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RAMELLA N. - ROSI M.
I COLORI DEI POPOLI
tecniche di animazione d’impresa

E/G

 

 

COLETTI
Roma 1986
cm. 12 x 17 pagine 211

 

INTRODUZIONE

ANIMAZIONE D’IMPRESA

I ragazzi amano la vita all’aperto perché in essa trovano modo di soddisfare il loro spirito di avventura e il loro bisogno di movimento.
Lo Scautismo, da Baden-Powell in poi, è rimasto, ovunque, fedele a questa esigenza e ha posto la vita all’aperto alla base del suo metodo educativo.

Per rendere però più valida e costruttiva l'esperienza di vita proposta, il metodo scout suggerisce l’apprendimento di alcune tecniche essenziali. La conoscenza e l’applicazione corretta di tali tecniche infatti, anche a livello elementare, conferiscono la competenza per progettare e realizzare sempre nuove attività. Il nostro scopo è di suggerire alla fantasia degli educatori, che hanno desiderio di battere sentieri nuovi di ricerca, alcune attività per i ragazzi che, con il ricorso ad un minimo bagaglio tecnico (espressione, mani abili, cucina, pionieristica, campismo, educazione fisica) possano soddisfare il loro primordiale bisogno di movimento e di avventura nell’ambiente naturale.

Di che cosa si tratta dunque? Di danze, riti, feste, spaccati di vita, momenti tragici o gioiosi di antichi popoli, o di popoli ancora esistenti, alcuni dei quali primitivi, ricostruiti, anche se con opportuni adattamenti, sulla base di studi e fonti etnografiche facilmente accessibili.
Le rappresentazioni qui descritte sono state tutte effettivamente eseguite da gruppi di ragazzi quindicenni che hanno frequentato corsi di animazione d’impresa, della durata di quattro giorni, presso la Base scout di Spettine (Piacenza).

La scelta dei temi, lo studio dei ritmi, dei passi, dei movimenti coreografici, delle musiche, la stesura dei testi e la predisposizione dei materiali grezzi, ha comportato un notevole impegno dello staff tecnico. La realizzazione di ciascuna impresa invece, che prevede la ricostruzione pratica della vita di un popolo, è stata compiuta in tempi brevi, quanto è la durata dei campi.

I campi di questo tipo si propongono di dimostrare, secondo lo spirito dello Scautismo, che lavorando con impegno e buona volontà, si può fare molto in poco tempo, con mezzi poveri e non sofisticati e quindi con minima spesa, conseguendo ugualmente risultati suggestivi. In quattro giorni infatti si è provveduto a costruire le scene (villaggi con capanne, portali, fuochi, cucine, totem, ecc.) i costumi, gli attrezzi (armi e oggetti d’uso) gli ornamenti, le maschere e ad imparare i passi, le danze, le scene mimiche e musicali, individuali e collettive, con una razionale distribuzione del tempo e con attività a rotazione delle diverse Squadriglie; il tutto in un clima di gioco e di entusiasmo creato anche dalla immedesimazione dei ragazzi nelle situazioni e nei personaggi rappresentati. Il campo terminava con uno spettacolo serale di grande suggestione, illuminato dalla luce dei fuochi, secondo la descrizione reale delle feste di quei popoli, fra l’entusiasmo dei ragazzi e degli spettatori.

Tali imprese preparate in tempi più lunghi (per un campo estivo, una festa dei genitori o altre occasioni) possono dar luogo a spettacoli molto più ricchi e completi nelle scenografie, nei costumi, nella cura dei particolari, rispetto a quelli qui descritti; esse si propongono come esempio di eventuali autonome ricerche che ciascuno può fare, esplorando aree culturali diverse e altrettanto stimolanti di quelle da noi considerate.

Perché questi temi? Perché suscitano la curiosità, stimolano la creatività e lo spirito di avventura; offrono infatti un materiale suggestivo alla fantasia dei ragazzi. È un gioco in cui l’avventura non è solo immaginata ma è vissuta: l’interesse a viverla è spontaneo e partecipato. Inoltre offrono spazi educativi molto ampi, dal punto di vista delle conoscenze che implicano e dal punto di vista delle attività che suggeriscono e delle abilità personali che esercitano. Essi rappresentano anche un importante fattore di solidarietà e di coesione di gruppo. La ricostruzione della vita di un popolo, attraverso le sue manifestazioni collettive, infatti, consente ai ragazzi di realizzare una vera e propria «impresa», articolata in molteplici aspetti culturali e pratici, che consente a tutti, secondo le rispettive competenze, di sentirsi utili e partecipi.

L’analisi dei motivi che alimentano e giustificano dal punto di vista religioso e sociale i riti e le feste di quei popoli, ci fa scoprire analogie storiche e significati spirituali che li rendono più vicini a noi e che ci fanno meditare su molti pregiudizi ancora esistenti nei loro confronti. È vero che le distanze storiche rendono difficile scoprire la continuità che lega fra loro popoli lontani nel tempo e nello spazio; ma in una società come la nostra, che tende a relativizzare i valori, è importante scoprire che esistono nelle linee di sviluppo della civiltà umana delle costanti spirituali che possono essere fatte risalire alle origini della sua storia.

Aspetto non secondario di una attività di questo tipo è la sua possibilità di diventare strumento di animazione all’interno di un gruppo. Infatti il lavoro di preparazione e di esecuzione dell’impresa implica una tale varietà di competenze e una così differenziata applicazione di tecniche, da imporre, per forza di cose, una stretta collaborazione fra le persone interessate, e quindi una sempre più forte coesione di gruppo. A tali circostanze che rivestono un chiaro significato educativo, si deve aggiungere:
1 - La meraviglia che suscita nel ragazzo il contatto con quei popoli a lui prima sconosciuti e quindi la curiosità di approfondirne la conoscenza.
2 - La messa in moto delle risorse della sua fantasia per immaginare le cause che spiegano il comportamento apparentemente così singolare di quelle popolazioni.
3 - L'acquisizione del concetto fondamentale che la storia dell'uomo, nonostante le apparenze, conserva una continuità di valori che operano pur nella differenza dei modi e delle forme che assumono all’interno delle diverse culture.
4 - La convinzione che le culture primitive, o comunque lontane nel tempo, esprimono esigenze universali dell’uomo in rapporto alla vita religiosa, sociale, economica con le quali ci dobbiamo misurare anche oggi. La vicenda dell’uomo è quindi sempre attuale.
5 - L'importanza dell’apprendimento e del perfezionamento delle abilità manuali. Esse infatti rivestono una occasione formativa insostituibile perché esercitano praticamente le capacità attive dell’individuo e lo abilitano ad un intervento creativo nei confronti della realtà che lo circonda.
6 - ll senso dell’armonia che deve presiedere al rapporto uomo-natura. La capacità di interpretare le esigenze autonome della natura e il rispetto delle sue leggi era, per quei popoli, garanzia di sopravvivenza. La natura non è una fonte illimitata di risorse da sperperare, ma una riserva di beni da custodire per il futuro dell’uomo. 7 - La considerazione della vita come rischio e come avventura a cui l'uomo di oggi è disabituato a causa della gri-gia e programmata uniformità della società tecnologica.
8 - L’attitudine a far fronte alle avversità senza capitolare. È frequente oggi lasciarsi travolgere dalla frustrazione quando la vita non ci offre, in un piatto d’argento, i doni che noi ci attendiamo.
9 - II dialogo col Soprannaturale come condizione permanente dell’esistenza e come spontanea esigenza dello spirito.

Fra le tecniche espressive utilizzate occupa un posto centrale la danza. I popoli primitivi infatti, ma anche quelli antichi più vicini a noi (basta pensare al mondo classico), consideravano la danza un mezzo per conservare e trasmettere le tradizioni, i modelli di vita, le credenze proprie della tribù o del gruppo etnico.

Nella Terra del Fuoco come in Australia, in Giappone come in Amazzonia essa, nella varietà delle sue forme come nell'adattamento alle circostanze, scandisce i momenti più significativi della vita collettiva (preparazione alla guerra, celebrazione della vittoria, successo della caccia, riti di passaggio, nascita, morte, ecc.). La danza è segno di unità e di compattezza del gruppo; ne rinsalda i legami di solidarietà che sono garanzia di sopravvivenza in un mondo spesso ostile.
Nella danza, come espressione corale in cui tutti hanno un ruolo da svolgere e in cui, talvolta, anche gli spettatori diventano protagonisti, si superano le tentazioni individualistiche, si rivivono le suggestioni collettive e rassicuranti del gruppo di appartenenza. Le danze che accompagnano i riti puberali, per esempio, concludono il processo di integrazione del soggetto nella comunità e rendono pubblica testimonianza delle raggiunte capacità del giovane ad esercitare i diritti ed assumersi i doveri che la legge non scritta attribuisce all’uomo adulto. L’adolescente (e questo costituisce un aspetto di forte incidenza educativa) rievocando tali antichi eventi rituali, coglie segrete analogie e significativi contrasti con la vita di oggi; ed è indotto a riflettere sugli insegnamenti che ne derivano.
La tradizione intellettualistica di derivazione settecentesca, ancora prevalente nel nostro costume, ignora o trascura spesso, nell’educazione, il momento della corporeità. Dimentica di attribuire al corpo il posto che spetta nell’unità della persona; mentre invece la gestione del corpo da parte dell’io, rappresenta uno dei nodi educativi più problematici e delicati nello sviluppo del ragazzo, dalla cui corretta soluzione dipende, in molta parte, la maturità dell’adulto nella sua vita di relazione.
La danza, come disciplina formativa, serve a colmare questa riconosciuta lacuna. Essa infatti non è soltanto un esercizio meccanico del corpo o uno scatenarsi del suo dinamismo fisico, ma, attraverso il gioco disciplinato delle membra, diventa un mezzo di espressione e di comunicazione per trasmettere messaggi significativi e tradurre aspirazioni profonde dello spirito. Il corpo non è più estraneo alla persona, ma è il modo con cui la persona si fa presente agli altri in tutta la ricchezza della sua interiorità. Ciò diventa un riscatto del corpo da ogni suggestione materialistica, una liberazione dalla secondarietà e dalla marginalità del suo ruolo tradizionale che lo vuole semplice e cieco esecutore della volontà. Nel contempo però, la ricerca del gesto proporzionato al messaggio da esprimere o da comunicare, fa sì che la danza si traduca in disciplina del corpo, cioè in una percezione razionale della corporeità attraverso le intenzioni dello spirito che essa rivela. Inoltre la danza è creativa, perché lo sforzo ripetuto per apprendere il movimento richiesto, accompagnato dalla preoccupazione di aderire al contenuto da esprimere, genera una tale identificazione fra gesto e contenuto da rendere possibile l’interpretazione autonoma del messaggio da parte del soggetto.

La danza poi, come attività complessa, offre l’occasione per educare al ritmo, alla coordinazione, all’armonia dei movimenti e al senso musicale; e non c’è chi non veda come tali fattori incidano sullo sviluppo dell’adolescente. Da tale nucleo concettuale è possibile ricavare tutte le implicazioni educative che il problema del rapporto tra il corpo e lo spirito solleva nella quotidiana esperienza degli educatori.
Invitiamo perciò i lettori (educatori, animatori, monitori di gruppi di ragazzi e di adolescenti) a verificare queste cose attraverso l’esecuzione propria delle attività proposte.

 

INDICE (sintesi)

i pellerossa

GLI INDIOS DELL'AMAZZONIA
il villaggio
l'abbigliamento e le pitture corporali
le armi
gli strumenti musicali
ritmi e passi di danza


i samurai del giappone

glossario

bibliografia essenziale