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Alessandro Marchiori

SI PUÒ FARE COSÌ

Pensieri di un capogruppo felice, infelice, insomma ...

Descrizione del Documento.:  Quali nodi, quali punti fermi, quali le attenzioni da avere. Esperienze e tanto altro materiale utile per qualsiasi conduzione o per migliorare le attività di un gruppo a partire dai singoli.

Contenuti Educativi.......: un importante stimolo a ripensare COSA e COME stiamo facendo nella nostra vita di gruppo di adulti. Un supporto al Capogruppo, figura fondamentale in ogni gruppo Scout.

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informazioni sull'autore e sulla sua reperibilità
Cognome e Nome..: Alessandro Marchiori
Indirizzo.......: alessandro.marchiori1@tin.it
CAP/Citta'/Prov.: Livorno

INTRODUZIONE

Questo libretto sarà forse una delusione per quelli che pensano di trovare risolti i loro problemi su come condurre la Comunità Capi e su come migliorare i rapporti tra le persone che la vivono. Quando si parla di persone non ci sono soluzioni definite; c'è solo la possibilità di vedere i problemi sotto molti punti di vista. Infatti, la cosa più difficile è riuscire vederli, a dare un nome ai problemi in tutti i loro aspetti. Le soluzioni poi le troviamo. Questo libretto non propone giochi di animazione, perché quelli si trovano nei libri, basta andarseli a cercare. Per molti problemi generali sono stato volutamente sbrigativo. La cosa più importante invece, ed è l'obiettivo del lavoro, è riuscire a mostrare la bellezza, la difficoltà e la complessità della figura del capogruppo che insieme alla Zona e alla Comunità Capi diventa una figura nodale dell'Agesci.
La Comunità Capi è fondamentale nella proposta scout e la maggior parte dei problemi di formazione, di continuità, di serietà e di qualità della proposta educativa che facciamo ai ragazzi ha le sue radici nella Comunità Capi. Per questo il capogruppo, visto nei suoi ruoli di animatore, di quadro, di coordinatore e di garante del metodo ha un compito importantissimo per il funzionamento del Gruppo.
Non sono sicuro di avere ragione. Sarebbe bene sentire questo libretto come una serie di consigli e di proposte che vengono dall'esperienza di un capogruppo, che vanno adattati alle singole situazioni che si vivono in ogni Comunità Capi, considerando le capacità e il carattere di ogni capo. Questo non significa lasciare tutto com'era prima. È un'occasione di confronto e le domande maturano sempre le persone. L'idea del diario è legata alla scelta di dare un aspetto pratico e vissuto ai problemi. Le domande non discusse e non risolte sono i nodi, e gli schemi che organizzano i discorsi sono i paletti.
Qualcuno troverà roba sua non citata. Mi sono servito, oltre che dei miei quaderni, di materiali pubblicati su internet e in pubblicazioni locali, specialmente per alcuni schemi e tabelle. Ringrazio tutti. In particolare Federica Guido e Marino, che sono stati i collaboratori più preziosi e Liliana, Ausilia e la coca del Mede I e del Rosignano I, che hanno accettato di pubblicare i materiali del Gruppo.
Alessandro Marchiori

Livorno Gennaio 2001


Alessandro Marchiori è insegnante di Lettere delle scuole superiori a Livorno. La sua esperienza didattica deriva dall'esperienza di Barbiana, dove ha conosciuto Don Milani e da quella del Villaggio Scolastico di Corea, presso le scuole sperimentali Pistelli di Corea.
Alessandro Marchiori è scout da quando aveva dodici anni. Ha fatto servizio come Capo Reparto e Capo Clan nei gruppi di Livorno. E' stato capogruppo per anni e ha avuto modo di ripensare alle sue esperienze.
E' stato responsabile della Formazione Capi della Toscana. Ha partecipato alle staff dei campi per capigruppo.
Come membro della Pattuglia Nazionale della Formazione Capi ha girato per anni l'Italia negli eventi di formazione per capigruppo. In genere ha trattato le problematiche della psicologia degli adulti e dei rapporti interni della Comunità Capi e si è specializzato sulle problematiche e le tecniche degli adulti in riunione.
Attualmente è membro del Consiglio di Zona di Livorno.




IPOTESI DI INDICE

La nostra coca. Chi c'è quest'anno
I COMPITI DEL CAPOGRUPPO
Il carisma e lo sviluppo delle persone; io sono una capogruppo di provenienza extrassociativa; capogruppo o animatore?; la pagella. la riunione di verifica del capogruppo; dove imparare il mestiere?; quando il capogruppo è un problema; il capogruppo e il rapporto con le branche; ansie legali e dintorni; la responsabilità legale; assicurazione: carlina a casa?; la scaramanzia; cosa voglio dalla Zona; perché mi hanno scelto?; la stima: da dove viene?; il capogruppo che è capo unità; nodi e difficoltà della nostra coca; le scimmie sulle spalle, guardarsi indietro e la fiducia; la coca come luogo felice; le ansie da capogruppo; difficile dire: vai da un'altra parte!; le firme importanti; proponimenti personali; Veronica può fare servizio come quadro; organizzare, organizzazione e organizzatori; lavorare in gruppo; perché è difficile lavorare in gruppo?; lo scoutismo tecnologico; la triade; la capogruppo e la diarchia
I COMPITI DELLA COCA
L'idea della coca; la depressione del capogruppo e cosa chiedono alla comunità capi; l'impegno negli scout e gli esami all'università; la corresponsabilità; ripartire da tre; lealtà associativa e censimenti; la comunità capi come gruppo di adulti; l'arcipelago e la coesione; comunità capi di paese; comunità capi di città; i genitori di seconda battuta; i numeri della coca; le fasi della storia di una comunità capi; coca: i perdenti, i vincenti e i primi della classe; no al padre nostro; educazione non emarginante, il messaggio del gruppo; attenzione alle iscrizioni; i rapporti con i genitori dei ragazzi con problemi; soldi soldi soldi soldi; le richieste di contributi; la cassa di gruppo; lo stile economico e la gita in bicicletta; la filosofia del porcile e la sede educativa; impianti e dintorni; il magazzino: guardate che quando avrete le cose non vi manchi lo spirito
L'ANIMAZIONE DELLA COCA
Poche chiacchiere, andiamo al sodo!; trentacinque volte l'anno, proposte di riunione di coca; le corriere del ritorno; la parola di Dio; il tempo è sacro; a difesa del tempo; una battaglia da non perdere, l'orario di inizio; le ansie e il contratto della serata; conseguenze di una riunione improvvisata e scavolata; l'ordine del giorno ovvero di cosa si discute stasera; un male cronico: le varie e il tempo delle riunioni; la fuga nel passato e le difese del gruppo; la cadenza delle riunioni; le decisioni che fatica!; l'avvocato del diavolo; il verbale della riunione; gli interventi dei politici; l'effetto specchio; il gioco degli adulti; la critica distruttiva; considerazioni sulla partecipazione; esiste un buon gruppo?; come dobbiamo formulare le domande; l'animazione della comunità capi; l'uscita di gruppo; ancora! il riciclaggio degli argomenti; la stampa associativa; celebrare; la coca è una comunità cristiana; l'uscita di coca; il fuoco di bivacco per adulti; vita di fede; la strada delle emozioni: una strada della fede; la revisione di unità in coca
ENTRARE E USCIRE DALLA COCA
Le entrate dei capi; la mancata partenza e il buon vicinato; il clan e il mercato delle vacche; le domande assurde e la cultura di lasciare entrare; la nomina a capo di Veronica; la porta che sbatte. le uscite dalla coca; quando un capo esce dalla coca; la cultura del ringraziare; verifica della coca sulla partenza; e quando escono i ragazzi?; Simone è uscito; handicap e coca; le caratteristiche di un capo; i giovani e le paure; il tirocinio e il tirocinante; affacciarsi e non cadere dalla finestra; mamma Eleonora; voglio una donna! la prima volta; la promessa di Francesco; la comunità capi e il patto associativo; le cerimonie di accoglienza e promessa; da noi di usa così; l'incontro con Valeria; i capi unità diventano formatori; il babbo dei capi; nessuno è entrato in chiesa; Francesco tirocinante e l'affidamento del tirocinio; la presentazione al camposcuola; Francesco dopo il camposcuola; i genitori in coca; i vecchi associativi; i capi a disposizione
I RAPPORTI INTERPERSONALI
I rapporti con i capi; lo zaino diverso; ma mi stai ascoltando?; l'ascolto a riunione; i silenzi cattivi; i silenzi sommersi; il clima che viene da lontano; gli staff e le risatine; coccolare/difendere o svezzare?; la mancanza di stima; occorre lasciare il tempo che il the si faccia; le contrapposizioni dei gruppi scout e le gemmazioni; il silenzio in famiglia; i fantasmi dagli armadi. gli argomenti micidiali; strategia vinco vinci. il compromesso; le coppie scoppiate; la cochetta; le razze di capi; i giovani e i vecchi; maschi e femmine; gli extrassociativi
I PROGETTI
il gioco degli scacchi e le difese di fronte al cambiamento; la barca a remi; la sceneggiata napoletana; il progetto educativo: il pavimento; il progetto educativo e i programmi; dobbiamo rivedere il progetto educativo; fondamenta, il progetto educativo e il progetto del capo; una riunione di coca che ha funzionato; l'ombrello e analisi dell'ambiente; agitarsi, la disponibilità dei capi e il futuro del gruppo; ...e si valutano le risorse; i genitori arrabbiati e offesi; ce la siamo voluta: i genitori arrabbiati; i progetti di unità; uscita di verifica del progetto educativo; i posti hanno un'anima; il potere nell'Agesci e l'assegnazione incarichi; il pesce e l'esca; le iscrizioni; la manualità; il branco: aprire?; la verifica dell'uscita dei passaggi; verifiche difesa e accusa; la frase vietata. le nostre verifiche; il rischio della coerenza e la proposta monca; punti critici della nostra coca; il progetto del capo; i monaci e la coca; mettersi in mutande? commento al progetto del capo; la continuità tra le branche
IL MONDO
I rapporti con gli altri gruppi scout; i rapporti con la regione scout; la stampa e l'ombrello; lealtà associativa e censimenti; gli inviti facili; le processioni. i rapporti con la parrocchia; la più laica delle associazioni ecclesiali; la nuova parrocchia: un arcipelago con molti ponti; le nostre capacità e la parrocchia; i momenti liturgici; i manovali della parrocchia e la presentazione del progetto educativo; i rapporti con il parroco; Natale; i capi gruppo e l'assistente ecclesiastico; i preti e i panda; capirsi; i rapporti con le altre associazioni della parrocchia; gli scout e le pubbliche relazioni; identità e immagine; gli affari nostri e le pubbliche relazioni; la discrezione e la radio serva scout; le visite durante le attività; gli indirizzari; lo scoutismo è una proposta scomoda; gli atteggiamenti dei capi di fronte al resto del mondo; la campagna elettorale e gli inviti; non ci capiscono: idee da far passare alle organizzazioni territoriali; il quartiere politico; il barista e le etichette politiche; le prese di posizione e le firme; i genitori; il tempo perso con i genitori; i capi giovani e l'atteggiamento paterno dei genitori¸ le cene; i genitori e gli incontri di presentazione del metodo; lo scautese; patti chiari: il contratto con i genitori, il camion e la caramella; la comunità capi e l'associazione.

LA NOSTRA COCA - CHI C'È QUEST'ANNO

CAPIGRUPPO Paola e Onorato
ASSISTENTE Don Francesco
CAPI CLAN Massimo e Veronica
CAPI DEL REPARTO FEMMINILE Enrica e Giulia
CAPI DEL REPARTO MASCHILE Marta, Sandro e Gigi
CAPI DEL BRANCO Marta, Lucia e Francesco
CAPI A DISPOSIZIONE: Gabriele e Liliana




I COMPITI DEL CAPOGRUPPO

dal diario di Paola

IL CARISMA E LO SVILUPPO DELLE PERSONE

Bisogna che ne parli con Onorato. Lui ha un carisma personale molto forte, che rischia di essere pericoloso. Esprime troppo spesso le sue opinioni e dice avrebbe fatto lui in quella data situazione. Dice cose giuste e sagge, che derivano dalla sua lunga esperienza. Ma il rischio è che si ripeta il rapporto come era vissuto nelle Unità, anche perché molti capi sono stati ragazzi suoi del clan. Gli devo proporre di esprimere la sua opinione in maniera più problematica. Altrimenti non permette la crescita dei capi della Coca. Un sintomo chiaro è che dopo che Onorato ha parlato, tutti stanno zitti e si fa come dice lui. Una situazione del genere può dare anche soddisfazione al capogruppo, ma a lungo andare diventa micidiale e pericolosa per la crescita dei capi e della Comunità Capi.


NODI

Di quale capogruppo ha bisogno questa coca?
Nello nostra coca l'abbiamo scelto o l'abbiamo trovato?
Perché è lui/lei?
Cosa gli/le chiediamo?

È ora di cambiare?



dal diario di Paola

IO SONO UNA CAPOGRUPPO DI PROVENIENZA EXTRASSOCIATIVA

Io sono una capogruppo di provenienza extrassociativa. Questa non è una caratteristica buona o cattiva, perché per fare il capogruppo occorrono delle caratteristiche che una persona adulta può avere anche se non ha fatto l'iter scout da giovane. All'inizio è stata dura: c'era un modo di fare che non capivo e non riuscivo ad accettare. Quando sono entrata in coca, c'era uno stile e un atteggiamento di critica pesante e personale che per una persona che viene dall'esterno è difficile accettare. Poi ho capito che si era in una fase dura di verifica della coca. Ma per una persona adulta è difficile imparare, adattarsi ad uno stile di critiche a volte pesanti che ci facciamo in coca: aumentava in me il bisogno di sicurezza personale, perché io che sono un capo extrassociativo sono più sensibile al giudizio delle persone e faccio più fatica a capire gli stati d'animo dei capi; alla base di tutte le critiche c'è una stima sostanziale che viene dalle esperienze di servizio con i ragazzi, che uniscono e permettono le critiche anche più feroci e sincere, ma permettono anche di accettarle.
Mi sono chiesta: come ho fatto a entrare e, specialmente, a restarci?
Sono diventata capogruppo dopo sei anni di servizio nella branca e/g. Io sono una testona e all'inizio ho cercato di capire, di leggere i sacri testi, di partecipare il più possibile alle attività con i ragazzi in vari modi e con vari ruoli. Quello che non riuscivo a capire lo chiedevo. Ho fatto fatica a capire il linguaggio dello scautese e mi sono mancati, almeno all'inizio, il confronto con le esperienze che altri della coca hanno fatto durante gli anni. Era stata lasciata sola, ed è andata bene. Ma è stato certamente un errore da parte della coca e del capogruppo.



dal diario di Francesco Assistente

CAPOGRUPPO O ANIMATORE?

È una diatriba già superata da tempo, dal Consiglio Nazionale dell'Ottantadue, quando a volte in coca c'era le due figure. Adesso il problema è risolto nell'unicità del capogruppo che fa anche da animatore o comunque fa in modo che la riunione o le altre attività fondamentali, cioè il Progetto educativo e il progetto del capo siano formulate e attuate ed è il tramite tra l'associazione e il gruppo scout.
Noi in coca l'abbiamo risolto dividendo il compito dell'animazione tra tutta la coca. Affidiamo l'animazione di certe serate a capi o a staff di branca. E poi l'animazione delle riunioni di coca sono una piccola parte del nostro impegno come capigruppo. La parte importante del nostro impegno è fuori dalle riunioni di coca.


dal diario di Onorato

LA PAGELLA. LA RIUNIONE DI VERIFICA DEL CAPOGRUPPO

Ci hanno dato la pagella. Ieri sera riunione di verifica della staff dei capigruppo. Abbiamo verificato tutto il lavoro che abbiamo fatto in coca e nel gruppo per attuare il nostro compito. È stato utile avere il programma che ci eravamo proposti: l'abbiamo trovato nel quadernone delle riunioni e su questo ci siamo verificati.
La coca aveva preparato queste domande a cui noi si doveva rispondere come verifica personale come verifica del nostro servizio.
Ognuno ha scelto le domande che riteneva più significative e ha risposto. Abbiamo risposto con la maggiore sincerità possibile. Abbiamo poi notato che nelle domande c'era molta psicologia e poca verifica della programmazione. Hanno mescolato le domande che andavano sul personale e quelle che verificavano la conduzione della coca. L'anno prossimo le diminuiamo e le cambiamo.


PALETTI
AUTOANALISI DEL CAPOGRUPPO

· so tenere una riunione tra adulti in maniera che sia utile e proficua
· conosco le dinamiche fondamentali di un gruppo di adulti
· sono consapevole dei contrasti e delle difficoltà di rapporto tra le varie età e le rendo esplicite
· non tengo nascosto nulla se non per discrezione
· affronto tutti i problemi, anche quelli più spiacevoli
· ho l'atteggiamento di farmi consigliare dalle persone e ho la capacità di farmi aiutare
· riesco a fare in maniera che le verifiche siano utili e profonde e servano per migliorare
· seguo i rapporti con il territorio, i genitori e la parrocchia
· stimolo nei capi e in me stesso l'appartenenza associativa e stimolo l'esercizio della democrazia associativa
· partecipo con la Zona in maniera attiva
· partecipo a volte alle riunioni di staff
· partecipo alle riunioni dei genitori organizzate dalle branche
· partecipo ad alcune attività per i ragazzi, sempre in maniera poco ingombrante ma per rendermi conto personalmente di come vanno le cose
· curo in modo particolare i nuovi entrati nella Comunità Capi e seguo i tirocinanti
· approfondisco le nuove proposte dell'Associazione rivolte alla formazione dei capi
· attuo in coca il progetto del capo
· ho la forza di dire a qualche membro della Comunità Capi che deve andare a compiere il suo servizio altrove, perché non è adatto al servizio educativo in Agesci, ma mantengo con lui sempre l'amicizia e i rapporti
· faccio partecipare tutti alle decisioni e coinvolgo tutti i membri della Comunità Capi nelle scelte
· conosco i punti nodali della metodologia scout per intervenire su tutte le branche
· sto attento al tempo dei capi, perché abbiano il tempo per loro stessi perché possano svolgere uno scoutismo sereno e senza ansia
· non mi lascio divorare dalle cose da fare subito
· mi domando sempre perché ogni cosa viene fatta
· mi lascio coinvolgere dalle situazioni ma non mi lascio sconvolgere e cerco di essere impegnato ma non indaffarato e sono capace di dire di no a certi impegni eccessivi, ma anche di dire di sì se penso di poterli attuare continuando a fare uno scoutismo felice e sereno
· sono un facilitatore nei rapporti
· faccio decidere alla coca ma cerco anche di esprimere le mie idee e rispetto le scelte della coca anche quando non sono d'accordo
· sono serio nel lavoro e nella famiglia che è la radice della stima sociale. Ad esempio, se fossi accompagnato o divorziato non farei questo servizio.
· vivo la fede in maniera personale e approfondita e non solo "pubblica".
· vivo le scelte che si propongono ai ragazzi nella mia vita.
· cerco di operare in maniera che non possano essere fatte osservazioni che mi tolgano la stima della gente, dei capi e dei ragazzi.
· cerco di conoscere la psicologia degli adulti e i modi per farli lavorare assieme, certamente senza pensare di manipolarli o orientarli o imporre le proprie idee
· cerco di avere la capacità di lavorare e far lavorare con un progetto



dal diario di Onorato

DOVE IMPARARE IL MESTIERE?

Ho capito una cosa da quando ho partecipato ai fine settimana per capigruppo, per imparare il mestiere e per confrontarmi con altri capigruppo provenienti da altre situazioni e ambienti: ho capito che il problema dell'animazione delle riunioni non è il più importante. La difficoltà principale è quella di coordinare le volontà di adulti diversi ad un unico fine educativo. E dopo che ho capito questo, allora mi servo anche dei manuali di animazione, perché servono sempre; ma, al solito, la cosa importante è da un'altra parte.

Proponimenti personali

QUANDO IL CAPOGRUPPO È UN PROBLEMA

Sono domande che ho fatto a me stesso. Per capire se come capogruppo sono diventato un problema per la Comunità Capi. Ho pensato che basta considerare alcuni fattori.
Mi sono chiesto:

Alla fine mi sono detto che posso ancora fare un anno di servizio come capogruppo e poi tornare a dare una mano in branca rover. Chi mi sostituirà? Sarà bene che cominciamo a pensarci.



dal diario di Paola

IL CAPOGRUPPO E IL RAPPORTO CON LE BRANCHE

Ieri abbiamo partecipato alla riunione di staff della branca l/c. Mancava don Francesco, ma era meglio se c'era. Non c'era una ragione particolare per partecipare. Abbiamo chiesto noi di partecipare ogni tanto alle riunioni di staff delle branche, perché è il modo più semplice per capire come vanno le cose e come sono i rapporti interni. Poi i capi ci possono dire più chiaramente i problemi e i progetti. Abbiamo raccontato degli incontri personali che abbiamo avuto con alcuni genitori che ci hanno cercato perché avevano problemi con i capi dei loro bambini. Questi genitori è parleranno con i capi unità.
Quello con i capigruppo è un rapporto delicato da gestire, anche perché, se non c'è fiducia, dai capi viene sentito come un'intrusione, un voler mettere il naso. Invece se le cose sono concordate e chiarite, la presenza nostra, specialmente se è all'interno di un'attività, ci permette di verificare di persona come vanno realmente le cose e come sono i ragazzi e qual è la qualità di scoutismo che viene proposta. Ai capi unità dà la possibilità di chiedere un consiglio o un parere su certe situazioni. Noi ci siamo andati anche per parlare delle situazioni di genitori o di ragazzi problematici. L'occasione di questi incontri, che faremo con tutte gli staff, è la preparazione dell'incontro di coca sui ragazzi problematici del gruppo. Infatti, deve passare, a mio parere questa filosofia nel nostro gruppo, e la ripetiamo ogni volta: ogni ragazzo che ci mette in difficoltà è un dono per noi, per non annoiarci, per ritrovare le ragioni del nostro servizio. Altrimenti sarebbe troppo comodo lavorare con i ragazzi perbene e che fanno quelli che gli dici, e magari sono anche bravi e buoni. E se esce un ragazzo che ci ha dato problemi è veramente una sconfitta.


dal diario di Onorato

ANSIE LEGALI E DINTORNI

Il reparto maschile nell'uscita ha attraversato i prati da falciare e il contadino si è messo a urlare contro di loro. La cosa è finita lì, ma ho detto a Sandro, Marta e a Gigi, i capireparto, che aveva ragione il contadino e loro avevano fatto una stupidaggine e poteva sorgere il problema del risarcimento. Ci devono stare più attenti e non essere superficiali. Questo fatto è stato un'occasione per parlarne in coca, per aumentare in tutti la sensibilità a questi problemi.
Ogni volta che si organizza qualcosa per i ragazzi incocciamo delle leggi e dei regolamenti ai quali ci dobbiamo adattare, per quanto possibile. Lo dico sempre a tutti i capi della coca. Il fatto che siamo volontari, che facciamo un servizio educativo, non ci porta all'immunità legale. Il rischio è loro ma anche mio. Questi discorsi delle responsabilità legali non li sottolineo come incentivo a lasciare il servizio, perché è troppo rischioso. Queste responsabilità vengono per ogni capo in quanto cittadino. Quindi i rischi legali, civili e penali, devono essere ben chiariti, anche se non devono diventare una cappa di piombo. Certe volte dormo poco fino a quando non sono rientrati tutti da certe uscite. Quando si ragazzi sono in uscita voglio poter rispondere ad un genitore dove sono i ragazzi e quando tornano. Comunque ho i telefonini di tutti i capi, e questo mi ha semplificato la vita. Noi cerchiamo di adempiere le leggi e i regolamenti che incontriamo nella nostra attività. Occorre essere attenti, anche perché l'educazione alla legalità passa dai nostri gesti concreti di capi, dal rispetto degli altri, sia quando ci si mette a cantare nei treni pieni di gente sia quando si passa dai campi degli altri e magari si fanno danni.

Questo un breve elenco dei problemi che hanno attinenza legale che abbiamo affrontato in coca e che ci toccano:
li ho divisi tra illeciti civile e penali

illeciti civili

· il rischio di danni agli altri nelle uscite
· i problemi della sicurezza e degli impianti in sede e nelle case dei campeggi e vacanze di branco
· le autorizzazioni amministrative da chiedere

illeciti penali

· il rischio di entrare nel fondo altrui
· il disturbo della quiete e del riposo degli altri
· l'abbandono di persone minori o incapaci
· il rischio di abuso di mezzi di correzione (nessuno deve toccare un ragazzo)
· l'imprudenza e la negligenza (coltelloni vari ecc.)
· soggiorno abusivo in parchi naturali


È impossibile elencare tutte le situazioni che portano pericolo. Il problema è a monte. Noi cerchiamo di affidare i ragazzi a persone responsabili e con tanto buon senso da non mettersi e da non mettere i ragazzi nei pericoli. Anche per questo da noi c'è l'obbligo che l'uscita, almeno nelle branche inferiori, non si fa mai con un solo capo, altrimenti non si fa.
Da noi c'è il divieto assoluto di usare l'autostop. Si devono usare i mezzi pubblici. Questo comporta la possibilità di perdere le corriere e i treni e di arrivare in ritardo. Per questo… benedetti i telefonini per avvertire i genitori!
Noi facciamo in modo di avere anche una domanda scritta dei genitori che ci richiedono l'iscrizione all'associazione. In questa domanda abbiamo chiarito che ci possono essere dei momenti particolari del metodo e attività più impegnative di cui devono essere informati. Questo non ci scarica dai problemi, ma i genitori non possono dire che non lo sapevano. Sempre per correttezza, noi diciamo ai ragazzi del clan che fanno servizio associativo e sono maggiorenni, che possono essere chiamati anche loro a rispondere in giudizio, se succede qualcosa. Noi cerchiamo che non siano mai soli con i ragazzi, ma può succedere e devono saperlo.


NODI
Come conciliare l'autonomia della squadriglia o personale a livello del metodo con la necessità giuridica di non incorrere nella "culpa in vigilando", che è quella di non essere presenti, di lasciare da soli dei minori che ci sono stati affidati, e di non aver fatto quindi tutto il possibile perché non si facessero male?



dal diario di Paola

LA RESPONSABILITÀ LEGALE

È raro che ci capiti, come capigruppo, di firmare documenti che hanno valore legale, ma ogni tanto ci è capitato. Ad esempio la parrocchia ha voluto un documento firmato da me e da Paola per l'uso dei locali in comodato. Per don Francesco non hanno voluto la firma perché non ha la rappresentanza legale. Questo significa che la parrocchia chiede a noi gli eventuali danni e comunque si scarica dalla responsabilità se si fanno male i nostri ragazzi. Comunque siamo coperti sia dalla nostra assicurazione Agesci, sia dall'assicurazione della parrocchia per l'uso generale dei locali.
Ragione di discussione con il parroco: non è giusto e non è legale che i ragazzi delle squadriglie facciano riunione di squadriglia senza la presenza, almeno nei paraggi, di nessun capo scout. E se qualcuno si fa male?



Noi siamo soliti lasciare questa lettera dopo che siamo stati in un luogo, specialmente quando i ragazzi sono in uscita di squadriglia, e quindi
senza capi

Ai responsabili dei luoghi in cui siamo stati ospitati

Baden Powell, fondatore del movimento scout, nel suo ultimo messaggio agli scout, li invitò a "lasciare il mondo un po' migliore di come l'avevamo trovato".
Per noi questo vuole essere riferito tanto alle grandi quanto alle piccole situazioni.
Speriamo quindi che i nostri scout siano stati capaci di lasciarvi gli spazi che avete messo a disposizione, meglio, o per lo meno, come li avete loro offerti.
Se ciò non fosse avvenuto, ci scusiamo per la loro disattenzione e vi preghiamo di farcelo presente, affinché possa essere un nostro sforzo il cercare di rimediare alle loro dimenticanze, per potervi lasciare un sereno ricordo della nostra presenza.
Quindi vi preghiamo di segnalarci eventuali rotture, o luoghi non puliti o dimenticanze che possono aver comportato dei danni, che non sono stati visti al momento della partenza, e che siamo disponibili a riparare. Noi speriamo che i ragazzi si siano comportati educatamente, che abbiano rispettato gli orari del silenzio notturno, che abbiano lasciato gli spazi puliti e in ordine e che abbiano fatto qualcosa in cambio dell'ospitalità. Se non è stato così ce lo faccia sapere. Questo ci darà anche la possibilità di verificare come i ragazzi si comportano quando sono ospiti di altre persone.
I nostri indirizzi e numeri telefonici sono i seguenti ...
I CAPIGRUPPO





dal diario di Paola

ASSICURAZIONE: CARLINA A CASA?

Chi ha più cervello lo adopri!
Discussione con Enrica e Giulia, del reparto femminile, che vogliono far venire in uscita e in sede Carlina, anche se non è ancora censita, perché non hanno fatto il censimento aggiuntivo.
Mi sono opposta, d'accordo con Onorato, a che Carlina continui a venire in sede e a fare le uscite. È vero che i capi sono maggiorenni, e che hanno loro la responsabilità, ma la cosa non cambia. Già da tempo, per fortuna, da noi non c'è nessun capo minorenne. Comunque fino a quando Carlina non è censita si rischia grosso e inutilmente. È vero che c'è il discorso educativo, ma allora ho proposto di fare un'assicurazione temporanea per lei per i pochi giorni che servono per mettersi in regola. In babbo di un rover è assicuratore e la soluzione si trova. In queste cose non bisogna essere superficiali e attivare le polizze assicurative è un dovere a cui noi capigruppo non ci possiamo sottrarre.

LA SCARAMANZIA

Lucia, diceva che portava sfortuna. Allora l'abbiamo chiamata la riunione di scaramanzia.
Noi diciamo che dobbiamo essere pronti all'emergenza e abbiamo passato la serata per vedere "a freddo", per ipotizzare un'emergenza e scriverci le cose da fare subito, una dietro l'altra. È stata una riunione interessante. Dopo esserci detti quali sono i momenti pericolosi (camminare di notte, montagna, momenti di stanca o di non attività o non controllo, uscite dei ragazzi da soli ecc.) abbiamo concordato le fasi di emergenza:

· Queste le fasi che sono uscite in situazione di emergenza. Chiaro che ogni fatto è diverso dall'altro, ma ci siamo detti:

se i problemi sono fisici:
· cercare di capire cosa è successo, specie se ci sono battute della testa ecc.
· non dare medicine ma avere il pronto soccorso secondo l'attività
· utilizzare i mezzi di emergenza pubblici se possibile (118 ecc.)
· avere un telefonino funzionante
· ai campi avere sempre le cartelle dei ragazzi e sapere le situazioni particolari riguardo ai farmaci ecc.
· avere sempre i numeri di emergenza dei capigruppo e dei genitori
· avere i numeri del servizio assistance dell'assicurazione
· preparare i documenti delle denunce all'assicurazione
· non dire balle sui fatti alle autorità ma nello stesso tempo astenersi in qualsiasi momento dal riconoscimento della propria responsabilità
· portare avanti le cose fino alla loro definizione

se abbiamo fatto dei danni:
· risolvere il problema se possibile da soli se è piccolo
· avvertire i proprietari
· fare delle foto se possibile
· scrivere una relazione esatta delle circostanze, con tutti i nomi dei protagonisti
· dire dove si era in quel momento
· avvertire l'assicurazione se il danno è grosso


COSA VOGLIO DALLA ZONA

"Non riesco a capire cosa vogliono ottenere…"; "Loro sono là…"; "Non capiscono i nostri problemi!"; "Loro parlano... ma siamo noi che stiamo con i ragazzi!"; "È stato interessante, hanno parlato, ma poi sono tutte cose teoriche che non ci servono!". Questi alcuni atteggiamenti. Comunque da noi se qualcuno programma l'uscita o qualsiasi attività con i ragazzi quando c'è l'assemblea di Zona o l'incontro delle branche lo uccidiamo di offese e contumelie. Da noi si usa così. C'era l'incontro di Zona delle branche. Saltiamo la riunione di coca per non accavallare troppi impegni. Comunque partono i commenti dei capi. Sono frasi che sento dai capi ogni volta che vanno agli incontri di Zona. È lo stesso atteggiamento che abbiamo con i politici. Sentiamo la Zona distante dalla vita associativa di tutti i giorni. E allora divento matta, perché significa che i capi non ci mettono abbastanza impegno per cambiare le cose, che brontolano come qualunquisti politici. Noi capigruppo cerchiamo in tutti i modi di favorire la partecipazione agli incontri di Zona. È un modo di uscire dal guscio e di migliorare la qualità della proposta. Io mi arrabbio spesso agli incontri di Zona, ma sento che mi serve. Non solo come confronto di idee e dei modi di operare, ma come aiuto alla coca. Mi sento corresponsabile e anche quando mi arrabbio so che la colpa è nostra. Non è facile, ma non è possibile fare diversamente.
Io dalla Zona voglio un concreto aiuto perché tocca alle Zone calarsi nella realtà delle Coca. Tocca alla Zona: promuovere la formazione e la crescita dei capi e in particolare li stimola a confrontare e verificare la propria azione educativa e a realizzare l'aggiornamento e la formazione di adulti.
Ogni volta mi viene in mente il problema. Siamo così impegnati nella gestione educativa delle unità da rischiare di dimenticare in nostro impegno nella formazione degli adulti. Quindi devo proporre alla Zona di fare formazione permanente, magari sui problemi e sui nodi più chiari che viviamo nelle coca. Su queste cose abbiamo impostato il programma di Zona. Devo proporre degli incontri per la gestione delle riunioni e il problema della conflittualità all'interno di un gruppo di adulti. Massimo, che ha la memoria lunga, mi ha detto che lui all'Assemblea regionale non ci torna per perdere tutto quel tempo. Nella nostra coca si arriva a malapena a sentire e vivere la Zona. La regione o l'associazione sono distanti un oceano. Come fare?
Io lo so cosa dovrebbe fare un capogruppo su questo problema.


PALETTI

FORMAZIONE CAPI permanente in rapporto alle lacune dei capi: Ruolo della Zona

LACUNE:
· Esiste la consapevolezza di non possedere un sufficiente bagaglio di tecniche tipicamente "scouting"
· È presente la carenza di una lettura appropriata dei testi di B.P. e di altri testi di argomento educativo scout
· Scarsa è la conoscenza dei regolamenti e dei documenti ufficiali dell'associazione
· Manca il confronto sulle scelte di fondo del P.A. che si danno per scontate.
· È carente il confronto tra i capi sul modo di usare il metodo nelle branche.
· Poiché risulta difficoltosa la capacità di dare testimonianza della propria fede, ne consegue una scarsa incisività nel proporre ai ragazzi una crescita di fede attraverso esperienze di catechesi.

PROPOSTE PER LA ZONA:
· Favorire il confronto tra i capi sul metodo e sulla sua applicazione interbranca.
· Rendere la nostra proposta appropriata alla luce di un'analisi sulla realtà giovanile.
· Proporre momenti di confronto e crescita nella fede.
· Favorire la circolazione delle esperienze sulle attività di catechesi.
· Informare sulle novità metodologiche.
· Creare tra i capi della Zona un clima che porti al confronto sereno e leale nel rispetto e nella stima reciproca, evitando arroccamenti e chiusure precostituite in tutti gli ambiti.


dal diario di Onorato

PERCHÉ MI HANNO SCELTO?

Ogni tanto mi chiedo perché la coca mi ha scelto come capogruppo. A parte che non mi hanno scelto ma mi sono reso disponibile per farlo e loro mi hanno scelto. Avevo fatto servizio in branca rover, ed era ora di cambiare dopo cinque anni. Mi hanno scelto perché pensavano che avevo tempo solo per fare il capogruppo? Forse è arrivato il tempo che il servizio del capogruppo e del quadro non siano servizi da fare a fine carriera, ma come momento di stacco dalle unità, per poi tornare a fare servizio con i ragazzi?
Penso che sia stato perché, fino ad ora, ho un rapporto di fiducia con la coca. Ho fatto una buona esperienza di servizio in branca rover. Pensano anche che abbia una qualche capacità di far funzionare la Coca. Penso che abbia influenzato anche la mia età, che mi aiuta ad avere una certa autorevolezza nei rapporti interni ed esterni della coca e del gruppo, specialmente con i genitori. E poi la maggior parte è gente che ho avuto in clan, e questo conta, nel bene e nel male.



PALETTI
FUNZIONI E COMPITI DEL CAPOGRUPPO

Secondo lo Statuto l'impegno del Capogruppo deve muoversi poi in tre direzioni fondamentali:
la prima di tipo educativo, analogamente ad un Capo Unità che opera per il bene dei ragazzi. Quello che fa perciò è funzionale, seppur in modo indiretto, al bene dei ragazzi;
la seconda di tipo associativo, in quanto quadro dell'AGESCI. Come tale, egli fa parte della struttura organizzativa e funzionale che l'AGESCI si è data;
la terza infine quella del formatore, in quanto fa sì che la Comunità Capi sia il luogo principale della formazione dei Capi, attraverso il trapasso delle nozioni, lo stimolo alla crescita personale e la verifica dell'iter formativo.



dal diario di Onorato

LA STIMA: DA DOVE VIENE?

Mi ha detto Lucia, la capo del branco: "Noi ti ascoltiamo anche perché ti stimiamo!"
Cos'è la stima? È una serie di fattori che si collegano l'uno all'altro, fatta di storia, di esperienze che hai vissuto con gli altri, di momenti in cui hai dimostrato serietà e impegno con i ragazzi e con i capi, di saggezza in situazioni di emergenza. Ma allora, mi sono chiesto, a fare il capogruppo occorre una persona un po' anzianotta con tanta esperienza? Non penso. L'esperienza e la stima la può ottenere anche un giovane, basta che abbia o cerchi di avere le capacità che servono per fare il capogruppo.

Secondo me negli scout la stima è data:


dal diario di Paola

IL CAPOGRUPPO CHE È CAPO UNITÀ

Discussione se noi capigruppo si doveva fare servizio anche nelle branche, visto che ce n'era bisogno. E' indispensabile che i capogruppo abbiano quest'anno l'unità? Se è una situazione temporanea va bene, ma se è per sempre non va bene. Per quest'anno abbiamo deciso per un no. I problemi si risolveranno in altri modi. In compenso la coca sarà molto esigente su come svolgeremo il nostro servizio. Molte Comunità Capi piccole o anche grandi, proprio perché hanno grossi problemi a mantenere in vita le unità uniscono la figura del capogruppo con quella del capo unità. La scelta sottintende che il capogruppo ha meno da fare e può essere tranquillamente un compito aggiuntivo. Allora il Capogruppo diventa quello che organizza le riunioni di coca. Il risultato concreto è una Comunità Capi che funziona poco e male o che non esiste come momento di formazione permanente. Diventa chiaro quindi che i compiti del capogruppo o non sono attuati o sono solo accennati. D'altronde se non si investono forze sulla Comunità Capi, i problemi si aggravano sempre di più, proprio perché è la Comunità Capi il luogo dove i problemi si risolvono e si fa un controllo continuo della qualità di scoutismo che stiamo proponendo ...


PALETTI

In quanto quadro dell'AGESCI il Capogruppo esplica la sua rapprentatività:



dal diario di Paola

NODI E DIFFICOLTÀ DELLA NOSTRA COCA

Ci siamo incontrati tutti e tre e abbiamo fatto l'elenco dei nodi più importanti della nostra coca. Non sappiamo come risolverli, ma almeno stiamo cercando di dargli un nome. A volte identificare un nodo è già essere un pezzo avanti per la sua soluzione, proprio perché occorre dare un nome ai problemi. Faremo un confronto con la coca per vedere se le nostri idee sono condivise.

Questo l'elenco dei nodi:

Onorato ha detto che la prossima volta facciamo l'elenco delle cose che funzionano. Si parte anche da quelle che funzionano per migliorare, non solo dai problemi da risolvere.


dal diario di Onorato

GUARDARSI INDIETRO E LA FIDUCIA

Massimo è una delle poche persone che ho conosciuto che se ti dicono di sì, sai che quella cosa sarà fatta, o che almeno ce la metterà tutta per farla e se ha difficoltà te le viene a dire. Quando Massimo si prende un impegno, è sicuro che l'impegno lo porterà a fondo e se non ce la fa te lo dice. Il trucco è tutto qui. Solo che Massimo è una merce rara. E allora vale la pena a volte passare il problema non ad una sola persona ma ad un piccolo gruppo, con però ha una persona già identificata che faccia da capo gita, che risponda lui alla coca o a noi capigruppo. È la persona che fa in modo che le cose succedano e i problemi vengano distribuiti dalle spalle di tutta la coca in generale alle spalle dei singoli membri o dei gruppi perché abbia un nome chi fa cosa.


IL CAPO GRUPPO: IL RUOLO

La capo gruppo ed il capo gruppo, d'intesa con l'A.E. di gruppo ed avvalendosi dell'aiuto della comunità capi, curano in particolare:
  1. attuazione scopi e animazione Coca
    1. garanzia dell'attuazione del P.E
    2. approfondimento problemi educativi nell'ottica della P.P.U.
    3. formazione permanente
    4. cura del tirocinio
    5. verifica l'andamento incarichi di servizio sia del singolo capo che della staff

  2. rapporti altri gruppi e l'associazione
    1. partecipazione al Consiglio di Zona
    2. collaborazione con le strutture associative

  3. rapporti con il territorio
    1. famiglia
    2. parrocchia
    3. scuola

  4. gestione organizzativa e amministrativa
    1. organizzazione dei programmi
    2. predisposizione dei bilanci preventivi e consuntivi

IL CAPO GRUPPO: IL PROFILO

CAPO
- esperienza / formazione nella legge scout - scelte del P.A.
- autorevole = capacità riconosciuta di sintesi concrete tra scoutismo e vita rapporto di fiducia
- capacità di relazione con altri adulti
- animatore = capacità di creare il " clima "

QUADRO
- operatore nelle strutture associative - garante del P.E.
- capacità di richiamare alla fedeltà delle scelte del P.A.
- capacità di leggere la realtà sociale e di fare sintesi "culturale"

FORMATORE
- cerniera fra la "cultura" associativa ( quadro ) e la reale esigenza di formazione dei capi ( capo )
- curatore del trapasso delle nozioni
- stimolo all'iter associativo e sua verifica
- operatore metodologico
- stimolo per l'applicazione creativa del metodo



dal diario di Paola

LA COCA COME LUOGO FELICE

Ho sentito Gigi, alla riunione dello staff unito dei reparti che diceva a Giulia: "Stasera c'è coca!". E il tono era quello del sospiro, della tassa da pagare, della rottura che occorre sopportare per poter fare servizio con i ragazzi.
Ne ho parlato poi con tutti i capigruppo al Consiglio di Zona e qualcuno ha lo stesso problema. È un sintomo preoccupante. Significa che la coca non è vissuta come luogo felice, dove si sta bene e si imparano le cose che servono per il servizio dei ragazzi. Dovremo fare una verifica dell'andamento della coca riguardo alle riunioni. Dobbiamo ribadire che quello che succede è merito e colpa di tutti e che tutti devono dire cosa vogliono che capiti e in che modo e in quale clima e con quali contenuti. Salvo poi chiedersi se quel problema è il vero problema o il sintomo di qualche altra cosa.



NODI
Come fare in modo che la coca sia un luogo felice?


dal diario di Paola

LE ANSIE DA CAPOGRUPPO

Queste erano le domande che mi giravano in testa quando ho cominciato per la prima volta nel servizio di capogruppo: Sono ansie da capogruppo? Ma le stesse domande se le fa continuamente ogni capo della coca, anche se siamo gente che si conosce da un'eternità. Ogni ansia di inadeguatezza la devo vivere insieme con altri, sapendo che non sono sola e che sto imparando il mestiere ogni giorno. Queste ansie mi sono passate quasi tutte, ma penso che adesso mi restano le domande, che vanno ancora bene.
Mi sono fatta poi un elenco di obiettivi da portare avanti.


PALETTI

I PROGRAMMI DI GOVERNO DI ME PAOLA




dal diario di Paola

DIFFICILE DIRE: VAI DA UN'ALTRA PARTE!

C'è continuamente da ricordare il problema della responsabilità. Noi capigruppo non siamo i capi unità della coca. Il nostro non è un rapporto educativo con i capi, anche se siamo attentissimi e curiamo i rapporti interni alla Comunità Capi facendo in modo che ciascuno possa trovarsi a proprio agio e possa approfondire le proprie scelte. E il compito più difficile è quando devi dire ad una persona, magari ad un amico che il suo desiderio fare servizio può trovare realizzazione in altri ambiti, perché non è adatto al servizio educativo in Agesci. In questi casi è sempre meglio non far entrare che fare uscire. Per fortuna ho l'umiltà e la capacità di farmi aiutare, coinvolgendo i vari membri della Comunità Capi nelle soluzioni da adottare. In fondo a questo serve la coca: a vivere il fatto che un problema educativo non è solo mio ma è di tutti. Quindi quando mi trovo in queste situazioni non sono solo io, ma siamo tutti, compresa la persona che se ne deve andare.



PALETTI

LE FIRME IMPORTANTI DEL CAPOGRUPPO




dal diario di Paola

LE FIRME IMPORTANTI

Gabriele, che è un capo a disposizione, l'anno prossimo si iscriverà in Zona se non potrà tornare a fare servizio con i ragazzi. È vero che la sua lunga esperienza con i ragazzi della branca e/g è spesso utile alla coca, ma c'è il rischio di appesantirla con persone che non vivono direttamente il servizio con i ragazzi. Dopo due anni che uno non fa servizio con i ragazzi o come quadro, si iscrive in Zona. Di regola, questa situazione non può continuare all'infinito, per cui è opportuno valutare insieme la situazione in cui si trovano i capi e, nel caso, decidere la loro uscita dalla Comunità capi, in cui potranno rientrare, ovviamente, nel momento in cui la loro situazione sarà cambiata e potranno di nuovo assumere un impegno di servizio nelle unità. Noi si usa così e pensiamo che sia una cosa saggia. Il momento del censimento da noi è quindi l'occasione per chiarire chi deve stare in Comunità Capi e chi no. Inoltre, siccome la responsabilità legale è nostra, per le situazioni a rischio, con capi con poca esperienza o, peggio ancora, non completamente affidabili, noi non le avvalliamo, quindi non si firma. È stata una discussione di fuoco in coca per questo motivo, ma noi siamo stati irremovibili. È la solita domanda che mi faccio e che faccio agli altri capi: "A lui affiderei i miei figli?
Anche se in coca mi dicono che c'è lo staff che sopperisce, sono troppe le volte che ho visto delle uscite di unità fatte, per varie ragioni, da un solo capo, magari quello più giovane e con meno esperienza.

PROPONIMENTI PERSONALI:


VERONICA PUÒ FARE SERVIZIO COME QUADRO

Sto pensando che Veronica ha tutte le caratteristiche necessarie per fare il quadro nell'Associazione. Lo vedi da come si muove nelle situazioni, da come organizza i grandi eventi dei ragazzi, da come sa lavorare con gli altri e coordinarli, da come ha la visione generale dei problemi. Tempo fa le ho proposto di entrare nella pattuglia regionale di branca rover e ha accettato. Io penso che questa esperienza abbia migliorato il suo servizio con i ragazzi. La coca è anche una fucina di quadri. Infatti, fare il quadro è sempre stimolante per la persona e per la coca E' utile per uscire dal proprio in una visione che si allarga ai problemi della Zona e della Regione. Le capacità per fare il quadro sono abbastanza diverse da quelle che servono per fare il capo unità, ma non sono stratosferiche. Molto spesso coincidono con le stesse persone che fanno bene il loro servizio in unità. E poi si tratta di cominciare con incarichi un po' più generali, con il coordinamento fra varie coca, con l'organizzazione e la collaborazione ad attività zonali e regionali, con la partecipazione alle pattuglie. In questi casi l'incarico stesso tira fuori le capacità necessarie.



PALETTI

Il Capogruppo e l'Associazione



dal diario di Onorato

ORGANIZZARE, ORGANIZZAZIONE E ORGANIZZATORI

Ma siamo dei buoni organizzatori?
Ogni tanto mi chiedo se le capacità necessarie per fare il capogruppo sono diverse da quelle per tenere l'unità. Penso che siano simili. La cosa importante è che devo continuare a sentirmi educatore dei ragazzi, anche se aiuto gli adulti e li organizzo a portare avanti il loro impegno. Infatti, la cosa più difficile è garantire il gioco di squadra e essere fedeli agli obiettivi educativi. Solo dopo vengono i tempi, i modi, le persone che fanno in maniera che una certa cosa che avevamo deciso di fare capiti e succeda nel modo che avevamo previsto, o almeno si avvicini il più possibile alle previsioni e ai progetti.
Nella nostra coca Veronica è una brava organizzatrice e anche Paola. Ci siamo detti che dobbiamo evitare il rischio degli "specialisti" organizzativi. Pensare una cosa e organizzarla e attuarla è un'unica cosa. Questo perché pensiero e azione vanno assieme e non vogliamo che i problemi organizzativi prendano il sopravvento, anche se sono importanti e a volte fanno saltare i proponimenti educativi che ci eravamo proposti.


PALETTI
COSA SERVE PER ORGANIZZARE? ORGANIZZARE È PARTE INTEGRANTE DELLA PROPOSTA EDUCATIVA




dal diario di Onorato

LAVORARE IN GRUPPO

Ma chi ha detto che lavorare in gruppo è facile? Nella nostra coca il lavoro di gruppo a volte diventa faticoso e difficile.
Ieri sera avevamo organizzato la verifica della progressione personale per gruppi interbranca. Mi sembrava di aver fatto tutto bene: il compito era stato chiarito e anche gli obiettivi e il risultato atteso, che poi era un cartellone da spiegare a tutti. Il risultato è stato deludente. Da noi funzionano meglio i gruppi organizzativi e operativi che quelli di pensiero, di approfondimento. È un'illusione e una leggenda che il fatto che siamo scout ci renda capaci di lavorare insieme. Ieri sera forse non abbiamo dato il tempo della "digestione mentale" del gruppo, quello che serve per riorganizzare i rapporti interni per quella cera serata. Il risultato è stato che sono scoppiati in almeno due gruppi dei conflitti latenti che non hanno permesso il lavoro e l'approfondimento del problema. Francesco, Gigi e anche qualcun altro hanno ancora tanta strada da percorrere per riuscire a lavorare in gruppo, anche perché occorre avere dentro di sé la capacità di mettersi in discussione e di non prendersi troppo sul serio, e loro non l'hanno ancora raggiunta. Dovremo mettere più attenzione nella composizione dei gruppi, in funzione di quello che vogliamo ottenere.
In fondo anche la coca è un luogo dove si deve imparare a lavorare assieme, che non vuol dire solo fare, ma anche pensare e imparare a confrontare quello che si sa e quello che si pensa per pensare diversamente.



PALETTI
idea!!!! creare una staff logistica che collabori con le staff per migliorare l'organizzazione

SCOPO: alleggerire i Capi Unità che possono cosi impiegare il tempo e le energie liberate per il lavoro con i ragazzi.

Come?
- Staff logistica con i seguenti compiti: stampa e spedizione avvisi mensili (tutto l'anno); Inventario del materiale di gruppo (coinvolgendo le squadriglie) valutazione dello stato e necessità di integrazione o ricambio; Campi estivi e Vacanze di Branco (da gennaio a luglio); ricercare i posti per campi; trasporti materiale e persone; spesa alimentari; organizzazione personale cambusa e Mamme Lupe; Acquisizione di un impianto di amplificazione; Coinvolgimento nella Staff di genitori e amici disponibili dare un mano.



dal diario di Paola

PERCHÉ È DIFFICILE LAVORARE IN GRUPPO?

Mi sono chiesta: "Perché e difficile da noi lavorare in gruppo? E allora ho pensato a queste cause:

LO SCOUTISMO TECNOLOGICO

Massimo ha detto: "Ma siamo nell'era di internet e non si può stare al palo quando i nostri ragazzi navigano meglio di noi!"
Noi ci siamo chiesti se valeva la pena fare un sito web per il gruppo. Alla fine abbiamo deciso di no, che lo strumento non era indispensabile. Non abbiamo bisogno di questo strumento per le pubbliche relazioni. Era utile invece un indirizzo di posta elettronica con cui ricevere tutti i materiali e gli inviti dalla Zona e dalla regione e poter andare su internet se avevamo dei problemi specifici. Tanto non c'è il problema dei mezzi informatici, che qualche capo ha già a casa, e non ci manca la gente impallinata che viaggia su internet. Siamo adesso nella rete delle e-mail dello scoutismo. La cosa sta funzionando. Ci arrivano ora dalla Zona e dalla Regione gli inviti in tempo e anche i giornalini telematici stanno funzionando.
Ogni tanto qualcuno porta delle stampate di materiali o di schemi trovati sui siti scout. Qualche schema l'abbiamo usato per qualche riunione. Non è mai utile scoprire l'ombrello.
Ai genitori abbiamo dato gli indirizzi del sito ufficiale dell'Agesci, perché c'è una spiegazione del metodo secondo le varie età e possono capire meglio l'associazione. Anche il censimento l'abbiamo fatto per via elettronica ed è stato semplice ed utile. Il discorso è il solito. Il computer è un mezzo che possiamo usare, ma noi, come metodo, usiamo ridere, vederci con gli occhi, parlare e litigare e tante altre cose che non passano dalla comunicazione informatica… per fortuna.


NODI
Come fare a organizzare un gruppo e il lavoro di gruppo che funzioni per un certo obiettivo?



Comunità Capi Mede I

IL SENTIERO GIÀ PERCORSO ...

Dal mandato alla disponibilità di ogni capo - per giungere alla definizione delle staff di Unità

Ci siamo interrogati verificando i campi estivi. Abbiamo dedicato un momento di riflessione per "guardarci allo specchio" ed interrogarci sulla nostra disponibilità al nuovo impegno di servizio (veglie in cappella)
Tre incontri sono stati dedicati alla revisione del nostro PE con vivaci confronti e puntualizzazioni.

Altrettanto vivaci i due incontri dedicati alla vera e propria stesura del programma di Coca
A "margine" di tutto questo sono stati fatti due incontri con tutti i genitori ed uno è in preparazione per il Natale.
Un incontro con gli educatori di tutta la comunità sul tema delle nuove tossicodipendenze.

E QUELLO CHE CI ATTENDE ...... ZAINO IN SPALLA PER

un percorso metodologico: Prendendo in esame il regolamento delle branche e portando a conoscenza di tutti i capi i vari dettagli relativi anche alle branche "non di competenza" per poi in un secondo momento, dare spazio alle direzioni di unità che promuoveranno un confronto tra il proprio regolamento di branca e l'attuale modalità di applicazione del metodo, dando spazio al dibattito in Coca

Un percorso di formazione permanente: Lasciando libero spazio ad eventuali specifiche richieste abbiamo comunque individuato un tema trainante che potrà essere al di sopra di ogni specifico interesse e sarà quello di individuare e rendere formativa la nostra difficoltà a comunicare in gruppo. Abbiamo infatti appurato questa esigenza dall'analisi del nostro fare gruppo (coca) già dagli ultimi periodi delle scorso anno.

un percorso di catechesi: Una catechesi che è frutto di una richiesta personale, ma che si riflette sul nostro proporci capi cristiani e testimoni di fronte ai ragazzi.

I temi che darebbe vita a questo percorso potrebbero essere individuati in:
ascolto ed interpretazione della Parola
approfondimento della preghiera
una forte attenzione al messaggio della domenica come Giorno del Signore (celebrazione eucaristica)
coinvolgimento di ognuno di noi come capo e testimone

Quest'ultima parte ha dato vita a parecchie riflessioni che devono ancora essere ben strutturate per permetterci un cammino chiaro e motivato - con quanto è emerso abbiamo anche toccato la sfera metodologica "il capo-catechista".
I percorsi che la nostra comunità ha individuato hanno richiesto anche degli specifici metodi di conduzione.

Incontri dinamici e creativi

L'esigenza di stare insieme dando spazio a fine settimana (o quasi) di comunità capi

Momenti forti da condividere (giornata dello spirito in monastero)

Tutto all'insegna del "motto" che abbiamo scelto per accompagnarci in questo anno di attività :

"PORTA IL CUORE DOVE VAI"
ed aggiungerei ... lasciandoci pendere per mano da Colui che sopra ogni cosa ci ama.



dal diario di Paola

LA TRIADE

Stasera vengono a casa mia Onorato e Don Francesco. Abbiamo riunione tra di noi stasera, per preparare qualche riunione. Infatti non ci riuniamo ogni settimana. Una volta concordate le linee e identificati i problemi e i compiti, decidiamo come dividerceli o i momenti in cui è bene che ci siamo tutti e tre. Così abbiamo preso accordi per la presenza agli staff di branca e agli incontri con i genitori. A volte saremo tutti e tre e a volte uno solo di noi.
Essere in tre significa decidere in tre, quindi diventa necessario programmare e preparare le cose assieme. Per alcuni capigruppo che conosco questa situazione non è accettabile, per cui molto spesso esiste un vero capogruppo, e un capogruppo che fa da segretario o da appoggio, perché non ha tempo o non ha abbastanza esperienza. Per la maggior parte delle volte questo ruolo ce l'ha la donna. L'Assistente poi o non c'è o non ha abbastanza tempo, o ne capisce poco di scoutismo, per cui delega volentieri. Quante volte ho sentito dire dall'assistente: "Fate voi!". Fare da solo è una tentazione pericolosa per un capogruppo, anche perché il confronto delle idee e delle esperienze è sempre utile, anche se comporta tempo e capacità di rapporti. Tra di noi ci dividiamo i compiti considerando le singole capacità e gli interessi personali, a parte i compiti particolari di don Francesco. Ma la maggior parte delle situazioni la viviamo assieme, Da noi alcuni compiti burocratici tipo la cassa, la segreteria, la biblioteca del gruppo e il magazzino sono affidati a genitori volonterosi. Paola è nel consiglio pastorale e partecipa insieme con Massimo, capoclan.

LA CAPOGRUPPO E LA DIARCHIA

È un discorso delicato quello della diarchia, perché in Associazione avevo non solo lo scopo del superamento dei ruoli ma l'unione di sensibilità che possono essere diverse. Quindi io e Onorato siamo due persone che lavorano assieme con due sensibilità e due storie diverse, in cui le differenze diventano patrimonio comune e quindi un fattore di ricchezza. Io sono più giovane di Onorato e ho anche minore esperienza nell'attività scout perché sono extrassociativa. L'importante è che la mia posizione sia veramente uguale nella stima e nel ruolo di fronte alla Comunità Capi. È chiaro che questa stima me la devo conquistare, ma non farò mai un lavoro subalterno o da segretaria di qualcuno. Io penso che il fatto che sono donna porta a questo incarico un valore aggiuntivo.



I COMPITI DELLA COCA

dal diario di Onorato

L'IDEA DELLA COCA

A volte capire e ripensare la storia serve per capire l'adesso. Chissà come gli è venuta l'idea al Consiglio dell'ASCI del 1970? I termini "Comunità" e "Capo" facevano da sempre parte del patrimonio educativo scout: nessuno però, prima di allora, aveva provato a coniugarli insieme, riferendoli a se stesso mentre li pronunciava. La parola Comunità sostituì le parole Consiglio e Direzione di Gruppo e di Ceppo: da un'idea quasi aziendale e produttivistica che questi termini esprimevano, si passò ad un'idea di ambiente, essenzialmente di rapporto umano. Ma al di là delle parole, in quegli anni cambiò tutto. I Capi cominciarono a farsi delle domande in relazione al loro ruolo, a rimettere in discussione la loro crescita, il loro essere adulti. Erano anni di grossi fermenti, e molti Capi che agivano attivamente nel territorio, sentivano che il loro fare educazione non poteva continuare a rimanere ai margini di una società in profonda trasformazione. Questo ripensamento interessò proprio il modo di essere capo. È capitato anche a me. Fin dagli anni '60, una volta presa la partenza dal Clan o dal Fuoco, chi sceglieva di restare nelle associazioni (AGI-ASCI) svolgendo un servizio educativo, vi restava in fondo come un singolo individuo, membro di un Ceppo o di una Direzione o di un Consiglio di Gruppo, organismi che si occupavano più che altro dei problemi organizzativi e strutturali del Gruppo. Non si era arrivati all'idea di una "Comunità educante" anche per gli adulti, al concetto di responsabilità educativa collegiale, alla visione del Capo intensamente legato al destino di altri uomini e donne che con lui si impegnano nell'azione educativa. L'intuizione della Comunità Capi superava la concezione del Capo, singolo individuo che educa e che è propria di una visione verticale con il ragazzo. Prima il Capo Unità era la figura centrale di tutta la struttura associativa, l'unico punto di riferimento per l'Associazione stessa, per i genitori e per i ragazzi. La tendenza alla specializzazione, quasi un monopolio privato del metodo da parte del singolo Capo, era un rischio e talvolta una realtà presente in molti Gruppi o Ceppi. I Capi, essendo i soli responsabili delle loro Unità, avevano poche possibilità di capire i problemi delle altre Branche. La soluzione per questo Scoutismo, quando fu pensata la Comunità Capi, fu quella di affidare a tutti i Capi del Gruppo la responsabilità dell'educazione di tutti i ragazzi e di tutte le ragazze e di considerare il servizio in una Unità come un incarico affidato dalla Comunità Capi e non un diritto acquisito una volta per tutte. La Comunità Capi nacque anche per essere un luogo di amicizia e di dialogo, in cui nessun educatore si siede credendo di sapere tutto e di avere in mano tutti gli strumenti. Doveva diventare l'ambiente di verifica del proprio ruolo di Capo educatore, di aggiornamento metodologico, di crescita umana e comunitaria.


dal diario di Paola

LA DEPRESSIONE DEL CAPOGRUPPO E COSA CHIEDONO ALLA COMUNITÀ CAPI

Mi sono chiesta quali erano i nostri dirimpettai e cosa ci chiedevano. Ne è venuto fuori questo enorme elenco di attività di una Comunità Capi che non deve far venire la depressione a un Capogruppo. Deve solo aiutare a capire la complessità e l'importanza delle richieste che vengono fatte a una Comunità Capi. A tutto non si può rispondere. Ho voluto considerarlo solo come un promemoria e uno strumento di verifica.
Questo elenco mi convince di una cosa: che non può essere Capogruppo uno che ha poco tempo o che ha l'Unità e che non si può fare quasi nulla senza una Comunità Capi vera. È chiaro che queste richieste non sono tutte e non possiamo rispondere a tutte le richieste possibili. Ad alcune è indispensabile rispondere, ad altre è bene rispondere, ad altre ancora bisogna vedere se abbiamo le forze per rispondere. Ma per me è importante averle presenti tutte, perché possono diventare idee e attività per i ragazzi e per la coca. Queste che ho elencato derivano dalla nostra piccola esperienza. Per qualcun altro l'elenco potrebbe essere certamente diverso.


 

ALLA COCA COSA CHIEDONO

COSA CHIEDONO I CAPI

Il confronto e il sostegno sui problemi educativi; un Gruppo di persone con ideali comuni e che si stima; il collegamento con le altre Branche; un luogo per continuare a crescere attraverso la formazione permanente; un confronto esistenziale in termini di verifica personale anche attraverso il progetto del capo; un luogo per pregare; un luogo per ricevere fiducia; una verifica concreta dei Campi Scuola a cui ha partecipato; un aiuto per il Tirocinio; un luogo dove esercitare la democrazia associativa:; un luogo di confronto per la stampa associativa; un supporto e gli strumenti tecnici per l'attività (soldi, materiale, tende, sede ecc.); un luogo in cui vivere il rapporto con la Parrocchia e garantire l'autonomia dell'Associazione come associazione ecclesiale; un luogo per l'elaborazione di un Progetto Educativo; un aiuto per imparare da altri capi più esperti le tecniche educative concrete; degli incontri sugli avvenimenti sociali e politici per capire meglio in tempo in cui si vive; una verifica della propria Progressione Personale; la partecipazione e l'animazione delle riunioni, che devono essere utili e interessanti; un luogo per verificare assieme le scelte educative; un luogo in cui progettare assieme la presenza nel Territorio; un ambiente educativo per il trapasso delle nozioni e delle esperienze; un luogo per parlare dei ragazzi e delle difficoltà che si incontrano; un luogo per dirsi anche le soddisfazioni che si incontrano a fare l'educatore scout; le occasioni per la verifica della propria scelta di fede.

COSA CHIEDONO I RAGAZZI

Un livello qualitativo adeguato; capi preparati sotto tutti i punti di vista e che siano Capi adatti alla Branca e che vogliano bene ai ragazzi; la continuità negli anni della proposta educativa scout; un buon rapporto e la collaborazione con i genitori; strutture fisiche, sedi adatte per svolgere bene le attività; capi sereni e maturi nei loro rapporti interpersonali; capi che seguano e conoscano bene i ragazzi e seguano con continuità la Progressione Personale di ogni ragazzo; Capi che si accorgano dei problemi interni di rapporto tra i ragazzi e prendano i giusti provvedimenti e non accettino nessun tipo di violenza; un ambiente educativo sereno e positivo; una proposta educativa radicata nel territorio, nel proprio ambiente storico e sociale; capi capaci di far vivere una comunità verticale per età e che tengano conto delle diverse esigenze dei più piccoli e dei più grandi; possibilità di incontrare scout di altri ambienti e altre città; fare esperienze che siano interessanti e stimolanti che fanno venire la voglia di rimanere negli scout; capi cristiani, testimoni di fede e che attuano personalmente quello che propongono; un ambiente dove vengono presi sul serio e dove quello che fanno o pensano o dicono è importante perché i protagonisti sono loro

COSA CHIEDONO I GENITORI

La sicurezza sulla continuità del Gruppo; la garanzia dell'attenzione e del buon senso per i propri figli e che non siano portati nei pericoli; essere ascoltati e considerati nel discorso educativo e su quello pratico; essere presi sul serio nelle loro esigenze (tempo ecc.); essere consultati e avvertiti quando ci sono problemi seri che riguardano i loro figli; essere messi a conoscenza del Progetto Educativo e del programma di Unità; se necessario avere la possibilità di dare una mano quando ne abbiamo bisogno; vivere il fatto che i Capi dei ragazzi si interessano personalmente dei loro figli e li vengono a trovare ogni tanto e partecipano dei loro problemi; sapere i bilanci e come vengono utilizzati i soldi; avere incontri sul metodo scout e sulle esperienze che fanno o faranno i ragazzi

COSA CHIEDE LA PARROCCHIA

La presenza ai sacramenti dei capi e dei ragazzi e vedere i capi che vivono la loro fede di cristiani e di catechisti; la conoscenza del Progetto Educativo e l'armonizzazione con il progetto pastorale della Parrocchia; la partecipazione concordata degli scout ad alcuni eventi importanti della vita parrocchiale vissuta come Comunità; una consulenza ed un aiuto nelle attività di catechesi della parrocchia; avere dei rappresentanti nel consiglio pastorale o almeno nelle commissioni; la possibilità di presentare e chiedere qualche servizio alla Comunità Capi o al Clan degli ambiti di servizio extrassociativo; il coordinamento con gli altri gruppi Parrocchiali; un coordinamento tra gli impegni di catechismo dei ragazzi e quelli delle riunioni degli scout; una possibilità di verifica del livello di catechesi e di educazione cristiana e umana proposto sia ai ragazzi che alla Comunità Capi; la serietà e il buon senso nell'uso dei locali e degli spazi; un contributo economico per l'uso dei locali

COSA CHIEDE LA ZONA

Il contributo alla determinazione e alle scelte della politica associativa zonale; la partecipazione agli eventi organizzati dalla Formazione Capi anche in termini di contributi alle elaborazioni; la partecipazione e l'organizzazione degli eventi organizzati per i ragazzi; il contributo alle strutture della Zona, come disponibilità personale a fare il Quadro e a dare idee; l'identificazione di persone adatte a far il quadro o il formatore; il contributo alla democrazia associativa e partecipazione alle assemblee, incontri, progetti; il coinvolgimento nelle attività diocesane e nei rapporti con il Vescovo e la Diocesi; la disponibilità al coordinamento e al confronto con le altre Comunità Capi; la mentalità di aiuto alle altre Comunità Capi in difficoltà e disponibilità a cambiare Comunità Capi; l'accettazione delle regole per l'apertura delle nuove Unità e dei nuovi Gruppi; l'essere chiamati, consultati e coinvolti quando ci sono dei problemi grossi; la lealtà associativa nei censimenti e nelle nomine a capo; il contributo economico

COSA CHIEDE LA REGIONE SCOUT

La partecipazione agli eventi di formazione e di democrazia associativa; il contributo economico; la disponibilità a fare servizio come Quadro; la discussione e l'attuazione delle linee proposte dalla regione scout; l'adesione ai progetti regionali relativamente anche alle singole Branche

COSA CHIEDONO LE ISTITUZIONI DEL TERRITORIO DELLA COMUNITÀ CAPI

La partecipazione a determinate attività e battaglie civili e sociali che hanno attinenza col nostro specifico educativo avendo la coscienza che occorre stare molto attenti e che rischia di diventare un terreno minato; la partecipazione a determinate strutture che riguardano i giovani (commissioni giovani ecc.); aiuto per l'inserimento di handicappati e disadattati ecc; contributo all'elaborazione dei progetti relativi ai giovani; animazione di determinati eventi (colonie, estate in città ecc.); contributo all'approfondimento culturale; collaborazione con operatori sociali quando è possibile

COSA CHIEDONO LE ALTRE ASSOCIAZIONI DELLA ZONA O DELLA PARROCCHIA

La collaborazione ad attività specifiche; coordinamento nella presenza nella Parrocchia; contributo di idee e attività specifiche legate alla nostra capacità di animazione; partecipazione a documenti, appelli, manifestazioni che toccano il nostro specifico


dal diario di Francesco Assistente

L'IMPEGNO NEGLI SCOUT E GLI ESAMI ALL'UNIVERSITÀ

Massimo: "Io per gli scout ho perso un anno all'università!"
Discussione di fuoco in coca sui capi che non fanno gli esami all'università e dicono che è per l'impegno degli scout. Ogni tanto mi chiedo quale dovrebbe essere il ruolo della coca, fino a che punto ci si può mettere bocca. Purtroppo alcuni sono Capi senza essere adulti, e non c'entra l'età. Ecco allora che scatta una realtà di una Comunità Capi che diventa solo luogo di crescita personale e non più luogo di formazione permanente. Il sintomo è se al capogruppo capita spesso di fare da educatore, da confessore, da guida piuttosto che da coordinatore di adulti corresponsabili di un servizio educativo. A volte capita che i Capi delegano alla Comunità le scelte che sono solo personali e la Comunità Capi viene utilizzata e vissuta per coprire le proprie carenze personali, vedi perdere tempo ed esami. Altro sintomo è la frantumazione: certi valori si vivono solo quando abbiamo il fazzolettone al collo e poi si va per altre strade.
Da noi ci sono capi che vanno a Messa solo quando hanno le attività con i ragazzi? Cosa fare?
Alcuni capi della nostra coca chiedono alla Comunità Capi e all'Associazione di prendersi carico di esigenze come l'introduzione alla dimensione politica, l'aggiornamento culturale, la cultura biblica, che non sono strettamente relative alla progettazione educativa e al trapasso metodologico. La prima conseguenza è il rischio di non essere più abbastanza esigenti nella ricerca della qualità del servizio educativo ai ragazzi. Forse siamo troppo poco esigenti quando facciamo entrare le persone, magari perché abbiamo l'ansia di coprire gli staff delle unità. Sono scelte che poi paghiamo care. Anche questo spiega perché si dura così poco in servizio e c'è un grande turn over di Capi. Qualcuno sta in Comunità Capi fino a che ci sta bene affettivamente, fino a che si sente tra amici. Appena succede qualcosa nei rapporti mollano. Quindi prevale la ragione affettiva sulle ragioni del servizio. Cosa fare allora?



la comunità capi è un gruppo di adulti innamorati di Dio e dello scoutismo.



dal diario di Paola

LA CORRESPONSABILITÀ

È un discorso che ci siamo ridetti ieri sera alla riunione di coca, dopo che Francesca diceva che non sentiva un vero clima di amicizia in coca. Siamo in Comunità Capi non perché siamo amici ma perché siamo persone adulte che hanno fatto la scelta di fare gli educatori con il metodo scout in Agesci. Tutto il resto che ci sarà dato, sarà in sovrappiù. Il problema non è l'amicizia ma la stima che abbiamo l'uno verso l'altro per le scelte e per i gesti concreti che facciamo ogni giorno. E siamo tutti responsabili di tutto. L'obiettivo della coca è quello di migliorare il nostro servizio e quindi la qualità di Scoutismo che proponiamo ai ragazzi. Tutto quello che sappiamo e che sappiamo fare è patrimonio di tutti. Anche quello che succede nelle Unità, che non sono nostre ma soprattutto dei ragazzi che sono i protagonisti e della Comunità. Per questo ogni anno è la nostra Comunità Capi che affida l'Unità a ciascun capo, che risponde a tutta la Comunità Capi. Per questo si fanno le verifiche, si parla dei ragazzi, si verificano i programmi, si fa il Progetto Educativo. L'amicizia è bene che ci sia, ma non deve essere una discriminante. Invece è molto più importante la stima personale, sulla serietà delle scelte, la capacità di portarle avanti personalmente e con i ragazzi e la lealtà dei rapporti.

dal diario di Onorato

RIPARTIRE DA TRE

Per fortuna abbiamo il registro delle riunioni e lo usiamo sempre per rivedere le decisioni vecchie e anche gli errori che abbiamo visto in occasione delle verifiche. Su quel librone ci sono le idee, l'organizzazione e i comportamenti che sono la nostra storia. Le tradizioni del nostro gruppo sono un patrimonio, da discutere e da difendere nello stesso tempo. Non si può partire ogni volta da zero. Ci sono delle conquiste, delle tradizioni utili, dei valori fondamentali su cui siamo d'accordo e non è necessario ogni volta ridiscutere tutto, a meno che se ne senta l'esigenza perché sono entrate troppe persone nuove o è troppo tempo che non ce le ridiciamo. Tutto questo serve per migliorare la qualità di Scoutismo che si propone ai ragazzi. Le nostre tradizioni, i nostri usi e costumi si possono migliorare e discutere, ma non possiamo ogni volta ricominciare a ridiscutere tutto. Insomma si ricomincia da tre, anche se ci chiediamo perché facciamo le cose. E poi chi non è venuto si va a riguardare le decisioni sul quadernone.



L' APOLOGO DELLA PANCHINA
Mi viene in mente l'apologo della panchina, che faceva parte del repertorio di Attilio FAvilla.

Il nuovo colonnello arriva nella caserma e verifica i servizi dei soldati.
Vede il servizio di sentinella chiamato " alla panchina " . In effetti, guardando dalla finestra, vede un soldato tutto impettito in tenuta da combattimento, che sta attento ad una panchina nel giardino. Interessato guarda nelle carte e vede che per anni quel servizio é stato espletato ogni giorno. Alla fine, disperato, ordina una ricerca in archivio e il risultato é il seguente. Venti anni prima quella panchina era stata ridipinta di verde e il colonnello dell'epoca aveva messo una sentinella perché nessuno ci si sedesse. E da allora il servizio era continuato.




dal diario di francesco prete

LEALTÀ ASSOCIATIVA E CENSIMENTI

La fantasia associativa non ha confini e se si vuole lasciare le cose come stanno basta imbrogliare un po' le carte e fare finta che... Ma questo significa anche non essere stimolati a risolvere le situazioni, a non spingere i Capi a partecipare agli eventi di formazione per terminare l'iter, a non programmare per tempo le situazioni e le forze, in maniera da non vivere sempre con l'ansia delle situazioni da tamponare. Finalmente ci siamo dati la regola: se non obbediamo, all'interno dell'anno scout, alle richieste di formazione che ci servono e che non sono solo quelle della Zona, accettiamo di chiudere le unità. Non si possono tamponare situazioni che rischiano di incancrenirsi. Questo lo abbiamo promesso in Zona, e non accetteremo trucchetti a livello dei censimenti. Se lo ricordino i capi dei lupetti e anche lo staff del clan che devono fare i campi di formazione!



PALETTI

sono fattori importanti della coesione:




dal diario di Paola

LA COMUNITÀ CAPI COME GRUPPO DI ADULTI

Lucia ha litigato un'altra volta con l'Akela Francesco davanti ai ragazzi del branco e non è la prima volta che capita. Quando perde le staffe non ragiona più e non si ferma più. Ogni tanto mi chiedo se abbiamo fatto bene a far entrare certe persone in coca. La speranza nel cambiamento, nel miglioramento c'è sempre, ma c'è anche un minimo livello sindacale, al di sotto del quale non si può andare. Una Comunità Capi è valida se le persone che la compongono sono valide. Si può utilizzare quanto si vuole la forza della comunità, ma se l'aspetto personale non è sufficientemente approfondito, si rischia di far diventare la Comunità Capi un'altra cosa, un gruppo di amici che non hanno altro di meglio da fare o stanno uniti per simpatia o perché stanno bene assieme. Questo è spesso legato al fatto che qualcuno entra e rimane in Comunità Capi perché non riesce a trovare all'esterno quelle risposte alle esigenze che ha e che l'educazione scout ha contribuito a creargli. Cerca nella Comunità Capi quello che si dovrebbe trovare anche fuori ma che spesso non si vede o non sempre è facilmente raggiungibile. Di qui le crisi nei rapporti e le discussioni sulle scelte. Per Lucia non so come comportarmi. Ne parleremo prima personalmente e poi in coca. Cosa fare?
Ma siamo anche persone che riescono a fare una cosa meravigliosa che è educare dei ragazzi. Se abbiamo problemi siamo normali. Per sdrammatizzare mi è venuto in mente quel pezzettino simpatico della vecchia cocagenda di tanti anni fa.



IL CONCETTO DI NORMALITÀ

Ma siamo normali? Siamo uno Coca normale?
Per essere una Coca normale occorre avere questi problemi: avere dei rapporti difficili tra giovani e vecchi, fare che ogni anno coprire gli staff é una tragedia o ogni volta si dice che si chiude e poi non si chiude mai; brontolare tutti per come funziona la Coca e criticare quello che succede in Zona, in Regione e al Centrale; non avere mai tempo per fare tutto quello che si dovrebbe fare.
Se abbiamo questi e altri settecentoventidue problemi siamo una Coca normale.




dal diario di Paola

L'ARCIPELAGO E LA COESIONE

A volte penso che siamo non un'isola unica ma un arcipelago di staff molto uniti all'interno.
Siamo una coca molto unita? Negli staff certamente. I capi vivono situazioni che sviluppano le simpatie interpersonali e ogni capo sente che i suoi bisogni sono appagati. La coesione permette di superare difficoltà esterne al gruppo anche grosse se c'è la stima e la consapevolezza di credere alle stesse cose. Ma in questa situazione io ci vedo anche dei pericoli. Il primo pericolo è il conformismo, cioè il fatto di sentirsi tutti uguali e di avere idee troppo uguali. Chi ha idee diverse vive il rischio di sentirsi emarginato dallo staff molto unito. Questo da noi lo vedo in branca e/g. Da loro i legami sono molto forti, le regole sono ferree e non bisogna sgarrare altrimenti non si è integrati nel gruppo. Chi trasgredisce volutamente le regole del gruppo diventa un deviante ed è subito emarginato. Funzionano bene e sono bravi con i ragazzi ma restano chiusi tra di loro. È importante invece che la coesione non diventi uno strumento di emarginazione di qualcuno. In branca e/g i tirocinanti fanno fatica ad amalgamarsi. I tirocinanti fanno fatica a entrare in questi gruppi che hanno una storia di lavoro molto consolidata. Sono capi che hanno passato tanti giorni assieme, che hanno molti ricordi di uscite, di campi, di situazioni passate assieme che formano la loro storia di gruppo, e chi non ha questa storia, questo affiatamento, rischia di rimanere ai margini. Cosa fare?


PALETTI
Qualità (interne) della mia Staff

Si lavora bene insieme
Si sta bene insieme
Si parla e si comunica
C'è fiducia reciproca
Siamo complementari
Rapporti di rispetto
Rapporti di sincerità
Rapporti di complicità
Rapporti di valorizzazione
Rapporti di stima
Allegria
Perseveranza
Pazienza
Ospitalità
Accordo
Perdono
Entusiasmo
Aiuto reciproco



dal diario di francesco prete

LA COMUNITÀ CAPI DI PAESE

Noi che si vive a Livorno siamo una coca di città, ma quasi metà dello Scoutismo italiano è in grandi paesi o in piccole città. Essere in un paese significa avere rapporti continui tra i Capi e i ragazzi e tra i Capi tra di loro, sapere sempre e conoscere le persone e le famiglie. Molto spesso la provenienza dei ragazzi è abbastanza disomogenea, specie se la Comunità Capi ha fatto la scelta di accogliere ragazzi di provenienza sociale diversificata. Questa scelta è più facile a livello di paese. Significa anche avere la possibilità di usare molto tempo al di fuori delle attività per il rapporto personale. Diventa però molto importante la fama e la fiducia che ogni capo ha nei confronti della gente, che deriva dal chi sei, cosa fai e cosa dici. Questo diventa la misura concreta dell'autorevolezza del Capo e della Comunità Capi, che viene sempre da una storia lunga nel tempo, fatta di presenza e di visibilità.
Altro discorso è la situazione dello Scoutismo di paese fatto il venerdì, sabato e domenica, quando i Capi tornano dai luoghi delle Università e di lavoro e devono concentrare in queste ore tutto lo Scoutismo possibile, compresa la Comunità Capi e tutti i rapporti personali privati. Alcuni gruppi della costa vivono questa situazione, da come ce la raccontano i capigruppo. Questa situazione di vita dei capi comporta dei problemi che occorre accettare e vivere con serenità. Basta che questo poco tempo che si vive nel paese permetta di vivere uno scoutismo di buon livello. E' importante non essere presi dalle ansie e dalle preoccupazioni di insufficienza e agitazione continua.
Un'altra conseguenza della Comunità Capi di paese è la difficoltà causata della scarsa stabilità di vita. I giovani vanno a lavorare e a studiare fuori e anche il lavoro definitivo si trova fuori dal paese. In compenso si incide in maniera meravigliosa nel tessuto culturale del paese e a volte, per fortuna, ci si scontra anche con forze negative che comandano in alcune occasioni e situazioni. Spesso quando la Comunità Capi è troppo piccola e l'angoscia fondamentale è la sopravvivenza del Gruppo. Occorre accettare, secondo me, il fatto che è impossibile fare una programmazione che permetta di non vivere sempre nell'angoscia di chi terrà le Unità l'anno successivo. Occorre accettare la situazione e smetterla di angosciarsi. In certi paesi la politica oculata dell'immissione degli extrassociativi è diventata l'arma vincente, anche per non avere una sola persona su cui contare, quella che se molla lui spariscono gli scout dal paese. E poi esistono le possibilità di collegarsi, di associare le forze tra coca di paesi vicini.

LA COMUNITÀ CAPI DI CITTÀ

La nostra coca, che è in un gruppo cittadino di Livorno e vive altri problemi. Il tempo in cui si sta assieme tra i Capi spesso è limitato al momento della riunione di Comunità Capi e al servizio con i ragazzi, quando si svolgono e quando si preparano le attività. Alcuni di noi hanno l'abitudine di andare a messa in Parrocchia anche se non hanno i ragazzi in attività e non nelle loro parrocchie di origine ed è un'ulteriore occasione di incontro. Occorre tempo perché il nucleo portante diventi quello dei ragazzi del che sono stati scout del gruppo che continuano nel servizio e diventano capi. Questo sta capitando, ma la maggior parte veniamo da fuori da altre parti della città. Per i capi del quartiere il rapporto è maggiore e questo comporta un rapporto di conoscenza e di amicizia che si allarga al di fuori della scelta scout e supera la scarsità di tempo in cui si sta assieme, anche perché è una conoscenza e un'amicizia che parte da lontano e si è consolidata nella branca rover. Noi capi che veniamo da fuori se non stiamo attenti rischiamo di vivere fuori dai problemi dell'ambiente in cui si opera, specialmente se faremo la scelta di operare a livello di quartiere favorendo le iscrizioni dei ragazzi del quartiere. Sarà un po' più difficile vivere i problemi del territorio e anche capirli. Ma con il tempo ci riusciamo anche noi.



dal diario di Paola

I GENITORI DI SECONDA BATTUTA

Io penso sempre che se aspettiamo che ci vengano i ragazzi portati dalle famiglie, avremo una sempre maggiore omogeneità sociale e questo non è bene. Noi capi siamo della stessa classe sociale dei nostri ragazzi perché siamo figli di famiglie che si sono poste il problema educativo. Apparteniamo a famiglie che hanno risolto i problemi di sopravvivenza e quindi hanno la possibilità di affrontare i problemi culturali ed educativi. Siamo figli di impiegati e di insegnanti e di ex scout e così i nostri ragazzi. Invece le famiglie che non si pongono il problema educativo non ci cercano. Come fare a cercarle noi? Dove andiamo a cercare noi i loro figli per fare la proposta scout? Bisogna parlarne in coca e decidere cosa fare.

I NUMERI DELLA COCA

Noi siamo una coca abbastanza giusta nei numeri perché siamo in quattordici. Il numero dei membri della Comunità Capi è una delle variabili più importanti. Infatti, è quella che determina in buona parte le possibilità dell'impegno educativo. Il numero giusto di una Comunità Capi secondo me è intorno alle quindici persone. Sotto le dieci c'è una Comunità Capi piccola, sopra le venti c'è una Comunità Capi grande. Noi abbiamo passato un periodo che eravamo troppo pochi e avevamo un sacco di problemi. Quando eravamo una Comunità Capi piccola, ed eravamo in otto, avevamo sempre il problema della sopravvivenza e tutto era fatto e deciso in funzione di questa. Tra i vantaggi c'era che eravamo molto uniti tra di noi ed avevamo un atteggiamento interbranca molto sviluppato a causa della situazione contingente. Non si riusciva ad esprimere un vero Capogruppo e il confronto tra le idee risultava asfittico, perché c'erano meno occasioni di confronto. Anche i rapporti con le altre Comunità Capi risultavano difficili perché tutto il tempo era dedicato ai ragazzi e quindi era difficile fare una vera attività di formazione. Tra di noi prevalevano gli aspetti affettivi. Forse conveniva pensare se non era meglio collegarsi con un'altra Comunità Capi per riuscire ad attuare in maniera concreta la parte di formazione permanente. Potevamo lasciarci la possibilità di riunirsi come Gruppo autonomo, ogni tanto, specie quando si trattava di verifiche delle Unità o di decisioni relative al Gruppo.
Non so se diventeremo una coca grande, come il gruppo che ci confina. Loro sono venticinque. C'è una maggiore ricchezza di opinioni che si confrontano ma diventa più difficile esprimere le proprie opinioni perché sono troppi. Spesso, in queste situazioni, si rischia la divisione in piccoli gruppi contrapposti e inoltre è più difficile vivere i rapporti interpersonali con serenità. In compenso non hanno grossi problemi di sopravvivenza e la loro coca risulta strutturata ed efficiente nella programmazione delle attività di formazione. Ma da loro i nuovi entrati hanno più difficoltà a integrarsi e c'è in rischio di non sapere cosa fare quando si è troppi nelle unità e non si vuole rischiare ad aprirne delle altre. In compenso fanno delle attività per i ragazzi più organizzate e sinceramente a volte anche più entusiasmanti delle nostre, anche perché avere troppo pochi ragazzi è un rischio per il metodo. Si rischia di passare dalla gioia di essere pochi e bravi al sentimento e alla depressione di essere solo quattro gatti.



dal diario di Onorato

LE FASI DELLA STORIA PSICOLOGICA DELLA NOSTRA COMUNITÀ CAPI

Se penso alla storia della nostra coca, potrei dividerla in tre fasi abbastanza integrate ma anche chiare nelle loro caratteristiche.
La fase di orientamento
Il primo anno c'è stata una prima fase di orientamento, quando la Comunità Capi si formava. Noi siamo nati dalla gemmazione tranquilla di un gruppo livornese che era diventato troppo grande. All'inizio si dipendeva molto dal Capogruppo, che era l'anziano che aveva più carisma, che prendeva le iniziative e dava la struttura al gruppo. Era il momento in cui la Comunità Capi si faceva domande continue sugli scopi, su come ci si organizzava
ecc. Le difficoltà vissute come momento eroico limitavano le difficoltà dei rapporti, perché prevaleva l'orientamento verso il compito educativo, il lavoro concreto con i ragazzi per cui tutti erano impegnati. Tutti noi che siamo rimasti ricordiamo con nostalgia questa fase eroica.
La fase di conflitto
Dopo questa prima fase, dopo il primo anno, sono emersi i conflitti su come ci si doveva organizzare o su come si doveva operare con i ragazzi. Si cercava di chiarire le regole di lavoro e la funzione del Capogruppo, per come organizzava le cose, veniva messo in discussione il suo compito. Il capogruppo intelligentemente si è defilato e sono entrato io che sono più giovane. Si dividevano i compiti e si verificavano le capacità di ciascun capo. I conflitti interpersonali esplodevano in varie forme. Finita la fase eroica, si cominciava ad avere la possibilità di approfondire le problematiche dei rapporti e a vedere anche quali erano le radici delle scelte e delle motivazioni di ciascuno. È stato un momento molto burrascoso e qualcuno se ne è uscito dalla coca sbattendo la porta. E' durata un paio d'anni. Tutti noi che siamo rimasti ricordiamo con ansia questo momento burrascoso.
La fase di integrazione e di interdipendenza
Dopo questo periodo burrascoso, la Comunità Capi ha cominciato a funzionare perché aveva raggiunto l'integrazione interna. I conflitti interpersonali si cominciavano a risolvere e si cominciava a lavorare bene assieme. Ci si scambiavano informazioni utili per ciascuno e si lavorava tutti per lo scopo per cui si era assieme. Questo è il momento che stiamo passando ed è un momento felice. Molti membri della coca sono orientati sia al compito educativo con i ragazzi che alle persone e alle attività della Comunità Capi. Questa situazione e questo clima spero che abbiano una certa durata. Sto aspettando la prossima crisi, che fa ripartire tutto dall'inizio o quasi.
Quando arriverà la affronteremo.



PALETTI

fattori che aiutano la comunità capi

fattori che ostacolano la comunità capi



dal diario di Paola

COCA: I PERDENTI, I VINCENTI E I PRIMI DELLA CLASSE

La nostra una società che premia i singoli e i vincitori. Quindi trasforma coloro che non sono vincitori in perdenti. Le conseguenze per noi adulti sono dirompenti. Viviamo subito due conseguenze collegate, la perdita di fiducia in se stessi e la ricerca istintiva, che abbiamo dentro di noi, di diventare il primo della classe o di collegarci al primo della classe. Nelle nostre Comunità Capi sembra che questo problema sia completamente superato e facilmente lo è, ma bisogna che siamo molto sensibili e attenti affinché non rispunti fuori anche senza che lo vogliamo. Io ho vissuto dei capi che volevano essere i primi della classe, con conseguenze dirompenti e sbattere di porte. Le prime donne sono nocive allo scoutismo. Ogni tanto fa bene ripensarci e dobbiamo domandarci se non rischiamo di diventare una classe di scuola, con i primi della classe e i voti e le pagelle che ci diamo reciprocamente, magari con una pacca sulle spalle. E i primi della classe che sono soddisfatti e non hanno nulla da imparare da nessuno, e quelli normali, che non sono gli ultimi, che covano rabbia che prima o poi esplode. Ma noi non ci entriamo in queste dinamiche!

NO AL PADRE NOSTRO

Ieri sera avevamo litigato e c'era ancora un clima pesante in coca. Le persone accettano di essere criticate in quello che fanno, non per quello che sono. Invece ieri sera eravamo andati per quella strada pericolosa. Al solito sono contrasti di caratteri che non di idee. Avevamo programmato di dire il Padre nostro alla fine della riunione. Di solito ci colleghiamo con le mani nel cerchio. Io ho proposto di non fare questo gesto stasera perché era falso e simbolo di qualcosa che non c'era e di non dire nemmeno il Padre Nostro. Ho proposto un momento di preghiera silenziosa per chiedere perdono ciascuno di noi agli altri e a Dio. E che poi ognuno se ne andasse a casa sua.
Avrò fatto bene? Onorato e don Francesco approvavano.


dal diario di francesco prete

EDUCAZIONE NON EMARGINANTE. IL MESSAGGIO DEL GRUPPO

Sandro del reparto maschile: "Mi ha telefonato un'assistente sociale. Chiede se prendiamo un ragazzo. Cosa si fa?".
È partita la discussione, con l'analisi degli altri ragazzi problematici presenti nelle unità e la possibilità di seguirlo. La decisione, prima di dire sì o no è stata quella di sapere qualcosa di più. Sandro aveva chiesto all'assistente sociale, ma lei è rimasta sul vago e ha detto che grossi problemi non ce ne sono. Loro fanno sempre così. Gli basta passarci la palla, che poi è un ragazzo. A noi invece ogni volta che ci chiedono di far entrare un ragazzo con i problemi ci viene l'ansia da inadeguatezza che è giusta e sbagliata nello stesso tempo. Il nostro gruppo può dare un messaggio di accoglienza o di discriminazione, di apertura o di selezione a seconda di come rispondiamo a queste sollecitazioni. È la mentalità della coca, la politica delle iscrizioni che determina se un ragazzo con difficoltà viene accolto e specialmente è accettato e accolto nel gruppo. Io penso che le difficoltà danno senso alla vita e accogliere i ragazzi con i problemi è un dare un senso al nostro servizio e alla routine. Diventa una sfida alla nostra fantasia metodologica. Sarebbe utile ripensare a quale tipo di messaggio diamo concretamente in coca.
Il nostro è un impegno sociale e politico. Questo significa che dobbiamo coniugare la carità e la giustizia, quindi accogliere le situazioni di emarginazione ma anche lottare per combattere le forze che li emarginano o che non si interessano al problema. Quindi occorre arrivare alla appassionata difesa dei diritti di ciascuno. Una caratteristica del nostro tempo è che i bisogni e le emarginazioni che per noi erano tradizionali stanno cambiando continuamente, e ci stanno appellando altre situazioni nuove, che ci obbligano a vedere il territorio con occhi diversi e a collaborare con altri che lavorano con noi e meglio di noi su certe problematiche. La cosa più importante è che riusciamo a farci una mentalità non emarginante. Anche l' immagine che noi diamo di noi stessi può essere emarginante. Il nostro modo di agire, le attività, i soldi necessari per le attività rischiano di divenire emarginanti se non stiamo attenti e rischiamo di inviare un messaggio di discriminazione e non di accoglienza. Così da noi vengono i bramini, che poi ti accorgi che hanno le famiglie disastrate e un quintale di problemi anche loro. E' lo stile della Coca che determina la vera capacità di accoglienza del diverso e lo spazio che si dà all' educazione non emarginante. Ogni ragazzo che ha dei problemi è innanzitutto una persona con i suoi interessi, le sue capacità, le sue simpatie e le sue antipatie. E occorre sempre partire da quello che è e che sa fare piuttosto che da quello che non è e non sa fare. Solo che occorre non essere mai superficiali, specie con quelle famiglie e quei ragazzi che di batoste nella vita ne hanno avute tante. Non devono averle batoste dagli scout.


dal diario di Onorato

ATTENZIONE ALLE ISCRIZIONI

Ieri sera discussione se accettare un ragazzo handicappato nel reparto, quello segnalato dall'assistente. Ci sono problemi di comportamento, di abbandono della famiglia e di solitudine. È emarginato dai compagni perché a volte è violento. Come capacità mentali è normale. Pensiamo di accettarlo. Diremo alla famiglia che si fa una prova, per vedere come si trova, sia lui che noi. Vedremo come coca di aiutare il reparto, magari mandando qualche rover in più, senza però dargli delle responsabilità.
Da noi tutte le iscrizioni di ragazzi che presentano problemi di handicap o sono caratteriali o hanno altri problemi particolari passano dall'approvazione della Coca Infatti si deve evitare il rischio che troppi ragazzi problematici si trovino nella stessa unità, rischiando di trasformare l'unità da gruppo scout a gruppo terapeutico. Questo è logico, perché è la Coca che deve decidere se, per il bene del ragazzo, che è il protagonista di questa discussione, considerando le forze che abbiamo a disposizione, e avendo la visione nel tempo dei problemi, è bene accettare l'iscrizione.
Questo atteggiamento di attenzione va attuato specialmente quando i ragazzi ci sono segnalati da assistenti sociali o da medici o ce lo dicono i genitori. È il momento di approfondire di più la conoscenza preventiva del ragazzo. È chiaro che l'atteggiamento deve essere quello dell'accoglienza. Se vogliamo essere dei perfezionisti e aspettiamo di essere pronti non accoglieremo nessuno; non bisogna essere né ansiosi né superficiali ma c' è una grande differenza tra avere un atteggiamento di fiducia ed essere incoscienti. È necessario inoltre stabilire il limite di gravità di handicap perché a quel dato ragazzo, in quella data unità, con quei dati ragazzi, con quei dati capi, lo scoutismo serva a lui e alla comunità che lo accoglie. Noi singoli non siamo capaci di risolvere tutte le situazioni. Solo la Coca può cercare di decidere obiettivamente, andando al di là degli eroismi e delle paure dei singoli capi. Per ogni ragazzo con problemi che entra nell'unità va fatto un programma preciso, che riguarda le forze reali, gli obiettivi minimi che possiamo raggiungere ecc. Dobbiamo tener conto che il ragazzo, una volta entrato, passerà nelle branche successive. Perciò il problema va vagliato globalmente, immaginandolo fino all'età della branca rover. Quindi l'inserimento di un portatore di handicap va visto sotto il profilo della possibilità di avere dei vantaggi per lui e per tutta la coca. Su questo siamo stati tutti d'accordo. Quindi un uso saggio è quello di dare gli indirizzi generali riguardo al numero e ai criteri generali di ingresso, a cui i capi si attengono. Per i ragazzi particolari si decide in coca.



dal diario di Paola

I RAPPORTI CON I GENITORI DEI RAGAZZI CON PROBLEMI

"Giovanni non ha niente, è solo il suo carattere! - così ci ha risposto la sua mamma. Invece Giovanni di problemi ne ha, e grossi. Spesso i genitori di questi ragazzi tendono a minimizzare il problema del figlio perché lo prendiamo. Spesso hanno vissuto storie di chiusure che li rendono diffidenti sulle possibilità di inserimento. Diventa importante anche trovare la maniera di chiarire i problemi a livello giuridico, con eventuali dichiarazioni scritte dei genitori. Comunque, quando decidiamo, è importante che non ci poniamo troppo il problema di cosa penseranno gli altri genitori. Questo perché la decisione su queste cose è propria della Coca e su questi problemi siamo sovrani. È chiaro che se è utile e possibile si può pensare anche a un coinvolgimento intelligente dei genitori. Per Giovanni coinvolgere i genitori è una battaglia persa, perché non vogliono vedere né vogliono sapere. Dovremo cercare qualche aiuto o qualche parente più cosciente della situazione?

SOLDI SOLDI SOLDI SOLDI

Quanto costiamo ad una famiglia? Una delle caratteristiche degli scout è quella di costare abbastanza poco. Questo deve essere vero anche nel nostro Gruppo, affinché non possa mai capitare che diventiamo emarginanti perché diventiamo costosi, magari per quello che propongono le Unità. In questo dobbiamo essere molto attenti. È un discorso che si deve poter dire tranquillamente ai genitori. Meglio farlo sapere e farlo diventare un'attenzione di tutti, specialmente di quelli che vengono agli incontri. Quei genitori che hanno problemi economici sono quelli che non vengono mai ai nostri incontri. Noi facciamo sapere che se c'è qualcuno che ha difficoltà di qualsiasi tipo per far partecipare i ragazzi alle attività può rivolgersi al Capo Unità senza nessun problema e nella massima discrezione perché loro possono gestire delle somme per queste evenienze.
La cultura di considerare anche l'aspetto economico dei progetti è fondamentale per ogni seria programmazione. Nel nostro gruppo cerchiamo di sviluppare la cultura dell'autofinanziamento, specialmente nelle situazioni in cui girano dei soldi nelle famiglie e sarebbe molto più facile chiederli. A livello pedagogico per i ragazzi l'autofinanziamento deve avere sempre un obiettivo visibile o comunque che sia possibile verificare. Anche per questo è saggio lasciare alle Unità una certa indipendenza amministrativa, stando sempre attenti che non ci siano usi assurdi o multe usate come autofinanziamento, come da noi hanno fatto alcune squadriglie. Chi arrivava in ritardo o diceva una parolaccia doveva pagare. Chiaramente abbiamo subito stroncato l'uso.
Un saggio uso che si sta diffondendo in vari gruppi è quello di dividere sempre le spese generali di organizzazione dalle spese vive di gestione. Alle spese di organizzazione contribuiscono tutti, anche quelli che non vengono e non partecipano alle attività. Questo succede per i campi estivi come per le uscite di gruppo o altri eventi associativi. I costi della ricerca dei posti campo o del trasporto dei materiali o del costo del luogo si dividono tra tutti, anche tra quelli che non vengono.
In alcuni gruppi i capi chiedono una minima quota mensile per le attività e il miglioramento della qualità della proposta. Un po' come la quota della palestra o dell'inglese. Può essere anche questa una scelta, che però occorre fare con molta attenzione, specie se ci sono situazioni per le quali anche una minima quota mensile può creare un problema. Questi soldi possono servire ad esempio a pagare l'uscita o parte dell'uscita. In questa maniera concretamente tutti hanno contribuito, anche quello che non sono venuti. Questa quota non esime chiaramente le Unità dal ricercare l'autofinanziamento, che è uno strumento altamente educativo. Noi abbiamo rinunciato all'idea della quota, anche per distinguerci dalle altre associazioni o dalle società sportive. Pensiamo che l'autofinanziamento sia la soluzione migliore, quella che ci obbliga a sviluppare la fantasia nostra e l'impegno dei ragazzi.
Da noi si usa che ogni attività si deve autofinanziare, sia dai partecipanti che dall'unità, perché i costi fissi sono uguali per tutti. Come gruppo, visto che alcuni dei nostri ragazzi vengono da famiglie con problemi economici, cerchiamo sempre di fare attività con costi accettabili, ma anche, cerchiamo di trovare dei modi di finanziamento che permettano ad alcune persone di non pagare le quote delle uscite, o le uniformi o i costi dei campi. Ci pensa il gruppo o la cassa di unità, nel modo il più discreto possibile. Questa scelta limita certamente a livello organizzativo, per cui certe idee, magari certe imprese dei ragazzi, le ridimensioniamo quando vediamo l'analisi dei costi, oppure si vede che l'autofinanziamento non è stato sufficiente. Ci siamo accorti che questa scelta non limita la voglia di avventura dei ragazzi, ma li obbliga ad essere economi e laboriosi più di prima. Due settimane fa abbiamo organizzato un mercatino di riciclaggio delle uniformi e delle attrezzature organizzato dai genitori a livello di baratto o di regalo. È una cosa che funziona, specialmente se la forma è gioiosa e come atteggiamento di aiuto reciproco di tutti verso tutti. Le uniformi e le attrezzature vengono “riciclate” e diventa un momento educativo per i ragazzi e i genitori.
Un genitore ci aiuta a fare il bilancio, che presentiamo alla zona e ai genitori. Questo per rendere trasparente la gestione. Per i soldi teniamo un libretto bancario al portatore, così non spendiamo soldi di tenuta conto. Abbiamo il nostro codice fiscale del gruppo. Abbiamo dovuto farlo per avere in comodato la sede dalla parrocchia. Ci serve anche per utilizzare le rivendite all'ingrosso per i campi e le uscite.


dal diario di Onorato

LE RICHIESTE DI CONTRIBUTI

Abbiamo deciso di chiedere un contributo alla Banca che è vicino alla nostra sede. Ho telefonato al responsabile della Zona per sapere se aveva fatto delle richieste analoghe. Occorre stare attenti, specie per gli enti e le banche, di non accavallare le domande tra la Zona e i gruppi. La cosa fondamentale che le cose siano concordate e fatte alla luce del sole e che i contributi siano chiesti per motivi che danno la possibilità di un rendiconto chiaro. Inoltre che non ci saranno mai contropartite di nessun tipo, solo la relazione alla banca su come abbiamo utilizzato i loro soldi e la lettera di ringraziamento. La banca ci ha date due milioni che sono serviti per le attrezzature e le tende e per comprare le uniformi per alcuni ragazzi in difficoltà economica.

LA CASSA DI GRUPPO

Come al solito, quelli che vanno al camposcuola hanno dal gruppo il viaggio pagato e la quota di iscrizione del campo. La parte del mantenimento ciascuno se la paga. Da noi c'è la regola che il contributo per i campi scuola si dà a tutti. Chi ci rinuncia lo dice direttamente al Capogruppo. È importante che passi l'idea di una grande attenzione ai soldi, di cui dobbiamo rendere conto anche ai genitori, specie se glieli abbiamo chiesti per particolari attività. La coca ha lasciato a noi capigruppo una cifra discrezionale di mezzo milione per eventuali rimborsi o aiuti a situazioni di Capi, di genitori di ragazzi ai quali secca far sapere di aver bisogno di aiuto. Quando la cifra è finita, si dà il resoconto alla coca senza fare nomi e si riparte.


dal diario di Paola

LO STILE ECONOMICO E LA GITA IN BICICLETTA

Quando gli e/g hanno proposto l'uscita in bicicletta all'estero, la coca non è entrata nel merito della scelta. L'unica domanda che ci siamo fatti era come avrebbero risolto il problema dei costi, in maniera che non diventasse emarginante per qualche ragazzo o per qualche famiglia. Sui soldi da noi si cerca di utilizzare i mezzi poveri e l'essenzialità entra come stile della gestione delle attività per tutte le branche. Questo significa in concreto che di ogni evento lo staff deve tener conto anche dei fattori di costo e confrontarli con i valori educativi che si vogliono ottenere, cercando sempre di stare attenti a non divenire emarginanti per il fatto che si propongono attività costose per le famiglie, specialmente se non c'è stato un sufficiente lavoro di autofinanziamento. Alla fine siamo stati tutti d'accordo per la gita in bicicletta all'estero. Dovremo pensare alla sicurezza.


dal diario di Onorato

LA FILOSOFIA DEL PORCILE E LA SEDE EDUCATIVA

Il parroco ha ragione. Ci ha detto: "Come potete educare dei ragazzi se la sede la lasciate che sembra un porcile?"
A volte le sedi delle nostre unità sembrano dei porcili e occorre fare qualcosa. Il ritorno dall'uscita è tragico e la stanchezza vince tutti. Se quella sera non ce la fanno a rimettere la sede a posto pazienza! Ma se il materiale resta lì per una settimana o anche più, allora qualcosa non va a livello educativo ed è colpa dei capi. La stessa cosa vale quando si fanno le attività manuali in sede. Il principio è quello di smettere un po' prima per avere il tempo di rimettere a posto tutto. Non si può accettare il disordine che spesso diventa spreco: rischia di diventare un modo di vivere.
Allora io mi chiedo: "La nostra sede é educativa?".
I posti hanno sempre un valore educativo. Io penso che siamo influenzati dai luoghi! CI danno le loro emozioni, che derivano da quello che sono e dalla storia che lì ci è passata. E' per questo che se vogliamo fare l'esperienza del deserto i ragazzi li portiamo nel bosco e non nella piazza del paese.
Il primo vero passo per l'educazione all'essenzialità parte dal rispetto della roba e dal non buttarla via, dalla capacità di utilizzare al meglio i materiali e da non accettare per troppo tempo l'incompetenza che porta allo spreco. Qualcuno di noi deve insegnare queste cose ai ragazzi, perché il consumismo li porta a non rispettare le cose, tanto le ricomprano. La stessa cosa capita nell'uso dei materiali e degli arnesi. E le tende lasciate bagnate dopo l'uscita ammuffiscono e marciscono. E' successo dopo la scorsa uscita. Le tende delle squadriglie non sono state stese ad asciugare. Ci mancava poco che marcissero.
Il rischio è poi che i posti che tocchiamo li lasciamo in disordine, bruciando la possibilità agli altri scout di andarci. L'uso di noi capi, se possibile, è quello di far fare un giro ai padroni del luogo, per far vedere che lasciamo pulito e che non c'è niente di rotto. Inoltre gli diciamo che se trovano qualcosa di rotto ce lo mandino e a dire. E lasciamo i soldi pattuiti o un'offerta per "mantenere" i posti.


dal diario di Paola

IMPIANTI E DINTORNI

Abbiamo chiesto alla parrocchia di mettere a norma gli impianti elettrici. Ci hanno risposto di pensarci noi. Siccome vogliamo fare le cose secondo legge, abbiamo trovato tra i genitori il tecnico giusto, che ci farà gli impianti a norma e farà di dichiarazione di conformità. Abbiamo comprato anche tre estintori nelle sedi delle unità.
Su tutte queste cose mi sono documentato sui "Quaderni della Lombardia", che sono molto approfonditi e utili per questi problemi e hanno anche le formule dei vari documenti o contratti necessari.
Quando ho un problema o un dubbio vado a cercare lì.




Comunità Capi Mede I

VENERDÌ 29 OTTOBRE 1999

....E ancora una volta abbiamo slittato sul programma: infatti tanti erano gli argomenti da proporre in serata e proprio il PE è rimasto zoppo, sarà quindi nostro impegno portare a termine questo delicato lavoro nel prossimo incontro di venerdì 5 novembre.

Per non perdere tempo è stato appeso in cartello con i seguenti avvisi:
1. aggiornare il calendario consegnato in Coca inserendo 14/1 presentazione comunicandi - 21/11 presentazione cresimandi - 22/11 incontro sul tema: GESTIONE DEL CONFLITTO IN FAMIGLIA

2. La quota censimenti rimane invariata L. 60.000 - L. 100.000 le coppie di fratelli nella stessa branca

3. sollecito date delle uscite dalle unità

4. Prossimi appuntamenti di co.ca: 12/11 i programma di Coca: 19/11 presentazione dei programmi chiaramente tutto ormai slitta di un incontro.


Abbiamo iniziato l'incontro con la preghiera, seguita da una verifica dell'incontro "di gruppo" svoltasi il fine settimana precedente per la vendita delle mele.
L'attività è andata a gonfie vele considerando che il guadagno è stato il doppio del previsto. Si è quindi messo in discussione l'importo da destinare all'AISM e quello eventualmente da inviare al campo profughi dove i ragazzi del noviziato hanno svolto servizio la scorsa estate. Ci siamo dati il tempo di una settimana per valutare le proposte, sentendo anche eventualmente l'associazione stessa.
Anche l'uscita in sé è stata buona, avendo coinvolto tutte le branche offrendo anche momenti comuni.
Abbiamo anche noi capi gruppo verificato il nostro incontro formativo regionale. Che, benché partito con qualche riserva, ha dato un buon risultato. È stato interessante e coinvolgente.
Siamo passati quindi alla spiegazione del calendario che i lupetti si sono impegnati a vendere. Buon lavoro questo della Fiordaliso
Ho comunicato alla Coca che la lettera di "PROTESTA" AL Milano … non è stata fatta, per un motivo molto semplice: non avevo né indirizzo, né numero telefonico. e forse è stato meglio così; ho chiamato la regione e in persona di YZ mi ha invitato a telefonare alla capo gruppo del Milano X esponendo fraternamente tutte le nostre perplessità, senza timore, ma con chiarezza.

Così ho fatto, e XY la capo gruppo si è molto scusata, sapeva comunque di aver lasciato disordine e si era riproposta di richiamarmi, mi ha anche confidato una difficile situazione della sua Coca e ci siamo lasciate augurandoci vicendevolmente buona strada.
Erano ormai le 22.30 ma il PE ci aspettava, ci siamo così divisi in tre gruppi, ognuno dei quali avrebbe analizzato le aree assegnate riportando poi in discussione perplessità, modifiche o suggerimenti.
Le aree scelte sono state: GENITORI - ZONA - COMUNITÀ CRISTIANA
Alle 23.00 ! Abbiamo messo in comune…ma chiaramente ogni area discussa ha coinvolto e interessato, tanto che il terzo punto non è stato preso in considerazione e il punto GENITORI è stato fatto un po' troppo in fretta.

Questo ci ha portato per l'ennesima volta alla riflessione sui nostri ritardi. Nessuno sarà indagatore di nessuno, ma ognuno di noi rifletta sulla sua reale "non spiritualità".

VENIAMOCI INCONTRO, MA NON METTIAMO SEMPRE FRETTA AGLI INCONTRI DI COCA CHE PROPRIO IN QUESTO MOMENTO SONO INDISPENSABILI PER I LORO CONTENUTI.
BUONA STRADA!




dal diario di Paola

IL MAGAZZINO: GUARDATE CHE QUANDO AVRETE LE COSE NON VI MANCHI LO SPIRITO

Riunione ora et labora di coca. Due ore di lavoro a mettere a posto il magazzino del gruppo insieme con i genitori che si erano presi l'incarico,cena veloce al sacco e momento di preghiera. Le cose che servono non sono un argomento meno importante degli altri. Il nostro gruppo deve possedere tutte le cose che servono per fare un serio lavoro educativo e le dobbiamo tenere bene. A volte sono i problemi logistici che distruggono dei meravigliosi progetti e programmi, solo perché è mancato qualcosa di importante ed essenziale. Quindi il magazzino importante proprio per quello.
Anche nei capi è un'idea difficile da far entrare. Nella nostra società dell'usa e getta non c'è più la cultura del rispetto delle cose. Significa l'ordine, il rimettere a posto bene, fare in maniera che le tende non marciscano perché sono state riposte umide o che siano rubate perché nessuno ha pensato a rimetterle nel magazzino o che bisogna ricomprare ad ogni campo gli attrezzi perché non sappiamo riporli e arrugginiscono perché non pensiamo ad ingrassarli. Noi, al genitore che ci segue il magazzino abbiamo chiesto di essere esigente verso i capi e verso i ragazzi, in modo da far passare questa cultura delle cose. È una battaglia dura ma ci proviamo.


L'ANIMAZIONE DELLA COCA

dal diario di Paola

POCHE CHIACCHIERE, ANDIAMO AL SODO!

"Poche chiacchiere, andiamo al sodo!".
Quando mi dicono questa frase, penso sempre che è una filosofia scoutistica che è dentro il dna degli scout. È come dire: Siamo operativi, siamo organizzativi, arriviamo alle decisioni! Tutto il resto è superfluo. Come faccio a far capire che è proprio questo superfluo che fa crescere, che fa andare avanti nella qualità e nella crescita? Ci sono certi capi che pensano che la coca sia un male necessario per poter stare con i ragazzi.
Ma per un adulto, se si vuole formare e se vuole imparare è necessario:
· che metta a disposizione del tempo libero
· che abbia voglia di farsi coinvolgere dalle proposte e abbia voglia di cambiare
· che si metta in gioco come persona
Come ottenere questo nella nostra coca?

TRENTACINQUE VOLTE ALL'ANNO. PROPOSTE DI RIUNIONE DI COCA

È il lungo elenco di riunioni che abbiamo fatto. Ne mancano certamente molte altre, ma ci sono venute in mente queste.
Questo l'elenco delle riunioni possibili scritte sul cartellone da scegliere in funzione del progetto educativo. Io ho ricordato che se tutto va bene, facendo una riunione di coca a settimana ci incontriamo circa trentacinque volte in un anno. Quindi si tratta di scegliere quello che ci serve quest'anno e quello che dobbiamo per forza affrontare come riunioni fisse. Alcuni argomenti poi avranno bisogno di più incontri.


PALETTI
Riunioni sulla coca

chi siamo - i nostri pregi e i nostri difetti; i rapporti interni della coca - analisi
spazi per dirsele - riunioni di coca per dirci tutto quello che pensiamo delle altre unità e degli altri capi del gruppo; progetto del capo presentazione - verifica; tirocinio progetto - verifica dei tirocinanti; progetto educativo - ideazione - verifica; verifica delle scelte del patto associativo; presentazioni ai campi scuola - criteri; verifiche campiscuola - criteri; verifica dell'andamento della coca; verifica del capogruppo; attività ora et labora; criteri e modalità per le entrate in coca - presentazioni dei nuovi;; incontri con il clan-fuoco per la verifica dei servizi; affidamento delle unità ai singoli capi unità

Riunioni sul territorio

i cambiamenti della società che ci interessano; analisi della scelta politica dei capi - analisi della proposta concreta che viene fatta ai ragazzi; incontri di approfondimento di analisi del territorio in preparazione del progetto educativo; incontri con operatori del territorio; le pubbliche relazioni - come funzionano

Riunioni sul metodo

progetti di unità - presentazione in coca; la progressione personale unitaria; la coeducazione come funziona in riferimento al progetto educativo; andamento delle branche - analisi della qualità dello scoutismo proposto; parliamo dei ragazzi; linee generali dei campi - obiettivi pedagogici in riferimento al progetto educativo; rapporto con la natura - come si propone nelle unità; essenzialità - come si propone nelle unità; verifica campi estivi; verifica unità
serate di manualità

Riunioni sul gruppo

linee pedagogiche delle uscite di gruppo; idee per il rapporto con i genitori - programmazione contenuti e obiettivi degli incontri; programmazione triennale delle forze; criteri per le iscrizioni dei ragazzi; uscita dei passaggi - criteri generali - obiettivi; funzionamento della coca; verifica dei capigruppo

Riunioni sulla fede

incontri con persone che hanno fatto della scelta di fede la scelta della loro vita; verifica delle attività di catechesi; incontro con il consiglio pastorale e con il parroco; analisi dei rapporti con la parrocchia e proposte per migliorarli

Riunioni sull'associazione

preparazione delle assemblee zonali; preparazione delle assemblee regionali; lettura delle mozioni del consiglio generale; incontri con altro coca in preparazione alle assemblee; incontri con il comitato di Zona


dal diario di Onorato

LE CORRIERE DEL RITORNO

Era una cosa su cui ci eravamo accordati quando ero stato scelto come capogruppo. Tutti i discorsi che non servivano avrei proposto di bloccarli. Ieri sera ho bloccato la discussione e ho fermato Sandro e Gigi che parlavano degli autobus per tornare. Si stava andando nei particolari organizzativi dell'uscita di gruppo. Siccome c'è la commissione con un rappresentante di ogni staff di branca, sono problemi loro. Noi dovevamo dire gli obiettivi su cui verificare, quelli che ci eravamo dati nel progetto educativo o che erano necessari in questo momento particolare della vita della coca e delle branche. Abbiamo chiarito i contenuti generali. Tutto il resto si discute fuori dal tempo della riunione di coca. Se si discute di problemi di gestione o di organizzazione delle attività, significa che la Comunità Capi non sta svolgendo il suo compito fondamentale, che è quello di attuare il Progetto Educativo e fare la formazione permanente dei Capi, che significa pensare all'educazione dei ragazzi. Quindi a coca non si parla di corriere e alle ventitré e trenta le auto si trasformano in zucche!!!


PALETTI
CONSIGLI A ME STESSO

· evitare divagazioni e parentesi
· non perdersi nei dettagli e nei particolari
· non girare attorno al problema
· cercare di farsi capire e mettersi nei panni di chi ascolta
· stare attento che abbiano capito quello che si voleva dire e non altro
· capire i rapporti interni
· stare attento ai comportamenti non verbali
· imparare ad ascoltare più che a parlare
· verificare quello che per me è abituale, scontato e ovvio
· togliere qualsiasi atteggiamento o pensiero di giudizio


dal diario di Francesco Assistente

LA PAROLA DI DIO

Nella nostra coca c'è sempre poco tempo per la parola di Dio. Non è difficile intravedere qualche difficoltà in più rispetto al tema del “celebrare”: mancanza di tempo da dedicare alla lettura comunitaria della Bibbia, mancanza di persone che siano in grado di spiegare il testo e ... mancanza di voglia! Eppure la Parola di Dio dovrebbe essere il cuore della vita di ogni cristiano, tanto più una comunità e di un capo scout. Io dico sempre che la lettura comunitaria non sostituisce la lettura personale della Scrittura. L'una e l'altra sono necessarie e anzi indispensabili. Anche se vanno ovviamente vissute in maniera diversa: la lettura comunitaria può aiutare a comprendere il senso del testo, sia attraverso le sua spiegazione, sia attraverso la comunicazione reciproca di ciò che la lettura ha suscitato nel cuore delle persone; la lettura individuale invece può diventare il cuore della preghiera personale, in una situazione di ascolto interiore e di attenzione a ciò che Dio dice a me qui e ora attraverso la sua Parola. In altre parole: la Scrittura va studiata, ma anche pregata. Va compresa e va vissuta. Il capo scout è un adulto destinatario di una catechesi, ma anche catechista: la Coca dovrebbe essere il luogo dove il capo può trovare alimento alla sua fede e dove anche riceve l'aiuto e gli strumenti per svolgere il suo ministero di catechista. Il metodo scout offre ai capi “un metodo”, appunto: cioè degli strumenti efficaci per comunicare. Attenzione però: bisogna anche avere le idee chiare su ciò che si va a comunicare! E soprattutto: nell'ambito della fede, non basta la comunicazione, occorre la testimonianza. Il capo è catechista solo se vive la sua fede e rende testimonianza ai ragazzi di ciò che vive. La Coca in questo ha una funzione insostituibile. Ed io continuo a chiedermi se abbiamo dei buoni cristiani in coca. Alcuni certamente, ma per qualcuno, questa benedetta ricerca che non finisce mai, da qualche parte porterà prima o poi!




ROSIGNANO 1

Attività di Comunità Capi: linee guida.

Necessità di catechesi e cammino di Fede: confronto a piccoli gruppi su problemi comuni: es. la Riconciliazione, aspetti della sessualità, la preghiera personale ecc. (sottolineando il fatto che in altri ambienti, es. tra amici, non se ne parla); riprendere lo strumento del Progetto Unitario di Catechesi; incontri di preghiera guidati da religiosi (Uscite in luoghi di preghiera: es. Trappiste di Guardistallo, convento francescano di Foligno, Camaldoli ecc.); proposta di una più frequente partecipazione ai Cantieri ed ai Campi Bibbia (specie per i Capi che hanno completato l'iter di formazione) anche per proporre meglio la spiritualità scout; d'altra parte viene sottolineata l'importanza di partecipare, quanto possibile alle attività di catechesi delle parrocchie (es. Corso di catechesi di prossimo inizio);

2) Assistente: importanza fondamentale in Coca ed in Clan ma necessita il suo contributo anche a livello delle altre Branche, in attesa della definizione dei compiti dei preti della Zona e "lavorando" perché d. Andrea abbia più tempo a disposizione per il Gruppo si cerca comunque anche la collaborazione di altri preti per attività occasionali;

3) il Capo è catechista ed in questo occorre approfondire la proposta e la metodologia; occorre proporre con gioia il cammino di Fede, occorre far vivere ai ragazzi la S.Messa ed i momenti di preghiera come aventi gioiosi, attesi e desiderati; viene proposta la raccolta delle attività di catechesi svolte;

4) Partecipare al lavoro di costruzione della "Interparrocchialità" mettendo a disposizione le nostre competenze e presentando le esigenze del Gruppo; partecipare alle attività dei Consigli Pastorali Parrocchiali;

5) Espansione del Gruppo: si dà mandato al gruppo di lavoro apposito lo studio della possibilità di apertura del III Reparto, obiettivo da raggiungere secondo uno specifico progetto;

6) Jamboree 1995: viene osservato che la partecipazione all'evento di quattro componenti del Gruppo non debba essere un fatto personale, ma coinvolga ciascuna Branca anche impostando alcune attività sui temi della solidarietà e della fratellanza internazionale;

7) Criticata l'esperienza delle serate sulla sessualità con Padre Raimondo, viene proposta comunque una raccolta del materiale da parte di coloro che hanno partecipato al Campo di Volterra e comunque riproporre, a livello personale, un nuovo ciclo di incontri con Raimondo;

8) Approfondire il tema del Rapporto Capo-Ragazzo nel metodo scout, sia in teoria che nelle attività; viene riproposta l'attività sulla Comunicazione verbale e non; curare il "trapasso delle nozioni" tra Capi anziani e Capi giovani con lo scopi di evitare di ripetere gli "errori" del passato;


9) Migliorare e trovare modi più incisivi di rapportarsi con i genitori dei ragazzi, cercare i modi per stabilire un buon rapporto, riproporre le cene insieme a piccoli gruppi;

10) In vista delle elezioni amministrative di primavera si propone un confronto in Co.Ca sui problemi del territorio, sui valori da proporre in politica e quindi su cosa ci aspettiamo



dal diario di Paola

IL TEMPO È SACRO

Sul muro della Casa per Bambini di Calcutta c'é un'iscrizione che recita:
Trova il tempo per pensare
Trova il tempo per pregare
Trova il tempo di ridere

È la fonte del potere
È il più grande potere sulla Terra
È la musica dell'anima

Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare

È il segreto dell'eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La giornata é troppo corta per essere egoisti

Trova il tempo di leggere
Trova il tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare

È la fonte della saggezza
È la strada della felicità
È il prezzo del successo

Trova il tempo di fare la carità
È la chiave del Paradiso

Veronica, alla fine della riunione, mi ha detto:
"Come al solito abbiamo perso tempo!".
Non so se aveva ragione. Forse in quella riunione ci aveva preso poco. A me sembrava che di tempo non ne avevamo perso, anche perché avevamo preso delle decisioni alla fine, e non per sfinimento come al solito. Si era perso molto tempo per far dire a tutti la loro opinione. Ieri sera era necessario che tutti si esprimessero, ed era giusto fare così. Per altre volte aveva ragione, anche se noi ci stiamo attenti, ed è un problema di tutti, non solo dei capigruppo. Il tempo è sacro per tutti e ogni volta che perdiamo tempo ad una riunione facciamo un'offesa al tempo dei Capi che lo potevano usare in un altro modo. Per questo ogni riunione deve essere assolutamente utile, cioè ogni capo della nostra coca deve tornare a casa con l'idea che ha ottenuto qualcosa, che ha imparato qualcosa di importante, che non imparava se rimaneva a casa sua e il tempo è stato utilizzato bene. In particolare i Capi, che usano molto tempo nelle riunioni e nelle attività, sono giustamente gelosi del loro tempo, specialmente quelli che riescono a trovare il tempo per fare tutto, come Veronica.
Mi viene in mente questa poesia che mi ha mandato un amico scout dopo una discussione sul fatto che non abbiamo mai tempo.


PALETTI
PRIMA DI OGNI RIUNIONE CHIEDERSI

· qual è la situazione concreta
· quali sono le aspettative
· quali sono gli obiettivi
· quali saranno le resistenze maggiori
· quanto tempo abbiamo a disposizione

Se non passiamo attraverso queste analisi, il bilancio rischia di essere la proiezione del nostro desiderio.

ALLA FINE DI OGNI RIUNIONE CHIEDERSI

· se è passata l'informazione,
· se è stato compreso il problema,
· se è chiaro quello che c'è da fare e chi lo fa e quando si verifica
· se i problemi sul tappeto sono stati risolti e chiariti,
· se le linee politiche di comportamento sono state accettate da tutti
· se abbiamo fato memoria di tutto.


dal diario di Paola

A DIFESA DEL TEMPO

Ogni tanto penso che quello che ci chiediamo tra di noi è assurdo quando lo misuriamo in tempo. O forse mi sbaglio, perché su 168 ore della settimana, i capi stanno con i ragazzi al massimo dalle cinque alle otto ore. Tutto il resto è pensieri, programmazione, preparazione, organizzazione, formazione, rapporti. Per questo è scandaloso sprecare e far sprecare del tempo ai capi. È tempo e fatica sottratta ai ragazzi, anche se poi, alla fine, l'ansia del tempo è cattiva. A me ogni tanto piace buttar via del tempo. Significa che me lo sono trovato e amo chi mi fa buttar via il tempo. Mi serve per raggiungere la calma, per combattere l'orologio, che mi tolgo regolarmente ogni volta che vado in vacanza. Solo che sono scelte mie e non le impongo a nessuno.
Ho l'impressione che a volte non facciamo certe cose con i ragazzi perché l'esperienza dei tempi di organizzazione precedenti ci fa desistere. Solo che non ci chiediamo quanto tempo abbiamo buttato via in quella occasione e se abbiamo utilizzato dei trucchi per risparmiare tempo.
Ad esempio in coca facciamo in modo che chi organizza per la prima volta una attività sia affiancato da qualcuno che l'ha già vissuta. Serve per evitare gli errori e vedere subito i problemi da risolvere. Questo capo dà piccoli aiuti e consigli per non perdere tempo. Si tratta in fondo di trapasso delle nozioni, nel senso vero del termine. Spesso il metodo ci dà una mano per coinvolgere i ragazzi. A volte è una complicazione ma a volte può essere un vero aiuto per affrontare i problemi in modo più tranquillo.


 

Un anno di riunioni nella nostra coca

Di questo programma ne abbiamo dato una copia trimestrale in modo tale da non impegnarsi con la comunità capi per tutto l'anno e poter così aggiustare il tiro trimestre per trimestre… se ce ne fosse bisogno. Il problema delle disponibilità per le unità l'avevamo risolto a fine giugno e non ci sono stati cambiamenti.

MeseOrdine del giorno
Settembre Verifica dei campi estivi
Conferma delle disponibilità
Creazione dei nuovi staff
Valutazioni per i nuovi ingressi in comunità capi
Verifica del progetto educativo (eventuali modifiche)
Programmazione di un anno di comunità capi
Preparazione dell'Indaba
Preparazione apertura delle attività
Programmazione di un anno di comunità capi
Ottobre Progetto di catechesi per le branche e per la comunità capi (chiedere all'assistente ecclesiastico di essere presente)
Riunione metodologico-formativa
Programmi di Unità: presentazione ed approvazione in comunità capi
Attività sul patto associativo ad opera dei nuovi entrati in comunità capi
Novembre Riunione metodologico-formativa
Preparazione assemblea regionale
Riunione con i genitori (non c'è la riunione di comunità capi)
Recupero
Dicembre Riunione metodologico-formativa
Preparazione assemblea di Zona
Incontro di preghiera (in preparazione del Natale)
Gennaio Verifica Campi Invernali
Incontro con la branca R/S (preghiera o formazione): la comunità R/S conosce in modo sereno la comunità capi che non viene più vista come il luogo delle grandi liti
Preparazione delle schede per i campi di formazione associativa e metodologica
Week end di comunità capi: stesura del progetto del capo; spazio per dirsele.
Febbraio Riunione metodologico-formativa
Elaborazione di un tema comune per il "Thinking Day"
Recupero.
Marzo Riunione metodologico-formativa
Incontro di preghiera (in preparazione della Pasqua)
Aprile Riunione metodologico-formativa
Verifica campi pasquali
Preparazione assemblea regionale
Maggio Riunione metodologico-formativa
Recupero
Disponibilità per l'anno prossimo
Giugno Riunione metodologico-formativa
Verifica degli staff
Verifica della coca
Verifica del capo gruppo



dal diario di Paola

UNA BATTAGLIA DA NON PERDERE: L'ORARIO DI INIZIO

Anche stasera si comincia in pochi. Al solito c'è la gente che arriva in ritardo. È una battaglia che abbiamo deciso di non perdere. Noi si continua e si comincia puntuali. Ci sono molti usi e costumi riguardo al tempo e alla puntualità. C'è anche da combattere contro la cultura ritardataria della nostra città. Il consiglio comunale di Livorno, quando è programmato per le nove comincia alle undici se va bene. Noi si cerca di riuscire a passare la cultura che la riunione inizia sempre all'ora prefissata e che chi arriva in ritardo sa è che cominciata. Per questo è fondamentale fare l'accordo sull'orario, che sia possibile e vero. Poi si parte con quelli che siamo. È sottinteso che se io Capogruppo voglio creare la cultura del cominciare puntuali devo arrivare puntuale. In questo mi aiuta il mio essere veronese. E siccome siamo in tre, questo non è sempre vero, specie per il prete, ma per lui abbiamo deciso di chiudere un occhio.



dal diario di Onorato

LE ANSIE E IL CONTRATTO DELLA SERATA

Anche stasera, prima di cominciare, abbiamo fatto il contratto della serata. È una parolaccia giuridica, ma serve bene per chiarire un momento importante dell'inizio della riunione o di qualsiasi incontro. Si dice sempre quello che succede. Prima di partire per ogni riunione o attività importante è bene che gli adulti possano capire il progetto all'interno del quale si collocano. E' una necessità: serve sempre avere lo sfondo, il paesaggio in cui collocare i pezzi che si incontrano. Noi facciamo sempre il contratto iniziale, cioè l'accordo di come si passerà quell'incontro, di cosa c'è realmente dietro a quel programma: serve per diminuire le ansie e la paura di essere fregati che è inconscia dentro ogni adulti che sta insieme con altri adulti. Ogni tanto qualcuno di noi dice, indicando il cartellone:
"Siamo qui! Le decisioni da prendere sono queste!"
La riunione è più efficace, perché si sa sempre in che punto siamo dell'incontro, cosa si discute e cosa si decide. Noi mettiamo il cartellone dei vari passaggi della riunione. Ognuno sa a che punto è e vede le decisioni scritte sul cartellone. Serve anche da deterrente per non tornarci su e fa risparmiare tempo.


dal diario di Paola

CONSEGUENZE DI UNA RIUNIONE IMPROVVISATA E SCAVOLATA

Non possiamo permetterci di improvvisare una riunione. Anche perché i risultati negativi di una riunione improvvisata sono:

· l'assenteismo, i capi perdono la voglia di venire a coca
· lo scarso coinvolgimento personale
· il fatto che i Capigruppo diventano meno credibili
· incomprensioni tra i partecipanti e nervosismo
· difficoltà nella gestione
· bassa produttività dell'incontro
· sfiducia uno nell'altro
· idea che si perde tempo

Noi marchiamo stretti anche gli staff o i membri della coca che si sono presi l'incarico di organizzare una certa riunione. Per non trovarci spiazzati quella sera. Un trucco che usiamo è di affidare ad almeno due persone la gestione della riunione. Se uno manca o non può la riunione non salta. Abbiamo però, per qualsiasi evenienza, tre riunioni programmate di riserva sempre pronte. I materiali e i cartelloni fatti sono in sede e si possono utilizzare al momento.



dal diario di Onorato

L'ORDINE DEL GIORNO OVVERO DI COSA SI DISCUTE STASERA

Su cosa si discute alle riunioni di coca?
Le decisioni su cosa si discute sono della coca. Il programma generale l'abbiamo fatto all'inizio dell'anno. Il nostro compito di capigruppo è di attuare quel programma e quelle linee. Se facciamo cambiamenti li decidiamo insieme. Quando abbiamo fatto il programma generale ci siamo divisi i compiti su chi organizza in generale la riunione. Certe serate le facciamo nello stile della branca che organizza. Il cartellone lo presentiamo diviso in sottopunti; è utile chiarire anche quello che ciascuno deve preparare per ogni punto e dire esplicitamente i risultati che ci aspettiamo (decisione, approfondimento, partecipazione di tutti ecc.). Noi usiamo mettere gli argomenti che hanno bisogno di decisioni immediate all'inizio. Siccome abbiamo l'abitudine di fare un verbale delle decisioni, vediamo se lo stesso argomento stato è trattato in coca, in maniera da non partire mai da zero. Quest'anno è Giulia che fa il verbale.




GRUPPO ROSIGNANO 1

Progetto delle attività e modalità di lavoro di Coca

Il cammino di Fede di Comunità con d. Raffaello e d. Andrea B.:

di ciò che è emerso dalle schede personali abbiamo fatto una sintesi con il punto della situazione (le potenzialità e le zavorre), i temi e le attività proposte che abbiamo dato ai due Assistenti; su questa sarà elaborato il cammino di Coca;
come:
una riunione al mese (iniziamo verosimilmente con l'ultima settimana di novembre);
l'Uscita di Coca;
letture e proposte personali a disposizione;
questo è quello che faremo insieme; ognuno avrà le sue mete personali;

Interstaff per temi metodologici

(con i referenti che prepareranno le riunioni e forniranno il materiale: Luca A. e Gabriele per L/C, Marzia e Francesca P. per E/G, Stefano e Marco per R/S); prossimamente alle Staff sarà consegnato un questionario che aiuterà ad individuare sei temi da trattare nelle riunioni previste; già proposti: coeducazione; rapporto Capo-genitori;

Riunioni insieme per decidere o per ascoltare:

tra queste, da gennaio, una al mese aperta anche agli altri animatori, catechisti, genitori etc., magari con l'esperto, (come dalla proposta di progetto pastorale parrocchiale) sui seguenti temi e utilizzando come traccia il libro "1+1=3 coppia e famiglia, riflessioni e proposte":

- La Coppia: una sfida che dura una vita;
- Educare: un'avventura da inventare;
- Gli adolescenti: "Così diversi, così uguali";
- Educare: quali valori trasmettere?;
- Educare alla Fede: una testimonianza quotidiana;

si prevede inoltre un incontro con il Dr. Pannocchia, a seguito di quello dello
scorso anno.

Lavori di gruppo, per conoscersi, confrontarsi e discutere:

per rafforzare la conoscenza reciproca,
per curare i rapporti interpersonali,
per la correzione fraterna,
per far esprimere tutti e ciascuno,
per giocare;
la discussione delle tesi della Route Nazionale;

varie:
preparare una pagina mensile del "Viottolo", con racconti di attività svolte dalle Unità, magari scritti dai ragazzi;
- utilizzare la Stampa Associativa, in maniera particolare Proposta Educativa;
-
- partecipare adeguatamente alla Zona-Regione;
-
- il Gaze-bao: proposta per un giornalone permanente sempre aperto sul quale raccogliere idee, pensieri, proposte, lettere, comunicazioni, consigli per gli acquisti, ricette, risposte, proteste, inviti, disegni, foto etc. da parte di chi vuole.

Le riunioni si terranno solitamente di Venerdì (o di Giovedì come richiesto da alcuni) con ritrovo alle 21.00, inizio alle 21.15, fine per le 23.15, in S. Teresa
Buon lavoro, buona strada e buon divertimento a tutti!
Luca, Francesca, & Gabriele.




dal diario di Paola

UN MALE CRONICO: LE VARIE E IL TEMPO DELLE RIUNIONI

Anche ieri sera abbiamo fatto tardi e non ce l'abbiamo fatta a finire le cose da discutere. È colpa di noi capigruppo, che ci abbiamo messo dentro troppa roba, c'era troppa carne al fuoco. La mancanza di tempo a disposizione è una mancanza cronica, proprio perché abbiamo sempre degli obiettivi troppo ambiziosi. Infatti, tendiamo a portare dentro la riunione degli obiettivi e dei contenuti che sono molto aldilà delle possibilità reali. Spesso la considerazione del tempo reale necessario non la facciamo. Dalle nove e mezzo alle undici e mezzo sono centoventi minuti. Da lì non si scappa.
Ho visto che i cartelloni fanno risparmiare tempo perché tutto è sotto il controllo di tutti. Quindi sparisce il tempo che adoperiamo per controllare gli altri e questo porta ad un clima molto produttivo. Noi fissiamo sempre la durata della riunione e dentro questo ci deve stare tutto. Da qualche tempo, siccome ci siamo stufati di spostare da una riunione all'altra gli argomenti, li abbiamo diminuiti drasticamente, per darci il tempo di trattarli con calma e senza ansie. Inoltre ogni mese abbiamo programmato la riunione di recupero.
La cosa sta funzionando. Anche perché siamo abbastanza agili. Se c'è una varia troppo importante, un capo o un'unità che ha un problema serio, è chiaro che il discorso non è più una varia ma diventa la serata. In compenso vogliamo che le varie, almeno in linea di massima, ci vengano fatte conoscere prima, in modo che decidiamo dove collocarle e quanto tempo meritano.


dal diario di Onorato

LA FUGA NEL PASSATO E LE DIFESE DEL GRUPPO

Ieri sera c'era da affrontare un problema di come stiamo affrontando la preparazione dei campi, che non è di un livello di qualità accettabile. Il rischio era di trovarsi nei guai nei campi estivi. C'era troppo lavoro dei capi e poco coinvolgimento dei ragazzi. Noi capi, senza accorgercene, istintivamente, per non affrontare il vero problema, abbiamo iniziato la fuga nel passato: cominciamo a ricordare i momenti belli passati assieme in certe situazioni campi tra capi e con i ragazzi. Cadiamo in questa situazione per non affrontare il problema presente, quello della preparazione del campo di quest'anno, che non funziona, che in questo momento ci procura ansia. Si produce un clima da vecchi reduci. A volte invece utilizziamo la fuga all'esterno, quando discutiamo di argomenti esterni e al di fuori dei compiti della Comunità Capi, oppure ci fissiamo sui piccoli dettagli e se non stiamo attenti si rischia di passarci la serata. Tutto per non continuare a vivere le tensioni interne che derivano dalla correzione fraterna che stasera non è stata vissuta bene, che ci fa star male. Qualcuno, nella serata è passato alla fuga nell'amore, quando cominciamo a ripeterci quanto ci vogliamo bene e quanto siamo attaccati al gruppo, spesso per non farci condizionare dal gruppo e dalle tensioni che vogliamo esorcizzare. Stasera, siccome qualcuno si sentirà tirato in causa per come lavora con i ragazzi, c'è anche il rischio della provocazione, quando chiamiamo in aiuto una parte del gruppo per contrapporla a chi ci pone dei problemi o con chi abbiamo dei rapporti difficili. Occorrerà anche stare attenti e dovremo verbalizzare il rischio del lamento che è la tecnica di attaccare per primi e fare critiche per non essere criticati. Di sicuro si formeranno dei sottogruppi. La cosa non mi preoccupa. Se la formazione dei sottogruppi è legata alle amicizie la cosa è abbastanza naturale. Ma se la divisione è in funzione di qualcosa o per contrastare qualcuno o per ottenere qualcosa legato alle differenze di idee, dovremo chiarire tutte queste dinamiche e farle discutere. Alla fine sono i ragazzi la cosa più importante e non le psicologie dei capi, e occorre darsi una mossa per cambiare lo stile della preparazione ai campi estivi. Questa è la cosa che conta di più stasera, e dovremo riparlarne fra venti giorni in coca, per verificare i fatti concreti che dimostrano il cambiamento di rotta.


dal diario di Paola

la cadenza delle riunioni

Noi si fa riunione di coca una volta a settimana e ci sembra che non basti mai. Su questo argomento in Agesci le posizioni non sono concordi. Ci sono due tendenze contrapposte, legate anche a situazioni locali, di Capi che possono fare Scoutismo solo dal venerdì alla domenica, perché solo allora tornano a casa dal lavoro o dall'università. Quindi la cadenza diventa di una volta per fare la riunione di formazione, una volta la riunione di Comunità Capi. È un fatto comunque che le riunioni di Comunità Capi devono essere quelle necessarie per portare bene avanti il lavoro con i ragazzi.
Noi pensiamo che se si vuole ottenere un clima di amicizia e di continua verifica, vedersi una volta alla settimana è la cosa migliore. Quando c'è l'incontro di formazione di Zona saltiamo la riunione di coca.


PALETTI
problemi di animazione

I problemi di animazione non esistono perché basta avere due concetti generali in testa:
· il primo è quello che ogni riunione è diversa per scopi e obiettivi, e quindi ha bisogno di una tecnica di animazione diversa
· il secondo è che gli adulti non vogliono sentirsi manipolati e guidati, e quindi tutto quello che si fa deve essere chiarito a livello del contratto iniziale


dal diario di Paola

LE DECISIONI CHE FATICA!

Che fatica ogni volta che dobbiamo passare dalla discussione alla decisione! La decisione vuol dire questo: che abbiamo ben capito e siamo tutti d'accordo o la maggior parte: allora facciamo un atto di volontà, cioè progettiamo qualcosa. La cosa sembra automatica ma non lo è. Occorre la capacità di raccogliere informazioni, in un quadro logico, in una visione di sintesi. Ma non è solo questo a determinare la decisione. Spesso in Comunità Capi ci dilunghiamo molto nella prima parte, nell'analisi e nella raccolta dei dati, ma è difficile passare all'atto di volontà. Le nostre decisioni, anche quando sono solo tecnico-operative, dobbiamo confrontarle con gli obiettivi generali che ci siamo prefissi. Quindi, quando prendiamo le decisioni e le confrontiamo con gli obiettivi, ad esempio quelli del Progetto Educativo, ci accorgiamo che le decisioni e anche gli obiettivi nello Scoutismo sono sempre complessi. Per questo diventa saggio prendere decisioni su obiettivi piccoli e verificabili, mai su obiettivi grossi e astratti che difficilmente possiamo verificare.


PALETTI
le nostre decisioni

· a volte sono imposte dal Capogruppo
· le decisioni sono delegate agli staff e ai Capi unità
· le decisioni sono prese da pochi a volte fuori dalla Comunità Capi, dalla cochetta
· le decisioni sono prese tenendo conto della maggioranza
· le decisioni sono prese tenendo conto della maggioranza e della minoranza

Nelle nostre Comunità Capi le decisioni più che altro sono degli ultimi due tipi, specialmente quella per consenso. Ogni decisione che dobbiamo prendere, per arrivarci bene dobbiamo dividerla in quattro fasi:
1 - ricerca e ascolto. Qual è il problema da risolvere _?
2 - programmazione e decisione. Cosa dobbiamo fare?
3 - comunicazione. Ecco cosa abbiamo fatto e perché
4 - Valutazione. Si poteva fare meglio?

Quindi dopo ogni decisione deve essere veramente chiaro
· chi deve fare cosa
· i tempi di realizzazione
· i tempi e le modalità della verifica, che significa specialmente una data e una tecnica



dal diario di Paola

L'AVVOCATO DEL DIAVOLO

Ieri sera, di fronte alla decisione di aprire il nuovo branco, visto che era una decisione importante, avevamo deciso che io dovevo fare tutte le critiche e mettere davanti tutte le difficoltà che potevano capitarci.
A volte può essere utile, una volta che si è raggiunta una decisione, fare una serie di sfide alla decisione, attaccandola da ogni possibile angolatura. Serve per chiarire meglio i termini e rifinire meglio le decisioni, prevedendo difficoltà o situazioni e possibilità di organizzarsi di fronte a ostacoli. È un compito che faccio bene perché posso sfruttare le capacità di analisi e di critica che possiedo e che in questo momento è utile sfruttare. Anche Veronica ce l'ha molto spiccata.

IL FINALE DELLA RIUNIONE

Alla fine della riunione di ieri sera non si capiva bene chi era d'accordo con la decisione e chi no. Allora ho verificato chiedendo il parere a ciascuno. La discussione di stasera non permetteva di capire a che livello era il consenso, anche perché molti capi stavano zitti e alcuni non erano ancora d'accordo con il parere della maggioranza. Poiché il consenso era basso abbiamo deciso che non conveniva chiudere la discussione, e l'abbiamo rimandata a breve scadenza. Così abbiamo evitato di forzare e di liquidare i problemi che non abbiamo risolti. Si può quindi proporre di riesaminare il problema portando nuove idee, prima della decisione finale. In queste cose non ho mai fretta. Anche perché le decisioni forzate portano al fatto che solo pochi si impegnano ad attuarle ed è difficile che lo faccia chi è poco convinto. Oppure le attua poco convinto, che è lo stesso.


dal diario di Onorato

IL VERBALE DELLA RIUNIONE

Nella nostra Comunità Capi c'è l'uso saggio di scrivere un verbale minimo delle decisioni e delle riunioni di Comunità Capi. Evitano molte discussioni inutili perché così non si continua a ridiscutere continuamente sulle decisioni e chi era assente sa quello che si è deciso.
Cosa si scrive?
Si scrivono le decisioni e non chi le ha proposte e questo depersonalizza le idee, aumentando il senso di efficienza della Comunità Capi. I risultati e le decisioni sono chiare, perché si scrive chi fa quello che è stato deciso e quando. Il verbale poi è fondamentale per le verifiche perché vanno riprese le osservazioni in occasione di un'attività ripetuta, per non ripetere gli errori fatti. Abbiamo fatto così, ad esempio per l'uscita di gruppo. Ci siamo ricordati degli errori dell'altra volta. Io non me li sarei ricordati se non c'era il verbale.


PALETTI
ESEMPIO DI SINTESI DI UNA RIUNIONE

· data
· partecipanti alla riunione:
· scopo della riunione:
· ordine del giorno:
· per ogni punto si esplicitano:
· orientamenti principali:
· decisioni:
· compiti e responsabilità attribuite:
· scadenze di verifica


dal diario di Paola

gli interventi DEI POLITICI

Ieri sera a coca osservavo il collegamento degli interventi dei capi durante la discussione. L'argomento era di quelli scottanti: la catechesi in coca e l'educazione alla fede nel gruppo. Si passava dalla coca, ai ragazzi, alla fede personale, all'assistente, alla parrocchia, ma non c'era un filo nella discussione. Era come se ognuno facesse il suo intervento, come fanno ai dibattiti politici, e non si considerava per niente quello che avevano detto gli altri. È uno dei difetti fondamentali delle nostre discussioni: tra un intervento e un altro non c'è spesso nessun collegamento, per cui uno dice una cosa, un altro ne dice un'altra diversa e si va avanti così per strade scollegate. È difficile riuscire ad ottenere che le persone facciano gli interventi il più possibile collegati l'uno all'altro. Era sicuramente sbagliato l'approccio all'argomento. Troppo largo. Occorreva dividerlo in parti e in diversi momenti. Riusciamo meglio a coordinare gli interventi se l'argomento è abbastanza limitato e se le persone intervengono solo su quello, senza allargare i confini. Questo non significa ripetere le affermazioni ma riuscire a partire dalle affermazioni già fatte per andare veramente avanti e non formare un andamento circolare che spesso fa perdere tempo senza che giunga ad una conclusione. Un mezzo anche quello di fare in maniera che gli interventi tocchino solo un contenuto, quello di cui si sta parlando e che se uno d'accordo con un altro lo dica, ma non ripeta il solito discorso. La conseguenza sono che gli interventi diventano brevi e più incisivi. Tutto questo serve per riuscire ad arrivare alla conclusione per ogni piccolo punto, che può essere una decisione ma anche un approfondimento su cui tutti o quasi sono d'accordo e su cui non ci si torna più su.
E poi su questo argomento specifico occorrerà tornarci su senza parlare dei ragazzi ma parlando solo della fede dei capi. E' troppo comodo pedagogizzare un problema: può essere che ci nascondiamo dietro i ragazzi per non affrontarlo come persone?


PALETTI

In coca abbiamo sempre la lavagna a fogli. È un acquisto che si è dimostrato utile. Alcuni cartelloni li abbiamo conservati perché possono essere utili in seguito.

Cosa e come scrivere alla lavagna o sul cartellone

· la struttura della riunione
· i punti chiave
· un'idea alla volta
· utilizzare poche cifre
· meglio visualizzare i fenomeni
· meglio i simboli che le parole
· meglio schemi che frasi
· evidenziare l'importanza delle idee


dal diario di Paola

L'EFFETTO SPECCHIO

Ieri sera abbiamo chiamato mia cognata che è neuropsichiatra infantile e non conosce gli scout. Doveva darci qualche consiglio per come gestire le situazioni problematiche del reparto, dove c'è un ragazzo portatore di handicap e un paio di ragazzi a rischio, che a volte hanno comportamenti molto aggressivi. È stata molto intelligente. Siccome non poteva e non voleva dare consigli su ragazzi che non aveva visto e conosciuto, ci ha aiutato a chiarirci le idee con una serie di domande intelligenti, di uno del mestiere: con le sue domande ci faceva vedere dei lati che non avevamo mai considerato. È una situazione positiva. Quando chiamiamo qualcuno di esterno succede sempre un fatto importante di cui dobbiamo tenere conto perché un'occasione da non perdere per l'analisi della Comunità Capi e in seguito per l'autoanalisi. Ogni persona nuova porta i Capi ad avere la capacità di vedersi in situazione che senza l'estraneo non ha. Di colpo si sente il bisogno di spiegare le risate o gli accenni, quando parla quello che fa ridere o quello serio, si cerca di spiegare le nostre reazioni. Si tende quindi a spiegare all'altro com'è il gioco, e quindi è un modo per trovarsi fuori dalla situazione e guardarla come dal di fuori con un certo sorriso. È un modo per uscire dagli schemi della monotonia e noi Capi impariamo a vederci come siamo. È quello che si chiama l'effetto specchio, perché per piegarci agli altri siamo costretti a chiarirci. La stessa cosa è capitata quando abbiamo dovuto spiegare all'ospite il comportamento dei ragazzi e quello che facevano, le nostre reazioni e le nostre preoccupazioni e le reazioni degli altri ragazzi e dei genitori. Lei ci faceva notare dei particolari che non avevamo notato o ci faceva delle domande su osservazioni che non avevamo mai fatto e che dovremo fare in seguito per capire di più e comportarci con maggiore capacità. E' stato un incontro positivo e l'ho ringraziata molto.


PALETTI

Come identificare un problema
Domandiamoci
· che cosa o non è
· dove è o non è, quali sono i suoi ambiti,
· il problema è destinato ad aumentare o ad attenuarsi?
· È grave o no, è urgente e richiede interventi immediati o si può aspettare?
· abbiamo diviso bene le cause dai sintomi (i segnali del problema)?
· su quale soluzione possiamo essere d'accordo?
· come possiamo metterla in pratica?

le soluzioni

Le soluzioni devono essere centrate sulle cause e non sui sintomi, attente alle situazioni reali che possono porre dei vincoli e attente specialmente alle conseguenze collaterali, di cui bisogna tenere conto.


dal diario di Onorato

IL GIOCO DEGLI ADULTI

Abbiamo giocato a palla scout prima della riunione. Siamo tornati come bambini, a correre e a voler vincere. L'avevamo deciso con Paola e l'assistente Francesco perché dopo ci sarebbe stata una discussione abbastanza appassionante e che poteva far litigare e discutere e anche dividerci. Per il fatto che siamo adulti non significa che siamo persone che non giocano più. Di questa dimensione occorre tener conto nell'incontro tra i capi. A volte scegliere di giocare assieme per mezzora prima di una riunione che si prevede difficile a livello dei rapporti, significa risparmiare un'ora di discussioni inutili e di ripicche. Da noi non succede spesso, ma certi argomenti che toccano i rapporti tra le branche i collegamenti sono sempre rossi.


PALETTI

RUOLI CHE EMERGONO DURANTE UNA RIUNIONE

Durante una riunione ci può capitare di incontrare varie situazioni. In genere sono Capi che conosciamo e che hanno dei ruoli ben precisi nella Comunità Capi. Quindi meglio che ci riferiamo ai ruoli che emergono nei gruppi.
Invece questa esemplificazione ci utile è quando dobbiamo parlare a persone che non conosciamo bene, ad esempio i genitori. La speranza è che non sia un elenco adatto ad una coca. Dopo averlo letto cerchiamo di dimenticarcelo, per non prendere l'atteggiamento di manipolare le persone, che è il modo più micidiale e sbagliato di trattare con gli adulti.

Possiamo incontrare:

· il silenzioso ostile: non bisogna obbligarlo a parlare subito: chiediamogli consigli o opinioni personali dopo un certo tempo dall'inizio della riunione
· il silenzioso timido: forniamogli l'occasione per esprimersi con domande chiuse; se continua a stare zitto non insistere
· il chiacchierone: facciamogli rispettare le regole e ricordiamogli la disciplina della riunione; fisicamente è bene non guardarlo
· quello che critica negativamente: facciamo la domanda su perché fa la domanda, e poi facciamo rispondere al gruppo in maniera che non diventi un rapporto personale, facciamogli notare che queste critiche rallentano il lavoro e che lo spazio adatto alle critiche ci sarà.
· il cavilloso: ammettiamo una parte della verità ed evitiamo la discussione, lasciamo rispondere al gruppo
· l'attaccabrighe: facciamoci aiutare dal gruppo, ammettiamo parte della verità e facciamoci aiutare dal gruppo ma specialmente ignoriamolo.
· lo svagato: ogni tanti domandiamogli qualcosa di preciso per farlo uscire dal sonno letargico
· il superuomo: siccome gli è difficile integrarsi tratta tutti dall'alto in basso. Questo si spiega perché non si è ancora ben integrato. Diamogli tempo e non bisogna criticarlo subito.
· il fissato: siccome vuol portare il discorso verso la sua unica idea, e siccome è suscettibile, cerchiamo di riportarlo con gentilezza dentro l'argomento.
· il tipo in gamba: spesso ci dà una mano. Utilizziamo il suo contributo e ricordiamoci di ringraziarlo.

Nella nostra coca tutti sono tipi in gamba ... a turno.


dal diario di Paola

LA CRITICA DISTRUTTIVA

Veronica ha una capacità meravigliosa di vedere le cose che non vanno. Ma a volte sbaglia il tono e i modi. È la critica distruttiva, che si basa sulla persona e tende a etichettare. Spesso lei dice "sempre", "mai", quando si parla delle cose passate e ha l'obiettivo di punire qualcuno. È molto migliorata e sta migliorando, ma questo tipo di critica provoca le difese di chi è attaccato e per migliorare le cose non serve a nulla. È una situazione che ogni volta che capita faccio osservazione a Veronica. Lei deve offrire soluzioni per la prossima volta e nessuno deve sentirsi umiliato. Se ha qualcosa da criticare si domandi se l'ha vista giusta. Infatti, bisogna essere d'accordo se si è visto quello che è successo in maniera giusta. Non sempre ci riesce. Noi capi dobbiamo sempre avere l'idea che facciamo le cose non per la soddisfazione di aver ragione ma per migliorare la qualità dello scoutismo nel nostro gruppo.



PALETTI

gli ostacoli

Sono molti gli ostacoli che si frappongono alla soluzione di un problema:
· la posizione abituale: abbiamo fatto sempre così
· a chi tocca: non tocca a me, io non c'entro
· le barriere psicologiche: ho paura di cambiare
· le barriere culturali: sono cose di cui non ci capisco nulla
· le barriere ambientali: non so cosa dire in questa circostanza



dal diario di Paola

CONSIDERAZIONI SULLA PARTECIPAZIONE

Anche stasera eravamo tutti. Da noi se uno non viene ci avverte, e in genere sono sempre ragioni serie. I capi partecipano volentieri alla riunione di coca. Almeno la penso così. La partecipazione ha due facce. Quella della presenza effettiva e quella del contributo dato da ciascuno, e quindi del coinvolgimento personale per raggiungere gli obiettivi del gruppo. In generale la collaborazione favorisce il lavoro ma c'è, a volte, il rischio che non si esprimano mai le idee che si pensiamo che siano in contrasto con il gruppo. Invece un po' di contrasti sono utili e stimolanti per gli incontri. Non mi sembra che nella nostra coca ci siano conflitti latenti tra le persone. La reazione normale sarebbero la poca partecipazione, i ritardi, l'assenteismo, cose che non ci capitano. Da noi invece la partecipazione è alta, le persone discutono animatamente e con passione, ma aumenta il rischio della confusione ma anche la produttività e l'entusiasmo, almeno in certe sere e per certe attività, specialmente quelle rivolte ai ragazzi.


NODI

· è un'idea da sconfiggere che è sempre bene e utile che tutti partecipino e tutti intervengano?
· c'è un rapporto tra la partecipazione e il tipo di riunione?
· chi fa più assenze e perché? Chi meno assenze? In quali momenti? Come viene commentata e vissuta l'assenza frequente? e la presenza assidua?
· abbiamo il cartellone delle presenze di coca? Serve?
· quando si fa lavoro di gruppo ci sono persone che da attive diventano passive o viceversa oppure la partecipazione è costante? Cosa fa cambiare atteggiamento?
· nei lavori di gruppo chi parla di più o più a lungo? Chi tende a rimanere in silenzio? Perché?
· ci sono modi in cui mostriamo con gesti la noia o l'insofferenza? quali sono questi momenti in particolare?


dal diario di Paola

ESISTE UN BUON GRUPPO?

Ogni volta che facciamo i lavori di gruppo, ci accorgiamo di chi riesce a lavorare meglio e chi peggio. Qual è il buon gruppo? Quello che riesce a raggiungere il compito col minimo delle risorse. E questo non sono solo parole, ma tempo, soldi, energia dei componenti. È un buon gruppo quello che riesce a stare bene insieme anche dopo il lavoro assegnato e portato a termine. Dobbiamo anche sfatare alcuni pregiudizi, ad esempio che i gruppi ci mettono di più nelle decisioni di una persona. Ho costatato che quando un gruppo funziona, si arriva velocemente e con efficienza ed efficacia alle decisioni. A me è capitato. Forse occorre essere attenti a scegliere bene il coordinatore o il portavoce del gruppo.


PALETTI

errori che facciamo quando affrontiamo un problema

· tendiamo a dare giudizi di valore sulle persone piuttosto che sui problemi:
· ci lasciamo dominare dall'emozione e specialmente l'ultimo fatto capitato è quello che ci influenza di più e il più traumatico.
· a volte, quando pensiamo che l'unica soluzione sia la nostra, blocchiamo il rapporto di relazione con gli altri, che viviamo come una forza contrapposta per cui non riusciamo a comunicare e il blocco diventa sempre più forte.
· diventiamo sempre più rigidi (per me è così e basta) e non stiamo abbastanza attenti alle conseguenze;
· siamo senza emozioni e la cosa non ci interessa per niente


dal diario di Paola

LE DOMANDE

Ripensavo all'importanza delle domande. Le domande sono il nostro più importante ferro del mestiere durante le riunioni o anche durante gli incontri personali. Servono per chiarire e per approfondire e per ottenere il contributo di tutti. Quindi servono per capire prima che per giudicare e decidere.
Le domande sono fondamentali per il nostro servizio perché richiamano l'attenzione sulle idee e sui fatti, sui problemi e sulla situazioni. Inoltre sono importanti perché chiariscono perché uno ha una certa opinione, per arrivare alle cause dei fatti, per ragionare da chi prendiamo le notizie.
Le possiamo usare per mantenere la discussione sotto controllo o per spostare l'attenzione su un altro problema, per riuscire a raggiungere un accorso oppure per suggerire delle idee per l'azione e la decisione.


dal diario di Paola

come dobbiamo formulare le domande


Anche se cerco di fare le domande con naturalezza e tatto, senza animosità e senza voler mettere in imbarazzo le persone, a qualcuno questo strumento ricorda l'ambiente della scuola e c'è una netta repulsione ad essere di nuovo "interrogati". Cerco di non aver fretta e di non sollecitare delle conclusioni affrettate: lasciamo il tempo necessario per la "digestione mentale".


 

Tecnica delle domande

le domande possono essere:
Chiuse (si o no)
Aperte per sapere i fatti (chi, che cosa, quale, quanto, dove, quando)
Aperte per conoscere le opinioni (come, perché, da che punto di vista, in che senso)


dal diario di Paola

L'Animazione della Comunità capi

Noi capigruppo ci domandiamo ogni volta quale tipo di tecnica è più utile per quel tipo di incontro. Se è vero che i settori di intervento di un capo gruppo sono vari, è altrettanto innegabile che il compito più impegnativo (per la posta in gioco e le implicazioni che comporta) e più difficile (per la mancanza di riferimenti metodologici codificati) è quello dell'animazione della Comunità capi. Preparare le riunioni di Comunità capi è uno dei compiti del capo gruppo e devono essere stimolanti, interessanti e più incisive. Perché questo succeda bisogna che qualcuno ci pensi! Noi usiamo molto il telefono, se non possiamo incontrarci tra di noi. Abbiamo anche vari manuali che ci servono da banca di esperienze per le tecniche di riunione. Li abbiamo trovari alla libreria delle Paoline e la maggior parte sono delle edizioni della Elle Di Ci. Li abbiamo comprati con i soldi del gruppo e sono a disposizione anche degli staff.


 

L'USCITA DI GRUPPO

Obiettivi dell'uscita di gruppo:

· le pubbliche relazioni (farlo sapere . a chi?)
· incontro con i genitori
· far vivere ai ragazzi l'incontro delle varie età
· aumentare l'aggregazione e il consenso interno
· usare le tecniche di scouting (costruzioni, cucina trapper, segnalazioni ecc.)

Verificare questi obiettivi se li abbiamo ottenuto.


dal diario di Onorato

ANCORA! IL RICICLAGGIO DEGLI ARGOMENTI

"Ancora?" - ha urlato Enrica.
Si deve parlare di nuovo della progressione personale. Già ne abbiamo parlato e Enrica, che è in coca da parecchio tempo, mi ha detto un po' scocciata:
"Ancora? Un'altra volta?".
Allora le ho raccontato questo fatto che è capitato a me e al mio amico Mario.
Molto tempo fa io e il mio amico Mario abbiamo fatto un viaggio per l'Italia. Avevamo pochi soldi e siccome mia cugina Lina le aveva avute in dono, ci regalò quaranta scatolette di sardine. Quindi per risparmiare io e il mio amico Mario abbiamo mangiato quaranta scatolette di sardine in dodici giorni. Il risultato è che se oggi qualcuno mi offre una scatoletta di sardine mi si rivolta lo stomaco. Noi scout abbiamo fatto lo stesso con alcuni argomenti, ad esempio la coeducazione. Ne abbiamo parlato troppo per tre anni e poi basta. I problemi sono rimasti, specie nelle Coca, ma non li affrontiamo. Ci limitiamo a discutere certi sintomi. Sarà possibile riparlarne senza che ci si rivolti lo stomaco?

A Enrica ho detto che la coca era cambiata dai suoi tempi, ed era necessario tornarci su.
Una delle problematiche è affrontare in coca è il riciclaggio degli argomenti di formazione permanente. Spesso, infatti, le persone che sono da tempo in coca, avendo fatto un cammino di approfondimento su alcuni argomenti, pensano che questo approfondimento sia un patrimonio di tutta la coca; invece, siccome la coca si rinnova continuamente, gli argomenti hanno bisogno di essere riciclati, rivisti e ridiscussi in maniera ciclica. Questo anche per sentire gli apporti dei nuovi entrati, che spesso vedono le cose con occhi nuovi e quindi sono utili per ripensare ai problemi. Per questo domani sera si riaffronta la progressione personale. E forse, fra pochino, perché no? la coeducazione.




Comunità Capi Mede I

VENERDÌ 11 FEBBRAIO 2000

La comunità capi ...quasi al completo...


la serata prevedeva essenzialmente un confronto, proposto dallo staff E/G su un aspetto del metodo: LA COMUNITÀ

Ha aperto "le danze" Carlo esponendo quanto riassunto su di un cartellone, frutto di un lavoro di staff.

Il loro lavoro riportava in modo esplicito quanto sommariamente ci propone il regolamento a riguardo del tema scelto allargando il discorso alle tre branche, in modo particolare affiorava l'importanza della vita di squadriglia, delle varie responsabilità richieste ai ragazzi e allo spirito di comunità proposto alla branca R/S.

Dopo questa prima esposizione su di un altro cartellone abbiamo cercato di evidenziare gli elementi o strumenti che abbiamo a disposizione e che hanno a che fare con COMUNITÀ. Detto questo si è giunti ad una verifica sulla vita comunitaria del nostro gruppo; e qui ne è nato un vivace confronto, dove ognuno ha potuto esporre e valutare il lavoro che sotto questo aspetto ha svolto o sta svolgendo con i propri ragazzi.

A raggio si è parlato di tutte le branche, ma in modo particolare ci siamo soffermati sulla branca E/G, forse perché la più vivace a livello di difficoltà, perché è quella che da sempre, squadriglie o singoli, ci tiene in allenamento...

Si è verificato insieme il perché della scarsa responsabilità che i ragazzi dimostrano verso la vita di reparto, squadriglia o anche se stessi, la difficoltà, soprattutto femminile, di vivere la squadriglia ed aver e sempre la tendenza a formare gruppetti di amicizie o di pari età.

Ci si è messi in discussione sul poco entusiasmo che spesso disanima i capi unità, valutando anche i passi che precedono l'ingresso in reparto come ad esempio il lavoro di cda e il passo che li aspetta al termine, cioè il passaggio in noviziato.
Non ci siamo dati tante risposte, ma ci siamo confrontati con serenità: abbiamo visto insieme che non è mai bene creare delle particolari aspettative nei ragazzi al momento dei passaggi, ma prepararli senza far loro assaporare quanto di specifico troveranno nella branca superiore.

Abbiamo parlato di responsabilità, di verifiche, di saper sfruttare al meglio gli strumenti che ci offre il metodo, di educarli a scelte coerenti, e soprattutto ci siamo detti che è necessaria una "parlata comune" a livello di comunità capi, perché questo non crei nei ragazzi e nelle rispettive famiglie "disagi educativi" . Si è parlato anche di accoglienza, verso i ragazzi che per la prima volta fanno parte del nostro gruppo e verso quelli che "passano". E ancora una volta si è parlato di progressione personale, più che mai importante, indispensabile e necessariamente non più solo occasionale. Forse solo così si può essere più vicini ai ragazzi, conoscerli, capirli e farci capire e dare a loro le migliori opportunità per crescere insieme.

Si sono poi chiariti gli ultimi dettagli per quanto riguarda la serata pubblicitaria e la settimana del pensiero.

A proposito di metodo e catechesi in Coca è stata accolta la richiesta amichevole di Elisabetta, che svolge il suo servizio di mamma in aiuto alla branca L/C, di partecipare agli incontri di Coca specifici su questi due temi. Abbiamo anche speso due parole a riguardo, sia perché la Coca non diventi porto di mare, ma una scelta coerente, sia per non creare dei precedenti e quindi trovarci in difficoltà più avanti con il rischio di dover assecondare richieste meno realizzabili.

In questo caso ci è sembrato giusto dar e questa possibilità a Eli sia per quanto riguarda il momento di catechesi (che sinceramente potrebbe essere aperto ad altri genitori) sia per quello metodologico proprio in virtù del fatto che è costantemente impegnata in branco.
Le faremo avere il calendario di questi incontri.

Ci siamo soffermati a parlare di una iniziativa della sq. Pantere che, se realizzata, coinvolgerà l'intero gruppo, la comunità e la vicaria, si tratta della realizzazione di una edicola a ricordo dei ragazzi della comunità che ci hanno lasciato a causa di incidenti o malattie.
Ci aggiorneremo quanto la squadriglia interessata avrà deciso o meno di portare in porto l'iniziativa.




dal diario di Paola

LA MALATTIA ACUTA E LA MALATTIA CRONICA: APRIRE E CHIUDERE

Aprire o chiudere? Ogni volta sono discussioni a non finire, anche perché in questi casi il cuore comanda sul cervello, e non sempre è una cosa cattiva.
Io penso che uno dei momenti più importanti della programmazione è la decisione di aprire o chiudere un'unità. È una decisione della coca che va programmata all'interno del progetto educativo e va pensata in tutti i suoi aspetti, con l'analisi delle forze, i rapporti con i ragazzi, con i genitori, con la Zona e con la parrocchia.
Da noi, se si tratta di chiudere un'unità e mandare a casa i ragazzi il criterio deve sempre essere quello della qualità di scoutismo che proponiamo. Se la situazione dell'unità è risolvibile in tempi verosimilmente brevi si può tirare la corda. Se la malattia diventa cronica e anno dopo anno si rischia di avere soluzioni tappabuchi, è bene chiudere. Non bisogna accettare di fare trucchi con la Zona e con i censimenti.
Nella nostra coca quando invece si tratta di aprire un'unità facciamo la programmazione delle forze per quanto ci è possibile. Non possiamo permetterci di avere le forze solo per un anno, altrimenti non si apre. Pensiamo in coca le esche giuste per i ragazzi che vogliamo. Per cercare i ragazzi si possono pensare dei giochi nel quartiere e nei luoghi e nelle situazioni che si pensano interessanti. Pensiamo subito alla verticalità delle iscrizioni, in maniera che in seguito non ci siamo problemi nei passaggi. Alla fine decidiamo.


dal diario di Onorato

LA STAMPA ASSOCIATIVA

Abbiamo deciso di utilizzare in qualche riunione la stampa come strumento e stimolo per i capi a non leggere la stampa associativa solo in funzione della loro branca. La stampa è anche uno strumento fondamentale in coca per la democrazia associativa. Programmare gli incontri in preparazione alle assemblee è doveroso, anche per partecipare in maniera attiva e propositiva. Per questo ci dedichiamo alla lettura delle relazioni preparatorie degli incontri di Zona e della regione. Ci serve per preparare delle mozioni di coca per le assemblee.


dal diario di Francesco Assistente

CELEBRARE

Nella nostra Coca non mancano solitamente momenti di preghiera: non si tratta quindi di “ aggiungere ” qualcosa a quanto già si fa, ma entrare in una prospettiva diversa. Se la Coca è davvero una piccola comunità di cristiani, essa a pieno titolo si raccoglie insieme per “celebrare” il Signore presente in essa, e qui il capo può scoprire un modello e un'esperienza di celebrazione. “Celebrare” è diverso da “fare il momento di preghiera” o la meditazione insieme. Per celebrare si richiede la presenza di alcuni elementi importanti: la comunità raccolta, l'ascolto della Parola di Dio, e anche una certa attenzione alla forma della celebrazione, che ne faccia risaltare la solennità. Perché celebrare significa riconoscere la presenza del Mistero qui e ora, di quel Mistero che dona salvezza o che è in definitiva Gesù Cristo stesso, vivo e presente nella Chiesa. La grandezza del Mistero quindi è in radicale opposizione alla banalizzazione, alla superficialità, alla sciatteria ... perché allora non sottolineare anche attraverso alcuni segni esteriori la celebrazione? Un'icona, un cero acceso, il libro della Parola di Dio messo in evidenza, ma anche un canto scelto bene, o uno di quei simboli così cari alla tradizione scout ... davvero qui gli unici limiti sono la fantasia e l'ortodossia! È importante sottolineare che per celebrare non è indispensabile la presenza del sacerdote: anzi può essere l'occasione buona per riscoprire il valore e l'importanza del sacerdozio battesimale, comune a tutti.



Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 3 MARZO 2000
Breve pausa del lavoro sul metodo per avviare un nuovo tema del nostro programma di Coca: la parte della catechesi.
Si è pensato che tra i tanti argomenti interessanti che erano emersi dagli incontri di preparazione del programma, forse sarebbe stato meglio partire dal lato, non più semplice, ma certamente più basilare e concreto:
LA PREGHIERA
Abbiamo così iniziato un lavoro che si è dimostrato interessante, soprattutto per chi lo ha preparato, come sempre ...
Al centro del tavolo un grosso pentolone e un foglio ad ognuno dove veniva chiesto di segnalare i tempi della propria giornata buttando tutto nella pentola.
Fatto questo si estraeva un foglio qualsiasi e venivano letti i tempi elencati Da queste prime analisi si è evidenziato quanto e quale tempo ognuno di noi lascia alla preghiera.
In una seconda parte è stato distribuito un secondo foglio con sette domande inerenti alla preghiera e soprattutto al nostro modo di pregare; questo da compilare in silenzio e solitudine; abbiamo successivamente messo in comune le nostre riflessioni con un confronto che oserei dire arricchente, ma soprattutto abbiamo avuto la possibilità di soffermarci su questo personale aspetto della nostra vita di fede.
Non ci siamo dati risposte e tanto meno dogmi da parte di don Luca, ma pensiamo si possa continuare il dialogo e il confronto analizzando singolarmente le domande che ci siamo posti, alla luce della Parola.
RISPOSTE PERSONALI E NEL SILENZIO
PERCHÉ PREGO?
QUANDO PREGO?
DOVE PREGO?
COME PREGO?
CHI PREGO?
CHE COS'È LA PREGHIERA?
PREGO?






dal diario di Francesco

LA COCA È UNA COMUNITÀ CRISTIANA

La coca è una comunità cristiana, a differenza delle unità che sono delle comunità di proposta cristiana.
Quindi si sforza di avere le tre caratteristiche della comunità cristiana:
· si riunisce attorno alla parola
· è indispensabile che si trovi il tempo per pregare insieme e leggere e comprendere la bibbia, specie il nuovo testamento.
· opera la condivisione
· la condivisione si attua sulla corresponsabilità dell'esecuzione del progetto educativo, delle gioie, dei dolori, delle problematiche personali affrontate con delicatezza e rispetto insieme
· attua la carità
· la carità si attua nel servizio verso i giovani

Io penso che il capogruppo e l'Assistente Ecclesiastico debbano avere questo equilibrio di attenzioni, con la collaborazione di chi è più sensibile al problema.
Credo che la coca debba garantire che la proposta cristiana nelle unità sia chiara e che le applicazioni del metodo e le indicazioni pastorali siano attuate in maniera coerente. Per questo occorre sostenere qualche capo nelle sue carenze personali.


dal diario di Paola

L'USCITA DI COCA

Stiamo pensando all'uscita di coca di inizio d'anno, prima di aprire le attività. È un momento fondamentale per le verifiche del progetto educativo, nella parte che riguarda le scelte e i valori. L'uscita di coca diventa momento di aggregazione e di star bene assieme, e da noi è sentita come fondamentale da tutti. Ne facciamo due all'anno. Una prima delle attività.
L'altra uscita di coca la facciamo quando c'è da formulare e da verificare il progetto del capo. La facciamo sempre in luoghi di preghiera, in un monastero. In questa occasione il clima è fondamentale e occorre crearlo anche con l'aiuto del luogo bello e stimolante. Infatti, i luoghi non sono mai asettici. Possono influire in bene o in male su quello che si fa, perché i luoghi sono sempre carichi di significato, che entra nel cuore e nel cervello delle persone.



GRUPPO ROSIGNANO 1
Uscita di Comunità Capi
Dove: si propone la zona di Sassetta in quanto:
- é piuttosto vicina (45');
- c'é un discreto percorso nel bosco (vedi la cartina);
- c'é un buon posto per le tende e per l'attività all'aperto (facilmente raggiungibile anche in auto);
- c'é un luogo attrezzato dai cacciatori grande, coperto, con i tavoli, nel bosco (e la caccia é chiusa);
- c'é l'acqua e la legna;
- c'é una casa per dormire con telefono, riscaldamento, luce e gas (anche per i figlioli a carico; .......non il gas, la casa! e per chi non può dormire all'aperto);
- c'é il paese non lontano per la S. Messa (se, come al solito, non c'é un prete disponibile);
tutto questo, ovviamente, per fare una bella uscita alla quale possano partecipare tutti.
La proposta di programma con le attività si presenta alla prossima riunione.
Fuoco di bivacco per la chiusura delle attività; é stato deciso per sabato 7 giugno in questo modo:
- una prima fase con due fuochi e due cerchi (Branchi da una parte, Reparti dall'altra; per il Clan/Noviziato c'é da decidere se insieme con i Branchi, che sono meno ragazzi oppure divisi nei due cerchi), animata dalle rispettive Staff;
- una seconda fase insieme, animata dai Capi a disposizione;
- dove, una proposta é: ai lati di S. Teresa la prima fase, in chiesa la seconda (da chiedere il consenso a d. Raffaello);
Cambuse, Mamme Lupo e logistica del Campo/V. di B. con lo scopo di: sgravare i Capi in servizio con i ragazzi delle incombenze pratiche (non della responsabilità) in modo che dedichino il tempo e le energie a disposizione per il lavoro educativo; dare le migliori soluzioni a tutti e a ciascuna Unità; coinvolgere ex, genitori, R/S ed altri ad hoc (dopo averli debitamente "catechizzati" sui compiti, i limiti e le aspettative).
Ciascuna Staff faccia un elenco di quello che serve e degli incarichi che vuole subappaltare alla Staff logistica, porti anche le proposte del "personale" al quale proporre i lavori; se ne parla insieme e si danno i compiti.




dal diario di Paola

IL FUOCO DI BIVACCO PER ADULTI

All'uscita di coca ci siamo posti il problema dei momenti liberi. E abbiamo deciso che non abbiamo a che fare con dei ragazzi ma con degli adulti, e abbiamo programmato di conseguenza, cioè non abbiamo programmato niente. Nell'organizzazione delle uscite o dei momenti distensivi bisogna togliersi la mentalità della gestione adatta ai ragazzi. Gli adulti non desiderano essere organizzati e diretti in questi momenti, che vanno quindi autogestiti senza un atteggiamento direttivo. Quindi se c'è voglia o bisogno di chiacchierare si chiacchiera e se qualcuno propone un canto si canta e se alcuni desiderano fare qualche altra attività la fanno per conto loro. Questo non significa tradire lo spirito scout. Significa semplicemente utilizzare per gli adulti gli strumenti degli adulti, che possono fare anche le danze e i ban, ma solo se lo vogliono e senza che qualcuno diriga il fuoco, come si fa per i ragazzini. E all'uscita faremo così.


Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 23 GIUGNO 2000 : edizione straordinaria ... verifica di Coca
Ecco alcuni dati che possono aiutarci a fare verifica:
Incontri dei venerdì: 31; Uscite: 1; Cena in sede
Le riunioni del venerdì sono state cosi gestite:
2 per avvio anno di attività; 3 per sola catechesi; 6 lavoro sul metodo; 2 rosa delle competenze; 6 riunioni tecniche o logistiche; 3 dedicate al P.E.; 7 dedicate ai programmi ed alle verifiche; 2 si è parlato di Zona
Con questi dati alla mano e con l'esposizione del cartellone che rappresentava l'Italia - ovvero la nostra coca - e la parte fisica che voleva rappresentare le varie situazioni di Coca o di branca, ai Capi è stata lasciata la parola, sia per il commento ai dati presentati sia per indicare simpaticamente, una situazione meteorologica alle varie parti di questa particolare Italia.
Dimenticavo, solo Letizia era assente per motivi di lavoro.
Ha rotto il ghiaccio Carlo puntando il dito sul Tavoliere dell'organizzazione, seguito poi da Costanza ed è emerso che per quanto appunto riguarda l'organizzazione di Coca è stata serena, si avverte di aver lavorato parecchio anche se non tutto il programma è stato portato a termine.
A questo punto possiamo dire che si è puntato troppo in alto, naturalmente pensando alla quantità e non alla qualità dei contenuti.
Si è verificata la difficoltà di confronto in Coca, data dalla stanchezza e dal poco tempo. Ci siamo ancora chiesti perché non riusciamo ad essere puntuali? Per sfruttare al meglio il poco tempo che già abbiamo a disposizione?
Si è notato comunque, nella maggior parte, il desiderio di stare insieme per condividere, per un buon trapasso di nozioni o solo scambio di idee, stare insieme anche solo per conoscersi meglio, per parlarsi e per ascoltarsi.
L'uscita di Coca tutto sommato è servita, nonostante le difficoltà per realizzarla è stato detto che se è stata fatta è perché è stata fortemente voluta.
Qualcuno ha anche detto che dobbiamo ricominciare ad essere "curiosi", e aggiungo forse proprio come i ragazzi, che vogliono sapere di più, vogliono conoscere. Allora sì che sarebbe una coca attiva e vivace, ricca di avventura e di novità!
Queste riflessioni sono ancor più rimarcate dal desiderio espresso di "cercarsi" tra capi, di creare quel clima di amicizia che, se vogliamo, non è ricercata secondo i canoni nelle realtà di coca, ma che nella nostra comunità, o almeno, tra alcuni capi della comunità non stonerebbe. Anche se ci tengo a dire che stima, fiducia e rispetto non mancano,
Queste parole sono nate soprattutto dopo aver sentito le previsioni sulle "cime della correzione fraterna" e sul "mare della solidarietà”; temporale e nebbia - sia nel dare sia nel ricevere. Questa affermazione parla da sé e se superata sicuramente donerebbe maggior serenità a tutto il nostro servizio e alle nostre fatiche personali, teniamone conto per il prossimo anno.
Di altre riflessioni particolari non ne sono nate. Possiamo concludere questo momento dicendo che anche quest'anno ognuno ha dato se non il meglio, quello che comunque in quel momento poteva dare e che gli errori, le difficoltà, i momenti bui, se sottolineati e rivisti insieme, come un po' abbiamo cercato di fare, possono aiutare sicuramente a crescere e a dare sempre il meglio e ... anche a ricevere per poter continuare.
Ed ecco una "massima" di Giovanni a chiusura riunione: "bello o brutto tempo ci sia, l'Italia è sempre l'Italia...". La nostra riunione non finisce qui.
E' tardi, ma una previsione per il futuro ci deve essere...chi di noi sarà ancora disponibile per vivere l'anno prossimo un'altra avventura?
Con i propri limiti di tempo e le proprie difficoltà che poi ci porteranno a valutare gli incarichi in branca, quasi tutti i capi hanno rinnovato la loro disponibilità, con Giovanni che lontano dai ragazzi per troppo tempo non riesce a stare e quindi riprende a pieni poteri, solo Daniele è titubante e Stefano, valutate le difficoltà l'anno trascorso, essenzialmente per problemi di lavoro, declina la responsabilità della branca ed è fermamente desideroso di mantenere una vita di Coca e di capo a disposizione. Alla prossima puntata sapremo anche i "conduttori" di trasmissione, per ora un "buona strada" per le avventure che ci aspetteranno durante l'estate nei vari campi e route. Grazie al Signore che ci è stato sempre vicino, anche quando non ci siamo accorti della sua amorevole presenza e anche quando presi dalla stanchezza ci ha portato in braccio senza che noi glielo chiedessimo. Chissà se avesse fatto verifica in Coca con noi !



dal diario di Francesco Assistente

VITA DI FEDE

Quale rapporto tra la vita e la fede dei capi?
Se per tutti l'integrazione fede-vita è un processo continuamente in atto, per molti capi, specie se giovani, spesso si presenta in modo problematico: il giovane è, appunto, giovane, il suo “vissuto” è ancora provvisorio (è uno studente, non è ancora sposato, dipende anche economicamente dalla sua famiglia ...). Questa provvisorietà rende particolarmente difficoltoso il processo di integrazione, specie nella nostra società, in cui i modelli sono alti e contraddittori rispetto alla proposta cristiana.
È fondamentale quindi che la Coca (senza diventare il “grande fratello”!) offra al capo dei modelli positivi, riusciti, di integrazione fede-vita, ricercandoli al proprio interno, ma anche all'esterno, nella parrocchia, nel quartiere o nel paese.


dal diario di Onorato

LA STRADA DELLE EMOZIONI: UNA STRADA DELLA FEDE

Serata di preghiera di coca in chiesa.
Abbiamo utilizzato i simboli del fuoco e dell'acqua in chiesa. I simboli sono la strada delle emozioni. Il buio della chiesa, la candela che concentrava l'attenzione, gli altri gesti che abbiamo usato. Anche se siamo adulti smaliziati, visto che questi simboli li usiamo per i ragazzi, si vedeva che eravamo presi dall'atmosfera, dalla situazione e dal significato dei simboli. Siamo catechisti che si lasciano coinvolgere, e questo è bene. Si vedeva guardando la faccia assorta dei capi durante la serata di preghiera. Molta fede passa dal cuore oltre che dal cervello, è incontro di persone, di animo e non solo di cervello. Io la fede l'ho incontrata nelle persone che ci hanno giocato la vita ed è questo che mi ha influenzato. Ieri si vedeva bene nel silenzio della chiesa. L'importante che non sia un fuoco di paglia. Ma a volte questo fuoco di paglia accende fuochi molto duraturi e che segnano la vita. Sono semi. Ci penserà il Padreterno a farli fruttificare. Noi gli diamo una mano, con i mezzi che possiamo.


dal diario di Paola

LA REVISIONE DI UNITÀ IN COCA

Verifica delle unità. Stasera l'abbiamo pensata diversa. Abbiamo pensato che doveva emergere, più che lo stato di attuazione del programma di unità, lo stato dei rapporti tra le persone che conducono l'attività e tra esse e i ragazzi. Abbiamo previsto la possibilità di dialogare poi serenamente sulle difficoltà e sulle opportunità emerse, individuando insieme piccoli accorgimenti che possano migliorare le situazioni e le relazioni esistenti. Questa centratura sulle relazioni ci è parsa opportuna, perché spesso sono proprio le difficoltà in questi rapporti a rendere problematico il lavoro educativo e a non farlo incidere in profondità nella crescita dei ragazzi.
Questo lo schema di ieri sera
Rapporti interpersonali nello staff e nell'Unità

· Clima generale tra i Capi
· Rapporto coi Rover - Scolte in di servizio
· Rapporto staff - ragazzi
· Rapporto dei ragazzi tra loro
Per ogni punto: aspetti positivi, aspetti problematici e possibilità di superamento, eventuali proposte innovative.
Lavoro educativo
· Esperienze particolarmente positive o negative
· Punti problematici
· Eventuali proposte per il futuro



LE ENTRATE E LE USCITE DALLA COMUNITÀ CAPI

è bene sapere chi è chi entra in coca e cosa potrebbe fare
è meno doloroso non far entrare che far uscire.


dal diario di Paola

ENTRATE DEI CAPI

Ha detto Eccio che uno dei catechisti vorrebbe entrare in coca a fare servizio. È partita la discussione. Se una persona dice che vuole entrare, significa che chiede di entrare per fare scoutismo con i ragazzi, per stare con noi in coca per fare un servizio educativo, per fare un'esperienza di comunità e di fede. Non sempre quelli che chiedono di entrare sanno di cosa si tratta, specialmente riguardo alla difficoltà e alla quantità di tempo e di impegno che richiede il servizio con i ragazzi. Inoltre, ogni nuova entrata ridisegna i rapporti interni della coca. È un fatto di cui si dovrebbe tener conto. Il problema importante è il dosaggio nella quantità e nella qualità. In questo momento non sono entrati altri extrassociativi e questa parte del problema è risolta. Noi pensiamo che sia un errore madornale far entrare assieme un grosso gruppo del clan o troppi extrassociativi in un unico momento. Ogni persona ha bisogno di un tempo di acclimatamento e quindi di accoglienza personale che non può essere fatta se le entrate sono state troppo numerose. La stessa cosa capita alla coca, che non può fare un'indigestione di nuovi volti, pena lo snaturamento o la nascita di attriti o di gruppetti che si difendono dalle nuove entrate aumentando la coesione e l'amicizia esclusiva.


Noi facciamo così.

Modalità di entrata nella coca: un itinerario possibile

· qualcuno propone l'entrata di una persona in Coca
· parte il lavoro del capogruppo, che raccoglie tutte le informazioni possibili
· se le prime notizie sono buone, il capogruppo incontra la persona e fa un "contratto" con lei. La proposta è di un periodo di partecipazione libera da impegni immediati, ma con un programma di piccole esperienze con i ragazzi, di studio di testi e di partecipazione alle riunioni di Coca.
· dopo questo si deciderà assieme se si deve continuare l'esperienza con una scelta chiara di ambedue le parti. Questa scappatoia è importante e possibile tra adulti. Bisogna lasciarsi la possibilità di rompere il contratto se ci accorgiamo che la persona non è adatta ad educare e a stare in Coca
· identificazione dei possibili ambiti di servizio: si accoglierà solo se in seguito si pensa di dargli un effettivo compito educativo.
· la persona si affaccia alla Coca dopo che il/la Capogruppo ha dato le sue impressioni sul colloquio. Questo si applica anche per gli associativi.
· Si identifica un tutor, che di solito è la persona che lo conosce e che l'ha presentata che lo segue e lo accoglie
· una volta entrata la persona, il capogruppo continua il rapporto per dare sostegno, definire rapporti, migliorare l'appartenenza e la coesione e anche per valutare insieme con tutta la Coca
· un criterio diventa, oltre che le oggettive capacità educative dimostrate, anche la chiara ed espressa adesione al Patto Associativo
· dopo che è passato il periodo di verifica concordato, di solito un quadrimestre, ci si incontra con i capigruppo e si decide con la persona se deve rimanere o no. Se è sì è una capo della nostra coca e diventa un tirocinante.


dal diario di Onorato

LA MANCATA PARTENZA E IL BUON VICINATO

Cinque ragazzi del clan chiedono di entrare in coca. Hanno preso la partenza e hanno deciso di fare il loro servizio nell'associazione. Noi ci dobbiamo chiedere se ognuno di loro sarà capace di essere un educatore. C'è anche un rover che viene da un altro gruppo. Occorre che telefoniamo al suo capoclan e al capogruppo per chiedere consiglio e impressioni. Per noi è importante mantenere i rapporti di correttezza con i gruppi scout di provenienza, specialmente nei casi dubbi, specialmente se una Coca non l'ha accettato o un clan non gli ha dato la partenza. Se qualcuno non ha preso la partenza è bene andarci piano e chiedere ulteriori spiegazioni e tempo. Questo non significa che chi tempo fa non ha preso la partenza non potrà mai entrare in coca come capo. Significa solo che occorre verificare se le ragioni per le quali la partenza non è stato data o non si è presa sono state superate completamente


dal diario di Paola

IL CLAN E IL MERCATO DELLE VACCHE

C'è una regola ferrea da noi che è diventata una tradizione: si evita in tutti i modi l'accaparramento dei rover prima e dopo la partenza, perché diventa un modo gravissimo di interferire nel rapporto educativo con i capiclan. Quindi è vietatissimo proporre ai ragazzi del clan servizi futuri nelle unità. Noi facciamo passare un certo tempo prima di far entrare in coca i ragazzi che hanno preso la partenza. Serve per fare in modo che la scelta sia più ponderata e non automatica. C'è il rischio di perderli, ma forse se capita questo, significa che era meglio così. Questa è una scelta su cui stiamo ancora discutendo, per vedere i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta. Io penso sempre che sia saggia. Se la coca è per cambiare si cambierà, anche se non sarò d'accordo.


 

LE NUOVE ENTRATE

· Pensare alla cerimonia entrata dei nuovi.
· Pensare come fare a creare il clima.
· Elenco gesti di accoglienza
· Elenco simboli da usare
· Cambiamenti negli staff: come preparare l'accoglienza e far vivere la cosa.


dal diario di Paola

LE DOMANDE ASSURDE E LA CULTURA DI LASCIARE ENTRARE

A volte mi faccio domande assurde, ma forse sono proprio quelle che ci servono davvero. Ogni volta che entra qualcuno in coca, sono due culture e due forze che si incontrano. Quella del voler entrare e quella del lasciare entrare. Una persona che entra da noi incontra l'affiatamento della coca, la sua coesione, i suoi usi e costumi e le sue regole. Non devono intimorire chi si affaccia, e chi entra deve avere l'umiltà e la voglia di chiedere. C'è poi da valorizzare quello che una persona sa fare o meglio ha fatto come servizi precedenti. Sono capacità preziose, che non sempre riusciamo a utilizzare in coca. Come utilizzarle?
Porta anche dei punti di vista diversi dai nostri. Come farli emergere?


GRUPPO ROSIGNANO 1
Ai giovani Capi ed Aiuti in servizio
(dedicata comunque anche ai giovani Capi Unità; e del resto, come le altre, a tutta) Laura, Marco S, Simone M, Alessandro DB, Simona, Massimo,

Carissimi,
pochi o pochissimi mesi fa la vostra decisione di entrare in Coca, la chiacchierata preliminare, gli onesti consigli, la cerimonia di accoglienza e poi via, per la nuova avventura di servizio, in prima persona, insieme agli altri Capi. Ora un momento di verifica, anche se già l'Uscita di Sassetta, aveva come scopo principale proprio quello di rivedere, rifocalizzando le motivazioni del servizio educativo, il cammino fin qui percorso, da ciascuno e dalla Comunità insieme.
Pensiamo che l'anno "più difficile" per chi entra in Coca sia proprio il primo: persone nuove da conoscere e da "addomesticare", l'esperienza con i ragazzi, il metodo da apprendere, il tempo da amministrare bene (perché poi ci sono gli esami o chi per loro), the Staff's Life and the Coca Works; la routine da percorrere per la prima volta, qualche delusione, qualche aspettativa ridimensionata insieme a qualche bella novità inaspettata; il Campo Scuola, intenso, che svela, chiarisce ed attrezza; le gioie e i dolori del servizio con i ragazzi; le salite e le discese del cammino insieme; il sole e la pioggia; la notte ed il giorno; "farsi le ossa" senza rompersele; bene, fin qua ci siamo.

Poi la strada solitamente diventa più facile; ci siamo ambientati; si incomincia a scegliere l'attività migliore tra almeno due; si gestisce meglio il rapporto con i ragazzi, c'è più equilibrio nel programmare il da farsi; comincia la parte più "divertente", più snella e piacevole: preparare le attività più adatte e vedere come i ragazzi rispondono, cosa imparano, osservare come crescono loro e il Branco o il Reparto; verificare e ripartire; nuove idee, nuove intuizioni; la soddisfazione di sentirsi "persona significativa", perché ti guardano, ti ascoltano, aspettano che tu parli e...ti imitano.
Graduatorie non se ne sono mai fatte, né se ne fanno; ma nessuno se n'abbia a male (siamo tutti bravi al di sopra della media comune) se tre esempi si fanno, per applaudire e ringraziare, per osservare, per gioirne insieme e per imitare; uno per classe di età:
Chiara, 24 anni: lavoro impegnativo e non troppo tempo libero, fidanzata (anche se con bravo ragazzo associativo), Capo Branco da due anni; nomina a Capo; ha frequentato quest'anno il Corso di Teologia;
Marzia, 26 anni: ha finito appena gli esami dell'Università e prepara la tesi; fidanzata con bravo ragazzo non associativo; lavora part time; é Capo Reparto da due anni; nomina a Capo; ha frequentato il Corso di cui sopra;
Letizia, 31 anni: lavora, si é sposata a settembre (e la vita ti cambia, provare per credere) con bravo ragazzo associativo, é mamma da cinque giorni (e la vita ti cambia e tanto), dopo una lunga serie di incarichi in varie branche, quest'anno ha fatto servizio in branco e, soprattutto, ha rafforzato una Staff che era giovane; viste loro (e tutti gli altri matti che si sono presi la guida di una Unità), ancora vive, anzi vegete e forti, possiamo abbandonare ogni paura di impegnarci e di lanciarsi, la meta è quella di vivere l'avventura del Capo Unità, prendere le responsabilità in prima persona, ed appassionarsi, divertirsi, provare il gusto pieno di far crescere questi ragazzetti, a volte con fatica e sudore, sempre con gioia e serenità (e non solo per una breve stagione).
Grazie e Buona strada
Luca & Gabriele



dal diario di Onorato

LA NOMINA A CAPO DI VERONICA

Mi ricordo che c'è un vecchio criterio per la nomina a capo in Inghilterra e che ci può servire:
È una persona d'onore?
Conosce il metodo?
Gli affideresti tuo figlio?

Mi sembrano sempre dei criteri saggi.
Discussione sulla nomina a capo di Veronica. Lei ha chiesto alla coca la nomina a capo. Problemi non ce ne sono. Ha superato i ventuno anni, ha superato bene i campi scuola di Branca Rover e quello di formazione associativa, sta facendo servizio da più di due anni in branca rover ed è in servizio in questo momento. Quindi ha tutte le carte in regola perché passiamo la richiesta alla Zona, insieme con i giudizi dei campi scuola e il parere favorevole e la presentazione della coca. Veronica è sempre stata una persona seria, nella scelta e nella vita di fede e nel servizio. Come coca abbiamo scritto le cose vere: che Veronica si è impegnata con capacità e amore verso i ragazzi, che ha capacità di lavorare con gli altri, anche se ha qualche difetto, quando vuole criticare le cose che non le vanno. Abbiamo riletto i giudizi positivi nei campi, nei quali non c'era niente di sottinteso o da ripensare sulla sua partecipazione e la sua maturità. Stavolta i capicampo hanno centrato il giudizio. A volte è capitato che si siano sbagliati, e allora ci siamo presi noi la responsabilità di esprimere un giudizio positivo, motivandolo, nonostante un giudizio del campo con osservazioni e critiche. La maturazione successiva e la situazione eccezionale del campo a volte fa brutti scherzi a tutti, sia ai capicampo sia agli allievi. Mi ricorderò sempre il giudizio di fine campo di Macio, che diceva che non era capace di comunicare con gli altri. Siamo cascati dalle nuvole, visto che Macio, in tutta la Zona, era l'animatore per eccellenza, la persona che aveva la capacità di organizzare, impiantare, recitare e cantare un'attività di espressione a livello meraviglioso. Per Veronica pensiamo che a livello di Zona non ci saranno problemi o veti. Anche perché Veronica è impegnata nella pattuglia di Branca Rover, dove lavora bene ed è stimata per il suo impegno e la sua serietà. È stata l'occasione per la coca e per Veronica di rivedersi e di ripensarsi, anche nei difetti ma anche nella serietà dell'impegno. Noi vogliamo evitare che la nomina a capo arrivi quando uno ha finito di fare servizio, che diventi una specie di onorificenza per chi va in congedo. Da noi cerchiamo di spingere la gente la finire l'iter abbastanza presto, in modo di poter avere la nomina a capo intorno ai ventitré, venticinque anni, quando ha davanti ancora, verosimilmente, alcuni anni di servizio con i ragazzi.




Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 21 GENNAIO 2000
Presenza quasi al completo della comunità capi, ed insieme abbiamo seguito questo ordine del giorno:
* Ci siamo trovati in cappella per un canto ed una preghiera, Carlo e Cristina hanno rassicurato la coca avendo chiarito l'incomprensione di venerdì scorso che aveva sicuramente scosso il clima dell'intero gruppo
* Alcune notizie riguardanti la settimana del pensiero: si è valutato che facendo richiesta alle direzioni delle nostre scuole, sarebbe opportuno invitare personalmente i ragazzi (elementari e medie) ad una giornata insieme in stile scout, probabilmente sabato 19 febbraio, mentre resta confermato incontro sul tema AVVENTURA - fissato per Il 25 febbraio al quale interverrà Stefano Blanco - responsabile regionale e/g
* Abbiamo poi iniziato a parlare di metodo in un modo da serata al campo: con un quizzone, suddivisi per unità e dovendo chiaramente rispondere a domande sulle tre branche. Al di là del divertimento siamo riusciti al termine ad esprimere qualche idea sul nostro sapere di metodo: all'unanimità POCO - a volte MOLTO POCO - specialmente per quanto non riguarda la branca in cui si fa servizio.
* A tale punto si è stabilito di proseguire il lavoro prendendo in esame alcuni aspetti che possono essere discussi interbranca, in un primo incontro sarà proposta dai capi gruppo la modalità di lavoro e di riflessione, mentre per gli incontri successivi ogni staff si farà promotore e animatore di COCA




dal diario di Paola

LA PORTA CHE SBATTE. LE USCITE DALLA COCA

Ieri sera abbiamo salutato in maniera gioiosa chi finiva il servizio e se ne andava. Il messaggio che abbiamo dato era quello che la porta era sempre aperta per loro. Io ripensavo al perché un capo se ne va dalla coca. Ci sono vari tipi di uscite perché ci sono varie ragioni per le quali si esce dalla coca. I problemi che suscita un capo che esce dalla coca sono questi:
· è necessario approfondire le ragioni vere
· il problema della sostituzione: chi trovare e come, specie se l'uscita dalla coca non si era prevista
· come dirlo ai ragazzi e organizzare il passaggio all'altro capo
· come presentare la cosa ai genitori e la presentazione del nuovo capo ai genitori
· avvertire del cambio la parrocchia o altri che avevano contatti con l'unità o lo staff
· come continuare il rapporto personale con il capo, se possibile

QUANDO UN CAPO ESCE DALLA COCA

Per me, quando un capo dice che esce, il problema più importante è quello di trovare la maniera, specialmente con il dialogo interpersonale, di approfondire le ragioni vere dell'uscita dalla coca, che spesso sono espresse come ragioni di impegno personale, di studio o di famiglia, come succede per i ragazzi, ma molto più spesso coprono dei problemi di stanchezza, problemi nei rapporti o delle insofferenze per l'andamento della coca o il livello della proposta o l'interesse e la convinzione per le scelte. È importante pensare anche alle uscite dalla coca tranquille, perché sono state annunciate da tempo e quindi programmate. Questo si ottiene solo se abbiamo l'abitudine alla programmazione triennale delle forze e a pensare a come sostituire per tempo coloro che hanno detto che lasceranno le unità. Anche perché non si può tirare troppo la corda. Quando un capo unità ha fatto servizio per più di quattro, cinque anni nella stessa branca, ha bisogno di un anno sabbatico o comunque di cambiare branca e di prepararsi a questo nuovo servizio. A livello statistico si comprende che la formazione metodologica è uno strumento importante per rimanere in coca. Da noi chi finisce l'iter dura di più. Forse la stessa cosa succede negli altri gruppi.

LA CULTURA DEL RINGRAZIARE

Ieri abbiamo salutato i capi che se ne vanno quest'anno e finiscono il loro servizio. Occorre introdurre nella nostra coca la cultura del ringraziare. Da noi non si usava ringraziare chi è stato con noi per tanto tempo e ha fatto un lavoro educativo con noi. È stata una mia idea. Per chi esce si fa una festa, si lascia uno spazio in cui non c'è nulla di altro, solo il tempo del saluto e del ringraziamento, senza altri programmi della serata. Noi abbiamo organizzato la cena in sede e una serata dedicata solo a questo. Ha funzionato bene e le porte sono rimaste aperte, perché nessuno le ha sentite sbattere.




GRUPPO ROSIGNANO 1
Lettera aperta della Comunità Capi (alle persone che entrano in coca)
La Co. Ca. accoglie le persone che scelgono di fare un servizio educativo orientato verso specifici valori (vedi Legge, Promessa, Patto Associativo) tramite il Metodo Scout ed un Progetto Educativo.
È un'occasione di crescita personale di ogni Capo indirettamente in quanto crea realtà educative (le Unità) e direttamente tramite attività di formazione permanente degli adulti.
Ogni Capo è consapevole della necessità di una specifica competenza nel Servizio che svolge e quindi è tenuto a seguire l'iter di Formazione Capi proposto dall'A.G.E.S.C.I. (Campo Scuola di Formazione Metodologica, tirocinio, Campo Scuola di Formazione Associativa) nel più breve tempo possibile dall'entrata in Coca compatibilmente con la situazione personale.
Il Capo è consapevole della necessità di orientare e progettare la propria crescita, quindi ogni anno in settembre, presenta alla Coca il proprio Progetto del Capo mettendolo a disposizione di tutti in modo che ciascuno diventi partecipe e responsabile del Progetto degli altri.
Ciascun componente la Coca è corresponsabile delle attività e del clima all'interno della Coca.
Un Capo è in Coca per svolgere principalmente un servizio educativo in Associazione; di conseguenza a ciascun capo può essere richiesto di assumersi la responsabilità di una Unità.
L'organizzazione di un servizio extrassociativo può essere affidata per un periodo di tempo limitato (1-2 anni) a un Capo che ne cura anche l'aspetto educativo e formativo nei confronti della Coca e specialmente del Clan.
Ai Capi di provenienza extrassociativa, dopo un tempo massimo di sei mesi, viene chiesto di fare un'esperienza di servizio in Associazione con il supporto della Coca. e/o un Campo Scuola.
La Coca. è interessata a mettere la propria competenza a disposizione dell'Associazione organizzando eventi educativi (R.O.S.E.A., Campi Scuola, Campi di Specializzazione) ed il singolo Capo e svolgere servizio come Quadro Associativo.
La Coca sceglie di proporre a quante più persone sia possibile la propria proposta educativa; è suo interesse creare nuove Unità specialmente nelle realtà di maggior bisogno.
Il censimento in Coca è conseguente alla condivisione ed alla osservanza di questi impegni.

La Comunità Capi




dal diario di Onorato

VERIFICA DELLA COCA SULLA PARTENZA

Discussione sulle modalità della partenza nel nostro gruppo. Alla fine ci siamo confrontati su questo questionario.
Idee per un questionario di discussione
· chi decide per un rover che è giunto il momento di prendere la Partenza?
· la Partenza viene data o viene presa?
· che collegamento c'è fra la progressione personale e la Partenza?
· come è strutturata la progressione personale nella branca rover?
· a che età viene data la Partenza da noi? C'è un limite massimo o minimo? Perché?
· quali sono i criteri, le scelte secondo le quali si pensa che ad un r/s si possa dare la Partenza?
· che importanza ha la scelta cristiana nella Partenza?
· l'appartenenza alla chiesa è necessaria per prendere la Partenza?
· come viene valutata la scelta e la pratica del servizio (associativo ed extra?)
· quanto è vissuta e discussa in Comunità Capi la Partenza dei rover?
· esiste nelle attenzioni educative delle altre branche un'attenzione ai valori della Partenza? Se sì come viene vissuta? Se no come ci pensiamo?
· dopo quanto tempo la Comunità Capi decide che per il partente che ne ha fatto la richiesta è giunta l'ora di entrare in Comunità Capi? Perché? Una persona che pur essendo stata in r/s e non ha preso la Partenza può entrare in Comunità Capi?
· ci sono stati attriti e contestazioni nelle varie decisioni per la Partenza?
· che importanza ha l'uscita dal Clan per i Capi r/s, per la Comunità Capi, per i ragazzi?
· che cerimonia contraddistingue la Partenza?
· che cerimonia contraddistingue l'uscita?
· qual è il ruolo del r/s durante la Partenza?


dal diario di Paola

E QUANDO ESCONO I RAGAZZI? SIMONE È USCITO

Lo staff eg ha raccontato che Simone è uscito dagli scout. Diceva che non ce la faceva a fare gli scout, che non aveva tempo e andava male a scuola. Allora anche i suoi genitori hanno deciso di farlo uscire. Abbiamo deciso di utilizzare del tempo per ripensarci. Infatti, l'uscita di un ragazzo deve essere occasione di ripensamento per tutta la Comunità Capi, oltre che per l'Unità. Non dobbiamo e non possiamo accontentarci delle spiegazioni semplici, perché spesso nascondono problemi che non si erano visti. Abbiamo detto che bisogna andare a fondo e superare certamente il livello delle spiegazioni del ragazzo stesso o della famiglia. Ogni uscita dall'unità significa che qualcosa non andava e quindi bisogna metterci il naso in maniera più profonda. Diventa occasione per vedere errori o disattenzioni che è bene non ripetere. Anche perché ogni uscita diventa una sconfitta se non abbiamo fatto tutto il possibile.
Ci siamo domandati se verso Simone erano stati fatti degli atti di violenza morale o fisica o psicologica di cui non ce ne eravamo accorti. Ci sono ancora alcune tradizioni di totemizzazione o altre simili che esistono nelle Unità, specie nei Reparti a livello della squadriglia. Sono situazioni da chiarire in Comunità Capi e da combattere decisamente. Io e Onorato abbiamo chiarito ai Capi le loro responsabilità e la necessità dell'attenzione riguardo a questo punto. A volte si verificano situazioni di violenza all'interno delle Squadriglie senza che i Capi sappiano nulla di quanto sta succedendo. Lo veniamo a sapere solo quando ci sono delle uscite di ragazzi o le rimostranze dei genitori. È chiaro quindi che, non solo i Capi devono creare un clima in cui l'aggressività e la violenza è assolutamente inconcepibile, ma anche le attività devono favorire il clima di collaborazione anche per l'ultimo arrivato della Squadriglia. È chiaro anche che se nelle attività o nelle gare si porta all'eccesso la voglia di competizione, chi fa perdere la squadriglia rischia di essere soggetto a violenze e a umiliazioni.
Ragioni delle uscite dei ragazzi?
Le ragioni che i ragazzi dicono sono di solito legate al fatto che hanno altro da fare, sport, studio ecc. La maggior parte delle volte sono difficoltà che hanno trovato nei rapporti interni con i ragazzi o con i Capi, oppure è arrivato il momento di noia delle cose fatte sempre uguali e che arrivano a non interessare più. Il momento più difficile è il momento del passaggio da una Branca all'altra. Ci dobbiamo stare attenti nelle nostre unità. Questo è il momento più delicato e in cui bisogna fare in maniera che le cose vadano nel miglior modo possibile e stando molto attenti all'atteggiamento di accoglienza. E' un passaggio tranquillo, che funziona bene se l'abbiamo preparato prima con una serie di attività comuni. Questi non sono solo problemi delle Branche ma anche del Capogruppo.


 

Perché esce un ragazzo? Cosa risponde se qualcuno glielo chiede?

· Perché mi annoio
· Perché non mi diverto, si chiacchiera troppo e si gioca poco
· Si sta sempre in sede
· Si fanno sempre le stesse cose
· Tanti discorsi e poche attività
· Ho altri impegni (scuola, studio, sport)

Cosa ti piaceva di più?

· Le uscite
· I campi
· La strada
· I pernottamenti fuori casa
· Stare con gli altri ragazzi

Noi c'entriamo, il nostro gruppo, le nostre unità non c'entrano con questi discorsi? Che sia ora di inventare qualcosa di travolgente nelle unità? Qualcosa che un ragazzo non dimenticherà mai nella vita?


dal diario di Paola

HANDICAP E COCA

Ruggero lo conosciamo tutti. È entrato da lupetto da noi e ora ha preso la partenza. Quello che poteva fare l'ha ottenuto e ora è uscito. Gli abbiamo dato anche la partenza. Solo che per lui gli scout erano l'unico mondo, gli unici amici. Spinto dai genitori ha chiesto di entrare in coca. I genitori dicono che possiamo affidargli degli incarichi operativi. Il suo babbo ci ha proposto che avrebbe seguito con lui il magazzino, purché lo accettassimo. Tutte le esperienze che abbiamo fatto di inserirlo in ambienti extrassociativi si sono rivelate fallimentari per lui. La situazione è che adesso è solo e gironzola intorno alla sede. Anche gli amici del clan che aveva e che sono entrati in coca, adesso hanno poco tempo per stare con lui. E poi loro anche le fidanzate e l'università.
Io penso che non deve entrare in coca, perché in coca ci deve entrare chi ha la capacità di essere educatore. Sarà compito mio dirlo al babbo, che prenderà un'altra umiliazione anche dagli scout.
Con Ruggerino qualcosa di grosso l'abbiamo sbagliato. Cosa?


dal diario di Francesco Assistente

LE CARATTERISTICHE DI UN CAPO


Mi sono chiesto quali erano le caratteristiche che vogliamo per un capo educatore per essere in AGESCI:
· deve aver fatto la scelta di fede e testimoniare con la vita le sue scelte di fede;
· deve essere sessualmente risolto;
· deve avere un lavoro (si intende anche essere uno studente motivato)

Questi tre punti sono l'obiettivo da raggiungere (si è persone sempre in cammino) e non può essere il filtro da applicare rigidamente alle realtà delle nostre comunità capi.


NODI
Si può mantenere in servizio come capo una persona che:
· si vede che la sua scelta di fede continua ad essere superficiale e va a messa solo quando è in servizio con i ragazzi?
· all'università non dà esami con la scusa del servizio negli scout?
· ha una situazione personale non proponibile per i ragazzi? O convive o altro?


Dal diario di ...

22\1\ 2009 ore 24.00
Questa sera, dopo la riunione di Coca ho avuto una conferma, Giuseppe e Ludovica, i capi reparto, Scout e fidanzati da sempre, convivono!
Non riesco ad essere tranquillo…non capisco perché due capi che hanno scelto di testimoniare nel servizio la loro scelta di fede siano giunti a questo passo… ma la cosa che più mi fa rabbia è che io non l'abbia saputo da loro e nessuno me l'abbia confidato. Credevo, in qualità di Capogruppo, di rappresentare qualcosa….ma non è così.

24\1\ 2009 ore 23.00
Sono stato l'ultimo a saperlo. Tutta la Coca ne era a conoscenza. La cosa è di dominio pubblico, anche tra i genitori la cosa è risaputa (il paese è piccolo e la gente mormora!) Sono proprio un pirla di Capogruppo. Tutti aspettavano che la patata la sbolognassi io; pensavano che io non potevo non sapere!

25\1\2000 ore 23.15
Ma Giuseppe e Ludovica possono continuare a fare i capi reparto?
Credo proprio di no! Che faccio?Sarà bene confrontarsi con Don Ignazio parroco ed A.E. di Gruppo.

26\1\2000 ore 23.00
Ho parlato con l'A.E. Sapeva già tutto! mi sono incasinato ancora di più tra prediche, discorsi e filippiche sullo scoutismo che non forma più. Prendo la decisione di affrontarli direttamente.

27\1\2000 00.30
Questa sera mi sono presentato senza preavviso a casa di Ludovica e Giuseppe. Grande meraviglia ! molto imbarazzo reciproco.

28\2\2000 ore 24.00
Questa sera Giuseppe e Ludovica dopo un leale confronto in Coca hanno maturato la scelta di lasciare il gruppo senza polemiche e strascichi. Prevedo logici contraccolpi sull'unità, sulla CoCa e su tutto il resto del Gruppo.
Domande a voce alta:
Che cosa è logico fare :- Se un capo va a convivere?Se un capo si lega ad una persona divorziata?Se un capo si divide da sua\o moglie\marito?
Dove finisce il rapporto amichevole tra capi e dove cominciano i regolamenti e lo statuto? Il patto tra scout gentiluomini, è chiaro a tutti che comprende anche e soprattutto paletti di ordine etico e morale?
Decido di addormentarmi, mi aspetta una giornata faticosa di lavoro…Forse ha ragione don Ignazio.


dal diario di Paola

I GIOVANI E LE PAURE

Parlando con Francesco, che è entrato da poco dal clan, capisci che i suoi problemi che aveva nel clan non si sono risolti entrando in coca. Si impegna in una miriade di cose e dedica frammenti del suo tempo a tutte le diverse attività. Inoltre, ha ancora paura di assumersi delle responsabilità. Vuole essere l'aiuto di Lucia nel branco ma non se la sente ancora di fare veramente il capo unità.
Cosa fare?
Quando mi rapporto con i nuovi ragazzi entrati dal clan in coca, mi impongo sempre di evitare i giovanilismi e gli autoritarismi, che creano barriere insormontabili nel rapporto.
La cosa da evitare è di portare in coca giovani che entrano "perché gli amici sono negli scout". Quanti ragazzi che hanno fatto servizio extrassociativo hanno smesso perché gli mancava il sostegno di una comunità! Ma allora abbiamo come capi gente che non sa guidare la propria canoa?
Sono i tempi nuovi da accettare? Cosa fare?

dal diario di Onorato

IL TIROCINIO E IL TIROCINANTE

Da noi si fa così:
· Il tirocinio inizia con l'entrata in comunità capi (prima si faceva iniziare dopo il campo di formazione metodologica) e dura circa un anno.
· Nell'anno di tirocinio deve essere contemplata la partecipazione al campo di formazione metodologia (preferibilmente all'inizio del servizio), agli eventi associativi (assemblea, convegno, riunioni regionali e zonali di branca...) e agli specifici incontri predisposti per i tirocinanti della Zona, o dalla regione.
· Confronto con la comunità capi e con lo staff sulle difficoltà.

Verifica finale a tre componenti:
personale del tirocinante;
· in comunità capi, specialmente con i capigruppo e assistente ecclesiastico;
· in Zona.
· Conclusione, possibilmente con un segno evidente (cerimonia, festa)

I NODI

· individuare delle regole per tutti i tirocinanti?
· indicare un cammino personalizzato per ciascuno?
· Come stimolare alla partecipazione?
· Come verificare l'andamento del tirocinio;
· Come farsi portavoce presso la Zona e la regione delle esigenze dei tirocinanti;
· Come non considerarlo solo un adempimento burocratico;
· Come non ricercare scadenze rigide.


dal diario di Paola

AFFACCIARSI E NON CADERE DALLA FINESTRA

Ho ragionato su cosa significa quando diciamo ad una persona di affacciarsi in coca.
Le persone che chiedono di partecipare ad una riunione di comunità capi sono prevalentemente di tre tipi:
“curiose”, quelle cioè che non sanno niente dello scoutismo ma che sono attratte da questo mondo;
"titubanti": quelle che vorrebbero impegnarsi in un'attività educativa ma che temono la gravosità dell'impegno in Associazione;
“determinate”, quelle che invece conoscono lo scoutismo e che costi quel che costi si impegneranno.
Tutto il trucco sta nel fare in modo che quelle che ci interessano diventino tutte determinate. E l'altro trucco è quello di far affacciare solo quelle che ci interessano.

MAMMA ELEONORA

Ieri sera in coca si è affacciata Eleonora. È una mamma in gamba che pensiamo che possa diventare un vero aiuto come educatrice. Le abbiamo chiesto di affacciarsi in coca, per vedere se la cosa le può interessare. L'abbiamo vista quando cucinava alle vacanze di branco. È chiaro che l'abbiamo invitata in una serata che pensavamo le potesse interessare. È un trucco di banale buon senso.


NODI
Cosa fare quando un capo ha difficoltà nella esperienza di fede?
Qual è il limite di tolleranza?


dal diario di Onorato

VOGLIO UNA DONNA! LA PRIMA VOLTA

Quando una persona si affaccia in coca, la cosa importante è il tempo della digestione mentale. Non occorre mettersi sull'albero a invocare: Voglio una donna! Come in Amarcord. Le persone non devono sentirsi soffocate dal bisogno che abbiamo di capi. Altrimenti il fidanzamento si rompe subito, perché si sentono il fiato sul collo.
Ci sono persone a cui è rivolta la proposta, a cui è chiesto di partecipare almeno una volta. Per ognuna di queste persone c'è la prima volta, la prima riunione di comunità capi: per alcuni non ce ne sarà un'altra, per altri sarà la prima di una serie interminabile. Dobbiamo ricordare che «la prima volta non si scorda mai». Da questo incontro dipende l'immagine dello scoutismo che rimane impressa nella persona che per la prima volta partecipa ad una riunione di comunità capi. La prima volta deve essere una festa... chi non resta continua a camminare con un'altra compagnia. Chi rimane è in comunità capi, accetta il contratto ed inizia il suo tirocinio. Per la comunità capi e per lo staff è un nuovo capo da accogliere: nuova persona, nuove esigenze (a cui dare risposta), nuovi contributi che sono a pari di quelli che provengono da capi “di maggior esperienza”: non esistono i capi di serie A e B.
Comunque la prima volta e anche le volte successive sono all'insegna del rispetto e della lealtà tranquilla, lasciando che siano le persone stesse a proporre cosa fare man mano che capiscono di cosa si tratta.

LA PROMESSA DI FRANCESCO

Noi usiamo che chi non ha fatto la promessa scout, anche se è un capo, la fa. La promessa di Francesco è stata molto toccante. Essendo extrassociativo, non l'aveva ancora fatta. È migliorato da quando è entrato ed era ancora incerto sulle sue scelte e aveva tutte le paure del mondo. Ogni giorno che passa ha preso sicurezza nelle sue competenze e nelle sue capacità. La sua promessa l'avevamo preparata bene e l'abbiamo fatta all'uscita di coca. C'è stata un momento di silenzio e di preghiera e la cerimonia l'avevamo curata bene, pensando ad un adulto e non a dei ragazzi.
Prima di questo momento abbiamo valutato la sua esperienza di tirocinio. Questo momento l'avevamo concordato nel contratto iniziale, quando ci eravamo incontrati prima che entrasse in coca. Ci saremmo detti a vicenda se ci eravamo piaciuti come momento di verifica della sua esperienza iniziale, tenendo sempre conto della strada da fare per diventare un buon capo. Il clima era sereno e tranquillo. Bisogna evitare che la comunità capi appaia talvolta come un vero e proprio tribunale e non sembri per niente felice di accogliere le persone nuove.
Con Francesco abbiamo fatto una scelta nuova. Prima passava molto tempo prima che avesse contatto con i ragazzi. Ma era una scelta perdente. Non si può mettere un adulto in ascolto per un anno intero o per lunghi tempi: quell'uomo o quella donna non sono venuti per essere un uditore. È pur sempre vero che occorre valutare (che non è giudicare) le persone che entrano, perché potrebbe essere rovinato da un capo il più bel momento nella vita di un bambino/ragazzo/giovane. Un criterio quasi oggettivo per valutare una persona potrebbe essere "affiderei i miei figli a Francesco, magari fra qualche anno e con qualche esperienza in più?". Veronica è stata il suo tutor, che l'ha aiutato nella conoscenza del metodo e della vita associativa. Al solito il nodo è la scelta di fede, perché si può essere educatori in Associazione solo se si è alla sequela di Cristo. Di strada Francesco ne ha fatta e ne deve fare.


dal diario di Francesco Assistente

LA COMUNITÀ CAPI E IL PATTO ASSOCIATIVO

[???]
NODI

· come organizzare una serata sul patto associativo con i nuovi entrati?
· come passare da un'adesione formale al patto associativo ad un'adesione convinta e vissuta?
· Si può verificare la scelta di fede? Come?


dal diario di Francesco Assistente

CERIMONIE DI ACCOGLIENZA E PROMESSA

[???] DA NOI DI USA COSÌ

Una primo tipo di cerimonia è un gioco giocato sul patto associativo o se comunque non è un gioco è pur sempre un momento di festa.
Un secondo tipo di cerimonia è: il nuovo entrato si presenta davanti alla comunità capi riunita in clima di preghiera e nella penombra. Ha la sua candela in mano accesa. Arriva di fronte alla comunità capi e il capo gruppo porge il proprio benvenuto. Viene letto un brano della Parola di Dio e a seguire il nuovo entrato accende a tutti la candela (ognuno ha in mano la candela del proprio ingresso in comunità capi).

PALETTI

ACCOGLIENZA IN COMUNITÀ CAPI DEI RAGAZZI PROVENIENTI DAL CLAN

· prevedere una preparazione all'ingresso in Comunità Capi, come momento ben separato da quello della Partenza. Far passare un tempo giusto.
· Prevedere solo momenti generali, mai rivolti a singole persone, come occasioni di contatti di conoscenza Clan - Coca (ad es. vivere insieme il Triduo Pasquale), un incontro annuale dei Capi Gruppo coi R/S di presentazione del servizio educativo in associazione.
· favorire la partecipazione alla ROSEA
· prevedere il primo contatto con un componente la direzione di Gruppo (Capi Gruppo, Assistente).
· Prevedere un contatto "leggero", per affrontare il discorso educativo in Agesci come possibilità di servizio, con possibilità di dialogo con gli altri capi.


dal diario di Onorato

L'INCONTRO CON VALERIA

Valeria vuole entrare in Coca. Viene dal clan ed è in gamba. Le ho dimostrato che sono contento della scelta, e le ho chiarito un po' i termini e gli impegni del servizio in associazione. Ho cercato di capire quali erano le sue motivazioni e quali le sue aspettative. Le ho chiarito la necessità di continuità e la responsabilità del servizio e la necessità di prepararsi. Vedremo cosa dice la coca. Poi fra cinque mesi ci incontriamo per vedere se le cose sono andate o non hanno funzionato. Se hanno funzionato tutto bene, se non hanno funzionato, amici più di prima. Ci rivediamo fra cinque mesi.
È un tempo sufficiente?


dal diario di Paola

I CAPI UNITÀ DIVENTANO FORMATORI

Mi sembra che nella nostra coca il trapasso delle nozioni sia faticoso e quasi difficile. C'è a volte un atteggiamento di stanchezza nei confronti di quelli che devono imparare, perché questo comporta più tempo per spiegare, per far vedere, per far vivere. A volte è più semplice e veloce farsele le cose.
Come fare a passare l'idea che i capi devono diventare dei formatori?
I Capi devono prendere la mentalità di formatori dei Capi più giovani o comunque dei Capi che hanno una minore esperienza e cominciano adesso il loro cammino di educatori. Questa idea da passare è un compito fondamentale di noi capigruppo, che però ci scontriamo con la mentalità diffusa di non essere capaci di trasmettere bene quello che sappiamo fare. La strada è quella della corresponsabilità.


dal diario di Onorato

IL BABBO DEI CAPI

È un dato di fatto che i capi della coca sono stati con me in clan. E questo mi comporta il pericolo che io li tratti da figli e loro mi trattino da babbo, magari un po' rincoglionito.
Un pericolo da evitare è l'atteggiamento paternalistico, specialmente quando ci sono Comunità Capi con la presenza di Capi con grande esperienza e anzianità, nel quale il Capo più anziano si sente Capo del Capo più giovane, che è stato suo Lupetto o suo Rover. Da noi ci sono io in questa posizione e un po' anche Veronica, che è stata un po' di tempo con me nel clan.


dal diario di Paola

NESSUNO È ENTRATO IN CHIESA

Discussione sulla catechesi e sull'educazione alla fede. Un fallimento? Sembra di sì, se analizziamo quello che è capitato domenica.
I capiclan avevano deciso di portare il clan ad assistere alla relazione sulla legalità il sabato all'assemblea regionale. La domenica mattina alle 11 si doveva andare a messa in una Parrocchia di Firenze. C'era tutto il clan e c'erano i capiclan. Veronica ha avuto un'ispirazione e ha detto:
"Alla messa ci viene chi è veramente convinto!".
Risultato. In chiesa non è entrato nessun ragazzo. Alla messa hanno partecipato solo i capiclan e nessuno dei ragazzi.
Al racconto ci siamo posti un mucchio di domande. Ha fatto bene Veronica a dire quella frase? Allora anche la messa, insieme con il servizio e la strada, sono una tassa da pagare per stare negli scout? Appena si può non pagarla si evita? E poi era giusto fare quella proposta? Alla messa non ci va chi vuole. Fa parte dell'attività che proponiamo, che è tutta, non da prendere in parte. Ha fatto male Veronica a dire quella frase? Qualcuno della coca diceva di sì. Qualche altro e i capi del clan dicevano che era servita per far scoppiare il problema.
Cosa fare?
Si deve ricominciare da capo e rivedere tutta la nostra proposta, a tutti i livelli. Non ci sono tasse da pagare da noi! Adesso ci serve proprio l'aiuto di don Francesco, l'assistente. Stasera era assente, ma il discorso lo riprendiamo completamente e rivediamo tutto.
Forse è un sintomo di qualcosa d'altro, in cui la scelta religiosa non c'entra nulla?

FRANCESCO TIROCINANTE E L'AFFIDAMENTO DEL TIROCINIO

Penso che Francesco trovi in me una persona che lo aiuta nell'inserimento nella coca. Abbiamo pensato una cerimonia per l'affidamento al capo unità del tirocinante, in maniera che la cosa sia chiara ed esplicita. È Veronica, insieme ai capigruppo che segue Francesco.


PALETTI

UNA GRIGLIA DI AUTOVALUTAZIONE DEL TIROCINANTE


Questa griglia di autovalutazione il Capogruppo la può proporre al Tirocinante e diventa occasione di verifica della Comunità Capi sul Tirocinante.

sulla propria formazione

· sono innamorato dello Scoutismo?
· ho chiarito la mia vocazione al servizio?
· ho acquisito la capacità di progettare e di progettarmi?
· la mia scelta di fede esplicita, partecipata e vissuta?
· vivo i valori e lo stile scout?

· sulla propria competenza

· conosco bene il Metodo?
· ho letto i libri fondamentali della Branca?
· conosco realmente la realtà dei ragazzi?
· riesco a istaurare un buon rapporto con i ragazzi?
· riesco a stimolare i ragazzi ad autoprogettarsi?
· riesco nel dialogo interpersonale con ciascun ragazzo?
· ho verificato bene il Campo scuola?
· riesco a tradurre la teoria nella pratica?

sulla propria presenza in Associazione

· partecipo attivamente alla Comunità Capi?
· conosco l'Associazione?
· partecipo alle attività di Zona?


dal diario di Onorato

LA PRESENTAZIONE AL CAMPOSCUOLA

Un momento della serata l'abbiamo utilizzato per la presentazione di Francesco al Caposcuola. Non si trattava solo di presentare Francesco al Camposcuola. Occorreva domandarsi, assieme a lui, quali sono i punti da focalizzare e le domande fondamentali alle quali il Campo dovrebbe rispondere. Sono obiettivi educativi e cose da imparare, almeno al campo metodologico che, quanto più sono chiari, tanto più al Camposcuola possono essere esplicitati e richiesti. Si chiamano le attese del Campo, ma vanno il più possibile chiamate per nome. La presentazione al campo è stata un'occasione di verificare con Francesco il suo cammino nell'approfondimento metodologico e le sue difficoltà, verificando le sue esperienze nel rapporto con i ragazzi, anche se sono poche. Abbiamo preparato noi capigruppo una bozza, per non perdere troppo tempo e l'abbiamo messa in discussione per ogni punto. Abbiamo detto a Francesco di studiarsi, in attesa del Campo, i testi fondamentali dei lupetti, che servono per capire meglio il metodo.
Ci siamo anche detti che non bisogna caricare il campo di attese troppo grandi. È un momento forte e importante, ma non risolve tutti i problemi. Noi pensiamo che ha significato solo se prima e dopo il Campo c'è un grosso lavoro di Comunità Capi e il Tirocinio funziona davvero.


dal diario di Paola

FRANCESCO DOPO IL CAMPOSCUOLA

Francesco è tornato tutto gasato dal camposcuola, che è andato molto bene. Abbiamo deciso che Francesco parlerà del camposcuola solo dopo che sono passati almeno trenta giorni. Questo per dargli il tempo di razionalizzare l'esperienza. Dopo si farà un incontro per vedere se ci sono cose importanti da modificare.
Nell'analisi del Campo, oltre al fatto emotivo, si identificano i problemi e gli argomenti non risolti, che si cercherà di risolvere con altri incontri. Per questo abbiamo ripreso in mano l'elenco delle attese che Francesco aveva fatto prima del campo con noi. Su quello faremo la verifica.
Per gli staff e per i Capi Unità è diventato anche occasione per sapere quelle che sono le nuove tendenze dell'Associazione a livello Metodologico oppure le esperienze di altri capi, usi e costumi da vedere di provare o per domandarsi se facciamo bene. In realtà un Campo che non pone nuove domande alla coca è un Campo che ha funzionato poco. E la coca quindi ha anche il diritto e il dovere di essere uno strumento di verifica dei Campiscuola. A volte è bastata una telefonata o una lettera per dare un'occasione di un ripensamento ai capicampo. La stessa cosa mi aspetto da loro, se intravedono dei grossi problemi metodologici o di altro genere nella nostra coca. Qualche letterina ci è arrivata qualche volta, con successive discussioni e polemiche per l'allievo che l'aveva provocata: comunque serve sempre, per lo meno per mettere fuori i panni sporchi, e non lavarceli sempre in casa.


PALETTI

LA TEMPISTICA DEL TIROCINIO

il Tirocinante nel primo quadrimestre dall'entrata in Comunità Capi:

· ha scelto in quale Unità fare servizio
· ha fatto il progetto di Tirocinio e l'ha presentato alla coca
· ha scelto il tipo di Camposcuola in relazione al servizio
· inizia a fare le prime esperienze di servizio
· partecipa alle attività per i tirocinanti della zona

il Tirocinante nel secondo quadrimestre dall'entrata in Comunità Capi

· ha fatto esperienze di servizio
· ha fatto il Camposcuola che gli dà gli strumenti metodologici di base
· continua il Tirocinio per un anno dall'entrata in Comunità Capi
· ha fatto e presentato il Progetto del Capo
· ha fatto esperienze e confronti metodologici in Comunità Capi e in Zona con altri tirocinanti
· continua l'esperienza di formazione di Zona
· verifica del Tirocinio con la Comunità Capi il tutor e il capogruppo
· continua il servizio nell'Unità
· viene presentato dalla Comunità Capi per il Campo Metodologico


dal diario di Onorato

I GENITORI IN COCA

Si sta pensando di invitare una coppia di genitori in coca. Stiamo valutando con attenzione le possibilità e le problematiche per non fare errori. Ci sono dei genitori che hanno i ragazzi da noi, hanno visto com'è bello quello che stanno vivendo i loro figli e sono disposti a dare un aiuto al Gruppo. A parte l'attenzione estrema prima di far entrare, che è propria di ogni nuova entrata, bisogna che teniamo in massima considerazione anche la variabile figli. La regola fondamentale è quella che i genitori non fanno mai servizio nell'Unità dove ci sono i loro figli; questo per rispettare la libertà dei figli, che altrimenti si troverebbero i genitori anche negli scout. Importante che non entrino in Comunità Capi nella loro veste di genitori. Entrano come persone che desiderano innamorarsi dello Scoutismo e quindi diventano Capi. Importante, come al solito, lasciarsi la possibilità di dire di no, di far uscire la persona anche dopo l'entrata in Comunità Capi, se si vede che non è adatta o non ha la possibilità reale di un servizio.

I VECCHI ASSOCIATIVI

Piero ha chiesto di entrare. Ha lasciato l'Associazione da molto tempo ed era Caporeparto nell'Asci. Piero sarà prezioso se sarà ancora capace di mettersi in discussione e di voler capire come nel frattempo l'Associazione è cambiata. Per questo gli abbiamo proposto di leggersi le riviste e di partecipare al Campo Metodologico. Pensiamo che sia importante che non ci siano in coca vecchi elefanti o intrusi, senza un incarico preciso. Ha detto che farà i fine settimana metodologici. Lo vedremo in azione: sappiamo già che con i ragazzi è molto bravo.


COME ACCORGERTI CHE SEI DIVENTATO UN VECCHIO ELEFANTE

Quando i tuoi discorsi si basano più sulle esperienze già fatte che su quelle che stai facendo.
Quando cominciano a darti incarichi per non farti restar male.
Quando parli e dopo tutti stanno zitti e la discussione muore.
Quando parli e la gente ti ascolta per buona educazione o perché ti vuole bene
Quando quello che si dice non lo condividi per niente.
Quando è passato troppo tempo dall'ultima volta che hai detto che hai sbagliato
Quando critichi sempre più spesso l'ultima generazione di capi o di ragazzi.
Quando sei troppo contento di avere ragione.
Quando le critiche riesci sempre a controbatterle brillantemente
Quando esprimi sempre di più un atteggiamento paterno verso i giovani capi che sono stati tuoi ragazzi del clan
ORA
ORA È IL MOMENTO CHE TI ORGANIZZI UNA MERAVIGLIOSA CERIMONIA DI ADDIO ALLA COMUNITÀ CAPI E CHE ESPRIMI LA TUA CAPACITÀ DI SERVIZIO E LA TUA ESPERIENZA IN ALTRI CAMPI.

Io sono un vecchio elefante? E nella nostra coca ci sono anche gli elefantini?

dal diario di Paola

I CAPI A DISPOSIZIONE

Gabriele ha detto che quest'anno starà a disposizione. Per una situazione temporanea si prende un periodo di riposo dal servizio per svariate ragioni. A Gabriele abbiamo chiesto se pensa di ritornare a fare servizio con i ragazzi o come quadro in Associazione. Ha risposto di sì. Pensiamo che è una situazione che si può accettare solo se la cosa non si protrae o si pensa che si protragga per un anno, massimo due. Non occorre inventare incarichi fasulli per lui. Darà una mano quando potrà o in situazioni di emergenza. Se la situazione che gli impedisce di fare servizio si protrae o se pensa di non avere più tempo per fare servizio diretto con i ragazzi o come Quadro, è bene che utilizzi l'articolo 41 del Regolamento, che permette ai Capi a disposizione di censirsi in Zona.
Con Gabriele le cose sono chiare perché, per fortuna, questa è una regola accettata e condivisa da qualche anno, e questo ha reso le cose più semplici.
In queste scelte conta molto il fattore emotivo o il fatto che si pensa di offendere o di umiliare le persone: ma è più importante la funzionalità della Comunità Capi, che è al servizio dei ragazzi, più che la sensibilità dei Capi. Io penso che queste situazioni sono più difficili da gestire a livello di paese, dove l'intreccio tra amicizia, parentela e scoutismo è molto più forte e continuo. Ma anche in queste situazioni i problemi vanno affrontati e discussi, sempre con la delicatezza che ci viene dall'idea che abbiamo a che fare con Capi che hanno fatto un servizio importante e che vanno ringraziati e valorizzati in quello che hanno fatto. Basta tenersi aperte le porte in maniera che non sbattano e servano per rientrare tranquillamente.


I RAPPORTI INTERPERSONALI

Sindrome del "Boja che giramento ...!"
Sindrome. del mio prezioso tempo libero o del "ciò tanto da fare"
Sindrome del veterano o della vedova inacidita
Sindrome della Prima donna o del salvatore della Patria
Sindrome del "muoia Sansone con tutti i Filistei"
Sindrome Trave e pagliuzza
Sindrome della patata bollente
Sindrome del "m'avete preso, e io un ci volevo venì"



dal diario di Paola

I RAPPORTI CON I CAPI

Oggi ho chiacchierato con Francesca. Noi Capigruppo abbiamo spesso occasione di parlare a livello interpersonale, specialmente se siamo considerati persone significative, cioè dei veri capigruppo.
Quando Francesca è venuta a casa mia, per prima cosa ho detto ai miei figli di non passarmi telefonate e di non interrompermi. Poi siamo andate nel mio studio e mi sono concentrata nell'ascolto, che poi è la cosa più difficile. Nella maggior parte dei casi, quando qualcuno vuol parlare con te, viene non tanto per ascoltare la tua soluzione, quanto per confrontare con te la soluzione che ha già pensato. Mi sono sforzata allora di ascoltarla fino in fondo, con un atteggiamento di disponibilità, senza aver fretta di dare il mio parere. E così ha tirato fuori quel che aveva pensato di fare: solo allora ho espresso la mia opinione e ho cercato di confrontarmi in modo equilibrato con lei. Da qualche tempo ho imparato ad avere un atteggiamento vero di ricerca e di ascolto, nel razionalizzare e vedere le cose da un altro punto di vista.
Come atteggiamento generale io e Onorato non accettiamo di diventare dei confessori o dei contenitori emotivi dei capi: questo non è il nostro ruolo. Se ci sono dei problemi educativi, il nostro ruolo è quello di portarli alla conoscenza della coca, anche se è vero che alcuni problemi, specie quelli che riguardano i rapporti più delicati, è bene affrontarli prima a livello personale e poi in coca. Alcune aree poi entrano nel livello della discrezione. È una dimensione necessaria quella del rapporto interpersonale, ma non bisogna assolutamente abusarne



NODI

SIAMO CAPACI DI ASCOLTARE?

· Sono capace di ascoltare in silenzio?
· Sono capace di ascoltare in silenzio, perché l'altro, ragazzo o adulto, è più importante di me?
· Sono capace di ascoltare con simpatia?
· Sono capace di ascoltare con stima verso l'altro?
· Sono capace di fare mio il problema dell'altro?
· Sono capace di ascoltare senza preconcetti?
· Do tempo all'ascolto?
· So spegnere il cellulare vero o mentale durante il colloquio o la riunione?
· Rimando a tempo indeterminato la richiesta di ascolto?
· Sono capace di ascoltare critiche alla mia persona senza sentirmi ferito?



dal diario di Onorato

LO ZAINO DIVERSO

Oggi ho chiacchierato con il babbo di Paolino. Voleva parlarmi di come non funzionano le riunioni di squadriglia. Ha ragione lui su certe cose. Nella squadriglia di Paolino, che è il più piccolo, i più grandi hanno altri interessi e non fanno veramente la riunione. Lui va alla riunione di squadriglia e si ritrovano solo i due più piccoli.
È stato un colloquio faticoso. C'è la difficoltà di far capire, specialmente ai genitori che si affacciano solo ora allo scoutismo, tante situazioni ed esperienze che per noi sono normali, ma che per loro sono traumatiche e portano ansia. Inoltre, tutto il colloquio con questa persona deve tener conto che, per lei, ciò di cui stiamo parlando è un argomento nuovo, e questo rende tutto diverso: dal significato delle parole che si usano, alla visione del mondo che uno ha, ai valori che si ritengono importanti o no. Devo sempre ricordarmi che è più difficile comunicare con le persone che hanno esperienze diverse. Me lo devo ricordare. Ogni genitore, ogni persona che incontro ha lo zaino della sua vita sulle spalle, ha le sue esperienze e la sua cultura. Quindi devo essere sereno e paziente: è molto importante nelle relazioni interpersonali.
Ho voluto però chiarire i ruoli. Ho ricordato al babbo di Paolino che siamo noi che facciamo un servizio a lui e a suo figlio e non lui che ci fa il favore di mandarci suo figlio. Ma l'ho anche rassicurato che avremmo affrontato il problema in coca ed era bene che ne parlasse con i capi del reparto. Anche perché non è un servizio se nel gruppo dei ragazzi vengono trasmessi dei messaggi o dei comportamenti negativi.


PALETTI

Cose da fare comunicando:

· FARE DIAGNOSI = "Mi sembra di capire che ..."
· CONSIGLIARE = "Se fossi al tuo posto farei ..."
· RAZIONALIZZARE = "Tieni conto che, cerca di capire che ..."
· RASSICURARE = "Il diavolo non è mai così nero come lo si dipinge", "c'è sempre un aspetto positivo"
· APPROVARE = "Ecco: così mi piaci!"
· RISPETTARE = "Prendiamo atto di quanto dice", "Capisco il tuo punto di vista"
· COINVOLGERE = "Sentiamo il parere di tutti"
· INCORAGGIARE = "Sarebbe interessante approfondire
· RICHIAMARE = "Teniamo presente i limiti e i vincoli"
VERIFICARE = "È chiaro per tutti?", "Sono tutti d'accordo?"


dal diario di Paola

MA MI STAI ASCOLTANDO?

Devo concentrarmi di più quando ascolto qualcuno. Spesso la mia mente va via, magari per pensare una risposta da dare a quello che mi viene raccontato.
Anche ieri, mentre parlavo con Massimo dei problemi del clan, ad un certo momento mi ha domandato:
"Ma mi ascolti?
“Ma certo!”, gli ho risposto.
In realtà lui aveva capito, dai miei occhi, dal mio corpo, da tutto, che stavo pensando ad altro.


PALETTI

CREARE LA GIUSTA ATMOSFERA

(dal manuale del Capo Campo)
gli adulti assimilano meglio quando:
· sentono il bisogno di imparare
· si sentono a loro agio nell'ambiente
· i loro bisogni vengono soddisfatti
· le loro idee, esperienze ed opinioni vengono rispettate
· non si sentono continuamente giudicati


dal diario di Onorato

L'ASCOLTO A RIUNIONE

Ieri pensavo a quanto è importante ascoltare durante le riunioni. Bisogna che faccia silenzio dentro di me e che riesca a capire non solo quello che uno dice, ma perché lo dice e cosa vuole ottenere. E ascoltare con le orecchie e con gli occhi: se imparo ad usarli mi arrivano molti messaggi in più di quello che sento.
Per regalare ascolto bisogna riuscire a fare silenzio dentro noi stessi ed è molto difficile. Ho bisogno di farmi molta esperienza per ascoltare. Mi accorgo che sono più bravo a parlare che ad ascoltare. Anche perché spesso rischio di farmi fuorviare dalle impressioni che ho su chi mi parla.
Devo sempre concentrarmi, con le orecchie, con gli occhi e con tutto il corpo, tutto mi deve diventare antenna che ascolta e che non distorce i messaggi.



PALETTI

IL DIALOGO TRA DUE PERSONE

· clima di autenticità - eravamo tutti e due in pace con noi stessi
· clima di fiducia - c'era tra noi la certezza di non essere traditi
· clima di affetto - c'era la partecipazione vera e completa ai problemi


dal diario di Paola

I SILENZI CATTIVI

I silenzi mi imbarazzano sempre. Non riesco a sopportarli e invece mi devo abituare ad accettarli e a viverli serenamente. Se c'è silenzio durante una riunione o si sta zitti durante un dialogo, devo pensare che gli altri stanno pensando e lasciare il tempo della "digestione mentale". Poi ci sono invece quei silenzi glaciali, magari dopo che uno ha detto qualcosa di spiacevole, o quando si nascondono cose che non si vogliono dire. In questi casi, è difficile capire il da farsi. Talvolta è importante far sputare il rospo, far scatenare una crisi che spesso è salutare per la coca; altre volte bisogna capire che il silenzio di qualcuno è una richiesta di aiuto, qualcosa di più delicato che va prima affrontato personalmente con l'interessato.
Non voglio fare lo psicologo ma nemmeno fare il rinoceronte in una bottega di cristalli.


PALETTI

SULLA CORREZIONE FRATERNA

la correzione fraterna - L'AZIONE
Non è semplice sentirsi in grado di "correggere" un amico, una persona che ci è vicina nel momento in cui riteniamo che abbia commesso qualche sbaglio.

Non è certamente simpatico sentirci "giudici" di un atto o un gesto compiuto da un amico, che per noi non è "consono" al canone di comportamento che la nostra educazione, la nostra fede, la nostra cultura esige.

Abbiamo così voluto seguire un percorso di "stile" per la correzione fraterna che, se meditato ed interiorizzato, potrebbe evitarci imbarazzi o sconcerto.
IL SOGGETTO
· Conosciamo "bene" il capo a cui dovrebbe essere rivolta la "correzione"?
· Sappiamo rispettare la sua estrazione culturale e/o i suoi limiti?
· Siamo sicuri che al suo posto noi non avremmo fatto o detto le stesse cose?
· Saremmo disposti ad impegnarci a "stare vicino" al capo per evitare che commetta nuovamente lo stesso errore?
· Il fatto che il capo possa essere nostro amico da molto tempo, influisce sull'importanza di fargli "notare l'errore"?
IL METODO
· Sappiamo davvero come "correggere" l'errore di questo nostro amico?
· Siamo sicuri della necessità di correggerlo? Su che base oggettiva riteniamo che abbia sbagliato?
· Siamo in grado di scegliere il mezzo (durante una chiacchierata, o per lettera ecc.) a lui più efficace per fargli intendere il nostro pensiero?
· Siamo in grado di stabilire in quanta percentuale gioca il nostro carattere, la nostra esperienza, le nostre personali convinzioni nel decidere di "correggere" l'altro?
LO STILE - indicazioni
· "Non sappia la destra ciò che fa la sinistra"
· "Perdona fino a settanta volte sette"
· "Perché vedi la pagliuzza nell'occhio dell'altro e non la trave che è nel tuo?"
· "Ma tu chi sei che ti fai giudice di tuo fratello?"
· "Lascia la tua offerta e corri a riconciliarti con tuo fratello"


la correzione fraterna - L'ACCETTAZIONE

· Nessuno di noi è portatore di "verità assolute" e abbiamo il DIRITTO di sbagliare, ma anche il DOVERE di accettare che si venga corretti.
· Non sempre è un ruolo che ci trova preparati e spesso fatichiamo ad accettare che qualcuno abbia capito meglio di noi come si sarebbe potuto fare o comportare in una determinata situazione. Si fatica a capire che nella correzione del nostro amico c'è davvero amore e sincerità e si pensa subito che la sua è un'ingerenza nella nostra sfera privata, che voglia dimostrarsi più bravo di noi.
· Ma l'azione più subdola è quella di dimostrare d'aver capito il tono della correzione, sorridere e ringraziare chi l'ha espressa ma, di fatto, PROSEGUIRE UGUALMENTE A COMPORTARCI COME SE NULLA FOSSE STATO DETTO, poiché intimamente crediamo che siamo noi nella ragione.
· Il cammino dell'accettazione è assai più difficile di quello della correzione, poiché coinvolge la nostra sensibilità. Occorre una grande umiltà per comprendere il senso profondo della correzione fraterna e mettere in gioco la nostra maturità di persone adulte e di educatori scout.
LA PERSONALITÀ
· Riusciamo con serenità ad accettare una "correzione fraterna"?
· Pensiamo che comunque abbiamo agito nella ragione (o per lo meno in buona fede) e perciò siamo giustificati?
· Ci capita di rimuginare su ciò che ci è stato detto per parecchie ore senza cogliere l'essenza del messaggio?
· Ci capita di pensare che alla prima occasione non perderete l'opportunità di ricambiare "il favore"?
· Pensiamo che l'amico abbia agito così per invidia o per saccenza?
L'UMILTÀ
· Riusciamo a far nostre le parole del fratello e portarle con amore nel nostro cuore?
· Ci mettiamo con fiducia e disponibilità in ASCOLTO di ciò che ci viene detto?
· Abbiamo la sensibilità di "inserire" la correzione nel nostro piano di lavoro, nel nostro comportamento, nelle nostre azioni senza che esse stravolgano i nostri progetti?
· Abbiamo la maturità di porci ancora in discussione?
LO STILE - indicazioni
· "Guardate me che sono mite e umile di cuore"
· "Chi si esalta verrà umiliato, chi si umilia sarà esaltato"
· "Beati i miti e gli umili di cuore perché erediteranno la terra e vedranno Dio"
· "Tu che siedi all'ultimo posto, passa avanti e siediti accanto al padrone di casa"
· "La preghiera dell'umile è preziosa agli occhi del Padre"



dal diario di Onorato

I SILENZI SOMMERSI

Anche in coca ogni tanto vivo i silenzi sommersi, quelli per i quali uno sta zitto perché non ha avuto risposta a quello che ha chiesto e ha abbassato la saracinesca della comunicazione. In realtà sentiamo molto di più il dovere di parlare di quello di tacere. La conseguenza è che i capi rischiano di non sentire i discorsi dei ragazzi, specie quando sono conditi di silenzio. Il rischio sono saracinesche che si chiudono e che non si riapriranno forse più. A me è capitato quando un prete cretino mi ha riso in faccia quando, a quattordici anni, gli avevo confidato che non credevo in Dio. Il risultato è che quel problema l'ho riaperto solo dopo quattro anni e perché Dio mi ha fatto incontrare una persona significativa. La stessa cosa succede per i capi tra di loro. Dobbiamo allenarci al silenzio e all'ascolto. Altrimenti si bombardano i ragazzi e i capi di parole quando loro vogliono solo ascolto. Per questo cerchiamo e accettiamo i momenti di silenzio anche nella conduzione delle riunioni? È un allenamento importante. Anche per non riempire i silenzi di parole, solo perché ci danno ansia.
Cosa fare per arrivarci?

·

Comunità Capi Mede I.

VENERDÌ 19 novembre 99.
Iniziamo di buona abitudine con la preghiera, dopo ciò che il programma avrebbe previsto:
1. Due notizie tecniche dalla regione (incontro 13/14-11-99)
2. Definizione del programma di Coca nell'ambito del quale don Luca avrebbe fornito qualche indicazione e qualche spunto riguardo il tema dell'educazione alla preghiera.
Tutto ok fino al momento di affrontare il lavoro sulla comunità Capi, al riguardo era stato preparato un gioco del tipo bancarelle, dove ogni capo avrebbe potuto "acquistare" idee per un programma che comprendeva - IL METODO - LA FORMAZIONE PERMANENTE E LA CATECHESI IN COCA -
A questo punto una "critica" o "perplessità" di Giovanni ha fatto in modo che il lavoro (dopo averlo comunque iniziato e già in fase di completamento, cioè riordino delle idee) si spostasse su temi del tipo valore della NOSTRA comunità capi della sua importanza e della nostra partecipazione.
Sinceramente il clima si è fatto "particolare" e la sottoscritta in qualità di capo gruppo e prima interessata al lavoro di Coca ha faticato a rimanere obiettiva e serena per un valutazione al di là delle parti.
Le critiche praticamente era orientate sulla modalità di proporre la discussione, a detta di qualcuno " pre-confezionata": da qui le riflessioni di ognuno o per lo meno gli esami di coscienza di ognuno sul proprio partecipare in Coca - come e quanto - ed anche perché.
Sta di fatto che il programma di Coca è rimasto a metà con l'intento di portarlo a termine venerdì prossimo benché già giovedì tutti siamo invitati all'incontro sulle tossicodipendenze organizzato del gruppo accoglienza tossicodipendenti e per il quale anche il nostro gruppo se ne fa promotore.
Non riesco sinceramente a riportare tutte le riflessioni nate da questa serata e tanto meno mi sembra corretto evidenziare gli stati d'animo che se sono seguiti, del tutto personali, ma forse vale la pena ricordare che non sono mancate parole e auto-verifiche sul nostro modo di stare insieme, di capirci, di COMUNICARE, di accoglierci! E anche solo per questo sostengo che anche se agitata... è stata una serata positiva.



dal diario di Paola

COCCOLARE/DIFENDERE O SVEZZARE?

Trovare l'equilibrio tra la necessità di un rapporto anche personale con i capi ed evitare di farne una quarta branca, un'altra unità da gestire. Il compito nostro è un altro. È quello di custodi del progetto educativo e di aiutare la coca a proporre una qualità di scoutismo il più possibile alta in rapporto alle nostre forze.

LA MANCANZA DI STIMA

Al solito, ieri sera a coca c'è stata la litigata tra Veronica e Sandro. Ancora una volta mi sono resa conto che non sempre è una questione di idee. Spesso, dietro ad un aspro confronto di idee, si nascondono due caratteri che litigano e discutono, per non scoprire qualcosa di più dirompente. A allora si punzecchiano. Bisognerà che parli con loro. Occorre verificare se è rimasta almeno la stima reciproca nei valori e nella persona, perché se manca anche quella, allora è un guaio.
La Comunità Capi dovrebbe diventare un luogo dove si accetta tranquillamente di essere diversi nelle idee, nei modi di fare e nel carattere; quindi le differenze devono diventare una ricchezza e si spersonalizzano i conflitti. Invece questo spesso non accade. Dietro ad alcuni rapporti difficili ci sono cose non dette che hanno avvelenato i rapporti. Occorre che io e Onorato troviamo la maniera di far chiarire queste cose non dette tra Veronica e Sandro. La mia paura è che il sottile equilibrio che c'è ora, fatto anche di silenzi "cattivi", si possa rompere da un momento all'altro, con conseguenze dirompenti. Prenderò loro due e gli proporrò di rimanere chiusi in una stanza fino a quando si sono detti tutto quello che pensano. Occorrerà creare per loro uno "spazio per parlarsi", per dire quello che abbiamo in pancia in maniera "organizzata". Potrebbe essere una riunione di coca interessante per tutti.


NODI

· i capi sono persone serie?
· definiamo una persona seria
· quali fatti e caratteristiche occorrono?
· quanto ci avviciniamo?
· cosa facciamo per avvicinarci e per capirci?


dal diario di Onorato

SANDRO E VERONICA E LA MANCANZA DI STIMA

Finalmente ieri sera è uscito il problema tra Sandro e Veronica. Se le sono dette quanto basta, e si è finalmente capito che Veronica aveva in pancia il problema di come viene fatto scoutismo da quelli del reparto. Secondo lei, quando diventano rover, è come se ai ragazzi non fosse rimasto niente. Sono migliori quelli che vengono da fuori, sono più seri e più motivati. È colpa della gestione di Sandro, del suo giocare con i ragazzi mettendosi alla pari con loro, senza riuscire a fare una vera proposta.
Dopo averli lasciati sfogare, sono intervenuto per chiarire la cosa fondamentale. Se tra loro c'era divergenza di vedute, tutto bene. Il problema era se non si stimavano come persone. In quel caso il confronto sarebbe stato impossibile, perché non vero. Allora ci sarebbe stato un grosso problema. E finalmente è venuto fuori chiaro che Veronica non stima Sandro come persona, nelle sue scelte. Non lo ritiene una persona seria e affidabile.
Cosa fare adesso?
La scelta che abbiamo fatto io e Paola è stata quella di non fare nessuna scelta. Quando le persone sono arrabbiate e aggressive è inutile parlarci. Ne parleremo in seguito, a mente fredda, prima con l'uno e poi con l'altra e poi si vedrà.


NODI

FAR SPUTARE I ROSPI
Come far uscire le cose non dette, anche se rischiano di essere dirompenti?
Occorrerà fare una specie di conto tra i vantaggi e le perdite. E poi decidere. Comunque la cosa migliore è sempre il rapporto personale, l'incontro tra i protagonisti, perché se portiamo il problema direttamente in coca, il rischio dello scontro diventa più grande e meno utile.


dal diario di Onorato

IL CLIMA CHE VIENE DA LONTANO

Ieri sera, al posto della solita riunione, abbiamo passato tutto il tempo a lavorare insieme a rimettere a posto il magazzino e poi si è giocato a scoutball tra i capi. Io e Paola abbiamo pensato che ce n'era bisogno per migliorare il clima all'interno della coca.
Il clima, nella nostra coca, viene da lontano. È fatto dei ricordi passati, delle esperienze fatte insieme, nei campi e nelle uscite, oltre che in coca. È fatto anche di quello che ci aspettiamo per il futuro, specialmente dai rapporti emotivi e di fiducia che ci sono tra i capi della coca. Se il clima generale è cordiale e tranquillo si lavora bene.
Dobbiamo domandarci qual è il clima che c'è nella Comunità Capi e domandarci se il clima è influenzato anche dalla nostra conduzione della Comunità.
Ma alcune tensioni nei rapporti hanno una storia lunga, ed è illusorio credere che in poco tempo si risolvano i problemi. Un esempio è il contrasto tra Veronica e Sandro. Spesso infatti le situazioni risalgono a fatti di antica data e quindi anche le soluzioni non possono essere veloci e immediate. Ad esempio, se c'è un contrasto generazionale tra i più giovani e i più anziani, è impensabile credere di poter risolvere il tutto facendo qualche riunione sul problema. Le malattie croniche hanno bisogno di tempi lunghi per essere curate completamente e anche il clima di Coca ha bisogno delle nostre continue attenzioni.


NODI

MAGGIORENNI E VACCINATI O ADULTI IN CAMMINO?
Il problema più grande con cui ci dovremo confrontare con i Capi, al di là delle affermazioni di principio che ognuno continua a fare, è l'idea che gli adulti hanno di essere già formati e quindi di non aver veramente bisogno di imparare. Inoltre gli adulti si irrigidiscono man mano che crescono, sia biologicamente sia culturalmente facendo sempre più fatica ad imparare.



dal diario di Paola

GLI STAFF E LE RISATINE

C'è un clima in coca che mi dice che esiste un problema di rapporti che non riusciamo a vedere. Si capisce dai cenni, dai silenzi, dalle risatine. Al solito il problema è quello rapporti tra gruppetti, che la maggior parte delle volte coincidono con gli staff. Noi scout viviamo una specie di contraddizione: gli staff, proprio perché i capi lavorano assieme molto tempo e vivono delle esperienze comuni, sono molto uniti, e fanno fatica a rapportarsi con il resto dei capi, sia nelle riunioni di coca sia nelle attività comuni. Non è sempre così, ma spesso capita, e allora occorre che io e Onorato proponiamo attività che mettono assieme staff diversi, per progetti comuni.

OCCORRE LASCIARE IL TEMPO CHE IL THE SI FACCIA

Occorre lasciare il tempo che il the si faccia. Solo così si possono vedere i problemi di rapporti. L'importante è non farsi prendere dall'ansia della fretta di voler risolvere tutto e subito, ma è ancora più importante rendersi conto del problema e dargli un nome in Comunità Capi, in maniera che tutti sappiano che c'è e che occorre risolverlo.
Se ci pensiamo, noi Capigruppo possiamo utilizzare molti strumenti che servono per migliorare il clima e per far conoscere e stimare le persone tra loro. Oltre alle uscite di Comunità Capi, alle cene, all'uso di momenti forti ed emotivamente significativi anche per gli adulti, si possono organizzare riunioni e incontri che servono per conoscersi meglio, che possono migliorare i rapporti tra le persone, quindi anche il Progetto del Capo. Nei manuali delle tecniche di animazione ci sono un mucchio di giochini già pensati e sperimentati per questo scopo.



PALETTI

QUANDO DUE PERSONE SI INCONTRANO
· io mi accorgo di te e tu ti accorgi di me
· io sento che tu mi stai incontrando e viceversa
· io mi comporto verso di te secondo come ti ho percepito
· io cambio atteggiamento e mi accorgo che lo cambi anche tu



dal diario di Onorato

LE CONTRAPPOSIZIONI DEI GRUPPI SCOUT E LE GEMMAZIONI

Per fortuna siamo nati in modo tranquillo, per gemmazione da un gruppo troppo grande che aveva bisogno di dividersi e di espandersi in un'altra area della città e doveva toccare altri ambienti. La Zona era d'accordo e le cose sono state tranquille. Alcuni Gruppi scout sono nati non per gemmazione tranquilla, perché era una decisione programmata ed era venuto il momento di dividersi, ma in seguito ad un litigio tra galli del pollaio, giovani o vecchi non importa, e ad un contrasto all'interno della Comunità Capi. Un tempo erano i colori politici o pedagogici: ora non usa più e i motivi sono diversi.
Che ci possa essere questa componente di contrasto di caratteri è un dato di fatto che non occorre dimostrare; significa che lo stare assieme ha una dimensione affettiva positiva o negativa che occorre considerare. Non per impostare tutti i rapporti su questo, ma sarebbe ugualmente assurdo che un Capogruppo non ne tenesse conto e non favorisse un clima di caldo affetto. Quando ci sono contrasti in cui la Comunità Capi sembra dividersi in due partiti contrapposti a livello ideologico, su un'idea o su una proposta, la maggior parte delle volte le ragioni sono da ritrovare nella sfera dell'affetto e delle emozioni.
Cosa fare allora?



Comunità Capi Mede I
LUNEDÌ 21 GIUGNO 1999
Ed eccoci arrivati ad un primo traguardo, le verifiche di fine anno. Dico primo perché abbiamo ancora in calendario una verifica di Coca e una prima "VISIONE" della situazioni capi del prossimo anno.
Un passo per volta...
Questa sera la presenza era quasi al completo; purtroppo per motivi vari mancavano Carlo e Gianluca. Siamo partiti con l'analizzare la griglia che era stata proposta evidenziando per ogni branca quanto è stato fatto, ma soprattutto quanto ancora ci rimane da rivedere e riprendere come obiettivi primari nelle future attività di branca.
Possiamo evidenziare:
Il branco ha "rimpolpato le file", il clan ed il noviziato hanno quanto meno mantenuto i ragazzi con cui erano partiti a inizio anno, mentre il reparto ha registrato delle fughe, alcune prevedibili altre che forse potevano essere evitate e possibilmente recuperate. Questo in parte è dovuto alla scarsa collaborazione con le famiglie che sicuramente deve essere ripresa, rivista e soprattutto intensificata nel lavoro nel prossimo anno. I programmi, in linea di massima, sono stati portati a buon fine. I capi reparto segnalano comunque un calo di tensione e quindi di interesse e di attività nella seconda parte dell'anno, dovuta forse in prima persona ai capi stessi, che per impegni di lavoro hanno avuto maggior difficoltà a condurre il reparto.
Anche la progressione personale ha rallentato il passo: tanti buoni propositi, ma in generale poco cammino. Più intensamente è stata proposta ai ragazzi del clan e in modo indiretto anche ai ragazzi del noviziato, mentre per il branco, quest'anno l'attenzione è stata in modo particolare per il CdA e per i cuccioli a discapito della parte "centrale" del branco. L'attenzione invece all'alta sq. è arrivata solo a fine anno, dando pochi, ma buoni risultati e questo invita a seguire il discorso nel prossimo anno.
Il noviziato ed il clan hanno avvertito un'attenzione particolare dei propri ragazzi alla nostra nuova sede, o casa scout, come suggerisce di chiamarla Giovanni, dà più il senso di appartenenza, mentre il branco ed il reparto, soprattutto visto che sono i più grandicelli, non hanno visibilmente notato questa attenzione, forse perché anche da parte di noi capi in tante occasioni non traspare la testimonianza adeguata.
La proposta è stata quella di dedicare attività di gruppo "mirate" durante l'anno.
Non si è parlato in modo diretto e chiaro del lavoro di staff, anche perché l'ora era tarda e le menti non reggevano più l'attenzione e la concentrazione.
Visti gli incombenti e urgenti impegni dei vari campi, già in luglio, si è pensato di fare un incontro di coca, in data da stabilirsi, per definire o per lo meno sintonizzarsi sui vari quadri del prossimo anno.
L'uscita prevista sarà comunque riproposta a inizio anno.


dal diario di Paola

IL SILENZIO IN FAMIGLIA

A volte l'atteggiamento della Coca è come quello di alcune coppie di sposi o di fidanzati che, dopo aver litigato, non toccano più l'argomento irrisolto, per evitare di stare ancora male Poi succede che, a forza di evitare argomenti scabrosi, alla fine non hanno più nulla da dirsi e si lasciano.
Ultimamente mi viene da chiedermi se anche da noi ci sono degli argomenti che istintivamente lasciamo da parte. Ho la sensazione che evitiamo alcune questioni. Forse perché le consideriamo faccende private, che però hanno un grosso impatto sulle nostre scelte educative, perché ci identificano chiaramente in quello che facciamo e in quello che siamo.
Quali sono le questioni che evitiamo nella nostra coca per non litigare? Ci devo pensare.


dal diario di Onorato

I FANTASMI DAGLI ARMADI. GLI ARGOMENTI MICIDIALI

Ho espresso il mio pensiero dell'altra sera sugli argomenti micidiali e pericolosi. Ci siamo divertiti ieri sera a dare un nome agli argomenti che di sicuro porterebbero dei conflitti e delle divisioni in coca. Quegli argomenti si evitano istintivamente e non entrano mai nei cartelloni degli argomenti da discutere perché pensiamo che possano creare dei contrasti insanabili all'interno della Comunità Capi.
Quando li abbiamo identificati, abbiamo visto che alla fine sono importanti e non sono solo faccende private, perché questo nostro modo di pensare e specialmente di vivere alcuni argomenti è la base del nostro modo di fare educazione. Sono i nostri valori che diventano convinzioni e quindi modi di sentire e di operare e quindi di proporre l'educazione dei ragazzi. Gli argomenti sono i soliti, la nostra scelta di fede, i comportamenti affettivi e sessuali, il rapporti con il denaro, con il lavoro, con la politica, l'idea del dolore e della morte. Sono come blocchi che fanno da pavimento al nostro fare educazione e se non li confrontiamo con serenità in Comunità Capi, sono le radici nascoste dei nostri contrasti.
Io e Paola dicevamo che non occorre e non è giusto entrare nella sfera privata di ciascuno, anche perché non siamo un gruppo di terapia psicologica, ma un gruppo di persone che sono assieme per svolgere un compito. Solo che non siamo qui per fare qualche attività ad effetto o un po' d'animazione: il nostro obiettivo è educare, amare, trasmettere valori. Questo compito lo facciamo con tutto il nostro essere completo e non possiamo svolgerlo senza dirci chi siamo e chi vogliamo essere. Se invece ci confrontiamo, ci diciamo come la pensiamo, cercheremo di arrivare ad un minimo comune denominatore che ci serve per proporre dei valori che quando li nominiamo hanno per noi un senso univoco o almeno simile. Quindi affrontare queste problematiche non solo non porta alle divisioni ma è occasione di maggiore conoscenza reciproca e diventa un'ottima base del Progetto Educativo del Gruppo. E, sempre in quest'ottica, è importante il ruolo del Progetto del Capo. Forse serve proprio per ottenere questo scopo.
La prossima uscita di coca la organizziamo per questo scopo: per far uscire i fantasmi dagli armadi e dargli un nome tutti assieme.


NODI
Ogni resistenza a imparare o a cambiare è un dato normale della realtà umana con cui dobbiamo confrontarci naturalmente. Non dobbiamo viverlo come un fatto negativo. E' una situazione normale che si incontra quando c'è una qualsiasi situazione di apprendimento o di rapporto in comunità capi.


dal diario di Onorato

STRATEGIA VINCO VINCI. IL COMPROMESSO

Spesso negli incontri e nelle attività devo sforzarmi di fare un grosso lavoro di mediazione. Qui esce fuori la capacità del Capogruppo di mediare e far incontrare le persone. La convinzione che deve passare è che siamo in Comunità Capi per l'educazione dei ragazzi, e quindi la strategia dei rapporti non deve essere il contrasto, come tra una persona che perde e una che vince nella discussione o nelle decisioni. Spesso occorre trovare un compromesso. Questa è la strategia vinco vinci, nella quale è più importante che rimanga il rapporto tra le persone piuttosto che la soddisfazione di avere ragione di fronte agli altri.


PALETTI

DEFINIAMO UN ADULTO

Diciamo che è un adulto chi ha responsabilità nella società e spesso ha queste caratteristiche:
· non gli è naturale imparare
· prima capisce e poi memorizza
· è rigido negli schemi
· ha paura delle valutazioni
· vuole la concretezza dei risultati e si domanda a cosa gli serve fare una cosa
· è influenzato dalla sua visione del mondo



dal diario di Paola

LE COPPIE SCOPPIATE

Massimo e Veronica si sono lasciati. Sembravano una bella coppia tranquilla che erano insieme da cinque anni ed era logico che lavorassero assieme nel clan. Ora siamo nei problemi, perché, anche se dicono che il loro lavoro educativo non ne risente, è evidente che il fatto che si sono lasciati viene sentito dai ragazzi e ha un impatto educativo proprio per la difficoltà di comunicare tra loro. Si percepisce che, anche se fanno gli educati e gli indifferenti, c'è sempre sotto il loro contrasto che non vogliono far apparire.
Forse abbiamo sbagliato come coca a mettere una coppia nella stessa unità, ma lo avevamo fatto altre volte, ed il risultato è stato sempre positivo: è stato utile per i ragazzi ed è diventata un'esperienza positiva e fondante per la coppia. I rapporti di coppia sono sempre stati segnati dal buonsenso e dal buongusto, e non avevamo mai avuto problemi. La presenza di coppie nella Comunità Capi è un dato di fatto da accettare in quanto siamo adulti che devono vivere la vita anche di coppia in maniera serena.
Questo significa anche che la coppia deve avere un comportamento saggio e tranquillo. I rapporti non dovrebbero andare ai due estremi, da quello delle esagerate espressioni affettive a quello di non considerarsi nemmeno quando si è in Comunità Capi o nelle attività.
Con Massimo e Veronica abbiamo fatto un errore. Sarebbe opportuno, soprattutto quando si tratta di coppie che si sono formate da poco tempo, non metterle nella stessa Unità, in maniera che i problemi della coppia non diventino anche problemi nella vita delle Unità e quindi nei rapporti con i ragazzi. Diverso il discorso per le coppie consolidate di fidanzati o mariti e mogli consolidati. Un altro compito importante della coca, in questi casi, è quello di evitare la tendenza a vedere le persone come coppia e non come due identità separate. Questo non nega la coppia ma la valorizza. Con Massimo e Veronica si pensava di fare bene.
Cosa dobbiamo fare adesso per il clan?



PALETTI

Rapporti interpersonali

Verso l'esterno
Capi extra associativi.
Mancanza dell'assistente ecclesiastico.
Rapporto con la realtà ecclesiale.


Verso l'interno
Rapporti di relazione tra capi giovani e capi non giovani
Comunità capi numerosa
Conflittualità e incomprensione
Falsa serenità (falsità).
Incapacità di superare le difficoltà ("appianare").
Democrazia guidata (quindi è impossibile il dialogo).
Presenze storiche; forti e ingombranti (mito del fondatore).
Correzione fraterna.
Mestiere del capo gruppo.



dal diario di Onorato

LA COCHETTA

Avevamo una decisione grossa da prendere. Aprire o no un altro branco l'anno prossimo? Dovevamo farci le solite domande: se avevamo le forze, per quanto tempo le potevamo assicurare, come organizzare la cosa? Il perché ce l'eravamo già detto. Troppi bambini in lista di attesa e due branchi sono una base tranquilla per il ricambio di un reparto. Quando siamo arrivati a riunione abbiamo capito che il gruppetto solito si era già riunito e aveva deciso per il sì. Io Don Francesco e Paola ci siamo guardati. Aveva funzionato ancora una volta la cochetta del gruppo. In molte Comunità Capi c'è la cochetta. Sono tre o massime quattro persone, che sono molto amiche tra loro, che spesso si riuniscono prima della riunione e decidono le linee o le cose al di fuori della Comunità Capi a livello di corridoio, in questo caso il treno per l'Università di Pisa. È fondamentale che il Capogruppo non faccia mai parte della cochetta, mentre attua la sua attività di Capogruppo, altrimenti ci ritroveremmo in una situazione di democrazia guidata della Comunità Capi, che difficilmente può funzionare tra adulti, a meno che non siano completamente addormentati. Questa situazione sarà quasi sicuramente occasione di contrasti. Io e Paola contrastiamo questo modo di fare, questa linea. L'abbiamo detto chiaramente. La cochetta non deve funzionare. Ogni cosa deve essere discussa in Comunità Capi: quando vengono prese le decisioni, che sono comuni, tutti devono partecipare di fronte a tutti. Chiaramente chi ha maggiori capacità o idee deve contribuire maggiormente, ma i discorsi si fanno in Comunità Capi e non ci devono essere decisioni nascoste. Paola giustamente questa cosa l'ha denunciata. Non ci devono essere parrocchiette nascoste o gruppetti di potere. Con questo non dico che io e Paola vogliamo rifiutare l'aiuto di altre persone. È, al contrario, importante poter usufruire della disponibilità di qualcuno che ci dà una mano e dei consigli. Ma, ovviamente, tutto deve tornare nella Comunità Capi come discussione e incontro.


Le parole non lasciano mai le cose com'erano. Impara ad amare il suono della voce degli altri piuttosto che il suono della tua voce


dal diario di Paola

LE RAZZE DI CAPI

Esistono anche le razze di capi, oltre a quelle dei cani e dei cavalli?
Se ripenso ai capi della mia coca, se penso ai loro atteggiamenti nei confronti della Comunità Capi, potrei dividerli in tre tipi, in tre razze.
Veronica è un capo orientato al compito: è la persona che ha sempre davanti il compito educativo del gruppo. È molto preziosa per l'andamento della Comunità Capi; propone nuove idee, chiede chiarimenti e non si accontenta delle risposte superficiali; offre alla Comunità Capi le sue convinzioni, riformula i problemi, fa conoscere le sue esperienze, riassume e coordina le idee, orienta continuamente la coca in rapporto ai suoi scopi.
Massimo invece all'inizio, quando è entrato in coca, era un capo orientato verso se stesso. Cercava spesso di focalizzare l'attenzione su di sé. Riproponeva continuamente i problemi risolti per essere contro e ridiscutere tutto; cercava aiuto e simpatia a causa della sua insicurezza e perché spesso si sottovalutava. Inoltre usava la Comunità Capi come un luogo per far sentire a qualcuno le sue idee, i suoi sentimenti e le sue opinioni con lo scopo di raccontarsi. Francesco a volte diventava un problema per la Comunità Capi e a quei tempi mi domandavo se era giusto che un Capo che aveva questi atteggiamenti poteva continuare a fare servizio educativo con i ragazzi. Per fortuna sta cambiando ogni giorno che passa. La nostra pazienza e la nostra speranza ci hanno premiato.
Marta invece è un capo orientato verso la Comunità Capi. È brava a facilitare le comunicazioni, offre simpatia e comprende gli altri. Inoltre, ricorda continuamente l'ideale di unità al quale la Comunità Capi deve aspirare. Favorisce i compromessi e cerca di armonizzare le differenze tra i capi.
Sono tre razze di capi. Per fortuna non sono razze fisse: ogni tanto qualcuno cambia razza, ed è un bene.



dal diario di Onorato

I GIOVANI E I VECCHI

Gabriele darà una mano allo staff di reparto. Ha esperienza da vendere e se non può stare con i ragazzi per ragioni di lavoro. Parteciperà alla preparazione e alla programmazione delle attività, dove la sua esperienza può essere molto utile.
Ci serve ancora l'esperienza dei Capi che hanno più anni di servizio con i ragazzi e non possono stare con loro ma solo con i capi? La convivenza di più generazioni comporta spesso delle frizioni. Essere vecchi in Agesci non è un fatto generazionale ma un fatto di mestiere, di esperienza, di mentalità. Allora il contrasto è tra chi ha un'esperienza consolidata e i più giovani che hanno il sacro fuoco del cambiamento e la missione di cambiare tutto e subito e di mettere in discussione tutto quello che è stato fatto e che si sta facendo. D'altronde i giovani fanno fatica ad inserirsi in uno staff che ha già un suo modo di fare consolidato, con persone che ne sanno di più di loro, con il rischio di non sentirsi protagonisti veramente, ma solo caricati di impegni a volte solo umili e noiosi, di appoggio all'attività. Gabriele comunque può portare saggezza di esperienza e buon senso. Gli ho raccomandato di tenere il più possibile la bocca chiusa e parlare solo quando gli chiedono aiuto o quando può dare un contributo importante. Siccome è intelligente so che lo farà.



dal diario di Paola

MASCHI E FEMMINE

Spesso c'è una sproporzione nel numero e specialmente nell'esperienza scout tra uomini e donne nel nostro gruppo. Questa sproporzione sta diminuendo di anno in anno e le donne contano sempre di più in Associazione. A volte mi metto in contrasto con certi maschilismi tradizionali, che ritrovo del Gruppo come cimeli comportamentali. Da noi dobbiamo valorizzare i modi di sentire, le sensibilità e l'attenzione alla persona che spesso sono proprie delle ragazze e che devono divenire invece patrimonio di tutti, anche dei maschietti. Lo stesso discorso vale per le capacità organizzative e operative delle ragazze: anche nel nostro gruppo, istintivamente, colleghiamo all'elemento maschile della Comunità Capi l'organizzazione operativa delle attività.
È ora di cambiare! Ed è ora di diventare quadri dell'associazione. E siccome siamo merce rara, si fa carriera in fretta!

GLI EXTRASSOCIATIVI

Io sono un capo extrassociativo e me ne vanto. Le mie esperienze precedenti di servizio, ero una catechista, il mio avere un lavoro e il mio essere mamma mi fanno vedere delle cose e ho delle sensibilità che nello scoutismo a volte sono trascurate. In Agesci c'è ancora da superare il mito che i veri Capi col marchio doc sono quelli che sono entrati in Associazione almeno da Esploratori. A tutti gli altri, cioè agli Extrassociativi, gli manca qualcosa. È un mito da superare, anche perché la presenza degli Extrassociativi diventa sempre più significativa in Agesci ogni anno che passa. Normalmente sono persone che sono già vicine allo Scoutismo e che lo conoscono per varie ragioni, o perché sono i genitori dei ragazzi o giovani di altre associazioni. Noi extrassociativi portiamo un grosso contributo di idee e di esperienze per la Comunità Capi: spesso viviamo già le problematiche del mondo del lavoro e del matrimonio, e portiamo una ventata di concretezza che è molto utile per tutti i Capi perché spesso siamo persone sposate e abbiamo un lavoro fisso. Questo fatto, ad esempio, permette spesso una discreta continuità nel servizio.
Io ho sentito la difficoltà di capire il metodo e di portarlo avanti personalmente. Dopo un momento di sbalestramento e di iniziale perplessità, ho cominciato pian piano a funzionare. Le difficoltà maggiori le ho trovate all'inizio nel linguaggio. C'era vicino a me Veronica, che fin dalla prima entrata nella Comunità Capi aveva il compito di "traduttore" e curava l'accoglienza; era stata lei a presentarmi e a propormi, perché ci si conosceva.
Una delle cose che lasciano più perplessi le persone che si affacciano allo scoutismo è la quantità spaventosa di tempo necessario per il servizio, per cui spesso si spaventano e si ritirano. In questi casi la gradualità e il buonsenso sono la medicina migliore, ma anche la chiarezza e la sincerità sono uno strumento fondamentale. Non è giusto imbrogliare le persone e indolcire le pillole: non siamo bambini! Il modo migliore per farmi innamorare dello Scoutismo è stato il rapporto con i ragazzi e l'esperienza di formazione, che mi permetteva di dare una struttura alle esperienze che facevo. Non mi hanno caricato subito di impegni e di responsabilità, comunque non mi hanno nemmeno tenuto in parcheggio, perché un adulto viene negli scout per stare con i ragazzi, non per stare solo in coca ad ascoltare dei discorsi. Nella nostra coca i nuovi capi li immettiamo negli staff con compiti di supporto; se possibile fanno in un giro pedagogico nelle varie Unità in maniera che chi entra a vivere il metodo scout possa capire esattamente quali sono i suoi interessi e qual è l'età dei ragazzi più adatta a lui. Quando avevo dubbi e perplessità, avevo sempre Veronica a cui rivolgermi.



PALETTI

consigli per un extrassociativo

· avere un certo tempo a disposizione. Se è troppo poco non cominciare nemmeno.
· partecipare a tutti gli eventi associativi e di gruppo. Fanno capire il linguaggio, le problematiche i anche le soluzioni.
· non prendere subito grosse responsabilità di unità. Si rischia di bruciarsi per i troppi impegni.
· cominciare dalla branca e/g e poi ruotare su tutte per un certo tempo, poi scegliere oppure seguire le necessità. La branca e/g è quella che più permette di capire il metodo, che è stato inventato per quella età.
· farsi il camposcuola metodologico dopo poco tempo, quando si è ruotato nelle varie branche e si è scelta quella giusta. Serve per capire il metodo nella sua complessità.
· non aver paura di mettere in risalto in Coca le proprie capacità personali. Serve per valorizzare tutte le proprie esperienze pregresse.
· leggere sempre la stampa associativa e i libri fondamentali. A volte chiariscono i problemi e danno delle risposte a cose e a situazioni metodologiche che non si capiscono.
· perseverare nelle difficoltà. Occorre la testa dura, perché spesso gli scout non sono gentili, come stile, e ringraziano poco e ti guardano poco. Chiedono e poi lasciano che ti arrangi, specialmente se ti dichiari disponibile.
· avere un atteggiamento di umiltà e di voglia di imparare da chi ha più esperienza. Serve a non fare errore, o almeno a farne qualcuno di meno.




I PROGETTI

NODI

· Come facciamo a fare in modo che il momento del progetto diventi un momento significativo di formazione per la coca?
· Come fare in modo che tutta la fatica che ci mettiamo per progettare qualcosa diventi concreta per il lavoro educativo verso i ragazzi e non rimangano solo dei pezzi di carta?
· Come facciamo a far diventare il progetto educativo strumento di pubbliche relazioni, per farci conoscere nella nostra verità, in modo che ci domandino quello che sappiamo fare e ci stimino per quello che siamo?



dal diario di Paola

IL GIOCO DEGLI SCACCHI E LE DIFESE DI FRONTE AL CAMBIAMENTO

Mi sono sempre domandato perché è così difficile fare progetti in coca, specie il progetto educativo. La risposta che mi sono data forse è semplicistica e consolatoria. Noi viviamo una situazione complessa e in continuo cambiamento. La realtà dei ragazzi, dei capi, delle attività educative è in continuo movimento. Proprio per questo ci occorre un modello di riferimento, per non vivere alla giornata, a risolvere problemi che si presentano di giorno in giorno, senza sapere verso dove andiamo. Almeno, se abbiamo preparato un progetto, abbiamo un elenco di risultati attesi, di cose che vogliamo che succedano, di obiettivi che vogliamo raggiungere. Solo così possiamo fare le verifiche e vedere se sono successe le cose che ci eravamo ripromessi.
Ogni volta che si parla di progetto e quindi anche di cose da cambiare, viene fuori in coca una tendenza pericolosa, da combattere: lo leggevo in faccia ai Capi che erano alla riunione di coca. È come se ogni proposta, come se ogni critica venisse fatta per gli altri e non per se stessi. È una tendenza pericolosa, che viviamo tutti, capigruppo compresi. Quella che fa dire ad ogni capo: "È buono ma non mi tocca", "Va bene ma io non c'entro". Scattano in noi, istintive, le difese verso il cambiamento. Non possiamo permetterci di "progettar facendo" come pensa qualcuno, ma non possiamo nemmeno fare dei progetti deterministici, in cui tutto può essere previsto. Non progettiamo un palazzo o una macchina. Abbiamo a che fare con situazioni che ci cambiano continuamente nelle mani. È come quando si gioca a scacchi. Prima di cominciare occorre avere un progetto e una strategia per giocare la partita, ma occorre anche cambiare strategia, tattica e mosse a seconda delle mosse dell'avversario. Quindi scegliamo con flessibilità la strada migliore, considerando sempre i vincoli che ci legano. Quest'anno avevamo fatto conto della disponibilità di Andrea per i lupetti, ma ha trovato lavoro a Milano. Quindi siamo nei problemi e dobbiamo vedere se lo possiamo sostituire. L'ha sostituito Francesco. La domanda fondamentale che ci faremo sarà: "La qualità di scoutismo" che possiamo prevedere per i lupetti, con le forze che abbiamo, è sufficiente? Se è una situazione accettabile e solo passeggera si va avanti. Se non ci sono sviluppi futuri si chiude e si mandano i ragazzi agli altri gruppi. Possiamo credere nei miracoli, quindi rischiare, ma non sulla pelle dei figli degli altri. L'analisi e l'evoluzione delle forze in campo è un vincolo troppo importante, fondamentale per programmare il presente e il futuro e cercare di risolvere le situazioni di emergenza. Pensiamo che Francesco, anche se è giovane, possa fare bene.



Da"Alice nel paese delle meraviglie"

"Vorrei andarmene"
"Ma dove vuoi andare?"
"Non lo so, non mi importa, mi basta andare"
"Senza sapere dove vuoi andare, non puoi in realtà andartene. Il tuo andartene vuol dire perdersi.
Per andare in un posto occorre prima di tutto sapere dove si desidera andare."



dal diario di Paola

LA BARCA A REMI

L'immagine della barca a remi mi è sempre piaciuta. La sua strada è determinata da tantissime forze, che sono le nostre, ma anche quelle della corrente, dei remi, della lunghezza e del peso della barca, della direzione che voglio prendere. Sono tutti vincoli. Non possiamo progettare senza considerare i vincoli. I nostri vincoli poi, come nella barca a remi, non sono tutti e sempre fissi: sono spostabili verso l'alto o verso il basso. Possiamo avere una situazione in cui il tempo dei capi aumenta o diminuisce. Ne dobbiamo tener conto. Se poi capitano degli imprevisti, il buon senso, le tradizioni e le soluzioni tampone ci fanno risolvere i problemi. Così come non possiamo considerare di progettare senza considerare che le risorse sono anch'esse modificabili. Per sostituire Andrea che è andato a Milano abbiamo utilizzato Francesco. Siamo tranquilli perché lo staff è preparato e Marta e Lucia hanno esperienza da vendere. Pensiamo che Francesco, dopo i campiscuola e un anno di esperienza, lo possa sostituire bene.



dal diario di Onorato

LA SCENEGGIATA NAPOLETANA

"Non ce la faccio! Il tempo è troppo poco!
E io, al solito gli rispondo:
"Il tuo tempo lo usi per cose che ritieni più importanti!".
Smettiamo di fare la sceneggiata del poco tempo, del sacrificio, della stanchezza. Tanto lo sappiamo benissimo che se un capo fa servizio è perché gli piace ancora e ci trova le motivazioni serie. Se questo piacere manca o queste motivazioni vengono a calare, siamo noi a dirgli di smettere. Nessuno deve fare il capo per forza. Neanche per emergenza e per sacrificio. Uno che non si diverte e non è convinto non convince nessuno, specialmente i ragazzi. Quindi smettiamola di recitare questa farsa!



PALETTI

Il capogruppo deve:
vigilare e qualche volta "obbligare" i capi a realizzare programmi di unità fedeli al Progetto
prendersi cura che la verifica delle attività di unità venga svolta sugli obiettivi del Progetto Educativo, sui risultati attesi, sulla fedeltà agli impegni da parte dei capi
garantire un sano equilibrio:
a - tra attività formative personali vissute nel territorio
b - attività formative di Coca
c - momenti associativi di formazione tra lavoro di Coca di gestione del gruppo e attività coi ragazzi.

Tutto questo a vantaggio dell'unico vero obiettivo della Coca: un efficace lavoro educativo verso i ragazzi del gruppo.



dal diario di Onorato

Il progetto educativo: il pavimento

Anche stasera ho detto a riunione che il nostro compito è quello di rendere concreto il progetto educativo della coca. Se penso a tutta la fatica che abbiamo fatto per farlo! Certamente non è stato tempo perso. È stata l'occasione per capire di nuovo, per entrare nei discorsi, per "vedere avanti": solo a questo serve il progetto. Progettare significa quindi vedere la strada che si deve fare. A volte ci dimentichiamo che lo scopo del progettare non è il progetto ma l'educazione e la crescita dei ragazzi. È un sogno che dividiamo in piccoli passi da fare assieme come Comunità Capi per migliorare la proposta educativa. Se il Progetto Educativo non c'è o non funziona, significa che non funzioniamo come Capigruppo, visto che questo è il nostro compito fondamentale. Noi abbiamo cercato di farlo agile, breve e concreto. Ci siamo detti che doveva stare tutto in due facciate di fogli da computer. Massimo, che ha la memoria lunga, voleva tagliare tutto quello che non si era riusciti a fare. "È inutile metterci quello che non faremo di sicuro!" ha detto. Si trattava del problema dell'inserimento nel territorio, che ogni anno ci mettiamo, per poi dirci che non ce l'abbiamo fatta. Io mi sono opposto e per fortuna con me si è opposta buona parte della coca. Il progetto è anche una scommessa e uno stimolo. Non è solo un atto notarile di quello che sappiamo fare, ma deve contenere anche quello che è giusto fare. E poi bisogna mettersi d'accordo sulle parole, anche quelle che ci sembrano più normali e tranquille. Mi ricordo che l'anno scorso, prima di partire a stilare il progetto, ci siamo chiesti, come coca, cosa significavano certe parole, quelle che formano il pavimento delle nostre scelte, Dio, il servizio educativo ai ragazzi, le motivazioni del servizio. Ne abbiamo approfittato per dirci quello che si pensava e, specialmente, quello che si viveva quando si dicevano queste parole. Entravano varie persone dal clan. È stato per noi un momento fondante della coca. La regola del gioco era questa: per le due sere che abbiamo utilizzato nessuno doveva parlare dei ragazzi: infatti, di fronte a questi problemi, abbiamo la tendenza a pedagogizzare, a nasconderci dietro ai ragazzi per non metterci in mutande, per non scoprirci. Su questa regola io e Paola siamo stati drastici e ha funzionato. Poi siamo andati a scegliere i capitoli, cioè le emergenze legate alla nostra situazione reale e le abbiamo divise tra gli obiettivi educativi per i capi e quelli per i ragazzi. Ne è venuta fuori questa lista:
· catechesi
· manualità
· rapporti tra i ragazzi
· avventura
· il territorio, vivere la città e senso politico

C'erano altre cose importantissime, ma queste erano le più urgenti e queste abbiamo messe nel progetto.



dal diario di Paola

IL PROGETTO EDUCATIVO E I PROGRAMMI

Io e Onorato si continua a rendere presente il progetto educativo nelle riunioni, nella progettazione delle attività e nelle verifiche. Anche se la cultura del Progetto Educativo è in buona parte entrata nei gruppi, c'è ancora la tendenza a sentirlo come uno strumento burocratico o un idolo intoccabile e quindi inutile, da dimenticarsene dopo averlo fatto, magari proprio perché abbiamo fatto troppa fatica a farlo. Fare il Progetto Educativo, verificarlo e rivederlo, utilizzarlo concretamente è una difficoltà, ma ti permette di sapere dove vuoi andare, e alla fine fa risparmiare tempo e fatica quando si opera con i ragazzi. Abbiamo fatto la scelta di scegliere obiettivi visibili e misurabili, certe cose che si fanno o no: se a catechesi abbiamo detto che si legge in EG tutto il vangelo di Luca, o l'abbiamo fatto o no. È chiaro che non si misura facilmente la qualità e l'efficacia della proposta. Ma se i ragazzi, "fisicamente" hanno letto il vangelo di Luca, lo possiamo sapere.

DOBBIAMO RIVEDERE IL PROGETTO EDUCATIVO

Abbiamo bisogno di rivedere il progetto educativo. Alcune ipotesi che avevamo fatto l'anno scorso ci sono saltate. Da che si voleva aprire il secondo branco adesso dovremo correre ai ripari per tenerne aperto uno. Il Progetto Educativo non deve diventare una gabbia rigida e poco flessibile, che non permette di adattarsi ai cambiamenti o alle situazioni che possono capitare: questo significa avere un collegamento emotivo e ideale ma anche concreto con la Comunità Capi, che permette di non arroccarsi mai sulle cose, ma di tenere sempre presenti i cambiamenti continui che avvengono in una situazione che è sempre in movimento, proprio perché i ragazzi e gli avvenimenti cambiano continuamente, come sta capitando a noi. Prendiamo quindi all'inizio dell'anno altre decisioni, ma ci domandiamo contemporaneamente se con un po' di coraggio ce la facciamo ugualmente o no, anche perché se vogliamo la perfezione e la sicurezza su tutto, non si fa nulla.
Che sia a volte un nostro difetto questa esigenza di volere le cose fatte alla perfezione e che ci sia tutto? Il rischio è di non muoversi mai, perché non avremo mai tutte le situazioni e le sicurezze che sarebbero necessarie.

FONDAMENTA. Il progetto educativo e il progetto del capo

Il problema più difficile da affrontare per il Capogruppo non sono certamente l'analisi della realtà o le attività concrete da programmare per i ragazzi ma la ricerca dei valori e i veri atteggiamenti che i Capi hanno verso di essi. Questa analisi dei valori è una grande occasione di approfondimento personale (es. idea sul lavoro, sui soldi, sulla morte, su Dio ecc.). Questi problemi e visioni dei Capi non entrano direttamente nel Progetto Educativo ma ne formano la base, perché sono le idee fondamentali che lo influenzano. Infatti l'analisi dei valori dei Capi è importante quanto quella dei ragazzi. Se poi il Progetto Educativo è diventato alla fine uno strumento troppo ideale e analitico, lo lasciamo poi nel cassetto, perché è solo uno strumento teorico; se è troppo superficiale rischia di diventare un inutile elenco di cose da fare e allora è diventato un programma. Per riuscire a fare il Progetto Educativo sono necessari nella Comunità Capi e in ciascun Capo una serie di prerequisiti che vanno razionalizzati prima di procedere. E sono quelli che sono dentro di noi e possiamo identificare con lo strumento del Progetto del Capo. Veronica dice che ogni volta che se ne parla gli dà ansia. Significa che stiamo sbagliando qualcosa: il progetto del capo non deve dare ansia. Quando lo affronteremo occorrerà tenere conto anche di questo aspetto.



NODI

Il nostro progetto educativo è

· Attuabile sì no
· Concreto sì no
· Verificabile sì no

Quindi alla fine del lavoro della stesura del progetto ogni Capogruppo, insieme con la Comunità Capi, si dovrebbe fare queste domande:
· se è realizzabile, anche se con fatica
· se è concreto anche se con l'utopia
· se è verificabile con l'onestà e la lealtà

Se la risposta a tutte tre è affermativa allora abbiamo fatto davvero un Progetto Educativo.
Altrimenti bisogna cambiarlo perché abbiamo fatto un'altra cosa.

SVILUPPO E FASI

Diventa importante per il Capogruppo organizzare con la
Comunità Capi lo sviluppo e le fasi della progettazione
del Progetto Educativo. Significa stabilire assieme:

· le fasi della progettazione fino al documento finale e alla presentazione
· i tempi per l'ideazione e le riunioni di Comunità
· Capi necessarie e i fine settimana
· la durata per l'attuazione e i tempi e i modi della verifica

Il Progetto educativo, secondo l'esperienza e l'elaborazione fatta propria dall'AGESCI, si articola nelle seguenti fasi:
· Come sono i ragazzi ora?
· Come vorrei che i ragazzi fossero?
· Come faccio a farli diventare come vorrei?

la Comunità Capi si interroga su se stessa usando il:
· patto Associativo
· analisi d'ambiente
· definizione degli obiettivi (ragazzi Capi territorio)
· definizione delle priorità
· analisi delle forze
· redazione dei programmi
· verifica (tempi e modi)

ATTENZIONE!

Oltre che essere leggibile da tutti, il documento finale dovrebbe essere anche sintetico e scarno. Non occorrono le dissertazioni culturali e nemmeno le analisi sociologiche. Deve essere in possesso di tutti di tutti i Capi.



dal diario di Onorato UNA RIUNIONE DI COCA CHE HA FUNZIONATO Ha funzionato!
Abbiamo chiesto ai capi appena entrati in coca di organizzare una riunione sui problemi che suscita il Patto Associativo e confrontarli con le risposte dei più anziani della coca. È stata un'occasione per tutta la Comunità Capi che si è interrogata sulla sua adesione al Patto Associativo, sul suo modo di vivere la proposta di fede, sul suo modo di vivere la scelta educativa come scelta politica. Vengono riverificati i fondamenti del Metodo, non come teoria ma come pratica nel nostro Gruppo. Praticamente la domanda fondamentale è nella lettura dei valori in cui la Comunità Capi crede e nella verifica del divario della situazione concreta.



GRUPPO ROSIGNANO 1
Progetto di Coca
1. MIGLIORARE LA CONOSCENZA DEL METODO
APPROFONDIRE ALCUNI TEMI DI METODO CHE RIGUARDANO: L/C E/G R/S
Come?
- Riunioni di trapasso nozioni a tema (da scegliere) per branche organizzate dai capi a disposizione.
- Riunioni a tema di Coca su vari argomenti (Temi proposti: catechesi sacramentale dei bambini / ragazzi - Progetto del capo - Parlare dei ragazzi).
- Riunioni di Zona di branca
- Riunioni di Coca di Zona: Uscita di Zona
- Confronto sul tema della diversità nello scoutismo (handicap)
- Verifica P d.C.
- Campi Scuola / - Manuali di metodo
- incontri per i tirocinanti
APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DELLE STRUTTURE AGESCI
Come?
- Riunioni a tema
- Stampa associativa
- Partecipazione ad eventi di Zona e Regionali (es. Assemblee)
- Partecipazione al Comitato di Zona (Luca Arzilli)
- Partecipazione ai Consiglio di Zona (Luca Bolognesi e Rita Falagiani)
ACQUISIRE MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA DEL PROPRIO SERVIZlO
Come?
Confronto sul tema "il Servizio" - Attività sulla motivazione al Servizio

INDICATORI DI VERIFICA (Come si considera raggiunto un obiettivo?)
- Nº dei partecipanti a campi scuola o ad eventi di formazione (ottimale se i nuovi entrati hanno partecipato tutti ad un campo scuola, gli altri ad un evento di formazione)
- N° di riunioni di trapasso nozioni organizzate (almeno 2 per branca)
- Partecipazione alle riunioni di branca di Zona
- I capi durante l'anno hanno imparato qualcosa di nuovo? Che cosa?
- Ci siamo posti delle domande sulla motivazione al Servizio?
- Abbiamo sciolto alcuni nodi, risolto alcuni dubbi di metodo (vedi argomento della diversità nello scoutismo)
- Grado di partecipazione agli eventi (assemblee zonale e regionale)



dal diario di Paola
L'OMBRELLO E ANALISI DELL'AMBIENTE
Abbiamo deciso che all'inizio conviene cominciare l'analisi da soli, senza apporti esterni alla coca, per cominciare ad entrare nel problema. Poi si coinvolgono i ragazzi (modi tempi strumenti adatti all'età), e i genitori: sono un osservatorio importante: è necessario tener conto delle loro valutazioni, provocarle e accettare suggerimenti. Si incontreranno altri giovani anche di altre associazioni, e anche la Parrocchia, che ha un Progetto Pastorale che parte dall'analisi d'ambiente. Occorre che noi troviamo e sfruttiamo quello che è già stato fatto. Enrica ha ricordato l'errore dell'altro progetto educativo, quando ci abbiamo messo così tanto tempo, specialmente per fare una bella analisi d'ambiente, mentre nel frattempo i ragazzi e le situazioni sono cambiate.
Questo l'elenco delle persone da incontrare, anche assieme, per non utilizzare troppe serate:
· parroco
· catechisti
· responsabile caritas
· un responsabile della circoscrizione politica
· un assistente sociale
· un insegnante significativo che insegna da tanti anni nel quartiere
· …

RICORDARSI DI PRENDERE IN CONSIDERAZIONE:

· aspetto numerico
· rapporto ragazzi-ragazze
· capi\assistenti,
· dinamica dei passaggi di Unità,
· durata del servizio dei Capi,
· criteri per la nomina di nuovi Capi,
· disponibilità di tempo di Capi, loro punti di forza e di debolezza ecc.


ALLA FINE IL RAPPORTO CHE C'E' TRA IL PROGETTO E IL PROGRAMMA E' LO STESSO CHE C'E' TRA IL PENSARE E IL FARE



dal diario di Onorato

AGITARSI. LA DISPONIBILITÀ DEI CAPI E IL FUTURO DEL GRUPPO

È perfettamente inutile agitarsi. I nuovi capi al massimo ti possono dare la disponibilità per un anno, perché non sanno nemmeno loro cosa faranno l'anno prossimo e non se la sentono di impegnarsi su tempi lunghi. Se fanno l'università le cose poi si complicano. Se sono seri va tutto bene, e si organizzano in funzione degli esami e presumibilmente pensano guardando agli anni della laurea, e quindi si immaginano abbastanza stabili. Noi ci ricordiamo ancora di qualcuno che al momento degli esami si eclissava. Da noi, nella staff e/g tendono a lavorare tutti di staff, con pari impegni e dignità, così, possono sterzarsi gli impegni tra l'uno e l'altro. Questa è la realtà ed è inutile agitarsi. Se aspetti che tutti i capi abbiano risolto i loro problemi di lavoro e di famiglia, quando quindi le situazioni sono stabilizzate e uno, con una certa sicurezza, può dire cosa farà fra qualche anno, non esisterebbe nessun gruppo. D'altronde quello che chiediamo ad un capo, in termini di tempo e di fatica emotiva, è fuori da ogni parametro di "normalità" ai nostri tempi. Il rischio, che occorre evitare, è quello dei capi che per fare bene servizio fanno male il loro dovere. Dovremo prendere una decisione di coca. Sarà un lavoro di verifica in occasione del progetto del capo: chi è nella situazione di non fare il proprio dovere di lavoro o di studio, è bene che si prenda una pausa dalla coca. Noi ci arrangeremo, eventualmente lasciamo a casa i ragazzi, ma non è giusto che uno si rovini per gli scout. Nella realtà, spesso, vedi che i più impegnati sono anche quelli che riescono a conciliare tutti gli impegni, magari con sacrificio, ma anche con l'intelligenza di essere molto avari nel buttare via il tempo. Questi capi diventano spesso le persone più stimolanti in coca, perché non ti permettono di buttare via il loro tempo. C'è Francesca che è così. Non accetta che si butti via il tempo, sia nelle riunioni sia nelle altre situazioni e diventa uno stimolo costante per noi capigruppo. Per lei il tempo è sacro. E noi che organizziamo il tempo degli altri dobbiamo rispettarlo al massimo.



NODI

· Discorso sull'incertezza delle forze future
· Occorre conviverci e accettare questa realtà o non affidare a questi capi i ragazzi?
· C'è il rischio di avere capi più strutturati ma più vecchi e a volte meno motivati?
· È giusto che i ragazzi abbiano come capi degli educatori a tempo parziale?
· È giusto rischiare la famiglia o i rapporti o il lavoro per colpa degli scout?
· Come fare ad educare all'uso intelligente del tempo?

dal diario di Paola

...E SI VALUTANO LE RISORSE

Ci siamo chiesti in coca quali erano le nostre risorse. Non mi ricordo perché siamo andati su questo discorso, ma mi sembra che qualcuno ha detto che prima di progettare era bene capire con quali risorse ci si muoveva.
Le risorse sono le persone della Comunità Capi insieme con il tempo che abbiamo promesso di dedicare al servizio educativo dei ragazzi. È una risorsa l'esperienza e la nostra preparazione legata anche alla formazione capi che abbiamo completato. Veronica dice che fanno parte delle risorse anche quei ragazzi che noi vediamo in prospettiva come adatti a fare i capi. Non abbiamo voluto aprire il solito tormentone della funzione del clan, che non è una fucina di capi per l'associazione, ma è sbagliato non tener conto, almeno come desiderio, di ragazzi che vediamo che dopo la partenza faranno la scelta di fare i capi dell'associazione.
Sandro dice che anche i genitori sono una risorsa, specialmente il loro atteggiamento verso di noi. Dice che noi scout abbiamo la tendenza a considerare i genitori un impedimento e non una risorsa da sfruttare per certe situazioni. È una risorsa anche l'atteggiamento dei genitori verso di noi, se è positivo e i rapporti positivi della Parrocchia e le pubbliche relazioni, che vuol dire anche le persone che ci stimano e ci aiutano. È una risorsa anche la sede e tutto l'apparato logistico nostro, della parrocchia e dell'associazione.



PALETTI

Le risorse non in ordine di importanza

· Sede
· Tempo dei capi
· Capacità educativa dei capi
· Esperienza
· Fama
· Rapporti con l'esterno positivi
· Possibili capi futuri
· Atteggiamento dei genitori
· Fama che abbiamo nel territorio



dal diario di Paola

I GENITORI ARRABBIATI E OFFESI

Siamo stati proprio superficiali! Abbiamo fatto una grossa stupidaggine! Abbiamo presentato ai genitori il progetto educativo ieri sera. Tutto bene e corretto in teoria! Abbiamo parlato di ambiente degradato, di famiglie che propongono ai ragazzi valori diversi e contrari ai nostri. Ma non ci siamo posti il problema che l'analisi dell'ambiente, che parla dei genitori, anche se a livello generale, dei loro problemi, delle carenze di certe famiglie, certamente poteva portare a reazioni come ieri sera. Alla gente non piace essere giudicata in quello che è o in quello che pensa.. Ci siamo un po' barcamenati, ma l'errore c'era. Dobbiamo essere elastici e intelligenti a presentare certe analisi ai protagonisti. Questo non significa non dire la verità ma solo stare attenti a non scatenare polemiche perfettamente inutili. Dopo la riunione con i genitori ogni capo aveva l'incarico di raccogliere dal maggior numero di genitori con cui era in contatto le "impressioni di ritorno" (suggerimenti, smentite, disponibilità). Non abbiamo raccolto molto perché il clima non era giusto. Se ne parlerà alla presentazione dei campi estivi, quando il clima sarà certamente migliore e si opererà a livello personale tra capi e genitori. Occorre fare due versioni del progetto educativo, una per l'esterno e una per l'interno? Penso che alla prossima occasione ci porremo il problema. Non so cosa faremo.
D'altronde il progetto nostro educativo vogliamo farlo conoscere: abbiamo cercato di trasformarlo in uno strumento di pubbliche relazioni, da far conoscere ai genitori, alle associazioni, agli enti locali e a tutte le associazioni vicine, specie nella parrocchia. Onorato ha ragione: dice che se la gente ci chiede delle cose sbagliate è perché pensa cose sbagliate di noi ed è colpa nostra. Il progetto educativo deve diventare uno strumento utile per far sapere agli altri quello che siamo veramente.
Per fortuna il capitolo sulla parrocchia era tranquillo.



PALETTI

A chi presentare il Progetto?

· alla parrocchia
· ai genitori
· alla Zona
· ai gruppi attivi nell'area del volontariato
· ad altre associazioni
· alla circoscrizione o al comune



dal diario di Onorato CE LA SIAMO VOLUTA: I GENITORI ARRABBIATI Ieri abbiamo avuto la reazione arrabbiata dei genitori e ce la siamo voluta. A volte ci sono analisi e notizie che non sempre è opportuno divulgare e spesso certe analisi d'ambiente diventano offensive e comportano le reazioni risentite dei genitori. È anche un discorso di rispetto della privacy. D'altronde, presentare il Progetto Educativo è importante, perché mostra ai genitori che non siamo gente che fa solo giocare i loro figli. La stessa cosa vale per il Consiglio Pastorale e diventa, oltre che strumento di rapporto concreto, anche occasione di confronto con il Progetto Pastorale della Parrocchia. La prossima volta non faremo questo errore.


PALETTI
È sempre meno significativa la provenienza territoriale e più importante la provenienza sociologica. di solito i nostri ragazzi sono molto simili tra di loro perché sono simili le famiglie di provenienza, di solito del ceto medio e comunque gente che si è fatta la domanda educativa. quindi i valori e le situazioni sono simili per tutti gli scout da qualsiasi parte della città o del paese provengano. chiaramente a questa regola ci sono le eccezioni, specie per i quartieri nei quali l'omogeneità è data dall'emarginazione.



dal diario di Paola

I PROGETTI DI UNITÀ

La scorsa riunione di coca abbiamo verificato i progetti delle unità. L'abbiamo fatto assieme, anche per sottolineare che la base del progetto di unità era il progetto educativo. Ogni staff ne aveva una copia e hanno cercato di pensare le attività di branca per rispondere, nella programmazione, agli obiettivi concreti del progetto. Alla bozza presentata dalle branche hanno lavorato le altre branche. Alla fine ci sono state le spiegazioni. Ha funzionato, anche per sottolineare che è ora di capire il metodo nella sua completezza, non solo nella propria branca.

USCITA DI VERIFICA DEL PROGETTO EDUCATIVO

Siamo ritornati dall'uscita di coca per la verifica del progetto educativo. Abbiamo voluto farla prima dell'inizio delle attività con i ragazzi. In coca abbiamo deciso che prima ci diamo il tempo per fare una vera verifica, che vuol dire anche riprogettare e vedere cosa si può migliorare, poi si aprono le unità. Praticamente c'eravamo tutti. Abbiamo creato un clima di gioco e di serenità in uscita, per discutere meglio. Io penso che il clima, lo stare bene assieme, favorisce l'accoglienza dell'altro, delle sue idee e del suo modo di fare. Io e Onorato ci siamo detti che tutto il tempo che si usava per creare il clima giusto poi lo recuperavamo nella discussione e nello scambio delle idee. L'abbiamo detto a tutti i capi: era un momento troppo importante di crescita per mancare. Abbiamo voluto che la verifica del Progetto fosse frutto del contributo di ciascun capo della Coca.
Tutte le decisioni e gli obiettivi sono stati condivisi e discussi. Si supera la dimensione del singolo e si fa uscire la dimensione comunitaria. Il progetto sarà tanto più valido e attuato concretamente quanto più sarà stato partecipato. Abbiamo ottenuto che ogni capo lavorasse in maniera serena, accettando anche i limiti propri e di tutti, con un atteggiamento di pazienza. Queste affermazioni sembrano teoriche ma nel lavoro del Capogruppo diventano gesti, climi, attenzioni perché il momento venga sentito dalla Coca come fondamentale. Un pericolo che abbiamo avuto, ma per fortuna l'avevamo previsto io e Onorato, era il rischio dei sapientoni e di coloro che hanno le soluzioni e sanno già tutto. Questo rischio di saper già tutto è implicito ogni volta che si vuol approfondire qualche argomento. Il rischio è il solito: il rapporto tra chi ha esperienza e chi no. Bisognerà arrivare a che tutti riescano a dire la loro. Ma i giovani capi hanno ancora una specie di rapporto di dipendenza psicologica dai loro vecchi capi. Se il rapporto è stato buono ed è rimasta la fiducia e la stima, le cose si possono risolvere. Invece se il rapporto è stato conflittuale, il conflitto si riporta in coca. L'importante che il clima e l'atteggiamento sia quello della ricerca del nuovo, del più profondo, del superamento del livello banale e superficiale e di quelle cose che riteniamo così risapute che non vale la pena discuterci. L'attenzione è proprio verso quello che è sicuro e tranquillo, perché il Progetto Educativo diventa occasione per ridircelo e spesso diventa anche strumento di nuova visione delle cose vecchie, specialmente se sono viste da altre persone che la Coca incontra per questo scopo.



dal diario di Onorato

I POSTI HANNO UN'ANIMA

Non è stato indifferente il posto che abbiamo scelto per l'uscita di coca. Il fatto di aver vissuto la giornata al ritmo della preghiera delle monache di clausura di Guardistallo, il fatto di vivere in quel luogo di silenzio e di preghiera ci ha certamente aiutato. I posti sono strumenti educativi. Noi lo sappiamo bene quando portiamo i ragazzi in montagna o nel bosco. Anche quel luogo l'abbiamo scelto bene, in funzione di quello che si doveva fare. Abbiamo potuto utilizzare il deserto come metodo di ripensamento personale, e ha funzionato. Avevo ottenuto dalle monache di poter usare una parte lontana dai visitatori, per cui non ci sono state distrazioni, e la necessità di obbedire al ritmo che ci dava la campana del monastero, che invitava alla preghiera delle ore, era diventata uno stimolo a non perdere tempo e a concentrarci nella ricerca delle soluzioni.



PALETTI

UN'IPOTESI SUI TEMPI DI REALIZZAZIONE DEL PROGETTO EDUCATIVO

· analisi della situazione del Gruppo analisi d'ambiente - riunione lunga di Comunità Capi
· incontri con coloro che conoscono il territorio - due riunioni
· riferimento ai valori - fine settimana in uscita di Comunità Capi - occasione di revisione e verifica del progetto del capo
· aree di impegno prioritario - una riunione di Comunità Capi
· presentazione dei programmi di Unità - tre riunioni di Comunità Capi, una per Branca più una parte di riunione per la presentazione del programma di riunioni di formazione permanente di Comunità Capi - verifiche - eventi quanti sono le aree di impegno prioritario
· presentazione del progetto ai genitori - un incontro dei genitori di Gruppo



dal diario di Paola

IL POTERE NELL'AGESCI E L'ASSEGNAZIONE INCARICHI

Strana cosa il potere in Agesci! Siamo come delle isole, delle città stato, in cui ci sono dei rapporti con gli altri, ma la coca è sovrana e i capi unità sono sovrani, salvo dare relazione alla coca, fino a che si fida di loro. Ieri sera abbiamo deciso di assegnare gli incarichi. Ci sono pochi momenti in cui possiamo esercitare il nostro potere come Capigruppo. Uno dei momenti veri è l'assegnazione degli incarichi per le unità. Ieri sera il momento della verifica delle Unità, è divenuto occasione di verifica della conduzione e delle scelte educative dei Capi. In questo momento importantissimo il ruolo di noi capigruppo diventa fondamentale. Le persone dichiarano la loro disponibilità possibilmente per i tre anni, ma gli incarichi di servizio durano sempre un anno, ed è fondamentale che la Comunità Capi si riappropri del diritto-dovere di riassegnare ogni anno gli incarichi. Chiaramente, prima del mandato, c'è stata la verifica puntuale di come le cose hanno funzionato, considerando sempre che i ragazzi del Gruppo e delle Unità sono sotto la responsabilità di tutta la Comunità Capi e non di un Capo o di uno staff. Questo significa che tutti possono dire tutto e intervenire su tutto. Veronica diceva che lei con i lupetti non ci poteva lavorare. Lei sa lavorare bene con i ragazzi più grandi, della Branca Rover. Noi si prova ad accontentarla, anche se le esigenze e i problemi più grossi erano nello staff del branco. Nell'assegnare gli incarichi è abbastanza difficile riuscire a conciliare quelli che sono gli interessi personali e le attitudini per una certa Branca con le esigenze del Gruppo. Sono due necessità e due rischi contrapposti da valutare bene e da conciliare: il rischio che un Capo possa fare il suo servizio solo per quello che è necessario al Gruppo o che faccia solo quello a cui è portato. Quando la Comunità Capi ha affidato l'Unità ad un Capo significa che si fida. Questo comporta che, a parte le verifiche continue o le osservazioni e gli aiuti che ci diamo l'un l'altro, nessuno interferisce tra il Capo e i ragazzi di fronte ai ragazzi. Tutte le osservazioni, le critiche, quello che si viene a sapere, passa dai Capi e tra i Capi. I ragazzi e i genitori possono trattare o con lo Staff o per problemi generali col Capogruppo. Ma ieri Gigi ha visto dei ragazzi che litigavano fino a rischiare di picchiarsi. Non erano suoi ragazzi. Si è domandato se doveva intervenire. Ma i ragazzi non sono di nessuno in particolare. Sono dei loro genitori e al massimo del gruppo. Abbiamo detto che un problema di una Branca o un comportamento dei ragazzi è problema di ciascun membro della Comunità Capi e interviene il Capo presente, in mancanza dei Capi della Branca quando qualcosa non va, Gigi quindi doveva intervenire.
Ieri sera non abbiamo fatto il tristissimo cartellone con le disponibilità. Dobbiamo inventare una cerimonia per il mandato educativo, che viene affidato in maniera formale e con le motivazioni a quella certa persona. La faremo in chiesa.



Il primo e più importante incarico da assegnare è quello del capogruppo. Solo dopo si comincia a pensare alle branche.

LE FORZE IN CAMPO

Le forze sulle quali poter contare sono:
· i Capi che abbiamo
· le persone che pensiamo di poter reclutare dall'esterno, gli extrassociativi
· i ragazzi che hanno preso la Partenza dal Clan e che hanno manifestato liberamente e senza spinte e ricatti psicologici la volontà di svolgere un servizio educativo in Associazione
· i capi a disposizione che hanno la possibilità di rientrare a fare un servizio



dal diario di Onorato

IL PESCE E L'ESCA

Da qualche tempo le liste di attesa dei ragazzi sono quasi sparite. Noi ce lo spieghiamo con il calo delle nascite, ma è una stupidaggine, perché la nostra percentuale di ragazzi sul totale è così piccola, che il calo delle nascite influenza pochissimo. Che sia finalmente venuto il momento in cui ci dobbiamo cercare i clienti? Finalmente si passa da essere bottegai che aspettano i clienti in bottega e diventiamo ambulanti, che i clienti se li vanno a cercare per le strade.
Comunque qualcosa sta succedendo se non ci cercano. O la nostra immagine si è appannata e quello che facciamo non attira più i ragazzi e i genitori, oppure stiamo proponendo un'esca che non attira più il pesce. E per prendere il pesce, per agganciarlo gli va data l'esca che vuole lui. Lo sappiamo bene noi che si vive in una città di mare!



NODI

Perché c'è un calo nella domanda di scoutismo da noi? Perché è diventato sempre più importante avere la branca l/c per il reclutamento?
Quali sono i problemi e le agenzie educative che ci fanno concorrenza?
Quali aree dobbiamo battere per diventare ambulanti piuttosto che bottegai?



UN ESEMPIO DI VOLANTINO DA AMBULANTI PER I GENITORI
(l'abbiamo distribuito alle messe e davanti alle scuole)
AGESCI Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani - Gruppo di …

LA CARENZA PIÙ GRANDE
SONO GLI ADULTI SIGNIFICATIVI
PER I RAGAZZI
UNA MANO
UN AIUTO
PER EDUCARE
TUO FIGLIO?
NON FACCIAMO MIRACOLI,
MA CON IL METODO SCOUT
I FRUTTI LI RACCOGLIAMO
NELL'ETÀ DEI PROBLEMI
E ANCHE UN PO' PRIMA
SI SONO RESI DISPONIBILI ALCUNI POSTI PER RAGAZZI E RAGAZZE DEL QUARTIERE DI ETÀ SCUOLA MEDIA ED ELEMENTARI.
PER ULTERIORI NOTIZIE TELEFONARE A
FRANCESCA tel…
MASSIMO tel...

QUESTO IL VOLANTINO PER I RAGAZZI (davanti alle scuole, nei posti di gioco e alle messe)
AGESCI Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani Gruppo di …

GIOCARE CON GLI AMICI IN BANDA
VIVERE AVVENTURE NEI BOSCHI E SULLE MONTAGNE
IMPARARE AD ARRANGIARSI NELLE SITUAZIONI DIFFICILI
AVERE DEGLI AMICI ADULTI CON CUI PARLARE
AVERE L'OCCASIONE DI PENSARE
SI SONO RESI DISPONIBILI ALCUNI POSTI PER RAGAZZI E RAGAZZE DEL QUARTIERE DI ETÀ SCUOLA MEDIA ED ELEMENTARI.
TI INTERESSA?
PER ULTERIORI NOTIZIE TELEFONARE A
FRANCESCA tel. MASSIMO tel.


dal diario di Paola

LE ISCRIZIONI

Ci siamo dati i criteri per le iscrizioni. Ci siamo accorti che molti ragazzi venivano da fuori zona e troppi erano figli di scout. Siccome nel nostro progetto educativo c'era l'obiettivo di radicarsi di più nel quartiere, abbiamo deciso di favorire le iscrizioni dei ragazzi che abitano vicino e di cercarci un po' di problemi. Cercheremo i ragazzi con situazioni di emarginazione. Andremo a cercare i ragazzi che non ci cercano, nei cortili e per le strade e nelle scuole. Anche perché normalmente i genitori che cercano gli scout hanno risolti i problemi vitali del mangiare e della casa e possono interessarsi dei problemi educativi. È per questo che abbiamo più facilmente i figli degli impiegati e dei professori piuttosto che i figli di genitori che vivono situazioni problematiche. Anche i primi ad uscire dagli scout sono proprio quelli che hanno più bisogno di noi. È un problema che dovremo affrontare. Una Comunità Capi eterogenea e un gruppo di ragazzi di provenienza eterogenea sono una ricchezza grande per il nostro Gruppo, anche perché i problemi e le difficoltà con i ragazzi sono il sale del nostro metodo, che è nato per i ragazzi di Londra che adesso si chiamerebbero "caratteriali". Riguardo alle liste di attesa occorre dare dei criteri di gestione, in modo che non si facciano delle ingiustizie. Abbiamo deciso di lasciare un paio di posti per le situazioni di emergenza che non si possono rifiutare assolutamente. I criteri delle iscrizioni fanno parte del Progetto Educativo, anche perché analizzano le possibile scelte di sviluppo e di chiusura, per cui si fanno le scelte relative riguardo alle iscrizioni.
Da noi i vincoli numerici sono tassativi e i regolamenti di branca ci sono veramente utili per evitare che facciamo degli errori metodologici madornali, specie nella programmazione delle età dei ragazzi, che deve essere fatta in maniera organizzata e razionale e considerando anche la programmazione a lungo termine e il passaggio da una branca all'altra... con un po' di elasticità.

LA MANUALITÀ

I ragazzi lo scorso campo estivo hanno fatto delle costruzioni al campo che facevano pietà. Sembrava che solo pochi sapessero fare un nodo quadrato decente e c'è stato un grosso spreco di materiali. Abbiamo vissuto una carenza nella proposta della manualità. Sarà bene che la Coca lavori anche manualmente o comunque i singoli Capi approfondiscano questa problematica con le parole e con le mani. Noi continuiamo a dare ai capi le date dei campi di specializzazione per i capi e per i ragazzi, che possono dare queste abilità. Spesso, infatti, le difficoltà e le carenze che si vedono nei ragazzi sono le carenze che vivono i Capi, anche se ad un altro livello. Nella nostra storia di scoutismo ci sono troppe parole e troppi pochi nodi e occasioni per usarli?
Organizzare delle serate ora et labora? Serve davvero?



Verificare non è solo andare a cercare i difetti e gli errori, ma anche vedere le cose buone che abbiamo fatto e che hanno funzionato per ripeterle magari in altri ambienti e contesti, analizzando anche le ragioni che le hanno fatte funzionare.


dal diario di Onorato

LA VERIFICA DELL'USCITA DEI PASSAGGI

Abbiamo fatto la verifica dell'uscita dei passaggi. Dopo un'attività ci chiediamo: "Com'è andata?" e la risposta normale è: "Bene!", che è la classica espressione che non significa niente, anzi che significa soltanto che non sono successe cose stravolgenti o non ci sono stati particolari cambiamenti. Ma la domanda che ci siamo fatti ieri sera era un'altra: "Quello che abbiamo fatto nell'uscita dei passaggi è fedele al Progetto Educativo? Abbiamo ottenuto quello che ci eravamo proposto?".
Verificare significa valutare e valutare è un sistema molto serio di maturazione per noi adulti. Quindi la valutazione di un'attività non è assolutamente il finale noioso e inutile di un'attività ma è un momento formativo. Abbiamo previsto un momento personale di silenzio. Questo ha permesso a ciascuno di elaborare delle idee personali ed evitare che i leader parlino per primi e poi tutti gli altri si adeguano. Questo momento di silenzio ci dà la possibilità della maturazione, che non succede se cominciamo in modo "democratico". Noi capigruppo facciamo iniziare gli interventi nel cerchio dalla parte opposta dei capi con più esperienza. La valutazione di qualsiasi cosa deve comprendere sempre i due momenti, quello individuale, delle impressioni personali e quello della messa in comune di tutte le osservazioni. È chiaro che nella valutazione rientrano tutti gli obiettivi del programma, che ha tenuto conto degli obiettivi del Progetto Educativo. E' logico che le verifiche di Unità vengono precedute e preparate dalle verifiche puntuali fatte alle riunioni di Staff. Questo comporta una maggiore chiarezza nel momento della riunione e permette di approfondire le cose più importanti. Noi usiamo partire dalle cose che hanno funzionato e che sono andate bene: poi lo Staff racconta le cose che non sono andate e cerca e discute i rimedi. In Coca arriva un argomento già un po' digerito e affrontato. Il pericolo è che lavino i panni sporchi in famiglia, se vivono un clima di critica e di tribunale. D'altronde non dobbiamo aver paura di valutare le situazioni che sono andate male per paura di creare frustrazioni. Il mio compito non è quello di fare il papà o la balia, ma di aiutare degli adulti a sopportare anche delle situazioni negative. Se un giorno voglio sapere come sono andate veramente le cose, ho anche altre strade, che ho già detto agli staff, quella dei ragazzi e quella dei genitori. Ma queste strade le userò solo il giorno che avessi dei dubbi sulla lealtà dei capi, e sarebbe un giorno veramente triste.



PALETTI

Verifiche del clima di Unità

I RAGAZZI TRA DI LORO

· sono amici anche fuori dell'Unità?
· rapporto tra grandi e piccoli- come si vive?
· stile - dobbiamo sviluppare una tradizione di stile?
· parolacce - qual è l'atteggiamento di noi Capi?
· Picchiarsi - succede? tra chi? sono sempre gli stessi? Quali sono le situazioni che scatenano il picchiarsi e il litigare? In quali momenti particolari? Cosa stanno facendo i capi in quel momento?
· clima del gioco lealtà - troppa foga? dobbiamo fare dei giochi più calmi d'ora in poi?
· qualche genitore si è lamentato perché il ragazzo è stato picchiato dai compagni?
· Abbiamo situazioni di ragazzi presi di mira dai compagni? Cosa facciamo noi capi?
· qualche genitore si è lamentato perché il ragazzo è stato preso in giro dai compagni?
· nei momenti comunitari di discussione o nei battibecchi tra i ragazzi sono usciti episodi di emarginazione?
· sappiamo chi sono i " ciccioni " dell'Unità? quelli presi in giro? (pericoloso credere che perché reagiscono sorridendo va tutto bene) - Cosa facciamo per loro? Come dobbiamo intervenire per difenderli e non emarginarli?
· i ragazzi partecipano a tutte le attività o ne scartano alcune?



dal diario di Onorato

VERIFICHE DIFESA E ACCUSA

Noi spesso ci diciamo con Paola e don Francesco che se per ogni riunione usiamo la stessa tecnica vuol dire che non sappiamo fare il nostro mestiere. Allora abbiamo inventato una bella tecnica per la verifica che unità. È il momento in cui servono i progetti e i programmi. Si verifica punto per punto il progetto e si dà un giudizio spassionato su come è andata. Occorre che stiamo attenti che non si crei il clima di difesa o di accusa. Portano solo alla non verità e solo inutili. Quindi si tratta di trovare le tecniche di animazione che portino agli stessi risultati senza che ci si trovi in stato di accusa, pronti comunque a far risaltare le cose belle per migliorarle e gli errori di ciascuno e trovare i modi per risolverli.
Come evitare il noioso racconto delle attività, che spesso interessa solo chi le ha vissute?

Noi usiamo vari tipi di verifica:

le verifiche veloci
Sono momenti di verifica che servono a far percepire quello che sta succedendo e come è recepito da chi partecipa al lavoro. Sono immediate e legate maggiormente a fattori emotivi, ma sono in grado di determinare subito se l'attività sta avendo successo. Se l'attività ha un tempo più lungo di realizzazione, si prevedono alcuni momenti in cui ci si possa esprimere cosicché chi non si sente coinvolto possa manifestare il proprio malcontento.

le verifiche intermedie
Possono essere utilizzate se l'attività è lunga (progetto educativo, attività di catechesi) o se si ha nettamente la sensazione che qualcosa non stia funzionando (ad esempio a seguito di una verifica veloce). Questo momento è maggiormente strutturato, in quanto può e deve, se si verificano le condizioni, portare la coca a correggere le modalità di lavoro, le strategie/mete, o, addirittura, a ridefinire gli obiettivi.

le verifiche conclusive
Si possono prevedere due momenti con finalità diverse:
verifica a caldo: momento di verifica veloce da effettuarsi immediatamente alla fine di un'attività. Serve a far esprimere il vissuto emotivo di chi ha partecipato all'esperienza, dando priorità alla parte più spontanea e a ciò che è percepito globalmente (mente, corpo, spirito). Mette maggiormente in evidenza il "come” si è lavorato;
verifica a freddo: momento più ragionato in cui vi è più spazio per ragionamenti che siano stati elaborati nel frattempo e maggiore attenzione al "cosa" si è fatto e al "perché". È importante prevedere un momento di intervallo tra la fine dell'attività e la valutazione della stessa.
Se ci pensiamo bene, strumenti importanti del nostro metodo quali il consiglio della rupe, il consiglio della legge, la verifica comunitaria, il progetto del capo, la stesura del progetto educativo o dei programmi di unità, Coca, ecc., sono di fatto momenti di valutazione e verifica.
Noi cerchiamo di usare tecniche di animazione che portano a sentirsi liberi di comunicare il proprio Pensiero, a sentirsi ascoltati ed accettati dagli altri in un'ottica di condivisione e correzione fraterna.

LE VERIFICHE DEL COMPORTAMENTO DEI CAPI

Sul versante del rapporto strettamente educativo verso i ragazzi, possiamo farci queste domande:
· evitiamo le ironie?
· educhiamo al silenzio?
· partiamo dal bene facendo un divieto?
· parliamo ai ragazzi?
· parliamo con i ragazzi?
· facciamo parlare i ragazzi fra di loro?
· mostriamo come si fa?
· controlliamo come fanno?
· facciamo mettere in pratica quello che sanno?
· facciamo vivere l'esperienza scout come un fatto personale?
· battiamo spesso sulle motivazioni?
· riusciamo a far capire che è accettabile essere differenti e che hanno diritto all'errore?
· come aumentiamo in ciascuno la fiducia in sé?
· creiamo un clima in cui ciascuno è accettato e rispettato?
· riusciamo a trasmettere la gioia della scoperta e del gioco e dell'avventura e del servizio?
· favoriamo l'autovalutazione?
· favoriamo il confronto delle idee?



dal diario di Paola

LA FRASE VIETATA. LE NOSTRE VERIFICHE

Da noi c'è una frase vietata: « ... allora, come è andata?»
Può estraniare coloro che per carattere sono poco portati ad esporsi o coloro che hanno un'impressione negativa. Le tecniche di animazione che utilizziamo hanno l'obiettivo di coinvolgere tutti.
Noi di solito si comincia con quest'altra domanda: "Cosa ha funzionato?".
Solitamente siamo abituati a trovare i difetti e facciamo fatica ad evidenziare i risultati migliori. È necessario sottolineare, comunque, gli aspetti positivi, le cose che hanno funzionato, anche se è andato male qualcosa, o si è insoddisfatti di come è andata complessivamente.
Noi cerchiamo di porre l'accento su ciò che vi è stato di positivo. Noi cerchiamo valutare un'attività considerando due fattori: il contenuto (cosa si è fatto) ed il processo (come si è lavorato), oppure in più ambiti: l'organizzazione, la conduzione, le tecniche, il programma e il clima. Le informazioni che nascono dalle verifiche le raccogliamo come cose preziose e diventano il punto di riferimento del futuro. Per questo le scriviamo e le usiamo ogni volta che c'è da riproporre lo stesso lavoro: per l'uscita dei passaggi per prima cosa abbiamo guardato la verifica dello scorso anno per non rifere gli stessi errori. Quest'anno ne saremo altri, diversi.



dal diario di Onorato

IL RISCHIO DELLA COERENZA E LA PROPOSTA MONCA

"Io sono coerente!"
Che sia un difetto e non più una virtù? Mi suona come il libro di don Milani: la coerenza non è più una virtù (lui diceva l'obbedienza).
Perché la scelta politica, a livello educativo, è diventata una specie di cenerentola innominata e dimenticata? O forse capita solo a noi? Mi Ricordo quando questa era la scelta più discussa, più seguita e controversa. Su questa scelta si spaccavano i gruppi. Ora non si fa quasi nulla. Forse proprio perché siamo coerenti e non proponiamo le cose che non viviamo personalmente. E siccome abbiamo poco tempo per questi discorsi, la risolviamo dicendoci che noi la politica la facciamo attraverso l'educazione, punto e basta. E allora per essere coerenti non proponiamo altro. E la proposta è monca e i ragazzi e i capi la scelta politica la vivono poco o nulla.



PALETTI

DOMANDE PER LA VERIFICA DELLA SCELTA POLITICA

Tre domande + Tre domande

· Quale influenza ha il nostro lavoro educativo a livello di tutta la società?
· Come influenza la vita dei singoli ragazzi?
· Quale influenza concreta ha su di noi?
· È possibile educare all'azione politica se il metodo e specialmente il nostro modo di operare ci porta all'individualismo e la mancanza di tempo ci porta a vivere solo in minima parte le scelte politiche?
· Educare alla libertà cosa significa in concreto per noi? Cosa facciamo come attività e come ci può aiutare il metodo?
· Quali sono le nostre scelte educative concrete riguardo all'emarginazione e allo sfruttamento?

Tre affermazioni da discutere

· I genitori su questi problemi non danno alcuna risposta e non fanno alcuna proposta. Dicono che lasciano liberi i ragazzi perché non hanno nulla da proporre.
· I Capi scout per i ragazzi hanno maggiore importanza educativa riguardo alla scelta e all'impegno politico dei genitori.
· Educare è un modo importante e serio di fare politica.



dal diario di Onorato

punti critici DELLA NOSTRA COCA

· il turnover
· la giovane età dei capi
· la difficoltà a bilanciare servizio, famiglia, professione
· Comunità Capi carica di impegni dall'esterno perché hanno capito che siamo bravi
· l'ampliamento eccessivo delle mansioni e impegni dei capi che portano a logoramento insoddisfazione demotivazione stress da Capo
· scelte di fede e pratica di fede da approfondire
· strumenti migliori per misurare in concreto la qualità di scoutismo che proponiamo

conseguenze negative

· abbandoni
· servizi svolti in modo superficiale
· Capi "arrabbiati" che si impegnano strenuamente

di conseguenza occorre

· rimotivare le scelte del patto associativo
· riscoprire un giusto e sano modo di essere Capo
· proporre uno scoutismo "umano"
· l'attenzione ai rapporti di Comunità Capi con occasioni di verifiche e di confronti con l'esterno



dal diario di Paola

IL PROGETTO DEL CAPO

Abbia parlato tra di noi del progetto del capo, di come proporlo in coca. Non deve diventare una specie di tassa da pagare e neppure un momento di ansia. Occorre togliere questi atteggiamenti e renderlo un momento di confronto serio ma anche sereno e gioioso.
Francesco ha detto che il Progetto del Capo ha due nemici, il disegno completo e il cammino casuale, che sono i due stessi nemici della programmazione.
Il disegno completo è un atteggiamento da adolescenti che vogliono organizzare tutto e completamente ed è micidiale e pericoloso negli adulti, perché ignora la poesia, il rischio e l'avventura.
Il cammino casuale significa spostarsi come si sposta il vento, cioè c'è il rischio di ritrovarsi al punto di partenza. Uno dei sintomi più chiari che ne abbiamo bisogno in Coca è se è molto difficile attuarlo e non si trova mai il tempo e l'occasione giusta. Noi pensiamo che ne abbiamo bisogno: non trovare le occasioni può significare che si ha paura del Progetto del Capo, come fonte di divisione e di contrasti, per la paura degli adulti di essere giudicati e non aiutati a migliorare.
Tutti devono esserci all'uscita di coca per il progetto del capo.
Questa la griglia usata lo scorso anno:

la mia situazione / dove voglio arrivare / con quali mezzi / con quali aiuti

IO E LA FEDE
abbandono e fiducia in Dio
preghiera personale
frequenza ai sacramenti
conoscenza della Parola
capacità di proporre la fede
appartenenza alla Chiesa
impegno nella Chiesa

IO E LA REALTÀ
atteggiamento verso studio e/o lavoro
uso del tempo libero
dedizione alla famiglia
conoscenza dei problemi del Paese
impegno nella realtà locale
rapporti con gli amici
sviluppo di interessi di tipo culturale

IO E IL SERVIZIO
qualità del mio servizio
motivazioni profonde
conoscenza dell'ambiente
conoscenza del metodo
conoscenza dei contenuti
educazione permanente
umiltà

IO E LA COCA E L'ASSOCIAZIONE
qualità della partecipazione
assunzione di responsabilità
fiducia negli altri capi
capacità di ascolto
capacità di proposta
atteggiamento verso le proposte dell'associazione
partecipazione alla democrazia associativa


PALETTI

IL PROGETTO DEL CAPO

a cosa serve?
Serve per rimotivare le scelte della partenza e del patto associativo per riscoprire un giusto e sano modo di essere un Capo per una nuova attenzione ai rapporti nella Comunità Capi.

È uno strumento personale che serve:
per aver chiari i propri obiettivi
per confrontarsi con gli altri
per rileggere la propria storia e verificare il proprio progresso



Schema usato due anni fa per vedersi allo specchio come capi : la rosa delle competenze rosacompetenze.gif
dal diario di Paola

I MONACI E LA COCA

Discussione sul fatto che siamo una comunità di intenti e non una comunità di vita. E' necessario che troviamo un giusto equilibrio tra la profondità che sarebbe necessaria in una comunità di vita, tipo monaci o convento e una comunità di intenti come siamo noi, e la superficialità che rischia di rendere questo momento del progetto del capo solo burocratico e quindi perfettamente inutile. Questo strumento permette di migliorare i rapporti interni della Comunità Capi, specialmente tra le persone di staff diverse. Dopo il Progetto del Capo fatto bene e possiamo vedere gli altri Capi nella loro verità e noi stessi nella nostra verità. Aumenta la stima e quindi la coesione e perdiamo meno tempo alle riunioni perché ci capiamo di più.



PALETTI

LE ARTICOLAZIONI DEL PROGETTO DEL CAPO

Il Progetto del Capo si può articolare in:

io e la realtà:
· si puntualizzano le posizioni e gli atteggiamenti che ogni Capo assume nel concreto e quali potranno essere i cambiamenti in noi stessi;
· il lavoro: come mi confronto con il mio lavoro la famiglia: quanto tempo ci dedico, cosa dovrei fare, come applico in famiglia gli ideali scout
· la società: cosa ne so e come mi impegno, rapporti con il politico e con il sociale
· la chiesa: rapporti con la parrocchia e la diocesi miei interessi: come portarli avanti
· i rapporti con gli amici

io e il servizio:

· modifica degli atteggiamenti, delle acquisizioni, delle competenze particolari per dare una giusta risposta alle esigenze del servizio;
· qualità del tempo che ci dedico
· convinzioni sulle motivazioni del servizio e chiarificazione
· rapporti con i ragazzi: come migliorarli
· analisi se sto lavorando per l'età giusta per me
· analisi della mia preparazione per la branca scelta (idee, letture, capacità di proposta, entusiasmo,
· capacità manuale, capacità di animazione, capacità organizzative, attenzione la cambiamento dei ragazzi, attenzione al territorio, capacità di lavorare in staff, voglia di incontrare i genitori.
·
io e la Comunità Capi, il progetto educativo e l'associazione:

· verifica del mio confrontarmi con gli altri, con le loro caratteristiche, meriti, difetti;
· quanto partecipo volentieri all'attività della Comunità Capi
· quanto partecipo alla programmazione e all'animazione
· analisi dei rapporti e impegni per migliorarli
· capacità di ascoltare, di giocare, di mettersi in discussione e in crisi
· capacità di attuare il progetto educativo nella mia unità
· partecipazione alla stesura del Progetto Educativo
· disponibilità e capacità di fare il quadro
· ricerca di stimoli che possono venire dalla zona e dalla regione
· atteggiamento verso la Zona e la regione
· atteggiamento verso le proposte che vengono dall'Associazione

io e la fede:
· necessità di una vita sempre più vissuta coerentemente alla sequela di Cristo e conseguente approfondimento delle tematiche religiose.
· analisi del livello personale di fede
· espressioni esterne della fede e partecipazione personale
· capacità di preghiera personale
· atteggiamento nei confronti della Parola e sua conoscenza
· ricerca di approfondimento
· capacità di essere proposta ed esempio di fede
· atteggiamento verso la Chiesa, la Diocesi, la Parrocchia
· impegno personale al servizio della chiesa
· rapporti con le altre associazioni ecclesiali

Ipotesi di domande

· cosa mi viene richiesto come Capo
· cosa mi sento in dovere di fare
· cosa so fare - non fare
· cosa precede come importanza nella mia vita
· cosa mi piace fare
· qualità che devo approfondire
· mete possibili da raggiungere
· riguardo ai rapporti interpersonali
· riguardo all'aderenza al Patto Associativo
· riguardo agli impegni di Formazione Capi per la
· crescita metodologica e Formazione generale
· riguardo agli impegni di crescita nella fede

presentazione in Comunità Capi

È importante perché richiede l'atteggiamento di chiedere di essere aiutati. Dimostra fiducia verso quelli con i quali si fa un discorso educativo con i ragazzi. Ci permette di ridimensionare delle tensioni e in genere dopo questo momento si perde meno tempo a litigare in Comunità Capi, se l'abbiamo vissuto in maniera profonda e sincera. È inoltre utilissimo al Capogruppo per il Progetto Educativo.
Per vivere adeguatamente questa fase, occorre che essa sia programmata al fine di creare un clima sereno, meglio se durante un'uscita di Comunità Capi, accompagnandolo da un momento di preghiera e di silenzio.



Comunità capi Mede I

IL SOGNO DELL'EDUCATORE
Quando il fondatore del movimento scout, Lord Baden-Powell, cominciò ad interessarsi al destino dei ragazzi dell'Inghilterra del suo tempo, egli nutriva un sogno che riusciva ad evocare quasi come una realtà e che era il frutto delle sue esperienze e delle sue sensibilità.
Sognava un mondo la cui struttura politica, religiosa e sociale si fondasse sull'amore, sul rispetto, sulla responsabilità e su tutti gli altri valori che una volta resi concreti dal punto di vista pedagogico sono andati a strutturare la pedagogia scout.
Il sogno di B.P. non era un sogno idealistico, privo di concretezza o abbandonato ad illusioni, ma, perseguito con forza e costanza, si basava su fatti concreti, su un metodo da lui almeno in parte sperimentato.
Era un sogno che si potrebbe definire "con i piedi per terra, perché idealizzava una situazione desiderabile, ma produceva al tempo stesso un'energia che aveva sfogo nell'azione concreta.
Questo è il tipo di sogno che accomuna tutti gli educatori. Un sogno che ci permette di perseguire questi obiettivi con amore, lavorando perché ogni persona possa prendere in mano la propria vita e ne possa godere, condividendone con altri valori. È l'amore per questo sogno che si rende concreto nell'amore per i ragazzi che ci sono affidati, e che c'infonde l'energia per compiere il nostro servizio con tanta passione.
DAL SOGNO AL PROGETTO
Occorre dare forma al sogno che abbiamo dentro di noi, trovare la strada che porta il sogno dal regno della fantasia al mondo della realtà; perciò è necessario imparare a fissare degli obiettivi di cambiamento graduali e concreti, programmare il nostro intervento per non correre il rischio di disperdere inutilmente le energie.
Se vogliamo che il nostro desiderio sia chiaro, concreto il nostro agire, ecco che il Progetto diventa indispensabile; esso ci aiuta a tracciare una rotta non casuale e a fornirci dei punti di riferimento che ci permettono di verificare in qualsiasi momento la giustezza del nostro agire.
IL PROGETTO DEL CAPO È TUTTO QUESTO.
Dal sogno della speranza, alla realtà educativa, esso è uno strumento indispensabile per chi voglia procedere nel sentiero più sicuro e utile agli altri ed al tempo stesso lo voglia percorrere con l'aiuto e la condivisione di una comunità di fratelli.



dal diario di Onorato

METTERSI IN MUTANDE? COMMENTO AL PROGETTO DEL CAPO

È il momento di verifica del progetto del capo che ci dà ansia? È come mettersi in mutande ed essere sottoposti ad un processo?
Abbiamo pensato che la verifica va fatta, nel clima giusto, nel rispetto della libertà e dei difetti di ciascuno di noi, ma va fatta. Infatti, le verifiche ci servono a dare un nome ai problemi; è l'occasione per far uscire le nostre incoerenze e le nostre difficoltà. Ma ci sono anche da incontrare le nostre capacità e le cose buone che sappiamo fare, per migliorarle e per svilupparle. Se nella nostra coca ci fossero delle difficoltà in queste verifiche del progetto del capo, dopo che ciascuno è riuscito a farlo e a comunicarlo alla coca, significa che il clima di fiducia reciproca reciproca è venuto meno ed è da ricostruire.



PALETTI

Ci sono tre tipi di verifiche che dovrebbero andare di pari passo:

· il Capo verifica da solo le sue scelte
· il Capo verifica le sue scelte con una persona di fiducia o un padre spirituale
· il Capo verifica le sue scelte con la Comunità Capi

DOMANDE PER IL CAPOGRUPPO RIGUARDO AL PROGETTO DEL CAPO

· la Comunità Capi aiuta ogni Capo nella sua crescita?
· quali strumenti usa per realizzare questo obiettivo?
· ogni Capo ha degli obiettivi concreti con i quali si confronta anche in Comunità Capi?
· questi obiettivi riguardano se stesso, il rapporto con Dio, con gli altri, con l'associazione?
· ci fermiamo frequentemente a verificare il cammino di ogni Capo in rapporto agli obiettivi che si è prefissato?



dal diario di Paola

La continuità tra le Branche

Abbiamo utilizzato la serata per parlare dei ragazzi che passano ad un'altra branca. Per fortuna noi abbiamo la tradizione di fare molte attività assieme tra le unità, per cui i Capi che accolgono il ragazzo in Unità lo conoscono già. Quindi non ci accontentiamo della spiegazione e della presentazione frettolosa che di solito si fa. Organizziamo delle attività, dei momenti di conoscenza reciproca tra Capo e ragazzo quando è ancora nella vecchia Unità. Così il capo ha occasione di viverlo nelle attività, cioè quando è più sincero e vero. E' più importante la continuità della impostazione pedagogica e dell'atteggiamento educativo che si respira nel gruppo che le idee e delle capacità personali dei capi.
L'accoglienza sarà pensata, preparata e attenta. Penseremo alle situazioni da creare e alle cerimonie da preparare con cura. Naturalmente sono necessari, sia la continuità sia il cambiamento. Ambedue sono fattori importanti e bisogna misurarli su ciascun ragazzo. Il passaggio è un momento delicato per i più piccoli, specialmente quelli che passano dal branco a reparto. Spesso ci sono delle difficoltà nei rapporti e poca attenzione alle difficoltà dei più piccoli. Da noi i Capi e/g hanno il difetto di interessarsi più che altro dell'Alta Squadriglia e a volte lasciano i più piccoli a loro stessi. Questi ragazzini che passano, che erano i capi nella sestiglia, diventano i più piccoli, si sentono emarginati e lasciati soli dagli altri ragazzi, anche perché gli interessi e i problemi dei più grandi della squadriglia sono diversi. L'alta squadriglia spesso è un gruppo di amici di lunga data, affiatati anche con le ragazze più grandi del reparto femminile. Il risultato è che i più piccoli è come se non esistessero, nonostante il lavoro di responsabilizzazione che fanno i capi unità nelle riunioni di Alta Squadriglia. Un sintomo che possiamo analizzare bene è l'andamento delle riunioni di Squadriglia. Può essere molto utile a volte dare un'occhiata su come vanno le cose, prima che ce lo venga a dire qualche genitore inbufalito.



PALETTI

L'ANALISI D'AMBIENTE

Per realizzare l'analisi: potremmo provare a rispondere a domande di questo genere:
· c'è un problema che possiamo risolvere con il nostro specifico di educatori scout?
· il nostro metodo ha un ruolo importante nella sua soluzione?
· come valorizzare le risorse presenti nel gruppo o nell'ambiente?
· da che cosa dobbiamo iniziare?
· quali sono i problemi che, secondo noi, ostacolano maggiormente la realizzazione dell'esperienza scout? quali sono i problemi che ostacolano l'acquisizione di determinate virtù umane?
· quali sono i problemi per i quali intravediamo maggiori possibilità di intervenire con successo?
· quali sono quelle situazioni e attività per le quali ci sentiamo maggiormente preparati dal punto di vista metodologico?
· quali sono i punti di forza dei ragazzi?
· quali sono gli appoggi "esterni" sui quali potremmo contare?



SCHEMA PER LA VERIFICA DELLE UNITÀ

Una possibile traccia di lavoro per i capi utile per svolgere questa fase:

1. Clima dell'Unità: entusiasmo, voglia di fare, serietà.
2. Livello di partecipazione.
3. Rapporto Capi - ragazzi.
4. Andamento delle attività: raggiungimento degli obiettivi del programma.
5. Situazione nei principali aspetti del lavoro educativo (passarli tutti in staff, annotare solo le situazioni dei punti particolarmente significativi, sia in senso positivo che problematico):
a) Formazione del carattere
b) Crescita nella fede
c) Crescita nello specifico scout
d) Vita di comunità
e) Educazione all'impegno socio - politico
f) Educazione al rapporto tra i sessi
g) Salute e forza fisica
h) Abilità manuale
i) Natura e vita all'aperto
1) Espressione
6. Problemi particolari di qualche singolo
7. Problemi particolari dell'Unità
8. Lavoro di staff



IL TERRITORIO


dal diario di Paola

I RAPPORTI CON GLI ALTRI GRUPPI SCOUT

Abbiamo solo cinque ragazzi e in età da noviziato non si può fare un noviziato con quei numeri. A Francesca è scappato detto:
"Noi, i nostri ragazzi, con quelli non ce li mandiamo!"
È un discorso che mi ha fatto arrabbiare. C'è l'ipotesi di riunire i due noviziati, il nostro e quello di un altro gruppo. Noi mandiamo un nostro capo, loro hanno una capo. La sede sarà da loro e faranno qualche incontro da noi. Alla fine i ragazzi sceglieranno in quale clan continuare. Sarebbe stato meglio avere una sede estranea ai due gruppi, ma non era possibile.
Poi c'è stata quella frase, che significa che non riusciamo a superare la mentalità campanilistica e i pregiudizi che girano tra un Gruppo e l'altro. E' la stessa difficoltà a cambiare coca per andare a fare servizio dove c'è più bisogno di noi. Su questi punti si prova a fare qualcosa: ci siamo proposti, nel progetto educativo, di incontrare e di scambiare dei momenti di coca e delle attività per i ragazzi con l'altro gruppo. È l'unico modo per stimarci a vicenda. L'abbiamo fatto lo scorso mese quando avevamo preparato un incontro con la psicologa per capire meglio il rapporto con i ragazzi e abbiamo allargato l'incontro anche agli altri gruppi. Qualcuno è venuto e a noi è piaciuta la cosa.



dal diario di Onorato

quando la branca rover è tra due Comunità Capi

Siccome diventa a volte assurdo tenere aperte delle Unità con pochi ragazzi, conviene unire le forze per dare un servizio migliore . Questo comporta una serie di accordi tra le due Comunità Capi.

Questo il contratto che abbiamo fatto con l'altro coca. L'abbiamo chiamato: un patto tra gentiluomini.

Un patto tra gentiluomini

· la progettazione dei programmi di Unità si fa assieme e si tiene conto, per quanto possibile, dei due Progetti Educativi delle due coca
· ogni verifica della branca rover viene fatta insieme dalle due Comunità Capi .
· ogni momento di formazione che riguarda la branca rover si fa assieme
· i servizi associativi o extra sia del Clan che del noviziato si fanno indifferentemente nei due territori e nei due gruppi, a scelta insindacabile dello staff di Clan
· gli incontri della Comunità Capi con il Clan si fanno con le Coca divise per non schiacciare il clan
· ogni problema di scelte o di metodo va discusso tra i Capi e mai con i ragazzi. La stessa cosa vale per i servizi
· la continuità del servizio è assicurata dalla Coca che ha il Clan
· i ragazzi sono censiti a tutti gli effetti nel Gruppo che ha il Clan
· se viene aperta la branca rover nell'altro Gruppo e sarà accettata l'apertura dalla Zona, si proporrà ai ragazzi dell'altro Gruppo di rientrare nel loro territorio e loro sceglieranno liberamente.



dal diario di Paola

I RAPPORTI CON IL CONSIGLIO DI ZONA

Ieri sono stata al Consiglio di Zona. Al solito la cosa più interessante è il momento del confronto con gli altri capigruppo. Interessante la discussione su come seguire i tirocinanti. Non sempre le riunioni di Zona funzionano ma poi mi chiedo quanto contribuisco al funzionamento del Consiglio di Zona. Nello stesso tempo voglio non perdere tempo e che gli incontri servano per il servizio in coca. Abbiamo deciso che ogni volta dedichiamo mezz'ora alla formazione del capogruppo, con argomenti che vengono trattati nei fine settimana o altri che scegliamo noi, secondo le nostre esigenze. Ma abbiamo bisogno di confrontarci con gli altri, per capire gli usi e i costumi degli altri. E' che l'ordine del giorno è sempre chilometrico, proprio perché ci vediamo solo ogni mese.
Cosa fare?



NODI
· Ci sono dei capi che hanno le possibilità per diventare quadri nella mia coca? Cosa fare per proporre questo tipo di servizio?
· Ho presentato il progetto educativo di coca in Zona?
· Abbiamo bloccato le attività per i ragazzi in occasione degli eventi associativi, incontri zonali e regionali?



dal diario di Onorato

I RAPPORTI CON LA REGIONE SCOUT

Ieri sera in coca abbiamo studiato e letto i documenti di preparazione all'assemblea regionale. Ci siamo chiesti se dovevamo proporre delle mozioni. Da noi queste discussioni riescono a muovere una serie di problematiche che aprono gli orizzonti e fanno partecipare attivamente alle politiche associative. In compenso il momento dell'assemblea regionale difficilmente diventa un momento accettabile per i più giovani. Tornano sempre annoiati e delusi.
Che fare?



dal diario di Paola

LA STAMPA E L'OMBRELLO

A volte perdi un mucchio di tempo per capire, approfondire e risolvere un problema, e poi scopri che il tuo problema un altro l'ha affrontato meglio e con delle proposte interessanti.
Avevamo dei problemi nella conduzione della branca rover, ne abbiamo discusso, abbiamo perso tempo per trovare soluzioni, per poi scoprire che molte idee e possibili schemi di sintesi e proposte concrete di attività per la branca erano già nella stampa associativa. Di solito la stampa si legge poco e male. Noi abbiamo deciso di fare qualche riunione di Comunità Capi utilizzando la stampa come strumento di discussione e di incrementare la biblioteca del Gruppo. Noi capi più vecchi si donano i numeri passati della stampa associativa per aiutare i Capi più giovani a orientarsi. Liliana, che è capo a disposizione e di solito legge la stampa associativa ci segnalerà gli articoli più interessanti e più importanti. Deve guardare anche le lettere, che spesso affrontano questioni che ci interessano.
Questa scelta porta a due vantaggi: spesso nella stampa rivolta ai Capi ci sono suggerimenti che ci possono aiutare nel nostro lavoro educativo come ripensamento e indicazione di linee; inoltre, la volontà e la capacità di utilizzare la stampa che arriva ai ragazzi, serve a stimolare la fantasia per le attività proposte.

LEALTÀ ASSOCIATIVA E CENSIMENTI

Anche quest'anno abbiamo capi che non hanno finito l'iter di formazione. In coca ci siamo dati un criterio, che è passato anche in zona: se la situazione di bassa formazione si può risolvere nel giro di poco tempo, con i campi e la preparazione dei capi, allora si accetta di continuare nell'unità. Se invece la situazione si protrae e i capi non partecipano ai campi scuola, allora occorre essere leali ed è necessario staccare lo spinotto delle unità affidate a gente non completamente preparata.
La fantasia associativa non ha confini e se si vogliono lasciare le cose come stanno, basta imbrogliare un po' le carte e fare finta che... Ma questo significa anche non essere stimolati a risolvere le situazioni, e a non programmare per tempo il futuro.



dal diario di Onorato

GLI INVITI FACILI

Si vede che non era stato chiaro. Ieri sera Francesco ha detto che dopo dieci minuti sarebbero arrivati i rappresentanti del quartiere a proporci delle attività. Noi siamo diventati matti, perché la regola è che si invita solo attraverso il capogruppo e se la coca è d'accordo. Infatti, quando sono venuti, ci hanno fatto delle richieste alle quali abbiamo dovuto dire solo dei no, perché i tempi erano stretti e quello che ci chiedevano non serviva ai nostri progetti. Appena sono andati via abbiamo ribadito che in coca viene solo è chiamato dalla coca. Se un capo unità ha qualche idea, lo dice in coca o se il tempo non c'è lo dice ai capigruppo.



NODI

LA COMUNITÀ CAPI E LA CHIESA LOCALE

I RAPPORTI CON LA PARROCCHIA

Molto spesso il rapporto con la Parrocchia è problematico e le Comunità Capi reagiscono in modo differente, con:
· l'indifferenza
· il conflitto
· la collaborazione
· il tira e molla

Non è semplice per il Capogruppo instaurare un rapporto proficuo con la Parrocchia e nello stesso tempo garantire l'autonomia del Gruppo.



dal diario di Onorato

LE PROCESSIONI. I RAPPORTI CON LA PARROCCHIA

Se siamo in parrocchia solo per non pagare un affitto o per non doverci costruire una sede, forse dobbiamo rivedere un po' i nostri rapporti. Se ci chiamano solo quando dobbiamo farci vedere in uniforme alle processioni, forse dobbiamo spiegare meglio chi siamo e cosa facciamo.



dal diario di Paola

LA PIU' LAICA DELLE ASSOCIAZIONI ECCLESIALI

Noi siamo la più laica delle Associazioni che si muovono all'interno della Parrocchia, perché siamo un'Associazione di confine, appunto perché la scelta di fede la chiediamo ai Capi e non ai ragazzi. Ai ragazzi facciamo delle proposte di evangelizzazione che sono all'interno del nostro Metodo e del nostro fare educazione e che sono chiarite nel Progetto Unitario di Catechesi. Però è molto difficile convivere con un parroco se non ci stima o non ci vuole. Se vuole riesce a farci il deserto intorno, che può portare anche all'asfissia del gruppo. D'altronde non possiamo essere sempre legati alla benevolenza dei parroci. Loro hanno il diritto di chiederci di fare uno scoutismo di qualità, con tutte le conseguenze, anche per la parrocchia, hanno il diritto di chiederci che le sedi sia ben utilizzate, ma anche questo fa parte della qualità dello scoutismo, hanno diritto che in alcuni momenti concordati noi siamo presenti e attivi in parrocchia, che siamo capi catechisti e che quindi facciamo e viviamo una seria proposta di fede come cristiani e come educatoti. E poi? E poi basta. Noi invece abbiamo tutti i diritti e la dignità di un'associazione ecclesiale riconosciuta dai nostri vescovi.

LA SEDE, I SOLDI E LA PARROCCHIA

Ogni tanto mi chiedo perché dobbiamo stare in parrocchia come sede. Possiamo essere buoni cristiani, un'associazione seria che educa alla fede anche se non utilizziamo i locali della parrocchia. Ci sarebbe un po' più di fatica a pagare gli affitti, ma molta più chiarezza nella nostra scelta di laici e di associazione ecclesiale di laici. Ci libererebbe da molte sudditanze e da molti equivoci, anche nei confronti dei genitori e di noi stessi.
Ogni tanto ci penso, chissà perché?



dal diario di Onorato

LA NUOVA PARROCCHIA: UN ARCIPELAGO CON MOLTI PONTI

La Parrocchia, dopo il Concilio, non è più soltanto una struttura organizzativa, ma un luogo dove tutti i gruppi e tutte le persone trovano la possibilità di esprimere i loro carismi. Nella realtà, la Parrocchia diventa un arcipelago con qualche ponte, formato dal Consiglio Pastorale. Questa nuova situazione interpella noi Capigruppo, perché il nostro compito è quello di costruire e di mantenere questi ponti con il resto delle isole.
Per fortuna Don Francesco, l'assistente, media con la parrocchia e con il parroco, perché a volte ci sono le scintille, magari, anzi sempre, per piccole cose che sarebbe bene che non succedessero. Infatti, il parroco e il consiglio pastorale ogni tanto si domandano cosa ci stanno a fare gli scout:dicono che servono solo ad occupare stanze che servirebbero alla parrocchia e alla sua azione pastorale e ad aumentare le spese. Dicono che gli scout sono poco presenti in parrocchia, si vede alle messe e alle grandi feste; inoltre affermano che di ragazzi della parrocchia ce ne sono pochi e quando gli chiedi qualcosa o qualche aiuto o collaborazione, ti dicono che è troppo tardi o che non rientra nei loro progetti E poi molti capi e i ragazzi più grandi vanno a messa nelle loro parrocchie, se ci vanno. Forse è tempo che spieghiamo meglio al consiglio pastorale chi siamo e cosa vogliamo, specialmente il fatto che la scelta di fede la chiediamo ai capi e non ai ragazzi ai quali facciamo una proposta di educazione alla fede. Dobbiamo andarci, così ci chiedono le cose che gli possiamo dare e quelle in cui siamo bravi e li possiamo aiutare e capiscono meglio qual è il nostro compito.
Bisogna che glielo diciamo.



Gruppo Rosignano I
MIGLIORARE LA NOSTRA VITA DI FEDE: ESSERE CAPO - CATECHISTA
APPROFONDIRE LA PERSONALE COERENZA TRA VANGELO E VITA QUOTIDIANA
Come? Confronto su temi (da stabilire); indicazioni tratte dal Vangelo; Itinerario di catechesi da definire con Don Andrea G; Sfruttare occasioni per l'Ascolto della Parola e vivere i sacramenti (messa mensile degli animatori - incontro di preghiera mensile); Incontro di Zona di Quaresima.
APPROFONDIRE IL RUOLO DEI SACERDOTI DELL'UNITÀ PASTORALE NELLE BRANCHE
Come?
- Incontri con i sacerdoti; iI Progetto Unitario di Catechesi
CHIARIRE L'INSERIMENTO DEL CAMMINO SCOUT NELLA PASTORALE GIOVANILE
Come?
Partecipazione all'assemblea dell'Unità Pastorale; Partecipazione al coordinamento Pastorale di Gabriele Camagni; Partecipazione al Sinodo dei Giovani di Luca Bolognesi ;
Indicatori di verifica: sono aumentate !e competenze dei capi? (autovalutazione); Partecipazione alle occasioni di catechesi dei capi e agli eventi dell'Unità Pastorale. Quante riunioni di confronto, che voto gli diamo?



dal diario di Paola

LE NOSTRE CAPACITÀ E LA PARROCCHIA

Noi scout operiamo nel campo dell'educazione e la nostra capacità è un servizio prezioso che facciamo alla Parrocchia nel campo dell'annuncio, dell'animazione, della testimonianza e del servizio. Ma la Parrocchia deve garantirci quella libertà di movimento e di scelte educative in quella famosa "zona di confine", in cui la Parrocchia e le sue proposte non arrivano. In concreto significa che ci devono chiedere quello che possiamo dare e nei nostri tempi che, come tutti i tempi educativi, sono molto lunghi, ma proprio per questo molto proficui.
Noi siamo presenti nel consiglio pastorale. Ci va Liliana, che è capo a disposizione. Lei ci racconta i problemi e le proposte. Quando c'è qualcosa che ci interessa a livello educativo ci siamo e partecipiamo all'organizzazione



dal diario di Francesco Assistente

I MOMENTI LITURGICI

"Almeno alla veglia di Pasqua! E anche al santo patrono!" ci ha detto il parroco. E noi abbiamo risposto di sì, ci saremo.
La Parrocchia vive dei momenti liturgici fondamentali, nei quali desidera giustamente che tutte le Associazioni siano presenti, non come fatto folcloristico ma come scelta fondamentale della comunità. Quindi il Natale, la Quaresima, la Pasqua e la Pentecoste. Guarda caso sono proprio i momenti nei quali ci sono i campetti invernali o le attività zonali e regionali. Questa difficoltà è reale, ma se c'è la volontà di risolvere i problemi si trovano anche le soluzioni. È stato saggio far finire i campetti invernali alla veglia di Natale, a cui abbiamo partecipato tutti, al ritorno dal campetto. Lo stesso abbiamo fatto per la veglia di Pasqua. I ragazzi saranno stati assonnati e sporchi e stanchi, ma erano presenti.
Dobbiamo inventare anche altre occasioni per vivere la parrocchia e farla vivere ai ragazzi. Stiamo pensando, ad esempio, di vivere in stile scout delle messe parrocchiali, interamente gestite, cantate e simboleggiate dalla Comunità Capi e dai ragazzi, come momento di servizio alla Comunità parrocchiale. E' anche un modo per diventare visibili alla parrocchia.



dal diario di Paola

I MANOVALI DELLA PARROCCHIA E LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO EDUCATIVO

Noi dobbiamo trovare il difficile equilibrio tra l'essere liberi nelle scelte educative e nello stesso tempo essere partecipi delle attività della Parrocchia, senza diventare un gruppo parrocchiale. Don Francesco deve aiutarci a passare la cultura che non siamo i manovali della Parrocchia. Se facciamo qualcosa, specialmente se c'entrano i ragazzi, è perché è in linea con il nostro Progetto Educativo e con i programmi delle Unità e perché abbiamo partecipato alla progettazione e siamo convinti, come Comunità Capi, delle motivazioni educative.
L'altra sera siamo andati al consiglio pastorale tutti e tre noi capigruppo. Abbiamo voluto creare un momento formale in cui la Comunità Capi presenta al Consiglio Pastorale i fondamenti metodologici del Metodo educativo scout. E' diventato un momento fondamentale per far conoscere il nostro specifico e per farci conoscere. Abbiamo presentato il progetto educativo al consiglio pastorale. Hanno capito meglio chi siamo e come operiamo. Pensiamo che servirà nel futuro. Occorrerà trovare altre occasioni, perché sono organismi che ogni tanto cambiano nei componenti.



dal diario di Francesco Assistente

I RAPPORTI CON IL PARROCO

Ho ribadito in coca che bisogna evitare i contrasti, specie se sono contrasti di carattere, mascherati da contrasti sulle scelte. I rapporti con la Parrocchia in Comunità Capi devono essere un compito del Capogruppo o di una persona della Coca delegata a questo importante servizio. Da noi è la solita Liliana. Questo significa che il riferimento è il Capogruppo, che deve fare da filtro alle solite tendenze di contrasto che possono avvenire nelle parrocchie. Lo abbiamo detto al parroco. Se ci sono problemi con gli scout, siano capi, ragazzi o genitori, i referenti sono don Francesco e noi capigruppo. Ci siamo ricordati di dare il contributo per le spese delle luce quest'anno?



NODI

I NODI DEL CONTENDERE E DA RISOLVERE IN PARROCCHIA CON IL NOSTRO PARROCO E IL NOSTRO CONSIGLIO PASTORALE

· il tempo del catechismo e tempo delle riunioni dei bambini
· uso giusto dei locali
· partecipazione alle spese
· presenza nei momenti liturgici importanti
· azione educativa all'interno della parrocchia e non solo a livello cittadino o di altre parrocchie
· rapporti con le altre associazioni presenti in parrocchia
· aiuti in situazioni di servizio per attività grandi
· servizio della branca rover anche alla parrocchia
· presenza normale dei ragazzi e dei capi ai momenti liturgici
· rapporti con le altre associazioni
· comportamento dei nostri ragazzi durante le celebrazioni

Tutti questi problemi sono risolvibili o comunque gestibili. Nel Parroco scatta a volte la tendenza a voler controllare tutta la Parrocchia, e noi scout siamo fuori dagli schemi, perché non è lui che comanda nella Comunità Capi e nemmeno l'Assistente. L'importante è che arrivi il messaggio che la nostra azione educativa è fondamentale o almeno importante per la Parrocchia, perché formiamo dei ragazzi che forse sceglieranno di fare servizio nelle attività Parrocchiali, e ci devono dare il tempo di prepararli a livello spirituale e di scelta di servizio.



dal diario di Paola

NATALE

Appunti

Elenco delle attività per usare questo momento liturgico forte.

Uso dei simboli per le unità . Momento di preghiera con la comunità parrocchiale. Partecipazione attiva alle cerimonie liturgiche. Preparazione delle unità e spiegazione dei simboli. Giochi sui simboli per i lupetti. Attività concrete e di ripensamento per esploratori. Momento di preghiera assieme tra Coca e clan. Farlo organizzare dalla branca rover. Veglia.

(dal Progetto educativo del Gruppo : Utilizzeremo le grandi feste liturgiche come momenti forti di proposta di catechesi)



dal diario di Onorato

GLI ACCORDI INIZIALI

Dopo che il Parroco ci aveva cercati e dopo che in Zona avevamo deciso di aprire gli scout in parrocchia mi ricordo che negli accordi che ci siamo scritti.

Noi abbiamo chiesto

· una sede
· un assistente
· quattro anni di tempo prima che la parrocchia ci chieda qualcosa

Noi abbiamo promesso

· la presenza in alcune date importanti e momenti liturgici importanti della parrocchia
· il futuro servizio extrassociativo di alcuni rover fra quattro, cinque anni
· la serietà nella gestione della sede, quindi anche i problemi giuridici e legali connessi
· una partecipazione annuale ai costi di gestione (costo della luce ecc.)

Le due parti hanno mantenuto quello che avevano promesso? Io dico "abbastanza" da parte di ambedue. Il problema è che è cambiato il parroco nel frattempo!



NODI

AFFERMAZIONI DA DISCUTERE IN COCA

· Carisma dello scoutismo è l'educazione, non specificatamente l'educazione alla fede.
· Siamo movimento ecclesiale con piena legittimità a vivere nelle parrocchie non perché catechisti, ma perché educatori. Chiedere, pretendere che venga rispettato questo, che l'AE giochi questo gioco.
· Quando ci dicono: "Non fate niente per la parrocchia!" dobbiamo rispondere solo "Facciamo educazione".



dal diario di francesco

I CAPI GRUPPO E L'A.E.

Gli Assistenti sono una razza in estinzione e noi spesso li sostituiamo con sostituti o palliativi vari (la presenza di religiose/i, diaconi, ecc. è frequente, positiva, ma è altra cosa).
Sono sempre più rari i preti che abbiano dimestichezza con la pedagogia scout. Sarà bene che le zone si muovano nei seminari a parlare e presentare la pedagogia scout.
E allora ci si sta abituando a fare a meno dell'A.E anche quando è fisicamente presente un sacerdote. Questo perché è difficile far capire a un assistente cos'è un gruppo scout che fa scoutismo, e specialmente cosa non è (animazione parrocchiale, doposcuola, pronto soccorso sociale o quant'altro).



dal diario di Paola

I PRETI E I PANDA

Secondo me gli Assistenti scout sono di tre tipi, in funzione del tempo e dell'interesse che hanno:

· quelli che hanno tempo solo per le riunioni di coca e fanno qualche messa alle uscite
· quelli che seguono anche la catechesi delle branche a livello di progetto e ne seguono l'attuazione con i ragazzi
· quelli che hanno, oltre a questo un contatto diretto e personale con i ragazzi e con i capi.
· Quelli che conoscono, stimano e vivono il metodo scout

QUESTI ULTIMI SONO MOLTO PIÙ RARI DEI PANDA.



dal diario di Francesco Assistente

CAPIRSI

Ogni tanto faccio fatica a capire lo scoutismo nelle sigle dello scautese ma specialmente nella mentalità e negli scopi. E loro non capiscono me. D'altronde la mia legittimazione viene dal Vescovo, non da percorsi o da meccanismi associativi. Questo porta (almeno) due conseguenze importanti. Non ci siamo quasi mai scelti (a differenza di quel che avviene spesso per i capi nelle Coca), ma accettati a vicenda: provo a vedere tutto con l'ottica del dono ricevuto!
Seconda conseguenza: io come AE vivo una doppia fedeltà: al mio Vescovo e all'Associazione. Il gioco delle due fedeltà può essere un brutto gioco o un bel gioco: dipende dai giocatori. I capi sono abituati: fedeltà ai ragazzi e al tempo stesso alle loro famiglie. I capigruppo, poi, anche su altri piani: fedeltà alla Coca di cui sono espressione, ma anche all'Associazione di cui sono quadri. Alcuni capi si barcamenano, altri vivono questo come una ricchezza feconda. E così anche gli assistenti ecclesiastici: ad alcuni il gioco riesce bene, per altri è fonte di fatica, di tensioni, che vanno comprese, vanno condivise.



NODI

LA SITUAZIONE DI PARTENZA DEI RAGAZZI RIGUARDO ALLA SCELTA RELIGIOSA

Questa analisi fa parte dell'analisi d'ambiente del Progetto Educativo.

Noi possiamo avere:
1 - Ragazzi con situazioni familiari difficili, dove la dimensione religiosa non è curata; le poche volte che partecipano alla Catechesi danno noia
2 - Ragazzi seguiti dalle famiglie, con molti interessi (sport, musica...) che prevalgono sull'attenzione all'educazione alla fede.
3 - Ragazzi "digiuni" di Catechesi per i quali i genitori insistono solo nella richiesta del sacramento nell'anno della preparazione immediata.
4 - Preadolescenti che hanno ricevuto l'Eucarestia e la Cresima lontana alcuni anni
5 - Ragazzi che hanno appena celebrato la Cresima, stanno volentieri assieme ma sono stufi di Catechismo.
6 - Ragazzi di altre religioni o semplicemente non battezzati
7 - Ragazzi di famiglie credenti che seguono personalmente l'educazione religiosa dei ragazzi e la verificano anche negli scout



dal diario di Onorato

PENSIERINO

Non chiediamo, non pretendiamo che l'AE sia nostro amico: specie i capi più giovani vivono ogni rapporto nell'unico stile che conoscono, quello amicale. Essere nostro amico è molto meno di quello che l'AE può essere per noi. Ma questo va troppo dentro ad un rapporto che ognuno di noi, CG o AE, deve costruire a misura sua. Noi vogliamo da lui che faccia il suo mestiere di prete.

I RAPPORTI CON LE ALTRE ASSOCIAZIONI DELLA PARROCCHIA

Spesso si vive di miti, di chiacchiere e di pregiudizi e questo capita molto nel rapporto tra le varie associazioni che operano nella Parrocchia. Tutto ci impedisce concretamente la possibilità di collaborare veramente, a parte qualche sporadica riunione che serve spesso per aumentare i fossati.
Qui entra in campo la capacità della Coca di operare in quella parte speciale del territorio che è la Parrocchia. Come sempre, la stima parte se si fanno delle cose assieme, specie per i ragazzi. Quindi se si vogliono migliorare i rapporti basta volerlo e basta progettare qualcosa assieme e attuarlo concretamente. Così si capisce a volte che trovi persone che sanno e sanno fare certe cose molto meglio di noi.
Nella nostra coca abbiamo fatto questi progetti di rapporti e collaborazione e funzionano.

Con i catechisti
· possibili collaborazioni che possiamo dare a livello delle tecniche di animazione, l'incontro con i catechisti della Parrocchia, ai quali possiamo presentare il metodo di educazione alla fede e l'applicazione del Progetto Unitario di Catechesi.

Con la Caritas
· siccome ha lo scopo di coordinare e promuovere le azioni di carità all'interno della Parrocchia, diventa anche luogo di coordinamento, se possibile, delle attività di servizio del Clan. La collaborazione diventa importante quando si pensa ai servizi del Clan e alla problematica dei referenti dei servizi, che rispondono alla Comunità Capi e la incontrano nei momenti di verifica. Spesso i responsabili e gli operatori della Caritas hanno una conoscenza preziosa del territorio, della quale possiamo usufruire quando stiliamo il Progetto Educativo.

Con l'Oratorio
· diventa spesso occasione di attività comuni e coordinate in quanto ha una funzione educativa diretta a ragazzi della stessa dei nostri. Si tratta di organizzare attività ma anche di coordinarle in maniera non completamente sporadica. Anche i responsabili dell'Oratorio, se hanno una certa esperienza e una certa continuità, sono fonti preziose per la conoscenza della realtà in cui operiamo e che possiamo sfruttare. Vale anche per loro il discorso dei rapporti con la Comunità Capi per i servizi del Clan.

GLI SCOUT E LE PUBBLICHE RELAZIONI

È colpa nostra. Continuano a chiederci cose che non c'entrano. La gente pensa di noi cose che non vogliamo che pensi.
Una delle cose che fanno più impressione agli esterni dell'Associazione quanto noi Capi non siamo per niente coscienti della nostra importanza e forza educativa. In una società che non ha vere proposte educative o le ha parcellizzate e non complete, spesso legate ai soldi, la nostra associazione è studiata e guardata con speranza. Ma di questo non ci accorgiamo, affannati come siamo a rincorrere le attività. Tutto questo fa sì che la gente abbia di noi una visione distorta, a parte le poche persone che ci stimano per quello che siamo e che siamo capaci di fare.
L'idea che la gente si fa degli scout se la fa comunque. Questo significa che è saggio far sapere le cose buone che facciamo, in maniera che l'idea che la gente ha degli scout diventa poi fatti, aiuti e considerazione che ritornano come un vantaggio per i ragazzi. Per ottenere delle buone relazioni bisogna innanzitutto fare del buon Scoutismo.



dal diario di Francesco Assistente

IDENTITÀ E IMMAGINE

Glielo continuo a dire alla coca. Noi abbiamo assoluto bisogno di comunicare la nostra realtà, ma in verità arriva alla gente solo la nostra immagine. E di solito le immagini negative hanno più forza e rimangono più a lungo delle immagini positive. E le immagini sono i comportamenti dei ragazzi alla messa, quando viaggiano sui treni, quando fanno servizio all'esterno, quando si fanno attività che ci identificano nelle strade e ai capi.
I capi della nostra coca pensano che agire bene e correttamente parli da sé. Ma rischiamo di essere incompresi dalla gente che nel frattempo si sarà fatta un'opinione sbagliata su di noi.



NODI

STEREOTIPI ANTICHI

Come fare a spiegare gli scout a gente che:

· non sa chi siamo
· ci giudica secondo gli stereotipi antichi.
· quelli che ci interessano cambiano continuamente
· non capisce il nostro linguaggio
· non capisce la nostra struttura organizzativa



dal diario di Paola

GLI AFFARI NOSTRI E LE PUBBLICHE RELAZIONI

· ci sono quei Capi che ritengono che ogni occasione è buona per farsi pubblicità e far sapere cosa fanno
· ci sono quelli che si interessano al problema ma che pensano che le cose buone non hanno bisogno di essere fatte sapere: l'opinione pubblica le saprà ugualmente e ne sarà ben influenzata
· ci sono quelli che se ne infischiano dell'opinione pubblica e dicono: "Facciamoci gli affari nostri e la gente vada al diavolo"
· infine ci sono quelli che pensano che le pubbliche relazioni sono fatte nello stesso tempo di buon lavoro e di buone comunicazioni. Noi scout dobbiamo convincerci che è ora che troviamo il tempo, non solo di fare un buon lavoro, ma anche di farlo sapere a coloro che ci interessa che lo sappiano.

Io penso che le pubbliche relazioni ci possono essere utili:
· per ottenere la considerazione a cui abbiamo diritto
· per aiutare meglio i ragazzi e le famiglie alle quali ci rivolgiamo
· per essere appoggiati per il nostro discorso educativo in funzione dei ragazzi da altre forze o enti
· per ottenere il rispetto della Comunità circostante
· per riuscire ad offrire un servizio più in sintonia con la Comunità in cui operiamo
· per essere liberi da impacci esterni dovuti ai pregiudizi
· per riuscire a influenzare l'opinione pubblica su obiettivi educativi che ci stanno a cuore come educatori e che sono importanti per i ragazzi
· per ottenere più facilmente comprensione

LA DISCREZIONE E RADIOSERVA SCOUT

Daniele, un rover nostro, ieri mi ha detto che lui in coca non ci entra dopo la Partenza. In coca, secondo lui, non fanno altro che litigare e discutere.
Perché qualche ragazzo del Clan non vuole entrare in quel covo di chiacchiere e di contrasti che è la Comunità Capi? Spesso ci manca la capacità di tacere nei momenti importanti, che non significa avere i segreti ma tenere un atteggiamento di discrezione e non raccontare le situazioni di Coca ai ragazzi. Noi non riusciamo a dare l'immagine vera della coca, come ambiente dove il servizio è al primo posto e dove, anche se ci sono dei contrasti, anche forti, le ragioni fondamentali e i valori sono uguali e li viviamo in fraternità.
Occorrerà pensare a delle riunioni tra la Comunità Capi e il Clan. Penso a momenti di preghiera o a un incontro sulla scelta politica. In modo che anche i ragazzi del clan ci conoscano nella nostra verità.



PALETTI

I NOSTRI PUBBLICI

I nostri pubblici sono le persone con le quali siamo in contatto e che in qualche modo ci interessa che sappiano chi siamo e cosa facciamo, ciò quali sono le nostre proposte.
I nostri pubblici sono:
i ragazzi delle Unità; i Capi delle altre Comunità Capi della Zona o della regione scout; la Parrocchia; la Diocesi; le altre associazioni ecclesiali parrocchiali; le associazioni giovanili in genere; le Comunità non organizzate della Zona, associazioni libere, sportive ecc.; e Comunità politicamente organizzate (circoscrizione, quartiere ecc.); le istituzioni scolastiche; le altre associazioni scout; la stampa; le televisioni private; le ludoteche-biblioteche per ragazzi; le comunità di accoglienza; tutti gli ambiti del servizio extrassociativo ..



dal diario di Paola

LE VISITE DURANTE LE ATTIVITÀ

Abbiamo deciso che domenica, durante il gioco cittadino, inviteremo i genitori e l'assessore alle politiche giovanili. Servirà per la nostra immagine, per farci conoscere. Abbiamo delegato Veronica a organizzare il tutto e ad accoglierlo. Che dica che se non viene lui, deleghi qualcuno a rappresentarlo. Spesso durante le nostre attività, ad un certo momento, prevediamo la presenza dei genitori o delle "autorità". L'accoglienza di questi visitatori è un veicolo diretto della comunicazione. Lo scopo è quello di farsi degli amici, come quando invitiamo qualcuno a casa nostra. Se il personaggio è importante, i giornali sono lieti di pubblicare la notizia. Ci pensa Veronica al giornale. Si mandano sia la foto che l'articolo breve.



dal diario di Onorato

GLI INDIRIZZARI

Occorre entrare negli indirizzari del Comuni, degli Uffici Giovani, delle Parrocchie e delle associazioni. Si ricevono e si possono dare notizie che a volte sono importanti per il nostro fare educazione. Sarebbe un compito della Zona. È importante che capiscano che siamo come un arcipelago, e che conviene che mandino direttamente ai gruppi gli inviti e le notizie.
Inoltre abbiamo gli indirizzari interni. Abbiamo un fascicoletti con tutti i numeri di tutti, capi e ragazzi, dell'assicurazione e della parrocchia.



dal diario di Francesco Assistente

LO SCOUTISMO È UNA PROPOSTA SCOMODA

Si vive in coca una certa pigrizia intellettuale che ci porta a non occuparci e a non tener conto delle cose che gli altri ci propongono. Ma i messaggi della società, gli squilibri sociali investono direttamente i ragazzi; se vogliamo che la proposta scout, che è controcorrente e scomoda per definizione, faccia presa su di loro, è fondamentale sia conoscere sia testimoniare il nostro stare nella società. Il nostro Gruppo scout sicuramente è conosciuto nell'ambiente in cui opera e contemporaneamente deve conoscerlo per evitare di essere un'isola felice. Occorre superare per quanto possibile l'idea che il rapporto con il territorio sia un'esigenza di qualche Capo più o meno convinto. Rispondere alle esigenze del territorio significa esserci dentro con la nostra capacità e peculiarità. La nostra Comunità Capi, quando pensa al territorio, lo mette dentro il suo progetto educativo come se facesse una finzione retorica. Il nostro tempo e le nostre possibilità reali sono limitate, spesso le richieste non corrispondono a quello che ci interessa e comunque di solito i tempi sono sbagliati. Inoltre la nostra programmazione è così puntuale, perché siamo bravi e efficienti che difficile accogliere delle novità.
Sarà ora di cambiare?



NODI

le politiche del capogruppo

la politica della qualità
la politica all'apertura alle situazioni difficili
la politica della prudenza
la politica dell'avventura
la politica della speranza
la politica della proposta



dal diario di Paola

GLI ATTEGGIAMENTI DEI CAPI DI FRONTE AL RESTO DEL MONDO

Ho annotato alcuni atteggiamenti dei capi di fronte all'ambiente e al territorio:
· siamo noi soli i migliori
· i problemi al di fuori sono cosi grossi che non vale la pena combattere e allora facciamo le cose bene noi
· imbarchiamoci in qualsiasi proposta ci viene fatta, altrimenti siamo fuori dal territorio
· non facciamo nulla che ne abbiamo già troppe da soli
· gli altri non sanno organizzare le cose come noi
· bisogna collaborare



dal diario di Onorato

LE ETICHETTATURE POLITICHE

Mi hanno chiesto di correre alle elezioni per un partito. Io sono abbastanza appetibile per un partito perché sanno che ho dietro molti ragazzi, quindi anche molte famiglie che mi stimano. Ho risposto che per il momento non lo ritenevo opportuno.
È chiaro che ciascuno è libero di fare le sue scelte politiche, anche a livello di partito, ma è altrettanto chiaro che queste scelte non devono diventare emarginanti per ragazzi e genitori. Io ho fatto questa scelta, che manterrò fino a quando ho questo incarico. La stessa cosa l'ho proposta ai capi della coca. Ognuno porta avanti le sue convinzioni ma l'attenzione a non diventare causa di divisione è massima.



dal diario di Paola

LA CAMPAGNA ELETTORALE E GLI INVITI

Attenzione a quando si invitano le persone in Comunità Capi o a parlare alla Branca Rover. Massima tranquillità nelle scelte, specialmente se sono persone oneste e non dei propagandisti, ma attenzione anche a superare le immancabili osservazioni, specie se non siamo riusciti a ottenere la necessaria fiducia di tutti i genitori, cosa molto difficile. Queste attenzioni e questa sensibilità è maggiore nei tempi di campagna elettorale.

NON CI CAPISCONO: idee da far passare alle organizzazioni territoriali

Quando ieri parlavo con un impiegato del Comune, lui pensava che gli scout sono come una qualsiasi associazione, che basta dire qualcosa ai responsabili e le cose succedono. Ho fatto fatica a spiegargli che siamo come delle isole, che sono i gruppi, che decidono alla fine, specialmente nelle proposte che toccano i ragazzi. Una delle idee fondamentali, che dall'esterno non riescono a concepire è che siamo un'associazione divisa in gruppi autonomi, in cui il centro, specialmente se si tratta di proposte che coinvolgono i ragazzi, non ha la possibilità di dare ordini, perché ogni Comunità Capi decide autonomamente per ogni proposta.

Ho cercato di spiegargli le nostre regole per partecipare:

· i tempi per le risposte e le decisioni sono più lunghi, anche perché devono essere inseriti nei nostri programmi educativi, che già prevedono dei tempi sempre molto stretti
· non parteciperemo alle attività quando sono completamente organizzate da altri e a cui ci chiedono di partecipare per fare numero o come riempitivo o per avere della manovalanza gratis
· accetteremo solo se si partecipa anche alla parte organizzativa e di proposta
· verificheremo se davvero quello che si attua ha una vera valenza educativa per i ragazzi
· staremo attenti alle scelte di servizio concreto al territorio perché rischiano di diventare totalizzanti specialmente quando capiscono che siamo bravi
· spesso le altre associazioni non hanno i ragazzi e sono fatte solo da pochissimi responsabili, quindi quando ci propongono di fare una cosa assieme, la maggior parte delle volte significa che il lavoro tocca a noi.


E' necessario che la nostra Comunità Capi impari la cultura di dire di no, ma anche quella di dire qualche volta di sì, per capire noi stessi e far capire ai ragazzi il valore del servizio, anche quando non vediamo chiaramente e subito la finalità.



dal diario di Francesco Assistente

IL QUARTIERE POLITICO

Bisogna che nelle nostre Comunità Capi passi la cultura che tutto quello che i politici fanno o decidono che riguarda i giovani o l'educazione o gli spazi e i progetti giovani, sono cose che ci riguardano direttamente e diventano occasione di impegno per la Comunità Capi e personale per ogni Capo. Quindi se qualcuno entra in una Commissione Giovani del quartiere o nella Commissione di Educazione alla Salute, porta in Comunità Capi non solo iniziative e notizie, ma anche visioni dei problemi più generali o viste da altri punti di vista.



PALETTI

DOMANDE SUI RAPPORTI CON L'AMBIENTE

· come è delimitato il territorio cui si riferisce il Gruppo? l'intera città o un paese? un quartiere? una parrocchia?
· quali sono in esso i gruppi sociali prevalenti? ci sono gruppi emarginati rispetto agli altri?
· qual è la composizione sociale del Gruppo Scout?
· quali sono gli interessi, la sensibilità, i problemi principali dei ragazzi cui ci rivolgiamo? come occupano in prevalenza il tempo libero?
· che sensibilità o interesse dimostrano per la proposta scout quale viene loro presentata?
· che rapporti hanno le singole Unità e il Gruppo scout con le diverse componenti dell'ambiente? con le famiglie? con la Chiesa? con li altri gruppi che vi operano? con le strutture politiche?
· che iniziative concrete sono state prese al riguardo?
· quali stimoli o iniziative appaiono urgenti per migliorare la "qualità della vita"? quali interventi pubblici? che iniziative volontarie? per chi?
· cosa si sta facendo? da parte di chi?
· ci sono problemi di violenza? di droga? di emarginazione? grossi disservizi?
· qual è il clima culturale? quali occasione di crescita sono offerte?
· come tutto ci incide sulla proposta educativa del Gruppo?
· la sede del Gruppo scout presso chi ubicata? Che significato riveste quella specifica ubicazione della sede?



dal diario di Paola

IL BARISTA E LE ETICHETTE POLITICHE

Ogni volta, alle elezioni, siamo sollecitati da varie parti e da vari partiti. Noi si cerca di glissare e invece invitiamo i ragazzi e i capi a partecipare liberamente ai dibattiti che vengono organizzati in città.
A volte mi chiedo se noi dobbiamo essere come un barista, amico di tutti i partiti per non perdere clienti. Occorre una grande attenzione per evitare le etichettature politiche che diventano emarginanti: necessario trovare un giusto equilibrio tra le scelte personali dei Capi e della Comunità Capi e il rischio di divisioni tra genitori e quindi con i ragazzi. Quindi l'oculatezza deve essere ancora maggiore quando alcune attività legate a scelte partitiche o organizzate da un partito coinvolgono i ragazzi.

LE PRESE DI POSIZIONE E LE FIRME

Quando siamo chiamati a prendere posizione su un problema o pensiamo che sia giusto si fa dopo un dibattito di Comunità Capi e si sottoscrive e si firma come Comunità Capi:

· Attenti che le prese di posizione siano in linea con gli ideali e coerenti con le scelte associative.
· Attenti a controllare i pronunciamenti di una singola Unità, ad esempio un Clan, anche perché la gente normale non fa molte distinzioni, e quindi, specie nei paesi, gli scout diventano l'AGESCI tutta.
· Trasformare le collaborazioni con i consigli di quartiere o di frazione, che giustamente richiedono la nostra collaborazione per attività e iniziative che hanno attinenza con i nostri ambiti e i nostri interessi in attività educative che rientrano perfettamente nei nostri programmi e non sono sentite come momenti staccati o improvvisati.
· L'importante è avere anche la capacità di dire di no, spiegando magari le ragioni.
· Importante è anche la cultura di dire di sì, cioè di partecipare anche alle cose buone che fanno gli altri, che magari sanno fare certamente meglio di noi.



PALETTI

IL SERVIZIO SI MISURA PER COME MUOVE UN CIRCUITO D'AMORE

i servizi associativi

A decidere i servizi, la loro durata e il luogo sono i Capi educatori del Clan. Non bisogna mandare il Rover in Staff troppo numerose, dove rischia di non aver nulla da fare, e nemmeno in quelle in cui c'è un solo Capo, perché rischia di fare l'aiuto Capo.

i servizi extrassociativi


· la Comunità Capi si prende l'impegno della eventuale continuità del servizio e non solo una scelta dei Capoclan.
· Saggio l'uso di alcune città che la Branca Rover coordina e unisce i vari servizi extrassociativi a livello di città e coordina le forze, in maniera che la Comunità Capi possa avere persone fidate che seguano il servizio dei ragazzi e possano riferire alla Comunità Capi.
· I servizi extrassociativi del Clan sono un problema della Comunità Capi, che ne è garante riguardo alla continuità.
· concordare anche in Comunità Capi i servizi che il Clan si è liberamente scelto
· verificare assieme ai referenti dei servizi extrassociativi, che vanno incontrati insieme ai ragazzi nei momenti di verifica.



dal diario di Paola
PROVERBIO CINESE: Al pesce va data l'esca che piace a lui

I GENITORI

Nella testa di molta gente, le cose che non costano non valgono. Noi non si costa quasi nulla e allora non si vale. Che sia per questo che i genitori hanno a volte un atteggiamento strano? Io non penso. Noi, per le famiglie, siamo più importanti di quanto pensiamo. Non dobbiamo misurare l'interesse da quanto partecipano alle riunioni che organizziamo per loro. Noi siamo ricercati sia perché abbiamo la fama di fare le cose in maniera seria, sia perché i genitori hanno poche altre agenzie educative a cui attaccarsi se non quelle sportive. È fondamentale che riusciamo a passare ai genitori l'idea che dietro ad ogni singolo Capo Unità c'è una Comunità Capi corresponsabile di ogni scelta.



Comunità Capi Mede I
VENERDÌ 5 novembre 1999

Ed eccoci nuovamente a parlar di progetto educativo ...
A dire il vero abbiamo iniziato l'incontro con la preghiera ed oltre al PE ci siamo ricordati alcune cosette:

1. Le date degli incontri di branca, utili sia se ci viene richiesta la sede da altri gruppi, torna soprattutto utile perché i genitori sappiano in anticipo gli impegni dei figli e forse di conseguenza i propri.
2. l'incontro con i genitori SABATO 13
3. e non da ultimo appunto il PE

Proprio per non lasciarlo per ultimo abbiamo iniziato subito da questo e destino vuole.... che ci abbia occupato pressoché l'intera serata e per di più con un solo punto: la comunità cristiana: non sto qui a descrivere le numerose riflessioni, dubbi, preoccupazioni ecc. sorte da questo confronto, ho preferito farne memoria a parte e sarà distribuita in Coca anche perché sarà aggiornamento del nostro PE

Per quanto riguarda l'incontro con i genitori sarà così articolato:
ore 21.00 inizio con Matteo che presenterà la Coca e la sua esibizione l'intera comunità capi con Matteo e Massimo si "lanceranno" in una presentazione di canti scout (circa due per unità) dopo di che il capo gruppo darà il benvenuto ed alcune importanti notizie anche se tecniche, tra le quali la comunicazione del riavvio della PATTUGLIA GENITORI. Seguirà un incontro con i genitori, suddivisi per branca, mentre i ragazzi rimarranno in cerchio nel salone animati dal clan; il tutto si prevede possa terminare verso le 22.30 - a questo punto saranno distribuite le caldarroste preparate dalla pattuglia genitori.

Ho dato comunicazione che EMILIO di Bergamo mi ha comunicato che sarà il referente per la pattuglia della nuova Coca per l'approfondimento sul metodo.

Venerdì 12 concluderemo il PE, seguirà la programmazione di Coca



dal diario di Onorato

IL TEMPO PERSO CON I GENITORI

Quando si fa riunione dei genitori, qualsiasi sia l'argomento, i pochi genitori vengono se hanno un minimo di fiducia in noi, ma vengono specialmente per parlare dei loro ragazzi. Magari parlano dei problemi generali dei giovani d'oggi, ma in realtà stanno parlando della vera paura che hanno dentro o della esperienza che hanno vissuto o vivono con il loro figlio.
Mi accorgo che il Capogruppo diventa spesso il referente vero dei genitori, anche perché spesso è un adulto nel quale i genitori riversano la loro fiducia legata all'età. Proprio per questo devo avere l'autorevolezza sufficiente per chiarire il contratto iniziale con i genitori e nello stesso tempo chiarire i limiti della nostra azione educativa, anche perché spesso i genitori chiedono a noi ed esigono da noi quello che loro non sono mai riusciti a fare.



PALETTI
. MIGLIORARE I RAPPORTI CON LE FAMIGLIE
Stimolare la partecipazione dei genitori
Come?
- Contratto (partecipazione obbligatoria alle riunioni)
- La prospettiva educativa (possibilità di entrata in Coca)
Rendere più Comprensibile ai genitori la vita scout
Come?
- Riunione dei genitori
- Avviso mensile
- Coinvolgimento nella staff logistica

Indicatori di verifica:
partecipazione dei genitori alle riunioni - genitori che si sono offerti per la staff logistica



dal diario di Francesco Assistente

I CAPI GIOVANI E L'ATTEGGIAMENTO PATERNO DEI GENITORI

Uno dei problemi da superare all'inizio è l'atteggiamento paterno dei genitori che vedono i Capi molto giovani. Spesso ci percepiscono e ci trattano come loro figli e ogni cosa che facciamo o che diciamo, la vedono come una conferma del loro atteggiamento inconscio. Scatta così la sindrome dell'adulto che pensa di non aver nulla da imparare e tratta con i Capi con una certa sufficienza e accondiscendenza.
Di reazione i Capi, che vedono bene certi errori pedagogici dei genitori, trattano i genitori con sufficienza perché li credono inutili per il loro lavoro educativo. Scatta spesso nei giovani Capi istintivamente il pericolo di trattare i genitori dei ragazzi con lo stesso rapporto che loro hanno vissuto con i loro genitori. Spesso la critica sottintesa è: io al loro posto avrei fatto così. D'altra parte spesso i genitori ci vivono come degli antagonisti che sono sempre dalla parte dei ragazzi e che riusciamo a far fare ai ragazzi delle cose che loro non riescono a fare. Il mio compito anche quello di non fare che i Capi si mettano completamente dalla parte dei ragazzi in contrasto con i genitori. I Capi si mettono dalla parte dei ragazzi non perché sono dei "complici" ma perché sono degli adulti su cui loro possono contare nei momenti difficili. Altra cosa da contrastare chiaramente sono i giudizi drastici che spesso i Capi formulano nei confronti dei genitori che hanno delle paure o non hanno dato certi permessi. Diventa diseducativo dare questi giudizi di fronte ai figli. Sono problemi da rendere chiari e discuterli in Comunità Capi, perché diventino problema, specie nelle situazioni di contrasto. Spesso conviene non lasciar soli i Capi, specie se sono giovani, di fronte al problema serio e grave di un ragazzo con problemi, specie se ci sono decisioni drastiche, quali, ad esempio, quella di far uscire il ragazzo dall'Unità per un momento di ripensamento o in maniera definitiva. Noi capigruppo dobbiamo lavorare di cesello perché i rapporti migliorino subito e ci sia stima reciproca, che può venire dall'incontro personale tra gli staff e la famiglia.



dal diario di Paola

LE CENE

Ieri la staff degli esploratori era a cena da Paolino. È bene che il ragazzo viva il fatto che i suoi Capi vanno a casa sua, nel suo ambiente. È un uso saggio, una tradizione da mantenere.

I GENITORI E GLI INCONTRI DI PRESENTAZIONE DEL METODO

Ero presente ieri sera all'incontro dello staff E/G con i genitori. Saggia l'idea di presentare le diapositive e il video del campo. L'obiettivo di questi incontri è quello di fare in maniera che ci sia una certa omogeneità tra l'esperienza familiare e l'esperienza scout. Anche i genitori poi devono prendere coscienza che il nostro è un metodo globale, che ha bisogno di approcci diversi a seconda dell'età dei ragazzi. I loro figli vivono un momento problematico e di questo risente il rapporto con i genitori. Noi scout possiamo divenire interlocutori che si inseriscono in maniera positiva e rasserenante ma anche dialettica nel loro rapporto con i figli.
Abbiamo deciso che questi incontri devono essere incontri interessanti e intelligenti, in cui i genitori all'inizio non devono essere " violentati " con giochi e danze. Queste cose le potremo fare quando ci conoscono di più e in seguito. I genitori " anziani ", quei genitori che hanno i ragazzi con noi da tanto tempo e ci conoscono e ci stimano, hanno dato un sostegno autorevole di esperienza nel caso di punti controversi.



dal diario di Onorato

LO SCAUTESE

"Mi raccomando di evitare lo scautese" avevo detto alla fine della riunione per l'incontro con i genitori.
Una delle attenzioni più grandi quando si fanno gli incontri con i genitori è il linguaggio: dobbiamo evitare i termini tecnici e le sigle proprie del nostro gergo. Alcuni è impossibile tradurli, ed è bene che i genitori li imparino presto, ma molti altri si possono sostituire o almeno spiegare. In queste riunioni si vive la grossa difficoltà della comunicazione fra i capi che usano certi termini che per loro sono chiarissimi e i genitori che li vivono come un fatto frustrante, che impedisce di capire completamente il discorso che viene fatto. Quindi niente sigle e termini nostri, ma termini che si possono capire anche senza essere scout.



PALETTI

INCONTRI CON I GENITORI GIOIE E DOLORI

· organizzare bene la riunione dei genitori dell'Unità
· diapositive campo estivo - per spiegare meglio ai genitori dei nuovi
· presenza dei Capigruppo perché diamo l'impressione dell'Unità del discorso e vedono che ci sono anche degli adulti
· i capi devono farsi invitare alle cene per parlare personalmente dei ragazzi
· far sì che i genitori più anziani ci aiutino nei soliti problemi e paure dei nuovi

COSE DA FARE SICURAMENTE

· dare il rendiconto delle entrate e delle uscite del Gruppo
· fare almeno due incontri con tutti i genitori in un anno, compresi quelli di branca rover
· presenziare alle riunioni dei genitori delle Unità
· fare la circolare ai genitori con gli indirizzi e numeri telefonici dei Capi della Comunità Capi e le riunioni delle Unità
· fare la circolare ai genitori con le date (febbraio) del campo estivo
· dare gli indirizzi internet dell'Agesci, se vogliono capire meglio



Comunità Capi Mede I
DUE PAROLE
Le attività hanno già preso il via, per la precisione Sabato 2 ottobre, con un incontro pomeridiano per i ragazzi e serale aperto a tutti i genitori ed amici, concludendosi con la celebrazione e il bivacco.
Naturalmente primo di questo appuntamento la Coca aveva già da tempo ripreso il lavoro, proprio per essere pronta ad accogliere i ragazzi e le loro famiglie.
Ci siamo verificati sui campi estivi, usufruendo anche della traccia "provocatoria" preparata prima di partire, durante le ultime riunioni. da qui è emerso quanto più o meno si era già verificato a campo finito; sostanzialmente ogni attività ha dato buoni frutti, i ragazzi sono tornati entusiasti ed i capi forse un po' troppo stanchi, ma soddisfatti dei giorni trascorsi in attività.
I problemi che preannunciavano prima della partenza, erano "sotto controllo" e quindi si è stati in grado di fronteggiarti al momento giusto.
Il branco ricorda la felice esperienza con i lupi di Mortara e la collaborazione con le mamme che si sono rese disponibili per la cambusa; il reparto l'accoglienza della gente del posto e la sincerità dei ragazzi, il noviziato l'emozione di nuovi incontri e la gioia della solidarietà e della condivisione; certo sono stati rilevati anche gli eccessivi "mammismi" di alcuni lupetti, lo scarso stile dei ragazzi al campo, o il lasciarsi troppo coinvolgere da atteggiamenti superficiali in occasioni in cui lo stile scout doveva farla da padrone.
Alla luce di tutto quanto e non senza poche difficoltà abbiamo cercato insieme di assemblare staff che potessero far fruttare positivamente ogni verifica positiva o negativa, secondo naturalmente la disponibilità di ciascuno.
Così abbiamo avuto la conferma che Giovanni lascia il servizio svolto direttamente con i ragazzi, proprio per problemi di tempo che non permetterebbero serenità e coerenza, pur comunque non rinunciando al suo mandato di capo.
Le direzioni di unità sarebbero le seguenti: [...]
Come si può ben leggere alcune novità caratterizzano le nostre staff.
Lo "storico" passaggio di unità di Costanza
Il rientro con entusiasmo di Carlo
Il supporto di due genitori come Giuliano ed Elisabetta che si sono resi disponibili per affiancare i capi in questa avventura educativa
L'assenza dell'aiuto di Massimo che dopo l'entusiasmante Route estiva e alle soglie della partenza preferisce svolgere per quest'anno un servizio extra-associativo. Il noviziato che ha scelto di protrarre le attività ancora per un breve periodo (circa un paio di mesi) proprio per affrontare temi e scelte che sono solo state accennate; per questo tratto di strada saranno ancora Giovanni e Giovanna ad accompagnare i ragazzi, mentre al loro passaggio in clan saranno accolti da Elena, Stefano e Giovanna.
Don Luca sarà ancora al nostro fianco, la sua presenza diventa sempre più significativa, la sua simpatia e disponibilità si sono fatte strada fino a raggiungere l'affetto di ognuno di noi.
Sarà ancora Cristina a rappresentarci al Consiglio Pastorale e alla Consulta del volontariato, quest'anno ha dato anche una maggior disponibilità nell'essere coinvolta nello conduzione di Coca
Nel mese di settembre che ci ha preparato alle attività abbiamo avuto il mandato dallo comunità cristiana, ma abbiamo pensato di dedicare anche una serata che ci facesse riflettere sul ruolo di capi che diventa sempre più impegnativo sia come responsabilità, sia come testimonianza.
Dopo alcuni incontri, "anche vivaci", durante i quali si è ripreso il discorso sull'importanza di essere tutti in primo piano, con le proprie caratteristiche, capacità e sensibilità, ma essere comunque dei riferimenti per i ragazzi, posso affermare che, al di là dei timori dovuti alla mancanza di tempo da parte di alcuni di noi, o difficoltà del tutto personali, ho la sensazione che, come lo scorso anno, si abbia voglia di partire solo per fare bene, senza mettere in dubbio la propria voglia di giocarsi, e questo credo sia di grande aiuto per noi tutti.
Non a caso lo slogan del nostro inizio anno è stato ... PORTA IL CUORE DOVE VAI ....
Un altro accenno è stato fatto alla pattuglia genitori che vorremmo che quest'anno fosse ridefinita e maggiormente o "diversamente coinvolta"



dal diario di Paola

PATTI CHIARI: IL CONTRATTO CON I GENITORI

Questi gli appunti che ho fatto in preparazione dell'incontro con i genitori.
Fondamentale chiarire le caratteristiche e gli obiettivi del nostro volontariato, il tipo di proposta religiosa che faremo ai ragazzi e gli obiettivi educativi della Partenza (averli chiari e discussi in Comunità Capi) e il fatto che i risultati più importanti si hanno sui ragazzi proprio nel momento più difficile per i genitori. Poi chiarire i termini del contratto: partecipazione del ragazzo alle riunioni e alle uscite, la necessità di sintonia educativa tra le nostre proposte e le loro, partecipazione al campo estivo la cui data sarà data al più presto, in modo che possano organizzare i giorni di ferie prima di febbraio. È fondamentale che passi l'idea che siamo noi che facciamo un servizio gratuito e non loro che ci fanno il favore di mandarci i ragazzi. Quindi avvertire chiaramente che se non li mandano alle riunioni e uscite o al campo estivo senza motivazioni gravissime, rompiamo il contratto e mandiamo a casa i ragazzi. È importante che vivano chiaramente il fatto che mandare il ragazzo dagli scout diverso dal mandarlo a fare sport o altre attività . Noi abbiamo altre esigenze e un altro atteggiamento, e sono loro a dover conciliare con lo Scoutismo gli altri impegni del ragazzo.



Problema

Come far arrivare queste notizie ai genitori dei ragazzi più problematici, che non ci cercano mai o forse è meglio non farle arrivare e lavorare direttamente sul ragazzo e sulla sua motivazione a venire?


NODI

LE PAURE DEI GENITORI

si perde nel bosco o fa brutti incontri; si fa male; non mangia abbastanza; si sporca; si bagna; si ammala; non studia ecc.



PALETTI

Il contratto con i genitori : problemi da chiarire

I genitori verso di noi

· non devono chiedere a noi quello che non sanno fare loro e lamentarsi
· noi diamo una mano a loro nell'educazione
· la nostra una proposta globale e quindi esigente, se non completa inutile o comunque serve e poco
· siamo volontari, diamo volentieri il nostro tempo libero e facciamo tutto gratis ma proprio per questo ci sono dei limiti
· ci deve essere armonia tra quello che proponiamo noi e quello che propongono loro
· anche se siamo giovani devono evitare ogni atteggiamento paternalistico
· se il ragazzo manca a momenti fondamentali si rompe il contratto e si tengono a casa il ragazzo
· se non si fidano (uscite, campo ecc.) meglio che si tengano a casa il ragazzo e gli propongano altre strade
· manderanno i ragazzi alle riunioni, alle uscite, al campo estivo e a tutte le attività;
· conosceranno e cercheranno di proporre le proposte che facciamo ai ragazzi;
· avranno un rapporto continuo e costruttivo con i Capi;
· sanno che facciamo una chiara proposta religiosa, si impegnano con noi ad un discorso a lungo termine e non come un'attività per bambini piccoli e basta;
· saranno disposti a dare una mano quando lo chiederemo senza voler interferire sul metodo.

noi verso i genitori

· accetteremo le loro critiche e consigli,
· non porteremo i ragazzi nei pericoli inutilmente,
· rispetteremo i tempi delle famiglie ed eviteremo i ritardi inutili,
· faremo sapere al più presto possibile gli impegni dei ragazzi (uscite e campi) in modo che le famiglie possano organizzarsi con le ferie, daremo qualche domenica libera per stare in famiglia cercando di farla uguale per tutto il Gruppo
· li avvertiremo subito se ci sono problemi seri nei ragazzi
· gli faremo conoscere il progetto educativo.

I genitori NON POSSONO:

· chiederci di fare quello che non sanno fare loro;
· delegarci l'educazione dei loro figli (noi dobbiamo fare quello che è nostro compito, nostro specifico);
· caricarci dei loro problemi (siamo gli educatori dei loro figli);
· mostrarci tutte le loro esigenze (siamo dei volontari);
· educare i figli a principi diversi da quelli che noi diamo;
· affidarci i loro figli senza darci anche fiducia;
· mandare i ragazzi quando fa loro più comodo;
· non possono interferire con il nostro modo di lavorare (siamo i re del metodo).

I genitori DEVONO:

· sapere che facciamo una proposta religiosa;
· sapere chiaramente quello che fanno i loro figli;
· sapere che la proposta è continuata nel tempo.

Il progetto educativo dato ai genitori viene tagliato di tutto quello che può essere considerato segreto di ufficio.



dal diario di Francesco Assistente

IL CAMION E LA CARAMELLA

Le famiglie in genere hanno delle difficoltà a proporre dei valori ai figli, a parte tutto quello che si carica sul famoso "esempio", che spesso è un'illusione dietro la quale ci nascondiamo, anche perché l'esempio, se non è comunicato, non è sentito e quindi non serve a livello educativo.
Infatti sui grandi problemi e le grandi scelte della vita noi genitori spesso tendiamo a dire che li lasciamo liberi.
Quindi la scelta religiosa, la scelta politica e la scelta morale diventano ambiti privati del ragazzo. Ma la verità è che i genitori sono come un grosso camion di affetto che porta solo una caramella, perché proprio sulle grandi scelte e sui grandi valori dicono ai ragazzi che li lasciano liberi, ma in realtà è solo perché non hanno nulla da dargli e non sanno cosa dirgli.



UN GIOCHINO SUI VALORI

Mettere in ordine di importanza i seguenti valori per ipotizzare un mondo futuro . Numerarli da 1 a 15.
Lo possono fare i capi e i ragazzi. Sarà utile poi confrontare le risposte.Se le risposte dei capi e dei ragazzi sono molto diverse, domandarsi il perché e approfondire:
RICCHEZZA - UGUAGLIANZA - VITA FAMILIARE SERENA - PROGRESSO - TRADIZIONE - LIBERTÀ - AMORE - SALUTE - PACE - GIUSTIZIA - BELLEZZA - SAGGEZZA - FELICITA ' - ISTRUZIONE - RELIGIONE


dal diario di Francesco Assistente

LA COMUNITÀ CAPI E L'ASSOCIAZIONE

Sarebbe sempre una cosa saggia riuscire a vivere in Comunità Capi l'Associazione nella sua struttura e nelle sue proposte. Questo significa concretamente preparare e discutere in Comunità Capi le proposte della Zona, della Regione e del Consiglio Generale, per partecipare direttamente all'elaborazione delle idee, prendendo visione degli argomenti, pensando assieme le mozioni e gli interventi, facendo il confronto con il nostro Progetto Educativo e le nostre idee della Comunità Capi e quello che viene proposto a tutti i livelli. Sono queste le strade per formare alla partecipazione associativa. È chiaro che questo significa partecipare attivamente e come Comunità Capi ai momenti assembleari decisionali. Per questo diventa un peccato mortale associativo permettere che vengano fatte delle attività con i ragazzi nei giorni in cui ci sono Assemblee zonali o regionali.