Percorso di catechesi per la branca E/G.

Si sviluppa in sette puntate più un'introduzione che può essere usata come lancio.

Il tema di questo percorso di catechesi è il trapasso delle nozioni. I racconti che seguono sono stati usati come lancio del tema del giorno. Tutta la catechesi si sviluppa su sette giorni. I racconti sono adattamenti di brani di Rodari (3 e il 6 da "Il libro degli errori"), di Antoine De Saint-Exupery (2 da "Il piccolo principe"), gli altri brani sono racconti anch'essi adattati di cui non conosco gli autori. L'introduzione e la conclusione sono ovviamente originali in quanto servivano a lanciare l'ambientazione e a chiuderla. Mandateci i vostri commenti oppure descriveteci come avete utilizzato questa attività:
GRUPPO SCOUT AGESCI ROMA 113
C/O PARROCCHIA NATIVITA' N.S.G.C.
VIA URBISAGLIA 2
00183 ROMA

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Titolo Documento..........: Peter the writer. [cat96.txt]
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Descrizione del Documento.: Percorso di catechesi per la branca E/G. Si
                            sviluppa in sette puntate piu' un'introduzione
			    che puo' essere usata come lancio.
Contenuti Educativi.......: Il tema della catechesi e' il trapasso delle
                            nozioni e in definitiva il cristiano come
			    missionario.
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INFORMAZIONI SULL'AUTORE E SULLA SUA REPERIBILITA'
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Cognome e Nome..: Carpoca Giorgio
Indirizzo.......: Via Veio 53
CAP/Citta'/Prov.: 00183 Roma
Data di Nascita.: 04/05/70
BBS di appoggio.: Ascia BBS
Nodo ScoutNet...: 1907:395/109.13
Altro Indirizzo.: 2:335/387.13  Giorgio.Carpoca@scoutnet.org


INTRODUZIONE.

26 Febbraio 1794

Alfine ho deciso di raccontare questa storia per certi versi incredibile. E so che molti tra voi che state leggendo queste pagine penseranno che sia frutto delle fantasie di un povero vecchio; che posso dirvi? Probabilmente niente per convincervi. Questo manoscritto è per coloro che non dubitano della veridicità delle parole di un uomo solo per l'aspetto cadente e triste che il tempo dono con tanta magnanimità a tutti quanti nessuno escluso. Vi racconterò di fatti che mi sono accaduti quando ancora giovane pensavo che il mondo fosse ancora ai miei piedi. Avvenimenti che ancora oggi mi trovano meravigliato, eppure proprio io ne sono stato protagonista. Tutto cominciò in un umida serata di un nebbioso inverno londinese. Avevo da poco finito una bottiglia di pessimo vino tedesco, era l'unico che mi potessi permettere, la mia stanza mi appariva più bella di quanto in realtà non fosse, la luce della candela ondeggiava creando sulla parete di fronte lo scrittoio ora terribili mostri ora splendide figure fantastiche. Io lì seduto con il foglio bianco davanti. Erano mesi che non riuscivo più a scrivere neanche un rigo, non che fossi mai stato un autore prolifico, anzi non avevo mai scritto niente di decente, ma essere uno scrittore era l'unica cosa che mi interessava fare. Il problema e che qualunque cosa scrivessi mi appariva vuota e senza significato. Come faceva Shakespeare a scrivere versi così belli? A quanto lo odiavo, e.... l'ammiravo. E così tutte le sere, una montagna di carta giaceva sul pavimento. Lo dicevano i miei genitori: "Vai a lavorare, abbiamo un negozio di piatti di ceramica, lavora con noi, metti la testa a posto e trovati una bella moglie." Ci mancava giusto una moglie.... Poi d'un tratto un lampo, un boato, che mi risuonò nelle orecchie per un tempo che mi parve infinito.
Una figura umana adesso mi apparve innanzi, rimasi lì impietrito:  " Ora basta, sono sei mesi che devo sentire i tuoi lamenti.", non potevo credere alle mie orecchie, la figura misteriosa parlava, veramente avevo l'impressione che ce l'avesse con me, gli chiesi: "Di grazia, messere, potrei sapere il suo nome e come ha fatto ad entrare nella mia dimora?", è sempre meglio essere gentili con le figure misteriose che appaiono accompagnate da tuoni e lampi.
"Dimora? Questo sembra più un porcile, manca solo il fango." "Signore, lei mi offende. Forse è un po' in disordine, ma non aspettavo visite.", certe volte sono proprio spiritoso.. "Mi piaci, forse si può combinare ancora qualcosa con te.". Certo che un mi piaci detto da una specie di fantasma non è
proprio un complimento che entusiasma, però mi sembrava che il ghiaccio si fosse sciolto e così rinnovai la richiesta di essere messo a conoscenza dell'identità del mio interlocutore. Sembrò quasi meravigliato di una simile richiesta e rispose: "Come tu ogni sera mi chiami, mi invochi, e una volta che esaudisco le tue richieste neanche mi riconosci? Vediamo se con un indovinello ci arrivi da solo, allora: Io sono un ebreo. Non ha occhi un ebreo? Non ha mani, un ebreo, organi, membra, sensi, affetti, passioni? Non è nutrito con lo stesso cibo, ferito dalle stesse armi, assoggettato alle stesse malattie, curato dagli stessi rimedi, riscaldato e raffreddato dallo stesso inverno e dalla stessa estate, come lo è un cristiano?..." "Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo? E se ci fate torto, non dovremo vendicarci?. Non è possibile, non posso credere che tu sia...Perché qui da me..." "Vedo che finalmente hai capito, e noto con piacere che hai studiato bene le mie opere." "Le sconosco tutte a memoria, non faccio altro che leggerle e rileggerle. Io non scriverò mai niente di simile." "E qui che sbagli, tutti possono scrivere cose meravigliose, basta crederci e scrivere con il cuore." "Ma tutto ciò che scrivo mi appare vuoto?" "Tu vuoi essere uno scrittore?" "Non voglio essere nient'altro."  "Allora seguimi. Faremo un lungo viaggio. Ti capiterà di vivere situazioni inspiegabili, ma tu seguimi. Al ritorno capirai." E così feci, in un attimo mi trovai catapultato in un mondo fantastico. Io dietro a William Shakespeare.

1°  CAPITOLO

Avevo appena iniziato un sentiero dentro un bosco, faceva caldo e volevo riposarmi un po'. Willy, era rimasto indietro e non mi vedeva. Lo chiamavo Willy e la cosa lo faceva imbestialire. Mentre mi riposavo all'ombra di una grande quercia sentii due voci, mi alzai di scatto e mi nascosi dietro il grande albero, non si sa mai. Erano due topini che stavano giocando a rugby. Uno dei due dette un forte calcio al pallone e lo spedì proprio ai miei piedi, non credo che avesse fatto punto. I due mi raggiunsero prima che riuscissi a nascondere, mi guardarono e dissero insieme:
"Ciao."
"...Salve" Attimo di silenzio imbarazzato.
"Vuoi giocare con noi?"
Non avevo mai incontrato un topo che mi chiedesse di giocare a rugby con lui.
"Grazie, ma sto aspettando il mio maestro e non credo che sarebbe felice di vedermi giocare a pallone con voi."
"Maestro? Che cosa ti insegna?"
"Mi insegna come diventare uno scrittore."
"Allora se tu vuoi fare lo scrittore ti piacciono le storie? Se vuoi ti possiamo raccontare noi una storia. Però se poi scrivi un libro su di noi la foto in copertina la scegliamo noi."
"Ma veramente io...Va bene vi sto a sentire, e tranquilli per la foto tanto a me non pubblicano mai niente dato che non riesco a scrivere niente di buono."
"Allora ti racconterò la storia di come siamo diventati grandi amici io che sono Alessandro e lui che si chiama Pippo.

Un tempo io abitavo in una grande casa. Però lì mi trattavano tutti molto male, ogni volta che mi vedevano iniziavano ad urlare: "Un topo, un topo!!" e giù botte, i piatti che volavano, e le scope. Tutti impegnati a cercare di accopparmi. Non è proprio un bel vivere. Io non cercavo che poche briciole, ma ogni volta che mi vedevano, una rivoluzione, e io con il cuore in gola che mi rifugiavo nella mia tana. Un giorno che ero solo in casa udì dei rumori strani in camera della padroncina. Sembrava uno squittio. Piano piano mi avvicinai. Passai attraverso una piccola apertura nel battiscopa e cosa vidi? Un altro topo. Ma diverso. Al posto delle zampe aveva due ruote e nella schiena una grossa chiave di ferro. "Chi sei?" gli chiesi.
"Sono Pippo, il topo meccanico; il giocattolo preferito di Gisella, la padroncina. Pensa, mi danno la carica per farmi correre in tondo, poi mi fanno le coccole, e di notte dormo su un morbido cuscino tra certe bambole...C'è anche un orsacchiotto ma di lui non si cura nessuno. Tutti mi vogliono un gran bene!"
"A me nessuno vuole buone" gli dissi tristemente. Però ero felice di aver trovato un amico.
"Andiamo in cucina a cercar briciole!", gli dissi. pieno di entusiasmo.
"Oh io non posso. Io posso muovermi solamente quando mi danno la carica. Ma non importa perché tutti mi amano."
Anch'io gli volevo bene e lo andavo a trovare tutte le volte che potevo. Gli raccontavo le mie avventure con le scope, le trappole e i piatti volanti. Pippo mi raccontava dell'orsacchiotto, del pinguino di pezza e soprattutto della padroncina Gisella. Però quando ero solo, pensavo a Pippo con invidia.
"Ah!" sospiravo "Vorrei essere anch'io un topo meccanico ed essere coccolato ed amato." Un giorno Pippo mi raccontò una strana storia.
"Ho sentito dire" mormorò misteriosamente, "che nel giardino, alla fine del sentiero, vive una lucertola magica che può trasformarti in qualunque animale tu voglia".
"Pensi che mi potrebbe cambiare in un topo meccanico?" Quella sera non riuscii a dormire, la mattina dopo mi recai di corsa a cercare la lucertola. Improvvisamente mi apparve una grossa lucertola variopinta.
"E' vero che tu puoi trasformarmi in un topo meccanico?", chiesi con filo di voce.
"Ritorna quando la luna è piena e portami un sassolino viola."
Per giorni e giorni cercai il sassolino. Invano.
Ne trovai di tutti i colori ma viola niente. Un giorno stanco e affamato mi ricordai che da parecchi giorni non andavo più a trovare il mio amico Pippo. Invece di trovarlo nella stanza di Gisella lo trovai in dispensa dentro una scatola piena di vecchi giocattoli e lì c'era Pippo.
"Cosa è successo?"
"Ieri era il compleanno di Gisella e le hanno portato moltissimi regali, e così oggi molti di noi vecchi giocattoli siamo stati buttati qui dentro, domani ci getteranno via."
Ero in lacrime quando qualche cosa attirò la mia attenzione. Il sassolino che tanto avevo cercato. Lo presi e andai di corsa in fondo al giardino. Era una notte di luna piena e quando la lucertola mi apparve:
"Allora la Luna piena c'è, il sassolino me lo hai portato, cosa vuoi diventare?"
"Io voglio essere..." E in quel momento pensai a Pippo. "Vorrei che Pippo diventasse un topo come me."
Ci fu un bagliore e la lucertola sparì insieme al sasso. Io corsi a casa, entrai nella dispensa, la scatola era vuota, avevo fatto troppo tardi. Sentì uno squittio. Mi girai e vidi la coda di un topo. "Chi sei?"
"Ma come non mi riconosci? Sono io Pippo."
E da allora siamo inseparabili...

2°  CAPITOLO

Certo che ero capitato proprio in uno strano posto. E lui lì che mi seguiva, ogni tanto mi rivolgeva la parola, ma mai che rispondesse a qualcuna delle mie domande, sempre: "Capirai.." Capirò ma quando. Gli raccontai dei due topolini e lui niente come se tutti i giorni si incontrassero due topolini che giocano a rugby in mezzo al bosco. A dir la verità era parecchio tempo che non frequentavo più un bosco, poi negli ultimi tempi non facevo che stare a casa. Però non credo che siano cambiati in questi ultimi anni: un ammasso disordinato di alberi e piante con molte sgradevoli complicazioni, topi che giocano e rugby mai. Ad un tratto Willy si fermò e mi disse:
"Da qui, procedi da solo ti raggiungerò alla fine di questa radura"
Bel compagno di viaggio lui, e poi sempre questo tono serio, che tentasse di spaventarmi?
"Allora io vado..."
Poco dopo mi apparve una lepre.
"Buon giorno"
Adesso pure le lepri parlano, per gentilezza risposi al saluto.
"Buon giorno. Io mi chiamo Peter e tu chi sei?"
"Io sono una lepre".
A quel punto pensai che anche questa lepre poteva raccontarmi qualcosa di interessante, forse in questo strano mondo stavo cambiando, a Londra non avrei mai salutato una lepre.
"Vuoi stare un po' con me? Possiamo fare un tratto di strada insieme."
"Mi spiace ma io non posso stare con te, tu non mi hai addomesticato".
Non mi aspettavo una simile risposta, e così incuriosito gli chiesi ancora:
"Che cosa vuol dire addomesticare?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami.."
"Creare dei legami?", una lepre molto colta mi era capitata.
"Certo," mi rispose, "tu fino ad adesso non sei che un uomo qualunque, uguale ad altri centomila uomini, chissà quanti ce ne saranno che si chiamano Peter come te. E io non ho bisogno di te. E
neppure te di me. Io non sono che una lepre uguale ad altre centomila lepri. Ma se tu mi  addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai unico per me, e io sarò l'unica per te al
mondo."
La lepre continuava a spiegare: "La mia vita è monotona. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Riconoscerò il rumore dei tuoi passi. Gli altri passi mi faranno nascondere nella mia tana, il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda laggiù! Vedi i campi di grano. Ora essi non mi dicono niente, e questo è triste. Ma tu sei biondo. Quando mi addomesticherai, sarà meraviglioso. Il grano mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..."
La lepre mi guardò e poi disse: "Per favore addomesticami." "Ma io veramente non ho tempo. Sono qui in viaggio con il mio maestro, e non so se posso fermarmi con te...", non feci in tempo a finire..
"Se vuoi un amico addomesticami"
"Che bisogna fare?"
"Bisogna essere molto pazienti. In principio tu ti sederai un pò lontano da me, così nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un pò più vicino...Ogni giorno tu tornerai alla stessa ora, ad esempio tutti
i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore...Ci vogliono i riti."
"I riti?!?"
"Si i riti, cioè quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora diversa dalle altre ore."
"Ma quando dovrò andare via?"
"Io piangerò."
"E cosa ci hai guadagnato?"
"Il colore del grano."

3°  CAPITOLO

Raccontai a Willy della lepre. Mi aspettavo una reazione diversa, mi sembrava compiaciuto, sarebbe dovuto essere incredulo. La cosa mi insospettii, chissà quanti altri strani incontri mi attendevano. Ad un tratto sentimmo un rumore fortissimo, una sorta di tuono, ma continuo. Poco dopo apparve un uomo che trascinava una strana macchina, vestito in modo eccentrico, direi uno scienziato dal camice bianco che indossava. Ma non avevo mai visto una simile cravatta: rossa con delle lucette intermittenti e una scritta I love Miami. Lo scienziato si avvicino e disse:
"Salve sono il Professor Lupus, chi siete voi di grazia?"
"Io mi chiamo Peter e accanto a me avrete sicuramente riconosciuto...", non mi fece finire.
"Scusatemi ma io ho una certa fretta." e si allontanò velocemente.
Willy mi guardò e disse:
"Seguilo e dagli una mano, io ti aspetterò qui"
"Ma io voglio stare con te, ancora non mi hai insegnato nulla."
"Seguilo." Sempre loquace lui.
Lo seguii e lo raggiunsi poco dopo.
"Mi scusi Prof. Lupus, la vedo molto indaffarato, se lei crede, potrei esserle utile. Io..."
"Va bene. Sto costruendo una macchina che permette di leggere i libri senza aprirli, così non si rovinano."
"E' un'idea meravigliosa, non sa quante volte mi è capitato di perdere pagine di libri che si erano rotti per il troppo uso. Posso chiederle se questa è la prima macchina che inventa?"
"No di certo. Non sono mica uno di quei inventori della Domenica che non fanno altro che combinare guai. Io sono un serio professionista, uno scienziato. Pensi che prima di questa avevo costruito una
macchina che correggeva gli errori di pronuncia e di ortografia. Ma questo è ormai passato."
"Io sono uno scrittore. Mi potrebbe essere utile, dov'è? Funzionava?"
"L'ho buttata."
"Come?"
"Ascolta:
Alcuni anni fa costruii questa macchina e decisi di girare per il mondo per correggere tutti gli errori. Inizia da una nazione che si chiama Italia. Cominciai da Milano, una città fredda e nebbiosa. Arrivato andai a sedermi in un caffè, misi la macchina in funzione e aspettai. Poco dopo arrivò il cameriere, gli chiesi un tè, egli milanese purosangue, mi domandò:
"Ci vuole il limone o una sprussatina di latte?"
Le due esse erano appena uscite al posto delle due zeta che la macchina indirizzò il suo tubo aspirante in faccia al cameriere.
"Ma cosa fa? A momenti mi portava via il naso quella roba lì."
Gli precisai che non era una roba ma una macchina e mi scusai perché ero ancora poco pratico dell'uso.
"E allora lo spenga invece di farlo funsionare."
Funsionare e Spaff! Di nuovo in azione.
"Ma allora mi vuole proprio ammassare!"
Sbang! Nuova sberla volante. A quel punto il cameriere incominciò ad urlare:
"Aiuto, aiuto c'è un passo che mi vuole ammassare."
La macchina non gliene perdonava una, Sbang, Splaff, non mi rimaneva che spegnerla e fuggire di corsa prima che arrivasse la polizia.
Mi diressi verso un'altra grande città: Bologna.
Lì vidi un albergo entrai, chiesi una stanza, e il portiere disse:
"La stanza 7, mi scusi ma mi deve lassiare un documento."
SQUASH! La macchina scattò.
"Ben, ma cosa le salta in mente?"
"Abbia pazienza, non l'ho fatto apposta. Lei però parla proprio in bolognese.."
"Pensava parlassi in pugliese?"
"No, non volevo, ma lei non pronuncia lasciare come deve essere pronunciato."
"Senta, signore, non stiamo a far ssene..."
SKROONK!
"Se lei non essie.."
SPROONK!
"Chiamo le guardie..."
Via di corsa un'altra volta. Mi diressi verso quella che mi avevano indicato coma la città più grossa, e giunsi a Roma all'alba.
"Mi sa dire dove posso trovare una albergo?", chiesi ad un passante.
"Proprio davanti alla stazzione"
SQUOK!
"Aho, e ched'è un'attentato?"
"No ora le spiego.."
"No, no te la spiego io la situazzione..."
SQUEEK!
Il poverino fu spedito contro una vetrata che si ruppe in mille pezzi, dal suo negozio uscii un panettiere: "Chi sta a fa' sta rivoluzzione?"
SKROONK!
Anche lui colpito, accorsero i gendarmi e mi portarono via mentre la macchina continuava a menare fendenti a destra e a manca." Il Prof. Lupus rimase in silenzio. Mi chiedevo che fine aveva fatta questa macchina. "La macchina? L'ho lasciata alla polizia che l'ha distrutta. Era impazzita, non la fermava più nessuno, ogni minimo errore un colpo. I poliziotti la presero a martellate. Del resto avevo capito che la macchina esagerava: invece di correggere gli errori rischiava di ammazzare le persone. Se si dovesse tagliar la testa a tutti quelli che sbagliano, si vedrebbero in giro soltanto colli!"

4°  CAPITOLO

Normalmente durante il cammino, quando non incontravamo qualcuno o meglio qualche cosa, che ci invitasse a pranzo, cucinavo io per tutti. Mi sembrava irriguardoso chiedere al maestro di preparare da mangiare. Non che mi piacesse cucinare, però bisognava farlo. Ebbene, era arrivata l'ora di pranzo, ma non avevamo molto. Pregai il maestro di rimanere lì ed io mi misi a cercare qualche cosa da mangiare. Durante la mia ricerca incontrai uno scoiattolo.
"Salve mi chiamo Maximillian, e sono uno chef, avete bisogno dei miei servizi?"
"Il mio nome è Peter. Potrei farle una domanda?"
"Certo, come ho detto sono qui ai suoi servizi."
"Ma un cuoco come lei non dovrebbe vivere magari in un castello e preparare favolosi pranzi per qualche nobile?"
"Quello era un modo troppo facile per essere un grande cuoco. Io mi occupo di cucina popolare, tanto popolare che vado in giro per il mondo e mi offro di preparare un pranzo a chiunque incontri."
Avevo il sospetto che fosse un truffatore, così come ce ne sono molti in giro per il mondo.
"Ma io non ho niente da farle preparare, stavo appunto cercando qualcosa"
"Questa è proprio la mia specialità: preparare degli ottimi pranzi senza niente."
Era decisamente un truffatore.
"La ringrazio dell'offerta ma io e il mi maestro avevamo deciso di digiunare per oggi. Sa sono uno scrittore e il digiuno aumenta l'ispirazione."
"Guardi che non le costerò nulla. E poi ho bisogno solo di un pò d'acqua, un pentolone, del fuoco e l'ingrediente fondamentale: un bottone."
"Un bottone e cosa ci vuole fare con un bottone."
"Allora accetta i miei servizi?"
"Va bene, ma solo un bottone."
Tornammo da Willy. Preparai il pentolone, lo riempii di acqua e staccai un bottone dalla mia giacca. Ero molto scettico su cosa Maximillian avrebbe preparato. Iniziò a lavorare, facevo finta di niente ma lo osservavo con la coda dell'occhio. Ogni tanto Maximillian si avvicinava al pentolone fumante e annusava, appena si allontanava lo facevo anch'io: ma non sentivo alcun profumo. Ad un tratto Maximillian disse:
"Nella ricetto originale ci vanno anche due funghi, ma dato che non le abbiamo ne faremo a meno"
Mi ricordai di averne visto due sotto un albero poco prima:
"Se la ricetta li richiede cercherò di trovarne due", e poco dopo glieli portai.
"Una volta, in Germania, ho aggiunto dei pinoli, è venuta ottima. Però dato che non ne abbiamo..."
"Se ti occorrono li troverò".
"Una volta in Francia ho vinto un concorso con questa zuppa, però vi avevo aggiunto due patate e due carote."
Volevo mangiare la zuppa del concorso.
"Te le troverò", e così feci. Due patate , due carote e trovai anche dell'erba cipollina, e dell'aglio selvatico, e del sedano. Maximillian buttò tutto nel pentolone. La zuppa era ormai pronta. E fatta con un solo bottone.

5°  CAPITOLO

Ero un pò stanco di fare strani incontri e speravo di fare un pò di strada in compagnia del mio maestro senza dovermi fermare ancora una volta. Dopo tutto era parecchio tempo che camminavamo insieme e non avevo ancora avuto il tempo per parlare un pò con Willy. Gli avrei voluto chiedere dove aveva trovato l'ispirazione per le sue opere, oppure come poter scrivere così bene, oppure se preferiva l'inchiostro blu o quello nero. Ma neanche questa volta potei farlo, infatti poco dopo mi disse:
"Tra poco incontreremo due scimmie. Sono marito e moglie e da tanti anni vivono insieme. Sono moto gentili ma fermano tutti i viandanti per raccontargli una storia. Non essere scortese con loro e ascolta quello che hanno da dire."
Così feci. Quando ci videro erano a tavola. Subito ci fecero posto e noi sedemmo con loro. Erano davvero molto gentili, ci offrirono un pranzo che difficilmente si può dimenticare. Arrivati al caffè ci
alzammo da tavola e ci sedemmo tutti e quattro all'ombra di un grande albero. Il Gaetano e sua moglie Graziella erano proprio due scimmie simpatiche, soprattutto Gaetano. Mentre sorseggiavamo un
ottimo caffè iniziò a raccontarci una storia.
"Vi voglio parlare di due scimmie nostre conoscenti. Due scimmie altolocate, l'ingegner Corrado e sua moglie. Erano sposati da tanti anni e vivevano su un bellissimo Baobab, lo avevano arredato con tutti i comfort. Ebbene quel giorno erano nella cucina consumando la loro solita colazione. Era un  giorno speciale. Ventisei anni prima si erano sposati pieni di attese, di sogni, di desideri. Il loro era stato un buon matrimonio, senza scossoni, due figli che, oramai grandi vivevano da soli, e non davano preoccupazioni. Si sedettero al tavolo, il tè fumante, la marmellata, una rosetta: erano, per così dire, soddisfatti. Si scambiarono gli auguri e in fondo si sentivano felici. Carla, ad un tratto, fece una richiesta inattesa. Quasi scherzando disse al marito se poteva essere lei, per una volta in 25 anni, a
prendere la parte superiore della rosetta. Corrado rimase confuso. Lui aveva sempre mangiato la parte superiore della rosetta per lasciare a lei quella inferiore che giudicava senza dubbio quella migliore; per anni si era assoggettato a questo piccolo sacrificio per amore. Capì che lei aveva fatto esattamente l'opposto: desiderando il sopra lo aveva lasciato a lui, sempre per via dell'amore. Dunque Carla era una perfetta sconosciuta; si era modellato su un'immagine che non corrispondeva alla realtà. Il sotto della rosetta cui lui aveva rinunciato, diventò rapidamente tutto ciò che avrebbe potuto essere e non era stato: i viaggi, l'amore, la passione, la bella vita. L'ing. Corrado si sentì enormemente triste, come chi ha percorsa una strada faticosa e poi si avvede che conduce al punto di partenza; aveva inseguito un fantasma e nel farlo aveva dimenticato di ascoltare Carla. Il suo posto di lavoro sicuro e monotono che tanto gli pesava, ma che aveva accettato per la sicurezza di lei, forse era come il sotto della rosetta. Il denaro accumulato per non farle mancare nulla e permetterle ogni capriccio forse era come il sotto della rosetta: con sacrificio le aveva dato una cosa che lei non voleva. Per amore si erano scambiati soltanto infelicità; per timore di ferire l'altro non si erano mai incontrati. Questi 25 anni precipitarono d'un tratto su Giuseppe che si sentì stanco, sfinito, invecchiato; solo e perduto in mezzo ad un deserto. Non contavano più i figli, la carriera, la nuova casa che stavano cercando al mare, gli amici comuni: chi aveva voluto davvero tutte queste cose? Forse nessuno.

6°  CAPITOLO

L'ultimo incontro mi aveva molto colpito, pensavo quanto è difficile conoscere gli altri e quante volte capita di stare affianco ad una persona anche per tanto tempo senza conoscerla realmente. Mentre facevo queste riflessioni notai uno strano sorriso in Willy, come se si stesse compiacendo dei miei ragionamenti: che potesse leggermi nel pensiero? E' un sospetto che mi ha accompagnato per tutto il viaggio, anzi ho l'impressione che non fossi io a pensare, ma lui a comunicare, senza parlare ma comunque in modo chiaro per me. Facemmo un altro pezzo di strada, subito dietro una curva verso
destra sentimmo una voce:
"Attenzione a dove mettete i piedi. Sempre i soliti turisti che camminano come se la strada fosse una proprietà privata."
Mi fermai di soprassalto e guardai intorno, non c'era nessuno, o meglio non vedevo nessuno, stavamo per ricominciare la nostra strada quando:
"Per tutti i gerundi!?! Allora siete ciechi!?!"
E finalmente vidi. Un grillo, direi un po' nervoso, era proprio davanti al mio piede.
"Mi scusi non l'avevo vista.."
"Lo credo bene a meno che non sia vostra abitudine andare in giro a schiacciar grilli."
"No di certo, volevo soltanto scusarmi con lei per il pericolo.."
"Basta con queste ciance. Sono piuttosto indaffarato quindi se lei e il suo amico mi lasciano la strada libera..."
"Lei è davvero un essere scortese. E le vorrei far notare che questa persona che è al mio fianco e il grande William Shakespeare.Forse è lei che dovrebbe lasciare il passo."
Quando il grillo sentii il nome del mio maestro fece un grosso inchino e:
"Sono onorato di poterla conoscere, io ho letto tutte le sue meravigliose opere e, ma sicuramente non le avrà lette, ho scritto molti libri per facilitare la lettura delle sue opere ai miei studenti."
Mi sentivo escluso dal discorso e così cercai di dire qualcosa:
"Lei è un professore? Dove insegna?"
"Insegnavo da Oxford, ma ho smesso."
"Ha smesso? E come mai?"
"E' una lunga storia. Ma vale la pena di raccontarla.
Ebbene alcuni anni fa decisi di girare il mondo per portare la cultura la dove non arrivava. Allora tutto cominciò nello scompartimento di un treno. Stavo ascoltando la conversazione di due cani da pastore. Stavano tornando a casa dopo tanti anni di lavoro fuori dal loro paese.
"Io ho andato prima in Belgio, ma lì era 7una vita troppo dura."
"Io ho andato in Germania."
Per un po' di tempo riuscii a sopportare tutti questi strafalcioni. Li guardavo in silenzio. Ma mi sentivo ribollire. Poi il coperchio saltò, ed esclamai:
"Ho andato, ho andato! Ecco di nuovo questo benedetto vizio di usare il verbo avere al posto del verbo essere. Ma non vi hanno insegnato a scuola che si disse: IO SONO ANDATO."
I due cani tacquero, pieni di rispetto per me che sembravo ai loro occhi tanto perbene.
"Il verbo andare - continuai - è un verbo intransitivo, e come tale vuole l'ausiliare essere.
I due cani si guardarono, e sospirando uno dei due si fece coraggio e disse:
"Sarà come dice lei. Lei deve sicuramente aver studiato molto. Io ho fatto la seconda elementare, ma già allora dovevo guardare più alle pecore che ai libri. Il verbo andare sarà quella cosa lì come dice lei.."
"Intransitivo"
"Ecco, sarà un verbo intransitivo, una cosa importantissima, non discuto. Ma a me sembra un verbo triste, molto triste. Andare a cercar lavoro in casa d'altri...lasciare la famiglia..."
Io a quel punto cominciai a balbettare.
"Certo...Veramente...Insomma, però. Comunque si dice sono andato, non ho andato. Ci vuole il verbo essere. IO SONO, TU SEI, EGLI E'..."
"Eh - disse il cane sorridendo con gentilezza, - io sono, noi siamo!...Dove siamo noi, con tutto il verbo essere e con tutto il cuore? Siamo sempre al paese, anche se abbiamo andato in Germania e in Francia. Siamo sempre là, è là che vorremmo restare, è là che vorremmo lavorare e vivere."
E mi guardava. E io, in quel momento, avevo un gran voglia di prendermi a pugni in testa. Pensavo quanto ero stato stupido. Andavo a cercare gli errori nei verbi...Ma gli errori più grossi sono nelle cose!..."

7°  CAPITOLO

E' strano in tanti giorni di cammino Willy mi aveva parlato pochissime volte. La maggior parte del tempo lo aveva passato vicino a me in silenzio. Quando ero partito mi aspettavo delle lezioni continue, invece niente, o meglio niente dal mio maestro. Non che nel viaggio non avessi imparato niente, anzi, però mi aspettavo che Willy mi insegnasse come scrivere meglio, dove trovare l'ispirazione giuste... e tante altre cose che mi avrebbero migliorato come scrittore. Mi meravigliai molto, quando, ormai alla fine del viaggio, mi rivolse la parola e disse:
"Oggi ti voglio raccontare io una storia: E' la storia di un giovane, egli cercava le risposte alle domande che si faceva ma non le trovava. Un giorno arrivato in un villaggio sconosciuto, vide un negozio con una strana insegna: Si vende di tutto. Entrò nel negozio e dietro al bancone vi era un angelo. "Che cosa vende in questo negozio?"
L'angelo rispose: "Tutto ciò che vuole!"
"Allora - disse il giovane - in questo caso vorrei la fine delle guerre in tutte le parti del mondo, una buona volontà da parte di tutti perché si dialoghi e non si lotti, l'attenzione ai più piccoli, ai più deboli...."
L'angelo lo interruppe: "Scusatemi, ma forse non mi avete capito bene. Noi non vendiamo dei frutti, vendiamo solo dei semi!!"

Pronunciate queste parole Willy sparì. Io mi ritrovai nel mio studio. Così finisce il mio racconto, così è andata la mia storia. Anche se adesso che sono passati molti anni e il tempo sfuoca i miei ricordi non riesco più a distinguere se fu un sogno o realtà. Di certo fu meraviglioso e incredibile, e terribilmente reale e indimenticabile. Più rileggo e più mi convinco e più mi convinco che tutto fu effetto del caso.
Fa freddo nel mio studio, e il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi...non so più intorno a che cosa.

Racconti a cura di
GIORGIO CARPOCA

  • 1° GIORNO
    PRESA DI COSCIENZA LIMITI E CAPACITA'
    Tutti siamo importanti così come siamo, ognuno ha dentro di se grandi ricchezze
    Matteo 5,13-16 ; Luca 6,43-45
  • 2° GIORNO
    DISPONIBILITA'' ALL'INCONTRO E INCONTRO
    L'uomo che cammina da solo non ha nessuno a cui voltarsi, la mancanza di qualcosa ci spinge ad incontrare l'altro
    Luca 18,18-27 ; Marco 10,42-45
  • 3° GIORNO
    SAPER COGLIERE IL BUONO NELL'ALTRO
    Il 5% di buono, il dottore viene a guarire i malati
    Marco 2,15-17
  • 4° GIORNO
    FIDUCIA NELL'ALTRO
    Matteo 8,23-27 ; Luca 24,13-35
  • 5° GIORNO
    COMUNICAZIONE PARLARE LO STESSO LINGUAGGIO
    Parlare per parabole
    Matteo 13,31-32
  • 6° GIORNO
    IMPEGNO AD IMPARARE
    Ascolto e silenzio
    Salmo 119,33-40 (...Indicami Signore la via dei tuoi precetti...) ; Isaia 55,2-3
  • 7° GIORNO
    METTERE A FRUTTO
    Saper sfruttare i propri talenti. Cristiano come missionario
    Matteo 25,24-30 ; Matteo 28,16-20