art4.htm - "il manifesto" del 07 Maggio 2000

Italiani all'armi

Pistole, fucili e qualche kalashnikov. E' tutto in vendita. Il business della paura comincia a prendere piede anche qui da noi. In modo più o meno clandestino

MASSIMO CARLOTTO

L' associazione nazionale produttori armi e munizioni che aderisce al Wfsa, un ente internazionale che raggruppa 13 paesi e 32 associazioni per fare fronte comune contro la disinformazione e la politica anti-armi in tutto il mondo, è seriamente preoccupata di quanto potrebbe accadere alla conferenza dell'Onu sul controllo delle armi da fuoco prevista per il prossimo anno. I rischi, in effetti, non sono pochi, sia per il settore della caccia minacciato da un "ambientalismo estremo e disinformato", sia per quello delle armi corte e lunghe da tiro e da difesa, messo sotto accusa ogni qual volta un onesto cittadino si trasforma in giustiziere per difendere vita e proprietà.
I paladini del colpo in canna rivendicano l'universalità del secondo emendamento alla costituzione americana: "essendo necessaria alla sicurezza di uno stato libero una ben organizzata milizia, non si potrà violare il diritto dei cittadini di detenere e portare armi". Da oltre vent'anni, attraverso le riviste specializzate, si battono per la liberalizzazione del porto d'armi; i ragionamenti sono sempre gli stessi e di una semplicità estrema. Li abbiamo sentiti enunciare in filmetti sanguinolenti e noiosi, eppure mai come oggi sono tornati d'attualità.
Secondo i più affermati teorici del partito dei giustizieri "non si può trascurare che nella vita accada talvolta di doversi confrontare con persone che vogliano negare i diritti dei cittadini. A volte sono i governi tiranni, altre volte i criminali. La migliore tutela è chiaramente l'autodifesa. Il fatto che una società sia armata non è indice di inciviltà, ma piuttosto segnala quanto quella società sia matura e in grado di autogestirsi soprattutto quando, come in Italia, le forze dell'ordine non sono in grado di tutelare adeguatamente il territorio".
Le statistiche ovviamente supportano le tesi: ben il 37 per cento degli italiani sarebbe favorevole alla formazione di ronde armate. Anche le richieste in campo legislativo sono sempre le stesse: facilitazione ed estensione del diritto di possedere e portare armi da fuoco e acquisto delle munizioni senza limite alcuno per mettere fine allo scandalo che solo un cittadino su 1.500 è autorizzato a girare armato per difesa personale.
Anche i nemici giurati della lobby delle armi e di tutto l'indotto che le circonda sono sempre gli stessi: i giornalisti, gli intellettuali, i giuristi, i magistrati e una parte del mondo politico. L'altra sta con la lobby e non solo per motivi ideologici. Infatti la produzione armiera italiana viene al secondo posto nel mondo dopo quella statunitense. Cifre da capogiro: 350.000 fucili, 150.000 pistole e 100.000 lanciarazzi. Senza contare quella militare, i milioni di proiettili, le tonnellate di esplosivo e gli accessori: giubbetti antiproiettile, fondine, gas lacrimogeni etc. Il 70 per cento di tale produzione è destinato all'esportazione mentre l'importazione si aggira sull'8 per cento.
Dai tempi della cosiddetta emergenza l'opinione pubblica è sempre stata convinta che in Italia la vendita delle armi fosse rigidamente regolamentata per quantità e qualità offensiva. E per questo motivo le prese di posizione dei nostrani Charles Bronson sono sempre state considerate amenità di un gruppo di fanatici svitati. Purtroppo le cose sono cambiate e forse è il caso di riconsiderare il fenomeno in tutta la sua pericolosità. Perché se è vero che il numero di persone autorizzate a portare armi è relativamente basso, è altrettanto vero che le licenze per la detenzione in casa sono decine di migliaia. Al punto che è sorta una linea commerciale definita "difesa abitativa" che include anche gli esercizi commerciali.
Ma con quali armi si difendono oggi gli italiani? Con un kalashnikov per esempio. Alla modica cifra di 1.700.000 lire, è possibile acquistarne uno di fabbricazione ungherese. La pubblicità consiglia di usarlo anche per la caccia al "cinghialotto nostrano" o per divertirsi al poligono. E non è l'unica arma da guerra in vendita nelle armerie. Sotto la voce "ex ordinanza" sono state considerate armi comuni da sparo quelle dismesse dai vari eserciti, ma quotidianamente usate da ogni banda armata che si rispetti (Kennedy è stato assassinato con un fucile italiano della prima guerra mondiale).
L'ex blocco dell'est ha mandato in pensione quel tipo di kalashnikov, sostituendolo con uno assolutamente identico ma con il bossolo allungato di qualche millimetro, ed ecco che il famigerato fucile d'assalto è stato parificato alla doppietta del nonno. Certo il caricatore è stato ridotto ed è stato eliminato il tiro a raffica ma, a parte il fatto che non è affatto difficile ripristinare le funzioni, rimane intatta la pericolosità di un'arma precisa e potente, in grado di fregarsene altamente di ogni tipo di blindatura. E non è sempre vero che si tratti di armi considerate obsolete come dimostra il caso della carabina M1 di fabbricazione americana, caldamente consigliata per proteggere il tinello, che è ancora in dotazione all'arma dei carabinieri. Il calibro .30 carbine è in grado di uccidere un malfattore, trapassare una parete e uccidere un familiare o un vicino. Ed è il caso di sottolineare che si tratta di uno dei meno potenti.
C'è da chiedersi dove abbia guardato la sinistra mentre venivano approvate leggi tanto sconsiderate. E la faccenda non si limita al settore "ex ordinanza". I fucili a pompa in dotazione alle forze di polizia di tutto il mondo sono a disposizione del pubblico e sono in vetta alle classifiche di vendita. Ultimo, in ordine di arrivo il Ris-K che la pubblicità indica come omologato per "law enforcement purpose" dal ministero degli interni russo. Le forze dell'ordine usano questo tipo di fucili perché sono in grado di esprimere un alto volume di fuoco con effetti devastanti. Per esempio ridurre a colabrodo un'automobile con tutti i suoi occupanti.
Un altro settore in espansione è quello degli sniper. Quelli che hanno terrorizzato la popolazione dell'ex Jugoslavia gongolerebbero di gioia se potessero avere a disposizione quelli in vendita nelle nostre armerie. Ben più precisi, potenti, normalmente in dotazione alle polizie e dotati di ottiche di altissima precisione. Anche a raggi infrarossi per il tiro notturno. Ovviamente l'uso è riservato alla caccia agli ungulati ma restano comunque armi di inusitato potere offensivo come dimostra il documentario di Marco Bechis (Garage Olimpo) girato in Bosnia dove uno sniper locale illustra l'uso di uno di questi gingilli.
Ma il vero scandalo riguarda le armi corte. Il vecchio caro revolver alla Clint Eastwood è ormai relegato a una piccola schiera di irriducibili appassionati. Oggi vanno di moda le cosiddette pistole da combattimento. Semiautomatiche concepite per l'uso militare e di polizia, con caricatori che variano dai 12 ai 17 colpi. L'uso consigliato è ovviamente la difesa abitativa. Insomma è possibile acquistare la Berretta in dotazione alle nostre forze dell'ordine, con l'unica differenza che il bossolo è più corto di 2 millimetri. Ma la potenza è praticamente la stessa.
L'Fbi, dopo accurate verifiche, ha scelto per i propri agenti pistole semiautomatiche calibro 40 Smith & Wesson per il forte potere di "arresto" del proiettile. Ebbene in Italia sono a disposizione di chiunque voglia essere armato come un agente federale. Ancora una volta si tratta di armi estremamente pericolose, esagerate per l'uso difensivo e che necessitano di un addestramento particolarmente accurato per evitare di scaricare una raffica di proiettili a casaccio, con effetti che si possono ben immaginare. Per ovviare a questi inconvenienti è nata una nuova disciplina sportiva, il tiro dinamico, che consiste in una sorta di percorso di guerra dove gli "atleti" ingaggiano conflitti a fuoco con sagome riproducenti il cattivo di turno. E' lo stesso identico addestramento riservato agli agenti di polizia ed è molto lontano dal concetto di poligono basato sulla mira. Il tiro dinamico, in realtà, forgia tiratori in grado di districarsi in ogni situazione di scontro armato.
Di fronte a questi dati si può tranquillamente affermare che in Italia un blocco sociale benpensante, onesto, lavoratore e profondamente convinto della necessità di autodifendersi ha provveduto a munirsi di armi sofisticate e potenti. Rispetto a quel che si pensava qualche anno e fa e ai relativi stili di vita, molte cose sono cambiate. E' perciò arrivato il momento di comprendere e monitorare seriamente il fenomeno con l'obiettivo di limitare il commercio delle armi. Diventa una battaglia molto importante ed è necessario soprattutto impedire la liberalizzazione del porto d'armi, obiettivo irrinunciabile del partito dei giustizieri e della sempre più potente lobby che sostiene le ragioni dei produttori e dei commercianti.