Cultura militare (in morte del paracadutista Emanuele Scieri)

Mario Cardinali    da "Livorno Cronaca - Il Vernacoliere"   settembre 1999
Il sospetto di tanti è che anche la morte del paracadutista Emanuele Scieri sia un altro sporco affare militare, un delitto di gruppo nell'omertà d'un certo sistema di caserma, chiamato sistema del nonnismo. C'è chi definisce il nonnismo una forma di subcultura militare, chi la manifestazione d'un istinto prevaricatore innescato dalla noia in camerata, chi un rito tribale, chi la degenerazione violenta d'uno spirito goliardico... Un bubbone, comunque, più o meno maligno ma che i bravi comandanti sarebbero sempre lì a cercar d'estirpare, come prova sempre a raccontarci chi con gli eserciti ci campa nei più vari modi. In realtà il nonnismo è profondamente funzionale all'essenza del militarismo, è parte basilare della cultura militare. Nella quale è fondamentale l'obbedienza immediata e cieca, e tanto più assoluta nei corpi speciali come la Folgore in cui l'individuo è spinto a identificarsi e fondersi nello spirito orgogliosamente elitario del gruppo, tra l'altro coltivato anche con toni, atteggiamenti e mentalità di fascistica memoria non rintracciabili solo nell'esemplare Zibaldone del generale Celentano. E già quel documento avrebbe almeno preteso, in una società civile, un po' di gerarchia immediatamente a casa, se non sotto processo.

Obbedienza immediata e cieca, si diceva: alla quale il nonnismo appunto prepara da subito l'aspirante al gruppo, inculcandogli attraverso l'umiliazione della personalità (tu sei un pezzo di merda finché non sarai nonno a tua volta e rifarai agli altri cio' che ora viene fatto a te) il principio fondamentale dell'accettazione dell'ordine anche il piu' assurdo e prevaricatore senza discussioni, senza appellarsi al proprio cervello ed alla propria dignita'. Il cervello del decerebralizzato sara' poi quello dell'ufficiale con i suoi indiscutibili comandi, e la dignità dell'umiliato sarà quella dell'appartenenza al corpo anteposto a tutto, alla società civile ed a quella politica in particolare, disprezzabile e disprezzata com'è d'uso in chi identifica il potere nelle armi. Il nonnismo, insomma, come iniziazione al principio d'autorità. Quel principio su cui ogni esercito si fonda, se il suo fondamento primo è l'obbedienza all'autorità dei capi, i cui ordini sono fonte di legittimazione d'ogni comportamento militare.

Ricordate Priebke? Anche per lui l'obbedienza giustificava tutto. "Eseguivo gli ordini", ha sempre continuato a dire, e come lui hanno sempre fatto e detto tanti altri cosiddetti "criminali di guerra". I cui crimini erano e sono tali solo perché' escono dalle cosiddette "regole di guerra" che codificano l'ammissibilità degli omicidi e dei massacri, alcuni si' ed altri no secondo le ragioni di chi decide per il tuo cervello e ti detta i sentimenti secondo la necessita' dei suoi interessi. Il nonnismo come battesimo, dunque, come prima lavorazione dei cervelli. Da annullare nella loro autonomia di funzionamento con atti di umiliazione fisica e morale. Che a questo punto diviene sì un rito, ma non tribale: è un vero e proprio rito militare.

E a chi ipocritamente continua a parlarci di sicura tenuta democratica delle nostre forze armate, compreso il più specializzato e temibile corpo dell'esercito qual e' la Folgore, gia' implicata anche in storie di torture, di stupri e di "ostentazione di simboli e slogan nazisti e fascisti" in Somalia (commissione Gallo, maggio 1998), a chi ci propone nuovi salvifici statuti militari per il rispetto dei coscritti, a chi ci progetta eserciti di professionisti per sopperire con lauti stipendi alla mancanza di ragioni nel militarismo, a chi comunque ci promette un'incisiva prevenzione del nonnismo, diciamo che l'unica maniera di prevenire quella costituzionale violenza militare è la prevenzione dell'esercito: del servizio armato e della cultura delle armi e degli ordini senza discussione.

P.S. - A proposito di militari: ricordate il "furore dei generali" dell'aviazione contro chi osò subito dubitare del loro comportamento nella strage di Ustica? Furore e sacro sdegno di fedeli servitori della patria, democratico baluardo anch'essi della società intera, seppure solo in cielo. Oggi, diciannove anni dopo, ecco l'incriminazione di quattro di quei generali per menzogne, omissioni e depistaggi nelle indagini su quel massacro aviatorio e per alto tradimento. Ma infuriati non saranno più, dopo tanto tempo. La furia passa, le stragi di Stato restano, e i rari processi non arrivano mai in fondo.
Mario Cardinali

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RASSEGNAMOCI - rassegna stampa di materiali di base n.4 30 settembre 1999