COSA SONO I SIMBOLI

"Amore è troppo giovane per sapere cosa sia coscienza.
Però chi non sa che coscienza è nata dall'amore?"

W.Shakespeare


Perché, tra tutti i peluches dello scaffale, solo l'orsetto Coccolone è un rassicurante compagno notturno per Emanuele?
Perché, di tutti mestoli di cucina, uno solo consente a Chiara di trasformare le immagini colorate dei suoi libretti in storie?
Perché un pezzo di corda teso tra due alberi e una vecchia coperta che fa da tenda sanno evocare, nell'anonimo giardino di condominio, un terreno di gioco avventuroso e misterioso?
Perché certi oggetti acquistano o esprimono un significato, divenendo speciali per noi?
Perché, piccoli e grandi, cerchiamo costantemente la mediazione di oggetti, immagini e azioni e ne facciamo simboli?
Perché una bandiera è per tutti una bandiera e non un pezzo di stoffa colorata?

Cominciamo col domandarci che cosa significa simbolo.
Una buona definizione di simbolo è UNIONE DI SIGNIFICATI:
un oggetto, un nome, un'immagine un'azione assumono un significato aggiuntivo, rispetto a ciò che sono ed appaiono, ed il nuovo significato è il nuovo "nome della cosa", perché sa unire, come un ponte, passato e presente, il soggetto e gli altri, sé e la realtà.
Sono molte le teorie che provano a spiegare la nascita, la costruzione e le funzioni del simbolo.

Alcune affrontano specificamente le funzioni cognitive della capacità di attribuire un significato simbolico ad un oggetto. La capacità di simbolizzare ci permette, ad esempio, di riconoscere come "mela" e di chiamare con uno stesso nome dei frutti che, nell'esperienza concreta del vedere, toccare, gustare, sono molto simili fra loro, ma anche diversi nella forma, nel sapore, nella consistenza, nel colore della buccia. Se non sapessimo simbolizzare, non sapremmo categorizzare e potremmo conoscere e riconoscere solo ciò che cade direttamente sotto la nostra esperienza, senza poter collegare, immaginare, ipotizzare nulla.

Altre teorie sono più attente alla dimensione emotiva e relazionale della capacità simbolica.
Per Melanie Klein, ad esempio, il simbolo nasce dalla prima relazione d'amore, quella tra madre e figlio. L'esperienza precoce del dolore, perché il desiderio del seno materno non sempre è immediatamente appagato o non è appagato in modo soddisfacente, consentirebbe al bambino di imparare a distinguere se stesso dalla madre e dalla realtà delle cose, di acquisire il senso del tempo e dell'attesa, di usare infine il pensiero, che è capace di sostituire simbolicamente la cosa e la persona desiderata con la sua immagine, evocativa dell'esperienza. La conoscenza e la coscienza umana avrebbero dunque radici profonde nelle relazioni d'amore e nell'esperienza ora dolorosa ed ora appagante del desiderio.

C.G.Jung descrive invece, fondandosi sulle immagini dei sogni, sulle ricerche antropologiche e sulla produzione artistica, un universo di simboli comuni a tutti gli uomini e a tutte le civiltà. Poiché i compiti esistenziali essenziali sono comuni a tutti gli uomini, esisterebbe una memoria collettiva, depositata nel nostro inconscio e costruita nello stesso svolgersi della storia umana, che utilizza immagini e si manifesta attraverso simboli universali, da tutti riconoscibili.
Il simbolo dell'eroe accompagna, ad esempio, i compiti di crescita di ogni ragazzo, così come ogni società ha sviluppato cerimonie e riti di iniziazione e di passaggio, per segnare e celebrare l'evoluzione e lo sviluppo del cammino personale dall'infanzia alla pienezza della vita adulta.
Conquista dell'identità, piena appartenenza alla comunità e conoscenza/comprensione del significato dell'esistenza sono i temi intorno ai quali si struttura il simbolismo che fa da ponte tra il soggetto e la comunità cui appartiene, tra l'io e il noi.


Qualunque sia l'interpretazione del simbolo o la teoria di riferimento, il simbolo non è mai invenzione o semplice convenzione, ma si radica nell'esperienza e nella memoria ed è frutto di un'operazione attiva di significazione, di attribuzione di senso e di ri-conoscimento, da parte di un soggetto che vive in relazione con gli altri.

IL SIMBOLISMO SCOUT

"Procedevo con quel passo incerto
che chiamano esperienza."

E.Dickinson


Anche lo scautismo caratterizza e struttura la sua proposta di crescita intorno ad un mondo simbolico.
In realtà ci sono più mondi simbolici intrecciati nel metodo e nell'esperienza di ogni Branca, ciascuno con i suoi segni ed il suo linguaggio.
La grande metafora dell'avventura, dell'esplorazione e della frontiera rappresenta la prospettiva di senso e suggerisce trame di gioco e d'esperienza dell'avventura stessa.
La Promessa, l'uniforme, i distintivi, la Legge, i Totem, la Fiamma, la Carta, gli urli sono i simboli di appartenenza ad una comunità, che condivide l'avventura.
Le immagini e i distintivi della Pista, del Sentiero e della Strada, le cerimonie di passaggio, il racconto iniziatico della Corsa di primavera e dell'ultimo volo, la conquista del nome di caccia, la Partenza sono i simboli del percorso personale di crescita da cucciolo-zampa tenera a uomo e donna di frontiera.

Se l'universo simbolico dà complessivamente trama e linguaggio comune (lo chiamiamo infatti "Parlata nuova"), perché non resti trasmissione, convenzione o invenzione deve nascere e continuamente ri-nascere in un'esperienza concreta, reale e attiva di avventura, di appartenenza comunitaria e di progressione personale.
Il luogo privilegiato, perché contemporaneamente reale ed evocativo, dove vivere avventura, appartenenza e progressione è, per lo scautismo, la natura, la vita all'aperto. La natura è il palcoscenico che mette alla prova, che cala in un'esperienza viva, che richiede protagonisti attivi di un gioco che ha il sapore e la forza della verità e dell'autenticità.
Trama e palcoscenico hanno bisogno di attori, di protagonisti. L'esperienza, condivisa da piccoli e grandi insieme, dell'avventura, dell'appartenenza comunitaria e del cammino di progressione personale permette di attualizzare l'universo simbolico, realizzando, nel qui ed ora delle relazioni tra persone, l'UNIONE DI SIGNIFICATI tra esperienza passata e presente, tra desideri e possibilità realmente disponibili nel presente, tra un io e il noi.
Giocare l'avventura scout insieme a capi e compagni dell'unità è avere uno spazio comune di lavoro, dove costruire attivamente il percorso e riconoscerne il significato.

Il ruolo del capo è importante e difficile, perché è contemporaneamente regista ed attore.
Ha la responsabilità di suggerire e governare la trama dell'avventura, dell'appartenenza e della progressione, mantenendone il controllo e la visione complessiva.
Ha la responsabilità di porsi come sostegno e guida nelle prove che un'esperienza vera impone, a volte previste e a volte imprevedibili, partecipando in prima persona all'avventura stessa, mettendosi personalmente dentro il gioco dell'appartenenza comunitaria e sperimentandosi in crescita permanente.
Attento a non diventare prigioniero della metafora dell'avventura o dell'intreccio dell'impresa, perché il copione serve se rende protagonisti i ragazzi, non se impone l'adesione a una parte e a significati preconfezionati.
Deve infine vigilare sul rischio, sempre presente in chi si muove in un universo simbolico, di vedere trasformati i simboli in "cose" svuotate del loro significato allusivo, di sentire la Parlata Nuova trasformata in parole-pietra, in materia opaca e non più trasparente, perché è mancato un vero protagonismo degli attori; o perché la cultura del tempo si è appropriata degli stessi simboli, modificandone il senso; o perché il ragazzo è andato oltre quel simbolo e quel linguaggio nel suo cammino di comprensione del mondo e di sé.
Fare il Capo , farlo davvero, è accettare i rischi di un cammino aperto e incerto, dove il cercare non garantisce mai di trovare, senza tuttavia rinunciare a stare accanto agli altri e a condividerne il cammino.
Per questo il passo del Capo è come lo descrive E.Dickinson: "Procedevo con quel passo incerto che chiamano esperienza."
E per questo il mio augurio di Buona Caccia e Buon Volo è oggi ancora più forte.


di Anna Perale, Capo Guida
[Convegno Bosco, dicembre 2000]