se si ha nettamente la sensazione che
qualcosa non stia funzionando (ad esempio a seguito di una verifica veloce).
Questo momento è maggiormente strutturato, in quanto può e deve, se si
verificano le condizioni, portare la coca a correggere le modalità di lavoro, le
strategie/mete, o, addirittura, a ridefinire gli obiettivi.
le
verifiche conclusive
Si possono prevedere due
momenti con finalità diverse:
verifica a caldo: momento
di verifica veloce da effettuarsi immediatamente alla fine di un'attività. Serve
a far esprimere il vissuto emotivo di chi ha partecipato all'esperienza, dando
priorità alla parte più spontanea e a ciò che è percepito globalmente (mente,
corpo, spirito). Mette maggiormente in evidenza il "come” si è lavorato;
verifica a freddo: momento più ragionato in cui vi è più
spazio per ragionamenti che siano stati elaborati nel frattempo e maggiore
attenzione al "cosa" si è fatto e al "perché". È importante prevedere un momento
di intervallo tra la fine dell'attività e la valutazione della stessa.
Se ci pensiamo bene, strumenti importanti del nostro metodo
quali il consiglio della rupe, il consiglio della legge, la verifica
comunitaria, il progetto del capo, la stesura del progetto educativo o dei
programmi di unità, Coca, ecc., sono di fatto momenti di valutazione e verifica.
Noi cerchiamo di usare tecniche di animazione che
portano a sentirsi liberi di comunicare il proprio Pensiero, a sentirsi
ascoltati ed accettati dagli altri in un'ottica di condivisione e correzione
fraterna.
LE VERIFICHE DEL COMPORTAMENTO DEI CAPI
Sul
versante del rapporto strettamente educativo verso i ragazzi, possiamo farci
queste domande:
· evitiamo le ironie?
· educhiamo al silenzio?
·
partiamo dal bene facendo un divieto?
· parliamo ai
ragazzi?
· parliamo con i ragazzi?
· facciamo parlare i ragazzi fra di loro?
· mostriamo come si fa?
·
controlliamo come fanno?
· facciamo mettere in pratica
quello che sanno?
· facciamo vivere l'esperienza scout
come un fatto personale?
· battiamo spesso sulle
motivazioni?
· riusciamo a far capire che è accettabile
essere differenti e che hanno diritto all'errore?
·
come aumentiamo in ciascuno la fiducia in sé?
· creiamo
un clima in cui ciascuno è accettato e rispettato?
·
riusciamo a trasmettere la gioia della scoperta e del gioco e dell'avventura e
del servizio?
· favoriamo l'autovalutazione?
· favoriamo il confronto delle idee?
dal diario di Paola
LA FRASE VIETATA. LE NOSTRE VERIFICHE
Da noi c'è
una frase vietata: « ... allora, come è andata?»
Può
estraniare coloro che per carattere sono poco portati ad esporsi o coloro che
hanno un'impressione negativa. Le tecniche di animazione che utilizziamo hanno
l'obiettivo di coinvolgere tutti.
Noi di solito si
comincia con quest'altra domanda: "Cosa ha funzionato?".
Solitamente siamo abituati a trovare i difetti e facciamo
fatica ad evidenziare i risultati migliori. È necessario sottolineare, comunque,
gli aspetti positivi, le cose che hanno funzionato, anche se è andato male
qualcosa, o si è insoddisfatti di come è andata complessivamente.
Noi cerchiamo di porre l'accento su ciò che vi è stato di
positivo. Noi cerchiamo valutare un'attività considerando due fattori: il
contenuto (cosa si è fatto) ed il processo (come si è lavorato), oppure in più
ambiti: l'organizzazione, la conduzione, le tecniche, il programma e il clima.
Le informazioni che nascono dalle verifiche le raccogliamo come cose preziose e
diventano il punto di riferimento del futuro. Per questo le scriviamo e le
usiamo ogni volta che c'è da riproporre lo stesso lavoro: per l'uscita dei
passaggi per prima cosa abbiamo guardato la verifica dello scorso anno per non
rifere gli stessi errori. Quest'anno ne saremo altri, diversi.
dal diario di
Onorato
IL RISCHIO DELLA COERENZA E LA PROPOSTA MONCA
"Io
sono coerente!"
Che sia un difetto e non più una virtù?
Mi suona come il libro di don Milani: la coerenza non è più una virtù (lui
diceva l'obbedienza).
Perché la scelta politica, a
livello educativo, è diventata una specie di cenerentola innominata e
dimenticata? O forse capita solo a noi? Mi Ricordo quando questa era la scelta
più discussa, più seguita e controversa. Su questa scelta si spaccavano i
gruppi. Ora non si fa quasi nulla. Forse proprio perché siamo coerenti e non
proponiamo le cose che non viviamo personalmente. E siccome abbiamo poco tempo
per questi discorsi, la risolviamo dicendoci che noi la politica la facciamo
attraverso l'educazione, punto e basta. E allora per essere coerenti non
proponiamo altro. E la proposta è monca e i ragazzi e i capi la scelta politica
la vivono poco o nulla.
PALETTI
DOMANDE PER LA VERIFICA DELLA SCELTA POLITICA
Tre domande + Tre domande
· Quale influenza ha il nostro lavoro educativo a livello
di tutta la società?
· Come influenza la vita dei
singoli ragazzi?
· Quale influenza concreta ha su di
noi?
· È possibile educare all'azione politica se il
metodo e specialmente il nostro modo di operare ci porta all'individualismo e la
mancanza di tempo ci porta a vivere solo in minima parte le scelte politiche?
· Educare alla libertà cosa significa in concreto per noi?
Cosa facciamo come attività e come ci può aiutare il metodo?
· Quali sono le nostre scelte educative concrete riguardo
all'emarginazione e allo sfruttamento?
Tre affermazioni da
discutere
· I genitori su
questi problemi non danno alcuna risposta e non fanno alcuna proposta. Dicono
che lasciano liberi i ragazzi perché non hanno nulla da proporre.
· I Capi scout per i ragazzi hanno maggiore importanza
educativa riguardo alla scelta e all'impegno politico dei genitori.
· Educare è un modo importante e serio di fare
politica.
dal diario di Onorato
punti critici DELLA NOSTRA COCA
· il turnover
· la giovane età dei capi
· la
difficoltà a bilanciare servizio, famiglia, professione
· Comunità Capi carica di impegni dall'esterno perché hanno
capito che siamo bravi
· l'ampliamento eccessivo delle
mansioni e impegni dei capi che portano a logoramento insoddisfazione
demotivazione stress da Capo
· scelte di fede e pratica
di fede da approfondire
· strumenti migliori per
misurare in concreto la qualità di scoutismo che proponiamo
conseguenze negative
· abbandoni
· servizi svolti in modo superficiale
· Capi "arrabbiati" che si impegnano strenuamente
di conseguenza occorre
· rimotivare le scelte del patto
associativo
· riscoprire un giusto e sano modo di essere
Capo
· proporre uno scoutismo "umano"
· l'attenzione ai rapporti di Comunità Capi con occasioni
di verifiche e di confronti con l'esterno
dal diario di Paola
IL PROGETTO DEL CAPO
Abbia parlato tra di noi del
progetto del capo, di come proporlo in coca. Non deve diventare una specie di
tassa da pagare e neppure un momento di ansia. Occorre togliere questi
atteggiamenti e renderlo un momento di confronto serio ma anche sereno e
gioioso.
Francesco ha detto che il Progetto del Capo ha
due nemici, il disegno completo e il cammino casuale, che sono i due stessi
nemici della programmazione.
Il disegno completo è un
atteggiamento da adolescenti che vogliono organizzare tutto e completamente ed è
micidiale e pericoloso negli adulti, perché ignora la poesia, il rischio e
l'avventura.
Il cammino casuale significa spostarsi
come si sposta il vento, cioè c'è il rischio di ritrovarsi al punto di partenza.
Uno dei sintomi più chiari che ne abbiamo bisogno in Coca è se è molto difficile
attuarlo e non si trova mai il tempo e l'occasione giusta. Noi pensiamo che ne
abbiamo bisogno: non trovare le occasioni può significare che si ha paura del
Progetto del Capo, come fonte di divisione e di contrasti, per la paura degli
adulti di essere giudicati e non aiutati a migliorare.
Tutti devono esserci all'uscita di coca per il progetto del
capo.
Questa la griglia usata lo scorso anno:
la mia situazione / dove voglio arrivare / con quali mezzi
/ con quali aiuti
IO E LA FEDE
abbandono e fiducia in Dio
preghiera personale
frequenza ai
sacramenti
conoscenza della Parola
capacità di proporre la fede
appartenenza alla Chiesa
impegno
nella Chiesa
IO E LA REALTÀ
atteggiamento verso studio e/o lavoro
uso del tempo libero
dedizione alla
famiglia
conoscenza dei problemi del Paese
impegno nella realtà locale
rapporti con gli amici
sviluppo di
interessi di tipo culturale
IO
E IL SERVIZIO
qualità del mio servizio
motivazioni profonde
conoscenza
dell'ambiente
conoscenza del metodo
conoscenza dei contenuti
educazione
permanente
umiltà
IO E LA COCA E L'ASSOCIAZIONE
qualità della partecipazione
assunzione di responsabilità
fiducia negli altri capi
capacità
di ascolto
capacità di proposta
atteggiamento verso le proposte dell'associazione
partecipazione alla democrazia associativa
PALETTI
IL PROGETTO DEL CAPO
a cosa serve?
Serve per rimotivare le scelte della partenza e del patto
associativo per riscoprire un giusto e sano modo di essere un Capo per una nuova
attenzione ai rapporti nella Comunità Capi.
È uno strumento personale che serve:
per aver chiari i propri obiettivi
per confrontarsi con gli altri
per
rileggere la propria storia e verificare il proprio progresso
Schema
usato due anni fa per vedersi allo specchio come capi : la rosa delle competenze
dal diario di Paola
I MONACI E LA COCA
Discussione sul fatto che siamo
una comunità di intenti e non una comunità di vita. E' necessario che troviamo
un giusto equilibrio tra la profondità che sarebbe necessaria in una comunità di
vita, tipo monaci o convento e una comunità di intenti come siamo noi, e la
superficialità che rischia di rendere questo momento del progetto del capo solo
burocratico e quindi perfettamente inutile. Questo strumento permette di
migliorare i rapporti interni della Comunità Capi, specialmente tra le persone
di staff diverse. Dopo il Progetto del Capo fatto bene e possiamo vedere gli
altri Capi nella loro verità e noi stessi nella nostra verità. Aumenta la stima
e quindi la coesione e perdiamo meno tempo alle riunioni perché ci capiamo di
più.
PALETTI
LE ARTICOLAZIONI DEL PROGETTO DEL CAPO
Il Progetto
del Capo si può articolare in:
io e la realtà:
· si puntualizzano
le posizioni e gli atteggiamenti che ogni Capo assume nel concreto e quali
potranno essere i cambiamenti in noi stessi;
· il
lavoro: come mi confronto con il mio lavoro la famiglia: quanto tempo ci dedico,
cosa dovrei fare, come applico in famiglia gli ideali scout
· la società: cosa ne so e come mi impegno, rapporti con il
politico e con il sociale
· la chiesa: rapporti con la
parrocchia e la diocesi miei interessi: come portarli avanti
· i rapporti con gli amici
io e il servizio:
· modifica degli atteggiamenti, delle acquisizioni, delle
competenze particolari per dare una giusta risposta alle esigenze del
servizio;
· qualità del tempo che ci dedico
· convinzioni sulle motivazioni del servizio e
chiarificazione
· rapporti con i ragazzi: come
migliorarli
· analisi se sto lavorando per l'età giusta
per me
· analisi della mia preparazione per la branca
scelta (idee, letture, capacità di proposta, entusiasmo,
· capacità manuale, capacità di animazione, capacità
organizzative, attenzione la cambiamento dei ragazzi, attenzione al territorio,
capacità di lavorare in staff, voglia di incontrare i genitori.
·
io e la Comunità Capi, il
progetto educativo e l'associazione:
· verifica del mio confrontarmi con gli altri, con le loro
caratteristiche, meriti, difetti;
· quanto partecipo
volentieri all'attività della Comunità Capi
· quanto
partecipo alla programmazione e all'animazione
· analisi
dei rapporti e impegni per migliorarli
· capacità di
ascoltare, di giocare, di mettersi in discussione e in crisi
· capacità di attuare il progetto educativo nella mia
unità
· partecipazione alla stesura del Progetto
Educativo
· disponibilità e capacità di fare il
quadro
· ricerca di stimoli che possono venire dalla
zona e dalla regione
· atteggiamento verso la Zona e la
regione
· atteggiamento verso le proposte che vengono
dall'Associazione
io e la
fede:
· necessità di una vita sempre più vissuta
coerentemente alla sequela di Cristo e conseguente approfondimento delle
tematiche religiose.
· analisi del livello personale di
fede
· espressioni esterne della fede e partecipazione
personale
· capacità di preghiera personale
· atteggiamento nei confronti della Parola e sua
conoscenza
· ricerca di approfondimento
· capacità di essere proposta ed esempio di fede
· atteggiamento verso la Chiesa, la Diocesi, la
Parrocchia
· impegno personale al servizio della
chiesa
· rapporti con le altre associazioni
ecclesiali
Ipotesi di
domande
· cosa mi viene
richiesto come Capo
· cosa mi sento in dovere di fare
· cosa so fare - non fare
· cosa
precede come importanza nella mia vita
· cosa mi piace
fare
· qualità che devo approfondire
· mete possibili da raggiungere
·
riguardo ai rapporti interpersonali
· riguardo
all'aderenza al Patto Associativo
· riguardo agli
impegni di Formazione Capi per la
· crescita
metodologica e Formazione generale
· riguardo agli
impegni di crescita nella fede
presentazione in Comunità Capi
È importante perché richiede l'atteggiamento di chiedere di
essere aiutati. Dimostra fiducia verso quelli con i quali si fa un discorso
educativo con i ragazzi. Ci permette di ridimensionare delle tensioni e in
genere dopo questo momento si perde meno tempo a litigare in Comunità Capi, se
l'abbiamo vissuto in maniera profonda e sincera. È inoltre utilissimo al
Capogruppo per il Progetto Educativo.
Per vivere
adeguatamente questa fase, occorre che essa sia programmata al fine di creare un
clima sereno, meglio se durante un'uscita di Comunità Capi, accompagnandolo da
un momento di preghiera e di silenzio.
Comunità capi Mede I
IL SOGNO DELL'EDUCATORE
Quando il
fondatore del movimento scout, Lord Baden-Powell, cominciò ad interessarsi al
destino dei ragazzi dell'Inghilterra del suo tempo, egli nutriva un sogno che
riusciva ad evocare quasi come una realtà e che era il frutto delle sue
esperienze e delle sue sensibilità.
Sognava un mondo la
cui struttura politica, religiosa e sociale si fondasse sull'amore, sul
rispetto, sulla responsabilità e su tutti gli altri valori che una volta resi
concreti dal punto di vista pedagogico sono andati a strutturare la pedagogia
scout.
Il sogno di B.P. non era un sogno idealistico,
privo di concretezza o abbandonato ad illusioni, ma, perseguito con forza e
costanza, si basava su fatti concreti, su un metodo da lui almeno in parte
sperimentato.
Era un sogno che si potrebbe definire "con
i piedi per terra, perché idealizzava una situazione desiderabile, ma produceva
al tempo stesso un'energia che aveva sfogo nell'azione concreta.
Questo è il tipo di sogno che accomuna tutti gli educatori.
Un sogno che ci permette di perseguire questi obiettivi con amore, lavorando
perché ogni persona possa prendere in mano la propria vita e ne possa godere,
condividendone con altri valori. È l'amore per questo sogno che si rende
concreto nell'amore per i ragazzi che ci sono affidati, e che c'infonde
l'energia per compiere il nostro servizio con tanta passione.
DAL SOGNO AL PROGETTO
Occorre dare
forma al sogno che abbiamo dentro di noi, trovare la strada che porta il sogno
dal regno della fantasia al mondo della realtà; perciò è necessario imparare a
fissare degli obiettivi di cambiamento graduali e concreti, programmare il
nostro intervento per non correre il rischio di disperdere inutilmente le
energie.
Se vogliamo che il nostro desiderio sia chiaro,
concreto il nostro agire, ecco che il Progetto diventa indispensabile; esso ci
aiuta a tracciare una rotta non casuale e a fornirci dei punti di riferimento
che ci permettono di verificare in qualsiasi momento la giustezza del nostro
agire.
IL PROGETTO DEL CAPO È TUTTO QUESTO.
Dal sogno della speranza, alla realtà educativa, esso è uno
strumento indispensabile per chi voglia procedere nel sentiero più sicuro e
utile agli altri ed al tempo stesso lo voglia percorrere con l'aiuto e la
condivisione di una comunità di fratelli.
dal diario di Onorato
METTERSI IN MUTANDE? COMMENTO AL PROGETTO DEL
CAPO
È il momento di verifica del progetto del capo che ci dà ansia? È come
mettersi in mutande ed essere sottoposti ad un processo?
Abbiamo pensato che la verifica va fatta, nel clima giusto,
nel rispetto della libertà e dei difetti di ciascuno di noi, ma va fatta.
Infatti, le verifiche ci servono a dare un nome ai problemi; è l'occasione per
far uscire le nostre incoerenze e le nostre difficoltà. Ma ci sono anche da
incontrare le nostre capacità e le cose buone che sappiamo fare, per migliorarle
e per svilupparle. Se nella nostra coca ci fossero delle difficoltà in queste
verifiche del progetto del capo, dopo che ciascuno è riuscito a farlo e a
comunicarlo alla coca, significa che il clima di fiducia reciproca reciproca è
venuto meno ed è da ricostruire.
PALETTI
Ci
sono tre tipi di verifiche che dovrebbero andare di pari passo:
· il Capo verifica da solo le sue
scelte
· il Capo verifica le sue scelte con una persona
di fiducia o un padre spirituale
· il Capo verifica le
sue scelte con la Comunità Capi
DOMANDE PER IL CAPOGRUPPO RIGUARDO AL PROGETTO DEL
CAPO
· la Comunità Capi aiuta ogni Capo nella sua crescita?
· quali strumenti usa per realizzare questo obiettivo?
· ogni Capo ha degli obiettivi concreti con i quali si
confronta anche in Comunità Capi?
· questi obiettivi
riguardano se stesso, il rapporto con Dio, con gli altri, con l'associazione?
· ci fermiamo frequentemente a verificare il cammino di
ogni Capo in rapporto agli obiettivi che si è prefissato?
dal diario di Paola
La continuità tra le Branche
Abbiamo utilizzato la
serata per parlare dei ragazzi che passano ad un'altra branca. Per fortuna noi
abbiamo la tradizione di fare molte attività assieme tra le unità, per cui i
Capi che accolgono il ragazzo in Unità lo conoscono già. Quindi non ci
accontentiamo della spiegazione e della presentazione frettolosa che di solito
si fa. Organizziamo delle attività, dei momenti di conoscenza reciproca tra Capo
e ragazzo quando è ancora nella vecchia Unità. Così il capo ha occasione di
viverlo nelle attività, cioè quando è più sincero e vero. E' più importante la
continuità della impostazione pedagogica e dell'atteggiamento educativo che si
respira nel gruppo che le idee e delle capacità personali dei capi.
L'accoglienza sarà pensata, preparata e attenta. Penseremo
alle situazioni da creare e alle cerimonie da preparare con cura. Naturalmente
sono necessari, sia la continuità sia il cambiamento. Ambedue sono fattori
importanti e bisogna misurarli su ciascun ragazzo. Il passaggio è un momento
delicato per i più piccoli, specialmente quelli che passano dal branco a
reparto. Spesso ci sono delle difficoltà nei rapporti e poca attenzione alle
difficoltà dei più piccoli. Da noi i Capi e/g hanno il difetto di interessarsi
più che altro dell'Alta Squadriglia e a volte lasciano i più piccoli a loro
stessi. Questi ragazzini che passano, che erano i capi nella sestiglia,
diventano i più piccoli, si sentono emarginati e lasciati soli dagli altri
ragazzi, anche perché gli interessi e i problemi dei più grandi della
squadriglia sono diversi. L'alta squadriglia spesso è un gruppo di amici di
lunga data, affiatati anche con le ragazze più grandi del reparto femminile. Il
risultato è che i più piccoli è come se non esistessero, nonostante il lavoro di
responsabilizzazione che fanno i capi unità nelle riunioni di Alta Squadriglia.
Un sintomo che possiamo analizzare bene è l'andamento delle riunioni di
Squadriglia. Può essere molto utile a volte dare un'occhiata su come vanno le
cose, prima che ce lo venga a dire qualche genitore inbufalito.
PALETTI
L'ANALISI D'AMBIENTE
Per realizzare l'analisi:
potremmo provare a rispondere a domande di questo genere:
· c'è un problema che possiamo risolvere con il nostro
specifico di educatori scout?
· il nostro metodo ha un
ruolo importante nella sua soluzione?
· come
valorizzare le risorse presenti nel gruppo o nell'ambiente?
· da che cosa dobbiamo iniziare?
·
quali sono i problemi che, secondo noi, ostacolano maggiormente la realizzazione
dell'esperienza scout? quali sono i problemi che ostacolano l'acquisizione di
determinate virtù umane?
· quali sono i problemi per i
quali intravediamo maggiori possibilità di intervenire con successo?
· quali sono quelle situazioni e attività per le quali ci
sentiamo maggiormente preparati dal punto di vista metodologico?
· quali sono i punti di forza dei ragazzi?
· quali sono gli appoggi "esterni" sui quali potremmo
contare?
SCHEMA PER LA VERIFICA DELLE UNITÀ
Una possibile
traccia di lavoro per i capi utile per svolgere questa fase:
1. Clima dell'Unità: entusiasmo,
voglia di fare, serietà.
2. Livello di
partecipazione.
3. Rapporto Capi - ragazzi.
4. Andamento delle attività: raggiungimento degli obiettivi
del programma.
5. Situazione nei principali aspetti del
lavoro educativo (passarli tutti in staff, annotare solo le situazioni dei punti
particolarmente significativi, sia in senso positivo che problematico):
a) Formazione del carattere
b)
Crescita nella fede
c) Crescita nello specifico scout
d) Vita di comunità
e) Educazione
all'impegno socio - politico
f) Educazione al rapporto
tra i sessi
g) Salute e forza fisica
h) Abilità manuale
i) Natura e vita
all'aperto
1) Espressione
6.
Problemi particolari di qualche singolo
7. Problemi
particolari dell'Unità
8. Lavoro di staff
dal diario di Paola
I RAPPORTI CON GLI ALTRI GRUPPI SCOUT
Abbiamo solo
cinque ragazzi e in età da noviziato non si può fare un noviziato con quei
numeri. A Francesca è scappato detto:
"Noi, i nostri
ragazzi, con quelli non ce li mandiamo!"
È un discorso
che mi ha fatto arrabbiare. C'è l'ipotesi di riunire i due noviziati, il nostro
e quello di un altro gruppo. Noi mandiamo un nostro capo, loro hanno una capo.
La sede sarà da loro e faranno qualche incontro da noi. Alla fine i ragazzi
sceglieranno in quale clan continuare. Sarebbe stato meglio avere una sede
estranea ai due gruppi, ma non era possibile.
Poi c'è
stata quella frase, che significa che non riusciamo a superare la mentalità
campanilistica e i pregiudizi che girano tra un Gruppo e l'altro. E' la stessa
difficoltà a cambiare coca per andare a fare servizio dove c'è più bisogno di
noi. Su questi punti si prova a fare qualcosa: ci siamo proposti, nel progetto
educativo, di incontrare e di scambiare dei momenti di coca e delle attività per
i ragazzi con l'altro gruppo. È l'unico modo per stimarci a vicenda. L'abbiamo
fatto lo scorso mese quando avevamo preparato un incontro con la psicologa per
capire meglio il rapporto con i ragazzi e abbiamo allargato l'incontro anche
agli altri gruppi. Qualcuno è venuto e a noi è piaciuta la cosa.
dal diario di
Onorato
quando la branca rover è tra due Comunità
Capi
Siccome diventa a volte assurdo tenere aperte delle Unità con pochi
ragazzi, conviene unire le forze per dare un servizio migliore . Questo comporta
una serie di accordi tra le due Comunità Capi.
Questo il contratto che abbiamo fatto con l'altro coca.
L'abbiamo chiamato: un patto tra gentiluomini.
Un patto tra gentiluomini
· la progettazione dei programmi
di Unità si fa assieme e si tiene conto, per quanto possibile, dei due Progetti
Educativi delle due coca
· ogni verifica della branca
rover viene fatta insieme dalle due Comunità Capi .
·
ogni momento di formazione che riguarda la branca rover si fa assieme
· i servizi associativi o extra sia del Clan che del
noviziato si fanno indifferentemente nei due territori e nei due gruppi, a
scelta insindacabile dello staff di Clan
· gli incontri
della Comunità Capi con il Clan si fanno con le Coca divise per non schiacciare
il clan
· ogni problema di scelte o di metodo va
discusso tra i Capi e mai con i ragazzi. La stessa cosa vale per i servizi
· la continuità del servizio è assicurata dalla Coca che ha
il Clan
· i ragazzi sono censiti a tutti gli effetti nel
Gruppo che ha il Clan
· se viene aperta la branca rover
nell'altro Gruppo e sarà accettata l'apertura dalla Zona, si proporrà ai ragazzi
dell'altro Gruppo di rientrare nel loro territorio e loro sceglieranno
liberamente.
dal diario di Paola
I RAPPORTI CON IL CONSIGLIO DI ZONA
Ieri sono stata
al Consiglio di Zona. Al solito la cosa più interessante è il momento del
confronto con gli altri capigruppo. Interessante la discussione su come seguire
i tirocinanti. Non sempre le riunioni di Zona funzionano ma poi mi chiedo quanto
contribuisco al funzionamento del Consiglio di Zona. Nello stesso tempo voglio
non perdere tempo e che gli incontri servano per il servizio in coca. Abbiamo
deciso che ogni volta dedichiamo mezz'ora alla formazione del capogruppo, con
argomenti che vengono trattati nei fine settimana o altri che scegliamo noi,
secondo le nostre esigenze. Ma abbiamo bisogno di confrontarci con gli altri,
per capire gli usi e i costumi degli altri. E' che l'ordine del giorno è sempre
chilometrico, proprio perché ci vediamo solo ogni mese.
Cosa fare?
NODI
· Ci sono dei capi che hanno
le possibilità per diventare quadri nella mia coca? Cosa fare per proporre
questo tipo di servizio?
· Ho presentato il progetto
educativo di coca in Zona?
· Abbiamo bloccato le
attività per i ragazzi in occasione degli eventi associativi, incontri zonali e
regionali?
dal diario di Onorato
I RAPPORTI CON LA REGIONE SCOUT
Ieri sera in coca
abbiamo studiato e letto i documenti di preparazione all'assemblea regionale. Ci
siamo chiesti se dovevamo proporre delle mozioni. Da noi queste discussioni
riescono a muovere una serie di problematiche che aprono gli orizzonti e fanno
partecipare attivamente alle politiche associative. In compenso il momento
dell'assemblea regionale difficilmente diventa un momento accettabile per i più
giovani. Tornano sempre annoiati e delusi.
Che
fare?
dal diario di Paola
LA STAMPA E L'OMBRELLO
A volte perdi un mucchio di
tempo per capire, approfondire e risolvere un problema, e poi scopri che il tuo
problema un altro l'ha affrontato meglio e con delle proposte interessanti.
Avevamo dei problemi nella conduzione della branca rover,
ne abbiamo discusso, abbiamo perso tempo per trovare soluzioni, per poi scoprire
che molte idee e possibili schemi di sintesi e proposte concrete di attività per
la branca erano già nella stampa associativa. Di solito la stampa si legge poco
e male. Noi abbiamo deciso di fare qualche riunione di Comunità Capi utilizzando
la stampa come strumento di discussione e di incrementare la biblioteca del
Gruppo. Noi capi più vecchi si donano i numeri passati della stampa associativa
per aiutare i Capi più giovani a orientarsi. Liliana, che è capo a disposizione
e di solito legge la stampa associativa ci segnalerà gli articoli più
interessanti e più importanti. Deve guardare anche le lettere, che spesso
affrontano questioni che ci interessano.
Questa scelta
porta a due vantaggi: spesso nella stampa rivolta ai Capi ci sono suggerimenti
che ci possono aiutare nel nostro lavoro educativo come ripensamento e
indicazione di linee; inoltre, la volontà e la capacità di utilizzare la stampa
che arriva ai ragazzi, serve a stimolare la fantasia per le attività proposte.
LEALTÀ ASSOCIATIVA E CENSIMENTI
Anche quest'anno
abbiamo capi che non hanno finito l'iter di formazione. In coca ci siamo dati un
criterio, che è passato anche in zona: se la situazione di bassa formazione si
può risolvere nel giro di poco tempo, con i campi e la preparazione dei capi,
allora si accetta di continuare nell'unità. Se invece la situazione si protrae e
i capi non partecipano ai campi scuola, allora occorre essere leali ed è
necessario staccare lo spinotto delle unità affidate a gente non completamente
preparata.
La fantasia associativa non ha confini e se
si vogliono lasciare le cose come stanno, basta imbrogliare un po' le carte e
fare finta che... Ma questo significa anche non essere stimolati a risolvere le
situazioni, e a non programmare per tempo il futuro.
dal diario di
Onorato
GLI INVITI FACILI
Si vede che non era stato chiaro.
Ieri sera Francesco ha detto che dopo dieci minuti sarebbero arrivati i
rappresentanti del quartiere a proporci delle attività. Noi siamo diventati
matti, perché la regola è che si invita solo attraverso il capogruppo e se la
coca è d'accordo. Infatti, quando sono venuti, ci hanno fatto delle richieste
alle quali abbiamo dovuto dire solo dei no, perché i tempi erano stretti e
quello che ci chiedevano non serviva ai nostri progetti. Appena sono andati via
abbiamo ribadito che in coca viene solo è chiamato dalla coca. Se un capo unità
ha qualche idea, lo dice in coca o se il tempo non c'è lo dice ai
capigruppo.
NODI
LA COMUNITÀ CAPI E LA CHIESA
LOCALE
I RAPPORTI CON LA
PARROCCHIA
Molto spesso il
rapporto con la Parrocchia è problematico e le Comunità Capi reagiscono in modo
differente, con:
· l'indifferenza
· il conflitto
· la collaborazione
· il tira e molla
Non è semplice per il Capogruppo instaurare un rapporto
proficuo con la Parrocchia e nello stesso tempo garantire l'autonomia del
Gruppo.
dal diario di Onorato
LE PROCESSIONI. I RAPPORTI CON LA PARROCCHIA
Se
siamo in parrocchia solo per non pagare un affitto o per non doverci costruire
una sede, forse dobbiamo rivedere un po' i nostri rapporti. Se ci chiamano solo
quando dobbiamo farci vedere in uniforme alle processioni, forse dobbiamo
spiegare meglio chi siamo e cosa facciamo.
dal diario di Paola
LA PIU' LAICA DELLE ASSOCIAZIONI ECCLESIALI
Noi
siamo la più laica delle Associazioni che si muovono all'interno della
Parrocchia, perché siamo un'Associazione di confine, appunto perché la scelta di
fede la chiediamo ai Capi e non ai ragazzi. Ai ragazzi facciamo delle proposte
di evangelizzazione che sono all'interno del nostro Metodo e del nostro fare
educazione e che sono chiarite nel Progetto Unitario di Catechesi. Però è molto
difficile convivere con un parroco se non ci stima o non ci vuole. Se vuole
riesce a farci il deserto intorno, che può portare anche all'asfissia del
gruppo. D'altronde non possiamo essere sempre legati alla benevolenza dei
parroci. Loro hanno il diritto di chiederci di fare uno scoutismo di qualità,
con tutte le conseguenze, anche per la parrocchia, hanno il diritto di chiederci
che le sedi sia ben utilizzate, ma anche questo fa parte della qualità dello
scoutismo, hanno diritto che in alcuni momenti concordati noi siamo presenti e
attivi in parrocchia, che siamo capi catechisti e che quindi facciamo e viviamo
una seria proposta di fede come cristiani e come educatoti. E poi? E poi basta.
Noi invece abbiamo tutti i diritti e la dignità di un'associazione ecclesiale
riconosciuta dai nostri vescovi.
LA SEDE, I SOLDI E LA PARROCCHIA
Ogni tanto mi
chiedo perché dobbiamo stare in parrocchia come sede. Possiamo essere buoni
cristiani, un'associazione seria che educa alla fede anche se non utilizziamo i
locali della parrocchia. Ci sarebbe un po' più di fatica a pagare gli affitti,
ma molta più chiarezza nella nostra scelta di laici e di associazione ecclesiale
di laici. Ci libererebbe da molte sudditanze e da molti equivoci, anche nei
confronti dei genitori e di noi stessi.
Ogni tanto ci
penso, chissà perché?
dal diario di Onorato
LA NUOVA PARROCCHIA: UN ARCIPELAGO CON MOLTI
PONTI
La Parrocchia, dopo il Concilio, non è più soltanto una struttura
organizzativa, ma un luogo dove tutti i gruppi e tutte le persone trovano la
possibilità di esprimere i loro carismi. Nella realtà, la Parrocchia diventa un
arcipelago con qualche ponte, formato dal Consiglio Pastorale. Questa nuova
situazione interpella noi Capigruppo, perché il nostro compito è quello di
costruire e di mantenere questi ponti con il resto delle isole.
Per fortuna Don Francesco, l'assistente, media con la
parrocchia e con il parroco, perché a volte ci sono le scintille, magari, anzi
sempre, per piccole cose che sarebbe bene che non succedessero. Infatti, il
parroco e il consiglio pastorale ogni tanto si domandano cosa ci stanno a fare
gli scout:dicono che servono solo ad occupare stanze che servirebbero alla
parrocchia e alla sua azione pastorale e ad aumentare le spese. Dicono che gli
scout sono poco presenti in parrocchia, si vede alle messe e alle grandi feste;
inoltre affermano che di ragazzi della parrocchia ce ne sono pochi e quando gli
chiedi qualcosa o qualche aiuto o collaborazione, ti dicono che è troppo tardi o
che non rientra nei loro progetti E poi molti capi e i ragazzi più grandi vanno
a messa nelle loro parrocchie, se ci vanno. Forse è tempo che spieghiamo meglio
al consiglio pastorale chi siamo e cosa vogliamo, specialmente il fatto che la
scelta di fede la chiediamo ai capi e non ai ragazzi ai quali facciamo una
proposta di educazione alla fede. Dobbiamo andarci, così ci chiedono le cose che
gli possiamo dare e quelle in cui siamo bravi e li possiamo aiutare e capiscono
meglio qual è il nostro compito.
Bisogna che glielo
diciamo.
Gruppo Rosignano I
MIGLIORARE LA NOSTRA VITA DI FEDE: ESSERE CAPO -
CATECHISTA
APPROFONDIRE LA PERSONALE COERENZA TRA
VANGELO E VITA QUOTIDIANA
Come? Confronto su temi (da
stabilire); indicazioni tratte dal Vangelo; Itinerario di catechesi da definire
con Don Andrea G; Sfruttare occasioni per l'Ascolto della Parola e vivere i
sacramenti (messa mensile degli animatori - incontro di preghiera mensile);
Incontro di Zona di Quaresima.
APPROFONDIRE IL RUOLO DEI
SACERDOTI DELL'UNITÀ PASTORALE NELLE BRANCHE
Come?
- Incontri con i sacerdoti; iI Progetto Unitario di
Catechesi
CHIARIRE L'INSERIMENTO DEL CAMMINO SCOUT NELLA
PASTORALE GIOVANILE
Come?
Partecipazione all'assemblea dell'Unità Pastorale;
Partecipazione al coordinamento Pastorale di Gabriele Camagni; Partecipazione al
Sinodo dei Giovani di Luca Bolognesi ;
Indicatori di
verifica: sono aumentate !e competenze dei capi? (autovalutazione);
Partecipazione alle occasioni di catechesi dei capi e agli eventi dell'Unità
Pastorale. Quante riunioni di confronto, che voto gli diamo?
dal diario di Paola
LE NOSTRE CAPACITÀ E LA PARROCCHIA
Noi scout
operiamo nel campo dell'educazione e la nostra capacità è un servizio prezioso
che facciamo alla Parrocchia nel campo dell'annuncio, dell'animazione, della
testimonianza e del servizio. Ma la Parrocchia deve garantirci quella libertà di
movimento e di scelte educative in quella famosa "zona di confine", in cui la
Parrocchia e le sue proposte non arrivano. In concreto significa che ci devono
chiedere quello che possiamo dare e nei nostri tempi che, come tutti i tempi
educativi, sono molto lunghi, ma proprio per questo molto proficui.
Noi siamo presenti nel consiglio pastorale. Ci va Liliana,
che è capo a disposizione. Lei ci racconta i problemi e le proposte. Quando c'è
qualcosa che ci interessa a livello educativo ci siamo e partecipiamo
all'organizzazione
dal diario di Francesco Assistente
I MOMENTI LITURGICI
"Almeno alla veglia di Pasqua!
E anche al santo patrono!" ci ha detto il parroco. E noi abbiamo risposto di sì,
ci saremo.
La Parrocchia vive dei momenti liturgici
fondamentali, nei quali desidera giustamente che tutte le Associazioni siano
presenti, non come fatto folcloristico ma come scelta fondamentale della
comunità. Quindi il Natale, la Quaresima, la Pasqua e la Pentecoste. Guarda caso
sono proprio i momenti nei quali ci sono i campetti invernali o le attività
zonali e regionali. Questa difficoltà è reale, ma se c'è la volontà di risolvere
i problemi si trovano anche le soluzioni. È stato saggio far finire i campetti
invernali alla veglia di Natale, a cui abbiamo partecipato tutti, al ritorno dal
campetto. Lo stesso abbiamo fatto per la veglia di Pasqua. I ragazzi saranno
stati assonnati e sporchi e stanchi, ma erano presenti.
Dobbiamo inventare anche altre occasioni per vivere la
parrocchia e farla vivere ai ragazzi. Stiamo pensando, ad esempio, di vivere in
stile scout delle messe parrocchiali, interamente gestite, cantate e
simboleggiate dalla Comunità Capi e dai ragazzi, come momento di servizio alla
Comunità parrocchiale. E' anche un modo per diventare visibili alla
parrocchia.
dal diario di Paola
I MANOVALI DELLA PARROCCHIA E LA PRESENTAZIONE DEL
PROGETTO EDUCATIVO
Noi dobbiamo trovare il difficile equilibrio tra l'essere
liberi nelle scelte educative e nello stesso tempo essere partecipi delle
attività della Parrocchia, senza diventare un gruppo parrocchiale. Don Francesco
deve aiutarci a passare la cultura che non siamo i manovali della Parrocchia. Se
facciamo qualcosa, specialmente se c'entrano i ragazzi, è perché è in linea con
il nostro Progetto Educativo e con i programmi delle Unità e perché abbiamo
partecipato alla progettazione e siamo convinti, come Comunità Capi, delle
motivazioni educative.
L'altra sera siamo andati al
consiglio pastorale tutti e tre noi capigruppo. Abbiamo voluto creare un momento
formale in cui la Comunità Capi presenta al Consiglio Pastorale i fondamenti
metodologici del Metodo educativo scout. E' diventato un momento fondamentale
per far conoscere il nostro specifico e per farci conoscere. Abbiamo presentato
il progetto educativo al consiglio pastorale. Hanno capito meglio chi siamo e
come operiamo. Pensiamo che servirà nel futuro. Occorrerà trovare altre
occasioni, perché sono organismi che ogni tanto cambiano nei
componenti.
dal diario di Francesco Assistente
I RAPPORTI CON IL PARROCO
Ho ribadito in coca che
bisogna evitare i contrasti, specie se sono contrasti di carattere, mascherati
da contrasti sulle scelte. I rapporti con la Parrocchia in Comunità Capi devono
essere un compito del Capogruppo o di una persona della Coca delegata a questo
importante servizio. Da noi è la solita Liliana. Questo significa che il
riferimento è il Capogruppo, che deve fare da filtro alle solite tendenze di
contrasto che possono avvenire nelle parrocchie. Lo abbiamo detto al parroco. Se
ci sono problemi con gli scout, siano capi, ragazzi o genitori, i referenti sono
don Francesco e noi capigruppo. Ci siamo ricordati di dare il contributo per le
spese delle luce quest'anno?
NODI
I
NODI DEL CONTENDERE E DA RISOLVERE IN PARROCCHIA CON IL NOSTRO PARROCO E IL
NOSTRO CONSIGLIO PASTORALE
· il
tempo del catechismo e tempo delle riunioni dei bambini
· uso giusto dei locali
·
partecipazione alle spese
· presenza nei momenti
liturgici importanti
· azione educativa all'interno
della parrocchia e non solo a livello cittadino o di altre parrocchie
· rapporti con le altre associazioni presenti in
parrocchia
· aiuti in situazioni di servizio per
attività grandi
· servizio della branca rover anche alla
parrocchia
· presenza normale dei ragazzi e dei capi ai
momenti liturgici
· rapporti con le altre
associazioni
· comportamento dei nostri ragazzi durante
le celebrazioni
Tutti questi
problemi sono risolvibili o comunque gestibili. Nel Parroco scatta a volte la
tendenza a voler controllare tutta la Parrocchia, e noi scout siamo fuori dagli
schemi, perché non è lui che comanda nella Comunità Capi e nemmeno l'Assistente.
L'importante è che arrivi il messaggio che la nostra azione educativa è
fondamentale o almeno importante per la Parrocchia, perché formiamo dei ragazzi
che forse sceglieranno di fare servizio nelle attività Parrocchiali, e ci devono
dare il tempo di prepararli a livello spirituale e di scelta di
servizio.
dal diario di Paola
NATALE
Appunti
Elenco delle attività per usare questo momento liturgico
forte.
Uso dei simboli per le
unità . Momento di preghiera con la comunità parrocchiale. Partecipazione attiva
alle cerimonie liturgiche. Preparazione delle unità e spiegazione dei simboli.
Giochi sui simboli per i lupetti. Attività concrete e di ripensamento per
esploratori. Momento di preghiera assieme tra Coca e clan. Farlo organizzare
dalla branca rover. Veglia.
(dal Progetto educativo del Gruppo : Utilizzeremo le grandi
feste liturgiche come momenti forti di proposta di catechesi)
dal diario di
Onorato
GLI ACCORDI INIZIALI
Dopo che il Parroco ci aveva
cercati e dopo che in Zona avevamo deciso di aprire gli scout in parrocchia mi
ricordo che negli accordi che ci siamo scritti.
Noi abbiamo chiesto
· una sede
· un assistente
· quattro anni di tempo prima che la parrocchia ci chieda
qualcosa
Noi abbiamo
promesso
· la presenza in
alcune date importanti e momenti liturgici importanti della parrocchia
· il futuro servizio extrassociativo di alcuni rover fra
quattro, cinque anni
· la serietà nella gestione della
sede, quindi anche i problemi giuridici e legali connessi
· una partecipazione annuale ai costi di gestione (costo
della luce ecc.)
Le due parti
hanno mantenuto quello che avevano promesso? Io dico "abbastanza" da parte di
ambedue. Il problema è che è cambiato il parroco nel frattempo!
NODI
AFFERMAZIONI DA DISCUTERE IN COCA
· Carisma dello
scoutismo è l'educazione, non specificatamente l'educazione alla fede.
· Siamo movimento ecclesiale con piena legittimità a vivere
nelle parrocchie non perché catechisti, ma perché educatori. Chiedere,
pretendere che venga rispettato questo, che l'AE giochi questo gioco.
· Quando ci dicono: "Non fate niente per la parrocchia!"
dobbiamo rispondere solo "Facciamo educazione".
dal diario di
francesco
I CAPI GRUPPO E L'A.E.
Gli Assistenti sono una
razza in estinzione e noi spesso li sostituiamo con sostituti o palliativi vari
(la presenza di religiose/i, diaconi, ecc. è frequente, positiva, ma è altra
cosa).
Sono sempre più rari i preti che abbiano
dimestichezza con la pedagogia scout. Sarà bene che le zone si muovano nei
seminari a parlare e presentare la pedagogia scout.
E
allora ci si sta abituando a fare a meno dell'A.E anche quando è fisicamente
presente un sacerdote. Questo perché è difficile far capire a un assistente
cos'è un gruppo scout che fa scoutismo, e specialmente cosa non è (animazione
parrocchiale, doposcuola, pronto soccorso sociale o quant'altro).
dal diario di Paola
I PRETI E I PANDA
Secondo me gli Assistenti scout
sono di tre tipi, in funzione del tempo e dell'interesse che hanno:
· quelli che hanno tempo solo per
le riunioni di coca e fanno qualche messa alle uscite
·
quelli che seguono anche la catechesi delle branche a livello di progetto e ne
seguono l'attuazione con i ragazzi
· quelli che hanno,
oltre a questo un contatto diretto e personale con i ragazzi e con i capi.
· Quelli che conoscono, stimano e vivono il metodo scout
QUESTI ULTIMI SONO MOLTO PIÙ RARI
DEI PANDA.
dal diario di Francesco Assistente
CAPIRSI
Ogni tanto faccio fatica a capire lo
scoutismo nelle sigle dello scautese ma specialmente nella mentalità e negli
scopi. E loro non capiscono me. D'altronde la mia legittimazione viene dal
Vescovo, non da percorsi o da meccanismi associativi. Questo porta (almeno) due
conseguenze importanti. Non ci siamo quasi mai scelti (a differenza di quel che
avviene spesso per i capi nelle Coca), ma accettati a vicenda: provo a vedere
tutto con l'ottica del dono ricevuto!
Seconda
conseguenza: io come AE vivo una doppia fedeltà: al mio Vescovo e
all'Associazione. Il gioco delle due fedeltà può essere un brutto gioco o un bel
gioco: dipende dai giocatori. I capi sono abituati: fedeltà ai ragazzi e al
tempo stesso alle loro famiglie. I capigruppo, poi, anche su altri piani:
fedeltà alla Coca di cui sono espressione, ma anche all'Associazione di cui sono
quadri. Alcuni capi si barcamenano, altri vivono questo come una ricchezza
feconda. E così anche gli assistenti ecclesiastici: ad alcuni il gioco riesce
bene, per altri è fonte di fatica, di tensioni, che vanno comprese, vanno
condivise.
NODI
LA SITUAZIONE DI PARTENZA DEI
RAGAZZI RIGUARDO ALLA SCELTA RELIGIOSA
Questa analisi fa parte dell'analisi d'ambiente del
Progetto Educativo.
Noi
possiamo avere:
1 - Ragazzi con situazioni familiari
difficili, dove la dimensione religiosa non è curata; le poche volte che
partecipano alla Catechesi danno noia
2 - Ragazzi
seguiti dalle famiglie, con molti interessi (sport, musica...) che prevalgono
sull'attenzione all'educazione alla fede.
3 - Ragazzi
"digiuni" di Catechesi per i quali i genitori insistono solo nella richiesta del
sacramento nell'anno della preparazione immediata.
4 -
Preadolescenti che hanno ricevuto l'Eucarestia e la Cresima lontana alcuni
anni
5 - Ragazzi che hanno appena celebrato la Cresima,
stanno volentieri assieme ma sono stufi di Catechismo.
6
- Ragazzi di altre religioni o semplicemente non battezzati
7 - Ragazzi di famiglie credenti che seguono personalmente
l'educazione religiosa dei ragazzi e la verificano anche negli scout
dal diario di
Onorato
PENSIERINO
Non chiediamo, non pretendiamo che l'AE
sia nostro amico: specie i capi più giovani vivono ogni rapporto nell'unico
stile che conoscono, quello amicale. Essere nostro amico è molto meno di quello
che l'AE può essere per noi. Ma questo va troppo dentro ad un rapporto che
ognuno di noi, CG o AE, deve costruire a misura sua. Noi vogliamo da lui che
faccia il suo mestiere di prete.
I RAPPORTI CON LE ALTRE ASSOCIAZIONI DELLA
PARROCCHIA
Spesso si vive di miti, di chiacchiere e di pregiudizi e questo
capita molto nel rapporto tra le varie associazioni che operano nella
Parrocchia. Tutto ci impedisce concretamente la possibilità di collaborare
veramente, a parte qualche sporadica riunione che serve spesso per aumentare i
fossati.
Qui entra in campo la capacità della Coca di
operare in quella parte speciale del territorio che è la Parrocchia. Come
sempre, la stima parte se si fanno delle cose assieme, specie per i ragazzi.
Quindi se si vogliono migliorare i rapporti basta volerlo e basta progettare
qualcosa assieme e attuarlo concretamente. Così si capisce a volte che trovi
persone che sanno e sanno fare certe cose molto meglio di noi.
Nella nostra coca abbiamo fatto questi progetti di rapporti
e collaborazione e funzionano.
Con i catechisti
· possibili collaborazioni che possiamo dare a livello
delle tecniche di animazione, l'incontro con i catechisti della Parrocchia, ai
quali possiamo presentare il metodo di educazione alla fede e l'applicazione del
Progetto Unitario di Catechesi.
Con la Caritas
· siccome ha lo scopo di coordinare e promuovere le azioni
di carità all'interno della Parrocchia, diventa anche luogo di coordinamento, se
possibile, delle attività di servizio del Clan. La collaborazione diventa
importante quando si pensa ai servizi del Clan e alla problematica dei referenti
dei servizi, che rispondono alla Comunità Capi e la incontrano nei momenti di
verifica. Spesso i responsabili e gli operatori della Caritas hanno una
conoscenza preziosa del territorio, della quale possiamo usufruire quando
stiliamo il Progetto Educativo.
Con l'Oratorio
· diventa spesso occasione di attività comuni e coordinate
in quanto ha una funzione educativa diretta a ragazzi della stessa dei nostri.
Si tratta di organizzare attività ma anche di coordinarle in maniera non
completamente sporadica. Anche i responsabili dell'Oratorio, se hanno una certa
esperienza e una certa continuità, sono fonti preziose per la conoscenza della
realtà in cui operiamo e che possiamo sfruttare. Vale anche per loro il discorso
dei rapporti con la Comunità Capi per i servizi del Clan.
GLI SCOUT E LE PUBBLICHE RELAZIONI
È colpa nostra.
Continuano a chiederci cose che non c'entrano. La gente pensa di noi cose che
non vogliamo che pensi.
Una delle cose che fanno più
impressione agli esterni dell'Associazione quanto noi Capi non siamo per niente
coscienti della nostra importanza e forza educativa. In una società che non ha
vere proposte educative o le ha parcellizzate e non complete, spesso legate ai
soldi, la nostra associazione è studiata e guardata con speranza. Ma di questo
non ci accorgiamo, affannati come siamo a rincorrere le attività. Tutto questo
fa sì che la gente abbia di noi una visione distorta, a parte le poche persone
che ci stimano per quello che siamo e che siamo capaci di fare.
L'idea che la gente si fa degli scout se la fa comunque.
Questo significa che è saggio far sapere le cose buone che facciamo, in maniera
che l'idea che la gente ha degli scout diventa poi fatti, aiuti e considerazione
che ritornano come un vantaggio per i ragazzi. Per ottenere delle buone
relazioni bisogna innanzitutto fare del buon Scoutismo.
dal diario di
Francesco Assistente
IDENTITÀ E IMMAGINE
Glielo continuo a dire alla
coca. Noi abbiamo assoluto bisogno di comunicare la nostra realtà, ma in verità
arriva alla gente solo la nostra immagine. E di solito le immagini negative
hanno più forza e rimangono più a lungo delle immagini positive. E le immagini
sono i comportamenti dei ragazzi alla messa, quando viaggiano sui treni, quando
fanno servizio all'esterno, quando si fanno attività che ci identificano nelle
strade e ai capi.
I capi della nostra coca pensano che
agire bene e correttamente parli da sé. Ma rischiamo di essere incompresi dalla
gente che nel frattempo si sarà fatta un'opinione sbagliata su di noi.
NODI
STEREOTIPI ANTICHI
Come fare a spiegare gli scout a gente che:
· non sa chi siamo
· ci giudica secondo gli stereotipi antichi.
· quelli che ci interessano cambiano continuamente
· non capisce il nostro linguaggio
· non capisce la nostra struttura organizzativa
dal diario di Paola
GLI AFFARI NOSTRI E LE PUBBLICHE RELAZIONI
· ci
sono quei Capi che ritengono che ogni occasione è buona per farsi pubblicità e
far sapere cosa fanno
· ci sono quelli che si
interessano al problema ma che pensano che le cose buone non hanno bisogno di
essere fatte sapere: l'opinione pubblica le saprà ugualmente e ne sarà ben
influenzata
· ci sono quelli che se ne infischiano
dell'opinione pubblica e dicono: "Facciamoci gli affari nostri e la gente vada
al diavolo"
· infine ci sono quelli che pensano che le
pubbliche relazioni sono fatte nello stesso tempo di buon lavoro e di buone
comunicazioni. Noi scout dobbiamo convincerci che è ora che troviamo il tempo,
non solo di fare un buon lavoro, ma anche di farlo sapere a coloro che ci
interessa che lo sappiano.
Io
penso che le pubbliche relazioni ci possono essere utili:
· per ottenere la considerazione a cui abbiamo diritto
· per aiutare meglio i ragazzi e le famiglie alle quali ci
rivolgiamo
· per essere appoggiati per il nostro
discorso educativo in funzione dei ragazzi da altre forze o enti
· per ottenere il rispetto della Comunità circostante
· per riuscire ad offrire un servizio più in sintonia con
la Comunità in cui operiamo
· per essere liberi da
impacci esterni dovuti ai pregiudizi
· per riuscire a
influenzare l'opinione pubblica su obiettivi educativi che ci stanno a cuore
come educatori e che sono importanti per i ragazzi
· per
ottenere più facilmente comprensione
LA DISCREZIONE E RADIOSERVA SCOUT
Daniele, un rover
nostro, ieri mi ha detto che lui in coca non ci entra dopo la Partenza. In coca,
secondo lui, non fanno altro che litigare e discutere.
Perché qualche ragazzo del Clan non vuole entrare in quel
covo di chiacchiere e di contrasti che è la Comunità Capi? Spesso ci manca la
capacità di tacere nei momenti importanti, che non significa avere i segreti ma
tenere un atteggiamento di discrezione e non raccontare le situazioni di Coca ai
ragazzi. Noi non riusciamo a dare l'immagine vera della coca, come ambiente dove
il servizio è al primo posto e dove, anche se ci sono dei contrasti, anche
forti, le ragioni fondamentali e i valori sono uguali e li viviamo in
fraternità.
Occorrerà pensare a delle riunioni tra la
Comunità Capi e il Clan. Penso a momenti di preghiera o a un incontro sulla
scelta politica. In modo che anche i ragazzi del clan ci conoscano nella nostra
verità.
PALETTI
I NOSTRI PUBBLICI
I nostri pubblici sono le persone
con le quali siamo in contatto e che in qualche modo ci interessa che sappiano
chi siamo e cosa facciamo, ciò quali sono le nostre proposte.
I nostri pubblici sono:
i ragazzi
delle Unità; i Capi delle altre Comunità Capi della Zona o della regione scout;
la Parrocchia; la Diocesi; le altre associazioni ecclesiali parrocchiali; le
associazioni giovanili in genere; le Comunità non organizzate della Zona,
associazioni libere, sportive ecc.; e Comunità politicamente organizzate
(circoscrizione, quartiere ecc.); le istituzioni scolastiche; le altre
associazioni scout; la stampa; le televisioni private; le ludoteche-biblioteche
per ragazzi; le comunità di accoglienza; tutti gli ambiti del servizio
extrassociativo ..
dal diario di Paola
LE VISITE DURANTE LE ATTIVITÀ
Abbiamo deciso che
domenica, durante il gioco cittadino, inviteremo i genitori e l'assessore alle
politiche giovanili. Servirà per la nostra immagine, per farci conoscere.
Abbiamo delegato Veronica a organizzare il tutto e ad accoglierlo. Che dica che
se non viene lui, deleghi qualcuno a rappresentarlo. Spesso durante le nostre
attività, ad un certo momento, prevediamo la presenza dei genitori o delle
"autorità". L'accoglienza di questi visitatori è un veicolo diretto della
comunicazione. Lo scopo è quello di farsi degli amici, come quando invitiamo
qualcuno a casa nostra. Se il personaggio è importante, i giornali sono lieti di
pubblicare la notizia. Ci pensa Veronica al giornale. Si mandano sia la foto che
l'articolo breve.
dal diario di Onorato
GLI INDIRIZZARI
Occorre entrare negli indirizzari
del Comuni, degli Uffici Giovani, delle Parrocchie e delle associazioni. Si
ricevono e si possono dare notizie che a volte sono importanti per il nostro
fare educazione. Sarebbe un compito della Zona. È importante che capiscano che
siamo come un arcipelago, e che conviene che mandino direttamente ai gruppi gli
inviti e le notizie.
Inoltre abbiamo gli indirizzari
interni. Abbiamo un fascicoletti con tutti i numeri di tutti, capi e ragazzi,
dell'assicurazione e della parrocchia.
dal diario di Francesco
Assistente
LO SCOUTISMO È UNA PROPOSTA SCOMODA
Si vive in coca
una certa pigrizia intellettuale che ci porta a non occuparci e a non tener
conto delle cose che gli altri ci propongono. Ma i messaggi della società, gli
squilibri sociali investono direttamente i ragazzi; se vogliamo che la proposta
scout, che è controcorrente e scomoda per definizione, faccia presa su di loro,
è fondamentale sia conoscere sia testimoniare il nostro stare nella società. Il
nostro Gruppo scout sicuramente è conosciuto nell'ambiente in cui opera e
contemporaneamente deve conoscerlo per evitare di essere un'isola felice.
Occorre superare per quanto possibile l'idea che il rapporto con il territorio
sia un'esigenza di qualche Capo più o meno convinto. Rispondere alle esigenze
del territorio significa esserci dentro con la nostra capacità e peculiarità. La
nostra Comunità Capi, quando pensa al territorio, lo mette dentro il suo
progetto educativo come se facesse una finzione retorica. Il nostro tempo e le
nostre possibilità reali sono limitate, spesso le richieste non corrispondono a
quello che ci interessa e comunque di solito i tempi sono sbagliati. Inoltre la
nostra programmazione è così puntuale, perché siamo bravi e efficienti che
difficile accogliere delle novità.
Sarà ora di
cambiare?
NODI
le politiche del capogruppo
la politica della
qualità
la politica all'apertura alle situazioni
difficili
la politica della prudenza
la politica dell'avventura
la
politica della speranza
la politica della
proposta
dal diario di Paola
GLI ATTEGGIAMENTI DEI CAPI DI FRONTE AL RESTO DEL
MONDO
Ho annotato alcuni atteggiamenti dei capi di fronte all'ambiente e al
territorio:
· siamo noi soli i migliori
· i problemi al di fuori sono cosi grossi che non vale la
pena combattere e allora facciamo le cose bene noi
·
imbarchiamoci in qualsiasi proposta ci viene fatta, altrimenti siamo fuori dal
territorio
· non facciamo nulla che ne abbiamo già
troppe da soli
· gli altri non sanno organizzare le cose
come noi
· bisogna collaborare
dal diario di
Onorato
LE ETICHETTATURE POLITICHE
Mi hanno chiesto di
correre alle elezioni per un partito. Io sono abbastanza appetibile per un
partito perché sanno che ho dietro molti ragazzi, quindi anche molte famiglie
che mi stimano. Ho risposto che per il momento non lo ritenevo opportuno.
È chiaro che ciascuno è libero di fare le sue scelte
politiche, anche a livello di partito, ma è altrettanto chiaro che queste scelte
non devono diventare emarginanti per ragazzi e genitori. Io ho fatto questa
scelta, che manterrò fino a quando ho questo incarico. La stessa cosa l'ho
proposta ai capi della coca. Ognuno porta avanti le sue convinzioni ma
l'attenzione a non diventare causa di divisione è massima.
dal diario di Paola
LA CAMPAGNA ELETTORALE E GLI INVITI
Attenzione a
quando si invitano le persone in Comunità Capi o a parlare alla Branca Rover.
Massima tranquillità nelle scelte, specialmente se sono persone oneste e non dei
propagandisti, ma attenzione anche a superare le immancabili osservazioni,
specie se non siamo riusciti a ottenere la necessaria fiducia di tutti i
genitori, cosa molto difficile. Queste attenzioni e questa sensibilità è
maggiore nei tempi di campagna elettorale.
NON CI CAPISCONO: idee da far passare alle
organizzazioni territoriali
Quando ieri parlavo con un impiegato del Comune,
lui pensava che gli scout sono come una qualsiasi associazione, che basta dire
qualcosa ai responsabili e le cose succedono. Ho fatto fatica a spiegargli che
siamo come delle isole, che sono i gruppi, che decidono alla fine, specialmente
nelle proposte che toccano i ragazzi. Una delle idee fondamentali, che
dall'esterno non riescono a concepire è che siamo un'associazione divisa in
gruppi autonomi, in cui il centro, specialmente se si tratta di proposte che
coinvolgono i ragazzi, non ha la possibilità di dare ordini, perché ogni
Comunità Capi decide autonomamente per ogni proposta.
Ho cercato di spiegargli le nostre
regole per partecipare:
· i
tempi per le risposte e le decisioni sono più lunghi, anche perché devono essere
inseriti nei nostri programmi educativi, che già prevedono dei tempi sempre
molto stretti
· non parteciperemo alle attività quando
sono completamente organizzate da altri e a cui ci chiedono di partecipare per
fare numero o come riempitivo o per avere della manovalanza gratis
· accetteremo solo se si partecipa anche alla parte
organizzativa e di proposta
· verificheremo se davvero
quello che si attua ha una vera valenza educativa per i ragazzi
· staremo attenti alle scelte di servizio concreto al
territorio perché rischiano di diventare totalizzanti specialmente quando
capiscono che siamo bravi
· spesso le altre associazioni
non hanno i ragazzi e sono fatte solo da pochissimi responsabili, quindi quando
ci propongono di fare una cosa assieme, la maggior parte delle volte significa
che il lavoro tocca a noi.
E' necessario che la nostra Comunità Capi impari la cultura
di dire di no, ma anche quella di dire qualche volta di sì, per capire noi
stessi e far capire ai ragazzi il valore del servizio, anche quando non vediamo
chiaramente e subito la finalità.
dal diario di Francesco
Assistente
IL QUARTIERE POLITICO
Bisogna che nelle nostre
Comunità Capi passi la cultura che tutto quello che i politici fanno o decidono
che riguarda i giovani o l'educazione o gli spazi e i progetti giovani, sono
cose che ci riguardano direttamente e diventano occasione di impegno per la
Comunità Capi e personale per ogni Capo. Quindi se qualcuno entra in una
Commissione Giovani del quartiere o nella Commissione di Educazione alla Salute,
porta in Comunità Capi non solo iniziative e notizie, ma anche visioni dei
problemi più generali o viste da altri punti di vista.
PALETTI
DOMANDE SUI RAPPORTI CON L'AMBIENTE
· come è
delimitato il territorio cui si riferisce il Gruppo? l'intera città o un paese?
un quartiere? una parrocchia?
· quali sono in esso i
gruppi sociali prevalenti? ci sono gruppi emarginati rispetto agli altri?
· qual è la composizione sociale del Gruppo Scout?
· quali sono gli interessi, la sensibilità, i problemi
principali dei ragazzi cui ci rivolgiamo? come occupano in prevalenza il tempo
libero?
· che sensibilità o interesse dimostrano per la
proposta scout quale viene loro presentata?
· che
rapporti hanno le singole Unità e il Gruppo scout con le diverse componenti
dell'ambiente? con le famiglie? con la Chiesa? con li altri gruppi che vi
operano? con le strutture politiche?
· che iniziative
concrete sono state prese al riguardo?
· quali stimoli o
iniziative appaiono urgenti per migliorare la "qualità della vita"? quali
interventi pubblici? che iniziative volontarie? per chi?
· cosa si sta facendo? da parte di chi?
· ci sono problemi di violenza? di droga? di emarginazione?
grossi disservizi?
· qual è il clima culturale? quali
occasione di crescita sono offerte?
· come tutto ci
incide sulla proposta educativa del Gruppo?
· la sede
del Gruppo scout presso chi ubicata? Che significato riveste quella specifica
ubicazione della sede?
dal diario di Paola
IL BARISTA E LE ETICHETTE POLITICHE
Ogni volta,
alle elezioni, siamo sollecitati da varie parti e da vari partiti. Noi si cerca
di glissare e invece invitiamo i ragazzi e i capi a partecipare liberamente ai
dibattiti che vengono organizzati in città.
A volte mi
chiedo se noi dobbiamo essere come un barista, amico di tutti i partiti per non
perdere clienti. Occorre una grande attenzione per evitare le etichettature
politiche che diventano emarginanti: necessario trovare un giusto equilibrio tra
le scelte personali dei Capi e della Comunità Capi e il rischio di divisioni tra
genitori e quindi con i ragazzi. Quindi l'oculatezza deve essere ancora maggiore
quando alcune attività legate a scelte partitiche o organizzate da un partito
coinvolgono i ragazzi.
LE PRESE DI POSIZIONE E LE FIRME
Quando siamo
chiamati a prendere posizione su un problema o pensiamo che sia giusto si fa
dopo un dibattito di Comunità Capi e si sottoscrive e si firma come Comunità
Capi:
· Attenti che le prese di
posizione siano in linea con gli ideali e coerenti con le scelte associative.
· Attenti a controllare i pronunciamenti di una singola
Unità, ad esempio un Clan, anche perché la gente normale non fa molte
distinzioni, e quindi, specie nei paesi, gli scout diventano l'AGESCI tutta.
· Trasformare le collaborazioni con i consigli di quartiere
o di frazione, che giustamente richiedono la nostra collaborazione per attività
e iniziative che hanno attinenza con i nostri ambiti e i nostri interessi in
attività educative che rientrano perfettamente nei nostri programmi e non sono
sentite come momenti staccati o improvvisati.
·
L'importante è avere anche la capacità di dire di no, spiegando magari le
ragioni.
· Importante è anche la cultura di dire di sì,
cioè di partecipare anche alle cose buone che fanno gli altri, che magari sanno
fare certamente meglio di noi.
PALETTI
IL SERVIZIO SI MISURA PER COME MUOVE UN CIRCUITO
D'AMORE
i servizi associativi
A decidere i servizi, la loro
durata e il luogo sono i Capi educatori del Clan. Non bisogna mandare il Rover
in Staff troppo numerose, dove rischia di non aver nulla da fare, e nemmeno in
quelle in cui c'è un solo Capo, perché rischia di fare l'aiuto Capo.
i servizi
extrassociativi
· la Comunità Capi si prende l'impegno della eventuale
continuità del servizio e non solo una scelta dei Capoclan.
· Saggio l'uso di alcune città che la Branca Rover coordina
e unisce i vari servizi extrassociativi a livello di città e coordina le forze,
in maniera che la Comunità Capi possa avere persone fidate che seguano il
servizio dei ragazzi e possano riferire alla Comunità Capi.
· I servizi extrassociativi del Clan sono un problema della
Comunità Capi, che ne è garante riguardo alla continuità.
· concordare anche in Comunità Capi i servizi che il Clan
si è liberamente scelto
· verificare assieme ai
referenti dei servizi extrassociativi, che vanno incontrati insieme ai ragazzi
nei momenti di verifica.
dal diario di Paola
PROVERBIO CINESE: Al pesce va data l'esca che piace a lui
I GENITORI
Nella testa di molta gente, le cose che
non costano non valgono. Noi non si costa quasi nulla e allora non si vale. Che
sia per questo che i genitori hanno a volte un atteggiamento strano? Io non
penso. Noi, per le famiglie, siamo più importanti di quanto pensiamo. Non
dobbiamo misurare l'interesse da quanto partecipano alle riunioni che
organizziamo per loro. Noi siamo ricercati sia perché abbiamo la fama di fare le
cose in maniera seria, sia perché i genitori hanno poche altre agenzie educative
a cui attaccarsi se non quelle sportive. È fondamentale che riusciamo a passare
ai genitori l'idea che dietro ad ogni singolo Capo Unità c'è una Comunità Capi
corresponsabile di ogni scelta.
Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 5
novembre 1999
Ed eccoci
nuovamente a parlar di progetto educativo ...
A dire il
vero abbiamo iniziato l'incontro con la preghiera ed oltre al PE ci siamo
ricordati alcune cosette:
1.
Le date degli incontri di branca, utili sia se ci viene richiesta la sede da
altri gruppi, torna soprattutto utile perché i genitori sappiano in anticipo gli
impegni dei figli e forse di conseguenza i propri.
2.
l'incontro con i genitori SABATO 13
3. e non da ultimo
appunto il PE
Proprio per non
lasciarlo per ultimo abbiamo iniziato subito da questo e destino vuole.... che
ci abbia occupato pressoché l'intera serata e per di più con un solo punto: la
comunità cristiana: non sto qui a descrivere le numerose riflessioni, dubbi,
preoccupazioni ecc. sorte da questo confronto, ho preferito farne memoria a
parte e sarà distribuita in Coca anche perché sarà aggiornamento del nostro PE
Per quanto riguarda l'incontro
con i genitori sarà così articolato:
ore 21.00 inizio
con Matteo che presenterà la Coca e la sua esibizione l'intera comunità capi con
Matteo e Massimo si "lanceranno" in una presentazione di canti scout (circa due
per unità) dopo di che il capo gruppo darà il benvenuto ed alcune importanti
notizie anche se tecniche, tra le quali la comunicazione del riavvio della
PATTUGLIA GENITORI. Seguirà un incontro con i genitori, suddivisi per branca,
mentre i ragazzi rimarranno in cerchio nel salone animati dal clan; il tutto si
prevede possa terminare verso le 22.30 - a questo punto saranno distribuite le
caldarroste preparate dalla pattuglia genitori.
Ho dato comunicazione che EMILIO di Bergamo mi ha
comunicato che sarà il referente per la pattuglia della nuova Coca per
l'approfondimento sul metodo.
Venerdì 12 concluderemo il PE, seguirà la programmazione di
Coca
dal diario di Onorato
IL TEMPO PERSO CON I GENITORI
Quando si fa riunione
dei genitori, qualsiasi sia l'argomento, i pochi genitori vengono se hanno un
minimo di fiducia in noi, ma vengono specialmente per parlare dei loro ragazzi.
Magari parlano dei problemi generali dei giovani d'oggi, ma in realtà stanno
parlando della vera paura che hanno dentro o della esperienza che hanno vissuto
o vivono con il loro figlio.
Mi accorgo che il
Capogruppo diventa spesso il referente vero dei genitori, anche perché spesso è
un adulto nel quale i genitori riversano la loro fiducia legata all'età. Proprio
per questo devo avere l'autorevolezza sufficiente per chiarire il contratto
iniziale con i genitori e nello stesso tempo chiarire i limiti della nostra
azione educativa, anche perché spesso i genitori chiedono a noi ed esigono da
noi quello che loro non sono mai riusciti a fare.
PALETTI
. MIGLIORARE
I RAPPORTI CON LE FAMIGLIE
Stimolare la partecipazione
dei genitori
Come?
- Contratto
(partecipazione obbligatoria alle riunioni)
- La
prospettiva educativa (possibilità di entrata in Coca)
Rendere più Comprensibile ai genitori la vita scout
Come?
- Riunione dei genitori
- Avviso mensile
- Coinvolgimento
nella staff logistica
Indicatori di verifica:
partecipazione dei genitori alle riunioni - genitori che si
sono offerti per la staff logistica
dal diario di Francesco
Assistente
I CAPI GIOVANI E L'ATTEGGIAMENTO PATERNO DEI
GENITORI
Uno dei problemi da superare all'inizio è l'atteggiamento paterno
dei genitori che vedono i Capi molto giovani. Spesso ci percepiscono e ci
trattano come loro figli e ogni cosa che facciamo o che diciamo, la vedono come
una conferma del loro atteggiamento inconscio. Scatta così la sindrome
dell'adulto che pensa di non aver nulla da imparare e tratta con i Capi con una
certa sufficienza e accondiscendenza.
Di reazione i
Capi, che vedono bene certi errori pedagogici dei genitori, trattano i genitori
con sufficienza perché li credono inutili per il loro lavoro educativo. Scatta
spesso nei giovani Capi istintivamente il pericolo di trattare i genitori dei
ragazzi con lo stesso rapporto che loro hanno vissuto con i loro genitori.
Spesso la critica sottintesa è: io al loro posto avrei fatto così. D'altra parte
spesso i genitori ci vivono come degli antagonisti che sono sempre dalla parte
dei ragazzi e che riusciamo a far fare ai ragazzi delle cose che loro non
riescono a fare. Il mio compito anche quello di non fare che i Capi si mettano
completamente dalla parte dei ragazzi in contrasto con i genitori. I Capi si
mettono dalla parte dei ragazzi non perché sono dei "complici" ma perché sono
degli adulti su cui loro possono contare nei momenti difficili. Altra cosa da
contrastare chiaramente sono i giudizi drastici che spesso i Capi formulano nei
confronti dei genitori che hanno delle paure o non hanno dato certi permessi.
Diventa diseducativo dare questi giudizi di fronte ai figli. Sono problemi da
rendere chiari e discuterli in Comunità Capi, perché diventino problema, specie
nelle situazioni di contrasto. Spesso conviene non lasciar soli i Capi, specie
se sono giovani, di fronte al problema serio e grave di un ragazzo con problemi,
specie se ci sono decisioni drastiche, quali, ad esempio, quella di far uscire
il ragazzo dall'Unità per un momento di ripensamento o in maniera definitiva.
Noi capigruppo dobbiamo lavorare di cesello perché i rapporti migliorino subito
e ci sia stima reciproca, che può venire dall'incontro personale tra gli staff e
la famiglia.
dal diario di Paola
LE CENE
Ieri la staff degli esploratori era a cena
da Paolino. È bene che il ragazzo viva il fatto che i suoi Capi vanno a casa
sua, nel suo ambiente. È un uso saggio, una tradizione da mantenere.
I GENITORI E GLI INCONTRI DI PRESENTAZIONE DEL
METODO
Ero presente ieri sera all'incontro dello staff E/G con i genitori.
Saggia l'idea di presentare le diapositive e il video del campo. L'obiettivo di
questi incontri è quello di fare in maniera che ci sia una certa omogeneità tra
l'esperienza familiare e l'esperienza scout. Anche i genitori poi devono
prendere coscienza che il nostro è un metodo globale, che ha bisogno di approcci
diversi a seconda dell'età dei ragazzi. I loro figli vivono un momento
problematico e di questo risente il rapporto con i genitori. Noi scout possiamo
divenire interlocutori che si inseriscono in maniera positiva e rasserenante ma
anche dialettica nel loro rapporto con i figli.
Abbiamo
deciso che questi incontri devono essere incontri interessanti e intelligenti,
in cui i genitori all'inizio non devono essere " violentati " con giochi e
danze. Queste cose le potremo fare quando ci conoscono di più e in seguito. I
genitori " anziani ", quei genitori che hanno i ragazzi con noi da tanto tempo e
ci conoscono e ci stimano, hanno dato un sostegno autorevole di esperienza nel
caso di punti controversi.
dal diario di Onorato
LO SCAUTESE
"Mi raccomando di evitare lo scautese"
avevo detto alla fine della riunione per l'incontro con i genitori.
Una delle attenzioni più grandi quando si fanno gli
incontri con i genitori è il linguaggio: dobbiamo evitare i termini tecnici e le
sigle proprie del nostro gergo. Alcuni è impossibile tradurli, ed è bene che i
genitori li imparino presto, ma molti altri si possono sostituire o almeno
spiegare. In queste riunioni si vive la grossa difficoltà della comunicazione
fra i capi che usano certi termini che per loro sono chiarissimi e i genitori
che li vivono come un fatto frustrante, che impedisce di capire completamente il
discorso che viene fatto. Quindi niente sigle e termini nostri, ma termini che
si possono capire anche senza essere scout.
PALETTI
INCONTRI CON I GENITORI GIOIE E DOLORI
·
organizzare bene la riunione dei genitori dell'Unità
·
diapositive campo estivo - per spiegare meglio ai genitori dei nuovi
· presenza dei Capigruppo perché diamo l'impressione
dell'Unità del discorso e vedono che ci sono anche degli adulti
· i capi devono farsi invitare alle cene per parlare
personalmente dei ragazzi
· far sì che i genitori più
anziani ci aiutino nei soliti problemi e paure dei nuovi
COSE DA FARE SICURAMENTE
· dare il rendiconto delle entrate
e delle uscite del Gruppo
· fare almeno due incontri con
tutti i genitori in un anno, compresi quelli di branca rover
· presenziare alle riunioni dei genitori delle Unità
· fare la circolare ai genitori con gli indirizzi e numeri
telefonici dei Capi della Comunità Capi e le riunioni delle Unità
· fare la circolare ai genitori con le date (febbraio) del
campo estivo
· dare gli indirizzi internet dell'Agesci,
se vogliono capire meglio
Comunità Capi Mede I
DUE PAROLE
Le attività hanno già preso il via, per la precisione
Sabato 2 ottobre, con un incontro pomeridiano per i ragazzi e serale aperto a
tutti i genitori ed amici, concludendosi con la celebrazione e il bivacco.
Naturalmente primo di questo appuntamento la Coca aveva già
da tempo ripreso il lavoro, proprio per essere pronta ad accogliere i ragazzi e
le loro famiglie.
Ci siamo verificati sui campi estivi,
usufruendo anche della traccia "provocatoria" preparata prima di partire,
durante le ultime riunioni. da qui è emerso quanto più o meno si era già
verificato a campo finito; sostanzialmente ogni attività ha dato buoni frutti, i
ragazzi sono tornati entusiasti ed i capi forse un po' troppo stanchi, ma
soddisfatti dei giorni trascorsi in attività.
I
problemi che preannunciavano prima della partenza, erano "sotto controllo" e
quindi si è stati in grado di fronteggiarti al momento giusto.
Il branco ricorda la felice esperienza con i lupi di
Mortara e la collaborazione con le mamme che si sono rese disponibili per la
cambusa; il reparto l'accoglienza della gente del posto e la sincerità dei
ragazzi, il noviziato l'emozione di nuovi incontri e la gioia della solidarietà
e della condivisione; certo sono stati rilevati anche gli eccessivi "mammismi"
di alcuni lupetti, lo scarso stile dei ragazzi al campo, o il lasciarsi troppo
coinvolgere da atteggiamenti superficiali in occasioni in cui lo stile scout
doveva farla da padrone.
Alla luce di tutto quanto e
non senza poche difficoltà abbiamo cercato insieme di assemblare staff che
potessero far fruttare positivamente ogni verifica positiva o negativa, secondo
naturalmente la disponibilità di ciascuno.
Così abbiamo
avuto la conferma che Giovanni lascia il servizio svolto direttamente con i
ragazzi, proprio per problemi di tempo che non permetterebbero serenità e
coerenza, pur comunque non rinunciando al suo mandato di capo.
Le direzioni di unità sarebbero le seguenti: [...]
Come si può ben leggere alcune novità caratterizzano le
nostre staff.
Lo "storico" passaggio di unità di
Costanza
Il rientro con entusiasmo di Carlo
Il supporto di due genitori come Giuliano ed Elisabetta che
si sono resi disponibili per affiancare i capi in questa avventura educativa
L'assenza dell'aiuto di Massimo che dopo l'entusiasmante
Route estiva e alle soglie della partenza preferisce svolgere per quest'anno un
servizio extra-associativo. Il noviziato che ha scelto di protrarre le attività
ancora per un breve periodo (circa un paio di mesi) proprio per affrontare temi
e scelte che sono solo state accennate; per questo tratto di strada saranno
ancora Giovanni e Giovanna ad accompagnare i ragazzi, mentre al loro passaggio
in clan saranno accolti da Elena, Stefano e Giovanna.
Don Luca sarà ancora al nostro fianco, la sua presenza
diventa sempre più significativa, la sua simpatia e disponibilità si sono fatte
strada fino a raggiungere l'affetto di ognuno di noi.
Sarà ancora Cristina a rappresentarci al Consiglio
Pastorale e alla Consulta del volontariato, quest'anno ha dato anche una maggior
disponibilità nell'essere coinvolta nello conduzione di Coca
Nel mese di settembre che ci ha preparato alle attività
abbiamo avuto il mandato dallo comunità cristiana, ma abbiamo pensato di
dedicare anche una serata che ci facesse riflettere sul ruolo di capi che
diventa sempre più impegnativo sia come responsabilità, sia come testimonianza.
Dopo alcuni incontri, "anche vivaci", durante i quali
si è ripreso il discorso sull'importanza di essere tutti in primo piano, con le
proprie caratteristiche, capacità e sensibilità, ma essere comunque dei
riferimenti per i ragazzi, posso affermare che, al di là dei timori dovuti alla
mancanza di tempo da parte di alcuni di noi, o difficoltà del tutto personali,
ho la sensazione che, come lo scorso anno, si abbia voglia di partire solo per
fare bene, senza mettere in dubbio la propria voglia di giocarsi, e questo credo
sia di grande aiuto per noi tutti.
Non a caso lo slogan
del nostro inizio anno è stato ... PORTA IL CUORE DOVE VAI ....
Un altro accenno è stato fatto alla pattuglia genitori che
vorremmo che quest'anno fosse ridefinita e maggiormente o "diversamente
coinvolta"
dal diario di Paola
PATTI CHIARI: IL CONTRATTO CON I GENITORI
Questi
gli appunti che ho fatto in preparazione dell'incontro con i genitori.
Fondamentale chiarire le caratteristiche e gli obiettivi
del nostro volontariato, il tipo di proposta religiosa che faremo ai ragazzi e
gli obiettivi educativi della Partenza (averli chiari e discussi in Comunità
Capi) e il fatto che i risultati più importanti si hanno sui ragazzi proprio nel
momento più difficile per i genitori. Poi chiarire i termini del contratto:
partecipazione del ragazzo alle riunioni e alle uscite, la necessità di sintonia
educativa tra le nostre proposte e le loro, partecipazione al campo estivo la
cui data sarà data al più presto, in modo che possano organizzare i giorni di
ferie prima di febbraio. È fondamentale che passi l'idea che siamo noi che
facciamo un servizio gratuito e non loro che ci fanno il favore di mandarci i
ragazzi. Quindi avvertire chiaramente che se non li mandano alle riunioni e
uscite o al campo estivo senza motivazioni gravissime, rompiamo il contratto e
mandiamo a casa i ragazzi. È importante che vivano chiaramente il fatto che
mandare il ragazzo dagli scout diverso dal mandarlo a fare sport o altre
attività . Noi abbiamo altre esigenze e un altro atteggiamento, e sono loro a
dover conciliare con lo Scoutismo gli altri impegni del ragazzo.
Problema
Come far arrivare queste notizie ai genitori dei ragazzi
più problematici, che non ci cercano mai o forse è meglio non farle arrivare e
lavorare direttamente sul ragazzo e sulla sua motivazione a venire?
NODI
LE PAURE DEI GENITORI
si perde nel bosco o fa
brutti incontri; si fa male; non mangia abbastanza; si sporca; si bagna; si
ammala; non studia ecc.
PALETTI
Il contratto con i genitori : problemi da
chiarire
I genitori verso di noi
· non devono chiedere a noi quello
che non sanno fare loro e lamentarsi
· noi diamo una
mano a loro nell'educazione
· la nostra una proposta
globale e quindi esigente, se non completa inutile o comunque serve e poco
· siamo volontari, diamo volentieri il nostro tempo libero
e facciamo tutto gratis ma proprio per questo ci sono dei limiti
· ci deve essere armonia tra quello che proponiamo noi e
quello che propongono loro
· anche se siamo giovani
devono evitare ogni atteggiamento paternalistico
· se
il ragazzo manca a momenti fondamentali si rompe il contratto e si tengono a
casa il ragazzo
· se non si fidano (uscite, campo ecc.)
meglio che si tengano a casa il ragazzo e gli propongano altre strade
· manderanno i ragazzi alle riunioni, alle uscite, al campo
estivo e a tutte le attività;
· conosceranno e
cercheranno di proporre le proposte che facciamo ai ragazzi;
· avranno un rapporto continuo e costruttivo con i Capi;
· sanno che facciamo una chiara proposta religiosa, si
impegnano con noi ad un discorso a lungo termine e non come un'attività per
bambini piccoli e basta;
· saranno disposti a dare una
mano quando lo chiederemo senza voler interferire sul metodo.
noi verso
i genitori
· accetteremo le
loro critiche e consigli,
· non porteremo i ragazzi nei
pericoli inutilmente,
· rispetteremo i tempi delle
famiglie ed eviteremo i ritardi inutili,
· faremo
sapere al più presto possibile gli impegni dei ragazzi (uscite e campi) in modo
che le famiglie possano organizzarsi con le ferie, daremo qualche domenica
libera per stare in famiglia cercando di farla uguale per tutto il Gruppo
· li avvertiremo subito se ci sono problemi seri nei
ragazzi
· gli faremo conoscere il progetto educativo.
I genitori
NON POSSONO:
· chiederci di
fare quello che non sanno fare loro;
· delegarci
l'educazione dei loro figli (noi dobbiamo fare quello che è nostro compito,
nostro specifico);
· caricarci dei loro problemi (siamo
gli educatori dei loro figli);
· mostrarci tutte le loro
esigenze (siamo dei volontari);
· educare i figli a
principi diversi da quelli che noi diamo;
· affidarci i
loro figli senza darci anche fiducia;
· mandare i
ragazzi quando fa loro più comodo;
· non possono
interferire con il nostro modo di lavorare (siamo i re del metodo).
I genitori
DEVONO:
· sapere che
facciamo una proposta religiosa;
· sapere chiaramente
quello che fanno i loro figli;
· sapere che la proposta
è continuata nel tempo.
Il
progetto educativo dato ai genitori viene tagliato di tutto quello che può
essere considerato segreto di ufficio.
dal diario di Francesco
Assistente
IL CAMION E LA CARAMELLA
Le famiglie in genere
hanno delle difficoltà a proporre dei valori ai figli, a parte tutto quello che
si carica sul famoso "esempio", che spesso è un'illusione dietro la quale ci
nascondiamo, anche perché l'esempio, se non è comunicato, non è sentito e quindi
non serve a livello educativo.
Infatti sui grandi
problemi e le grandi scelte della vita noi genitori spesso tendiamo a dire che
li lasciamo liberi.
Quindi la scelta religiosa, la
scelta politica e la scelta morale diventano ambiti privati del ragazzo. Ma la
verità è che i genitori sono come un grosso camion di affetto che porta solo una
caramella, perché proprio sulle grandi scelte e sui grandi valori dicono ai
ragazzi che li lasciano liberi, ma in realtà è solo perché non hanno nulla da
dargli e non sanno cosa dirgli.
UN GIOCHINO SUI VALORI
Mettere in ordine di
importanza i seguenti valori per ipotizzare un mondo futuro . Numerarli da 1 a
15.
Lo possono fare i capi e i ragazzi. Sarà utile poi
confrontare le risposte.Se le risposte dei capi e dei ragazzi sono molto
diverse, domandarsi il perché e approfondire:
RICCHEZZA
- UGUAGLIANZA - VITA FAMILIARE SERENA - PROGRESSO - TRADIZIONE - LIBERTÀ - AMORE
- SALUTE - PACE - GIUSTIZIA - BELLEZZA - SAGGEZZA - FELICITA ' - ISTRUZIONE -
RELIGIONE
dal diario di Francesco Assistente
LA COMUNITÀ CAPI E L'ASSOCIAZIONE
Sarebbe sempre
una cosa saggia riuscire a vivere in Comunità Capi l'Associazione nella sua
struttura e nelle sue proposte. Questo significa concretamente preparare e
discutere in Comunità Capi le proposte della Zona, della Regione e del Consiglio
Generale, per partecipare direttamente all'elaborazione delle idee, prendendo
visione degli argomenti, pensando assieme le mozioni e gli interventi, facendo
il confronto con il nostro Progetto Educativo e le nostre idee della Comunità
Capi e quello che viene proposto a tutti i livelli. Sono queste le strade per
formare alla partecipazione associativa. È chiaro che questo significa
partecipare attivamente e come Comunità Capi ai momenti assembleari decisionali.
Per questo diventa un peccato mortale associativo permettere che vengano fatte
delle attività con i ragazzi nei giorni in cui ci sono Assemblee zonali o
regionali.